lunedì 16 aprile 2012

Elisir d'amore per .....la paesologia "ministeriale"

“… non ho mai girato il mondo.
faccio ogni giorno
l’imitazione di mio padre
che è stato qui tutta la vita.
Quelli che giravano il mondo
arrivavano ogni tanto a casa sua”
franco arminio


di mauro orlando

....a Pertosa (sa) ieri il ministro Barca e franco arminio ammiravano attraverso la grande vetrata le colline e il paesaggio mentre nella sala si consumavano velate e volanti parole nei giochi dei progetti, metodi e ….denunce e lamenti…. tra urgenze ,decisioni e responsabilità…..naturalmenete “nuove” e “originali”! Parole e concetti di una nuova modernità di una tecnica e di una economia teologica che comunque stenta a mettere l’uomo al centro ma sempre in disparte critico, corrucciato,arrabbiato ….sempre mezzo e mai fine.Ecco alcuni florilegi letterari e sociologici non solo tra il buon senso e senso comune:” la lingua napoletana non ha il futuro come tempo verbale”, “Sud …ospizio a cielo aperto”, ” bisogna proporre un ‘accisa per la felicità”, ” i luoghi hanno piacere e sentimento”, ” non costruire nuove “enclave” culturali”, “allungare le reti”, ” nei piccoli paesi….evitare l’occhio e la lingua lamentosa di chi si sta estinguendo”, “chi cerca soluzioni economiche a problemi economici è sulla strada sbagliata”(Einaudi)…………, ……..”la bellezza è il petrolio dell’Italia”, “il futuro o è un ipotesi o è un imbroglio se non sai declinarlo al presente”…..e cosi andando nel minuetto della new economy…. nuova sociologia, nuova politica …nuova metodologia e cultura ….Il cuore e l’anima paesologica comunque l’ha fatto da “padrona” non solo per il riconoscimento pubblico non formale del Ministro e del presidente della regione Lucania al suo poeta .Franco ha ribadito la necessità di rimettere al centro dei nostri sentimenti,concetti , idee e porgetti … la centralità dei “piccoli paesi dalla grande vita” partendo dal superamnto delle categoria del moderno …spazio e tempo”…. recuperando il concetto di “luogo” come concentrato della vita passata, presente e futura. ……”A parlare della fine della modernità sono in tanti, ma le cose vivono a lungo anche dopo che sono finite, perché devono finire prima di tutto nella nostra testa. Il modello della crescita tanto osteggiato da intellettuali come Latouche, viene da molto lontano e non può essere ribaltato da un altro modello economico ma da un altro modello del sacro. Si potrebbe dire che la crescita come noi la concepiamo ha molto più a che fare con Cristo che con la borsa. Gli alberi in questi giorni fioriscono grazie alla loro generosa intelligenza e non perché si pongono il problema della crescita o della salvezza. Fino a quando non usciremo da questa ossessione di stare dentro un tempo lineare che ci deve portare a una qualche forma di salvezza, saremo sempre istigati a usare il mondo come una cava da cui estrarre merci e concetti per distrarci dalla morte.
La modernità è stata un lungo equivoco che ha migliorato le condizioni di vita materiale, ma ci ha isolato dai nostri simili e dalle altre creature del pianeta. L’io cartesiano è un sarto che ha preso le misure al mondo e gli ha fatto un vestito che è una camicia di forza. Ci siamo staccati da quello che una volta si chiamava il creato, considerandoci le uniche creature intelligenti del pianeta e invece siamo solo la specie più anomala e presuntuosa”.