giovedì 4 dicembre 2008

Uno scritto di un amico onesto,buono e giusto e.... una risposta dovuta.

Sofferenze senza cura
di franco arminio

"Girando nei paesi irpini più affranti, più sperduti, in questi cupi giorni in cui la luce è più breve di un respiro, incontro i cani, i gatti, le donne anziane che vanno a fare la spesa, ...........
continua
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“ Il pensiero della sofferenza non è discorsivo. Il pensiero urta contro il dolore fisico, contro la sventura, come la mosca contro il vetro, senza potere progredire in alcun modo né scoprirvi nulla di nuovo, e senza potersi impedire di tornarvi. Così si esercita e si sviluppa la facoltà intuitiva. Eschilo media la sofferenza,con la conoscenza. Fare della sofferenza un’offerta è una consolazione, e quindi un velo gettato sulla realtà della sofferenza. Ma lo è anche considerare la sofferenza come una punizione. La sofferenza non ha significato. E’ questa l’essenza stessa della sua realtà. Occorre amarla nella sua realtà, che è assenza di significato.” S. Weil
Caro Franco sono sempre preso dai tuoi scritti sempre autenticamente onesti buoni e giusti. Io tuttavia sulla follia ho maturato ben altre idee e conclusioni, attento a non mistificare la serietà del dolore e della sofferenza dietro un razionalismo di maniera o di scuola.Per amicizia vera te le ripeto con beneficio di inventario o semplicemente per amore di verità. Che rapporto c’è tra psichiatria e follia?La psichiatria è una scienza nata non per curare la follia ma per mettere la società al riparo dalla follia., segregandola un tempo nei manicomi e oggi nel chiuso dei corpi sedati dai farmaci.La storia della psichiatria è la storia degli psichiatri mai di folli.Ma la follia è davvero una malattia o una delle tante forme della condizione umana? La follia è presente come la ragione e una società civile dovrebbe accettare la ragione come la follia. Invece ci si inventa una scienza per tradurre la ‘follia’ in malattia allo scopo di trasformare l’irrazionale in razionale.L’ansia di accreditarsi come scienza ha reso la psichiatria disinteressata alla soggettività dei folli ,oggettivati dalla soggettività salvaguardata dal medico.Il greco invasato dal dio, l’indemoniato del medioevo diventa il moderno “malato” in una società come istituzione totale,dove gli individui,nel tentativo di gestire al meglio i propri umori,preferiscono alla relazione sociale, il ricorso quotidiano alle pillole, fino a trasformarsi in robot chimici sempre all’altezza delle proprie prestazioni nel cupo silenzio delle proprie anime.“amicus Plato sed magis amica veritas"
mo

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