martedì 19 gennaio 2016


“ Ad ogni costo abbiamo bisogno del sud, di toni chiari,innocenti, lieti, felici e teneri” La paesologia non è Nietschiana ma non è neanche consolatoria …idealista e Ghoetiana! Noi non siamo “gli aeronauti dello spirito” che si elevano nei cieli alti “verso l’Infinito” lontani dalla terra della gioia, del dolore, dell’abbandono e della fatica. Il nostro mezzo conoscitivo non è il “pallone aerostatico” che si libera gradualmente di zavorre ,dei pesi e dei legami ancestrali che non riesce a spezzare.Non tentiamo di innalzarci verso panorami più ampi, visioni più comprensive, orizzonti senza tempo. Abbiamo scoperto nei nostri girovagare sulla terra vangata di fresco, sui sentieri segnati da i pastori della transumanza stagionale, dai viandanti spaesati..... che non basta sollevarsi col pensiero “dalla terra solida nella libera aria, dalle cose che hanno peso all’elemento che non ha confine”. A noi non è richiesto lasciare cattedre, professioni, comode case per “un disfrenarsi della passione di pensare, un sentimento primordiale di libertà” o per un discesa poetica ed estetica nei nostri inferi esistenziali o per inseguire la “maledizione” o “la malia” della poesia. Diverso è anche il nostro viaggio nel pensiero meridiano e il “nostos” paesologico nel “sud di ogni nord”. Non è un fuga verso in nostro vero “io”, profondo e nascosto come l’aletheia-verità greca, via dai legami, dalle responsabilità di una società e di istituzioni di un umanesimo violento e ammiccante della “modernità incivile”. Non cerchiamo la vita vissuta autenticamente rispetto al semplice “lasciarsi vivere”. Attratti ma non convinti dall’affascinante e colto viaggio di Goethe nell’Italia mediterranea e alcionica ….esperienza di una violenta e immediata eruzione naturale di sensazioni e passioni ….lontano dal “cattivo cielo “ del Nord con il richiamo del sole e della luce da parte di “un malato dell’inverno” nel primo sentimento interiore di prorompente energia elementare. C’è l’abbaglio del calore e della luce ma il suo pensiero formale e classicamente freddo è rimasto a Weimar, alla casa e ai tributi e alle cariche pubbliche. E’ la ragione cartesiana e romantica a restare padrone del suo destino e della sua poesia. E’ la teoria dei colori a affascinarlo non la vita e la luce dei colori nel ciclo naturale dell’essere umano.Per altre strade e altre esperienze attirati nel gorgo magmatico e dissipatore dei vari Holderlin,Kleist e Nietzsche non abbiamo cercato l’abbandono totale e il dissolvimento completo del nostro “io” integralmente nel fuoco liquido dell’intelligenza oltre l’uomo e la sua storia concreta.Ci ha appassionato ma non asservito il piacere dell’arte antica, i misteri della natura, lo spirito romano o le magie della luce o delle parole , l’ebbrezza cerebrale ed estetica come scelta personale di stile di vita per affermare soprattutto sé stesso. Sappiamo gli inganni della Gorgona che si raffreddano in seguito in rigidità corazzate poco propense ai cambiamenti dionisiaci ingabbiato in un improbabile e universale “eterno ritorno dell’eguale”.Nelle nostre esperienze non cerchiamo trasformazioni e arricchimenti formali. Goethe e Nietzsche sono le due drastiche e classiche vie di un viaggio avventuroso e ricco nella terra del sole e della luce : uno con la speranza di riportare alla fine nella sua terra di nascita un bagaglio di cose preziose per il cuore e per la mente con insegnamenti e ispirazioni di notevole qualità l’altro avventurandosi senza freni inibitori in una completo alienazione in sé stesso …una sorte di patria ideale e cattedrale del pensiero vivo dove si genera e si produce un sè stesso “oltreuomo” in un mezzogiorno dello spirito oltre il mezzogiorno della quotidianità e della fatica di vivere. Nietzsche “ acquista quello sguardo da uccello che gli permette di vedere ciò che sta oltre, quella chiara visione dell’uccello da preda…aquila delle nevi alpine che piomba giù direttamente dall’alto e vede da ogni parte, verso orizzonti aperti da ogni lato, mentre Goethe si esponeva ai pericoli con cautela e circospezione e al tempo stesso si metteva anche al riparo “circondandosi di orizzonti chiusi”. Anche la loro lingua si scontra e si incontra con le culture meridiane ….. si fa mobile, cristallina ,luminosa e chiara …”la lingua del vento australe” con tono prorompente e violento , energico e rotondo come la terra del sud mediterraneo dei primi pensatori nomadi di un occidente come miraggio e orizzonti lunghi…non più dai toni freddi, solidi tedeschi , classici ed umanistici…una lingua che impari a danzare tutte le danze e fa danzare anche il soggio Zaratustra pieno di luce solare ardente ,paganamente libero di sfrenatezza e colorature che ritroviamo nei colori folli del nordico Van Gogh.Ma alla fine sia a Goethe che a Nietzsche lo stesso sole, la luce , i colori e profumi della terra e dei frutti ha necessità di slittare verso sempre nuove estasi o ipostasi estetiche dove alla luce del sole sostituire un incendio del sole, una chiarezza che abbagli , tagli più che circoscrivere, gli spasimi del piacere più della letizia e l’allegria della conoscenza umana, la totale ebbrezza agli stimoli e le percezione dei suoi sensi, la danza in volo oltre la terra …. oltre il sentimento e la passione umana della vita. E anche la musica e la voce ricercato nei suoi elementi originari in cui la chiarezza diventi melodia ,non armonia matematica....che dia ali allo spirito e non sangue e carne al corpo con i suoi dolori, amori, piaceri e spasimi. Ben altro viaggio ci propone Franco Arminio con la proposta del “sapere arreso della paesologia”.Pur costruendo il suo amore nella pieghe e gli angoli bui della poesia di Rimbaud , Mallarmè e Baudelaire ha diretto il suo “demone interiore” non sol negli inferi delle contraddizione della modernità ma alla ricerca esistenziale della “grande vita nei piccoli paesi” nelle crepe, nei dirupi, dei terremoti della terra e dell’anima…..nei luoghi abbandonati degli appennini d’Italia e della sua terra d’Irpinia d’oriente lontano dai rarefatti “cieli alcionici” o dell’umanesimo classico del romanticismo tedesco.”Egli, pur possedendo tutte le qualità per farlo- scrive con chiarezza Franco Cassano- non è mai partito, non ha mai usato la sua intelligenza per scappare altrove. È rimasto invece fedele alla sua terra, terra d'irpinia d'oriente,senza sacrificare a tale fedeltà la sua mobilità intellettuale o il suo spirito critico…….. Infatti per Arminio, e questo è un altro tratto singolare, l’amore dei luoghi nasce non, come spesso accade, dalla rimozione dei loro veleni, delle loro miserie e delle loro impotenze, ma da uno sguardo lucido, che non nasconde nulla e non fa sconti a nessuno. Ci sono troppi che, deprecando, sbattono la porta e se ne vanno altrove e di lì pontificano a distanza. E troppi, tra quelli che rimangono, che sono convinti che la modernità sia soprattutto vendersi e sapersi vendere. Troppe volte oggi l’amore dei luoghi è diventato un’industria, un modo per venderli nel grande mercato globale, marketing territoriale, l’idea che si possa diventare commercianti della propria identità, e quindi parte della grande simulazione e dello spettacolo globale” Niente fughe dai cieli grigi lombardo-veneti e dagli sviluppi senza progressi di una modernità allo sfascio e alla frutta.“Andate nei paesi allora, andate dove non c’è nessuno in giro. Abbiate cura di credere alla bellezza sprecata del paesaggio, portate il vostro fiato alle sperdute fontanelle del respiro”.Un invito a saper rivedere o pensare un museo dell’aria,ad ascoltare il silenzio sonoro del vento, ad imparare a ad ascoltare i racconti dei vecchi che guardano, curano e custodiscono i loro ricordi del loro paese sulle panchine della piazze desolate per i turisti distratti e anche saper andare oltre alla rabbia e al rifiuto di un uso violento e disumano del territorio e dell’ambiente. Con un atteggiamento mentale e uno stile di vita che vada oltre la stessa formalizzazione del pensare ecologico istituzionalizzato e addomesticato. “Credo che questo atteggiamento- scrive F. Cassano- faccia parte dei Paesi più deboli e marginali, in cui tutto diventa risorsa per sopravvivere; anche l'ambiente, trasformato per questo in una discarica. I meridionali dovrebbero rendersi conto che ciò che rende straordinariamente belle alcune terre del Mezzogiorno è la loro forma naturale e venderla al cemento significa mutilare la propria identità, la propria storia. Ma questo non è un problema che riguarda solo il Sud, bensì l’intero pianeta terra, rendendo necessaria una politica ambientale che consenta lo sviluppo, ma sostenibile. Soltanto così è possibile garantire un futuro alle generazioni future. 
mauro orlando 


Lettera ai giovani del sud 
Cari ragazzi, abitate da poco una terra antica, dipinta con le tibie di albe greche, col sangue di chi è morto in Russia, in Albania. Avete dentro il sangue il freddo delle navi che andavano in America, le grigie mattine svizzere dentro le baracche. Era la terra dei cafoni e dei galantuomini, era il sud dell'osso, era un uovo, un pugno di farina, un pezzo di lardo. Ora è una scena dissanguata, ora ognuno è fabbro della sua solitudine e per stare in compagnia si è costretti a bere, a divagare nel nulla, a tenersi lontani dal cuore. E’ uno stare che non contesta niente, ma è senza pace, senza convinzione. Ora non vi può convincere nessuno. Dovete camminare nel mistero di questa epoca frivola e dannata, in questa terra che muore e che guarisce, dovete stare nelle crepe che si sono aperte tra una strada e l'altra, tra una faccia e l'altra, tra una mano e l'altra. Tutto è spaccato, squarciato, separato. sentiamo l'indifferenza degli altri e l'inimicizia di noi stessi. E’ una scena che non si muta in un solo giorno, ma è importante sollevare lo sguardo, allungarlo: la rivoluzione del guardare. Uscite, contestate il vomito invecchiato su una mattonella a cui si è ridotta la politica. Contestate con durezza i ladri del vostro futuro: sono qui e a Milano e a Francoforte, guardateli bene e fategli sentire il vostro disprezzo. Siate dolci con i deboli, feroci coi potenti. Uscite e ammirate i vostri paesaggi, prendetevi le albe, non solo il far tardi. Avvolgete con strisce di luci le ombre in cui dimorano i vostri nonni. Vivere è un mestiere difficile a tutte le età, ma voi siete in un punto del mondo in cui il dolore più facilmente si fa arte: e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate.Non lo fate per darvi arie creative, fatelo perché siete la prua del modo: davanti a voi non c'è nessuno. Il sud italiano è un inganno e un prodigio. Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola. Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio. 
Franco Arminio Ph.Festival di Aliano 2015