sabato 30 maggio 2009

Elisir d'amore per .........la democrazia delle domande e delle risposte

“Sul serio lei si rifiuta di fare il possibile per alleviare lo stato di povertà materiale e di cieca miseria morale in cui versa il suo popolo?”.
“Siamo vecchi,Chevalier,sono almeno 25 secoli che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche e eterogenee civiltà tutte venute da fuori.Nessuna fatta da noi.Nessuna che sia nata qui.Da 2500 anni non siamo nient’altro che una colonia. Oh non lo dico per lagnarmi.E’ colpa nostra .Siamo molto stanchi svuotati,spenti”

da " Il gattopardo".



"Berlusconi, un mese dopo, risponde alle domande che si fa da solo. Minorenni? «Non ho detto niente». Sesso con le minorenni? «Assolutamente no, ho giurato sulla testa dei miei figli e sono consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei dimettere, un minuto dopo averlo detto». (Il Cavaliere ha memoria corta. Già gli è capitato di giurare sulla testa dei figli per negare che Fininvest avesse un «comparto off-shore, very secret», All Iberian. Ora che quell´arcipelago di "fondi neri" ha trovato una documentata conferma, il capo del governo ha dimenticato quel fragoroso spergiuro). La mossa del presidente segue un sentiero che gli è familiare fino all´abitudine. Rovescia il tavolo per uscire dall´angolo in cui si è cacciato con la sua apparizione in un ristorante di Casoria per festeggiare una diciottenne. Stende un velo sui tre eventi che egli stesso si è combinato: l´incomprensibile presenza in una periferia napoletana; l´offesa pubblica alla moglie; scelte politiche che hanno convinto Veronica Lario a parlare di «ciarpame politico». ..
Leggi tutto.....La verità ad personam Giuseppe D'Avanzo, la Repubblica

venerdì 29 maggio 2009

Elisir d'amore.........per il "cinema".



Il Mito del Cinema.


Qualcuno immaginò, decine di secoli fa, la sala buia di un cinema come fosse una caverna. Lo schermo altro non era che la parete di fondo contro la quale si stagliavano, mirabili, le immagini proiettate dall'illusione di un fuoco.
Il pubblico era seduto ordinato, e non era molto diverso da quello odierno; eravamo sempre uguali, noi, allora come adesso, silenziosi, rapiti, spettatori ammaliati, prigionieri di quelle immagini. E tutto scorreva davanti ai nostri occhi, minuto dopo minuto lo spettacolo andava avanti, ancora ed ancora: perché l'autore di questa storia prevedeva che continuasse per ore, mesi ed anni, e così per sempre. Addirittura s'inventò che fosse sempre stato così: sin dalla nostra nascita...
“Si immaginino degli uomini chiusi fin da bambini in una grande dimora sotterranea, incatenati in modo tale da permettere loro di guardare solo davanti a sé. Dietro di loro brilla, alta e lontana, la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada con un muretto. Su questa strada delle persone trasportano utensili, statue e ogni altro genere di oggetti; alcuni dei trasportatori parlano, altri no. Chi sta nella caverna, non avendo nessun termine di confronto e non potendo voltarsi, crederà che le ombre degli oggetti proiettate sulla parete di fondo siano la realtà (ta onta); e che gli echi delle voci dei trasportatori siano le voci delle ombre.”
[1]
Eccoci lì, seduti, costretti ma felici, convinti che la realtà sia quella che ci appare, ossia fatta di ombre proiettate sul muro che abbiamo di fronte. E la cosa non ci turba affatto, perchè siamo abituati, in quelle condizioni sin dalla nascita: spettatori sì, ma totalmente ignari di esserlo. Nulla, infatti, in questa storia ci avrebbe permesso di distinguere la realtà dall'illusione, proprio come in un sogno dal quale non ci si possa mai svegliare. A meno che...
“Per un prigioniero, lo scioglimento dai vincoli (...) sarebbe un'esperienza dolorosa e ottenebrante. Il suo sguardo, abituato alle ombre, rimarrebbe abbagliato: se gli si chiedesse - con la tipica domanda socratica - di dire che cosa sono gli oggetti trasportati, non saprebbe rispondere, e continuerebbe a ritenere più chiare e più vere le loro ombre proiettate sulla parete. Per lui sarebbe difficile capire che sta guardando cose che godono di una realtà o verità maggiore (màllon ònta) rispetto alle loro proiezioni.”
[2]
Chi immaginò questa storia lo fece secoli fa, molto prima dell'avvento del cinema, prima di Cristo e persino della televisione.
L'autore è Platone e il racconto, di cui abbiamo accennato l'inizio, è il Mito della Caverna. La storia prosegue con la liberazione di uno dei prigionieri e narra del suo viaggio verso la conoscenza del mondo esterno.
Platone, certo, non poteva prevedere un'invenzione come quella del cinematografo, ma è perlomeno curiosa la similitudine: la sala, il buio, le immagini, il pubblico, la proiezione. Non si capisce nemmeno come abbia fatto a descrivere qualcosa di così vicino al concetto di cinema visto che nulla di vagamente simile esisteva al suo tempo. Gli spettatori nella caverna sono prigionieri perché gli viene imposta una realtà; non hanno scelta, non possono decidere di uscire da quella condizione. Sono prigionieri dell'illusione perché pensano che essa stessa sia la realtà. Platone è arrivato ad un passo dal descrivere il cinema, ma poi ha ipotizzato il suo opposto, una prigione.
Noi sappiamo che il cinema trae la propria forza proprio dal suo essere illusorio, è composto dalla stessa sostanza dei sogni e siamo consapevoli del fatto che sia immaginifico. La storia narrata in un film è il risultato di una creazione condivisa, e, malgrado ciò, il fatto che possa non essere reale, non cambia minimamente l'immedesimazione empatica dello spettatore: il nostro coinvolgimento finale è maggiore di qualsiasi altra vaga ombra proiettata sulla parete di fondo della nostra quotidianità.
La verità è che Platone non poteva sapere tutto questo, non poteva prevedere quanto, grazie al cinema, la condivisione di un sogno potesse rendere reale l'immaginazione, e liberare, invece, i prigionieri della sua caverna. Non poteva sapere quanto quel sogno chiamato cinema avrebbe infine coinciso con il concetto stesso di libertà.


Francesca Vecchioni
[1] Platone, La Repubblica, libro VII, Laterza, Roma-Bari 2004
[2] Platone, La Repubblica cit.

Elisir d'amore per ........"parole e musica".




“ ......."Ci sono normalità, regole armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano.Oggi lo so.E’ l’ecceziome, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l’animo . La più grande bellezza e l’infinita bruttezza partecipano del mistero. C’è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C’è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c’è nella febbre ,nell’incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile atto di chiarezza, di certezza improvvisa.
Quando qualcosa sconvolge, ci dice molto più di quel che siamo abituati a sentire.
L’inspiegabile, l’unico, arriva come a scuterti, svegliarti come da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini.L’uomo ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando un linea dritta, tra immagini a specchi consueti” R: Vecchioni , Il libraio di Selinunte, Einaudi

...vi propongo la video intervista a Roberto Vecchioni di Chiara Marcon. Buona Visione!!!
cliccare qui: www.ilgiornale.ch

giovedì 28 maggio 2009

Elisir d'amore per ..........il diritto-dovere del voto.






Politica
Appello al voto
Sandra Bonsanti
“E segavano i rami sui quali stavano seduti, gridandosi l’un l’altro le loro esperienze per segare con più vigore. E crollarono nell’abisso. E quelli che li guardavano scossero la testa e continuarono a segare con forza”.
Un mio amico preoccupato per... (Leggi tutto)


Giorgio Gaber - L'elezioni - Liberta' Obbligatoria

Elisir d'amore per .....John Lennon

La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati in altri progetti.
La realtà toglie molto all'immaginazione.
J. Lennon


Lascia che sia


Quando cerco me stesso in periodi difficili
Madre Maria viene da me
Dicendo parole di saggezza, lascia che sia
E nella mia ora buia è
Proprio di fronte a me,
Dicendo parole di saggezza, lascia che sia

Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Sussurrando parole di saggezza, lascia che sia.

E quando tutte le persone dal cuore infranto
Che vivono sulla terra si trovano d'accordo
Ci sarà una risposta, lascia che sia
Perché anche se sono isolate
Vedranno che per loro c'è ancora un'opportunità
Ci sarà una risposta, lascia che sia

Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Ci sarà una risposta, lascia che sia

E quando la notte è cupa c'è
Ancora una luce che risplende su di me
Splenderà fino a domani, lascia che sia
Mi sveglio al suono della musica
Madre Maria viene da me
Pronunciando parole di saggezza, lascia che sia

Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Ci sarà una risposta, lascia che sia
Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Dicendo parole di saggezza, lascia che sia.

Elisir d'amore per .......una storia di "follia.



.........storia di una attuata follia.......


.......la storica decisione di " scendere in campo...

".........Tuttavia il povero giovane , tormentato dai demoni della propria anima 'intraprendente', consapevole dei segni premonitori di una incipiente e possibile follia, cercava una ragione alla sua stessa biografia spezzata: una ragione per riscattarla o giustificarla.
Sempre più nella sua mente ‘toccata ed eccitata’ il mondo aveva bisogno di essere semplificato ed i moti contrastanti e violenti del suo animo tenuti a bada, individuando un percorso logico lineare ed elementare per dare una ragione e un senso al proprio esistere e uno sbocco al frastuono della propria mente. La logica è: o il mondo si fa giusto con me o io devo impegnarmi a renderlo giusto, anche a costo di ‘uccidere’ il responsabile dell’ingiustizia del mondo. Si aggrappò a questo schema rigido e semplificato e si impegnò solennemente con sé stesso a non pensare più a nulla se non alla via tracciata da questo schema. E lo perseguì con quella determinatezza e lucidità che è l’ultimo residuo che la luce intermittente della sua ragione sconvolta lasciava di sé nell’abisso della follia: capovolgere la lettura del reale.
Come un cucciolo colpito e braccato intuiva l’importanza di conoscere i percorsi possibili della follia. C’era un’unica chance : recuperare le sue ossessioni alla comunicazione e alla condivisione sociale, anche di piccoli spaccati della società, e non lasciarli come pensieri solitari e negati alla condivisione.
E così aveva cominciato a tessere un suo labirinto mentale che doveva portarlo dritto ,dritto alla pazzia….senza preoccuparsi di lasciare segni per raccapazzarsi in un eventuale ritorno.
Ma non era stato proprio un grande filosofo di fede moderna come Pascal a considerare la follia degli uomini talmente necessaria che non essere folli sarebbe solo un altro modo di esserlo! L’essere umano è “al disopra della natura e insieme ineluttabilmente coinvolta in essa fino a perdersi".Si ripeteva come in un specchio deformato.
Perso oramai del tutto il cervello, gli venne il pensiero più stravagante che sia mai venuto a un pazzo “dare un senso logico alla sua follia” come aveva colto nell' ambiguo e tragico progetto di Amleto di cui stranamente non apprezzava il morboso e esagerato attaccamento alla madre ,meno che meno i suoi filosofici e inconcludenti dubbi.
Dopo tanto pensare e ripensare ecco la chiave di volta che avrebbe dato senso alla sua vita : “La pazzia è una forza vitale creatrice !”Gli parve da allora opportuno e necessario sia per accrescere il proprio onore, il proprio patrimonio, sia per servire il proprio paese, di farsi “innovatore rivoluzionario”. Il pover’uomo già si figurava i contrasti, gli ostacoli, gli sberleffi dei dotti, dei saccenti e snob politici “comunisti” e di tutti i parrucconi della stampa e dell’Accademia e dei salotti buoni della finanza. Ma una sola convinzione lo rassicurava e confortava .”L’intuizione rivoluzionaria, si ripeteva a suo stesso conforto nei momenti di sofferente solitudine lontano dall’azione, viene sempre percepita al suo manifestarsi come priva di buon senso, addirittura assurda. E’ solo in un secondo tempo che si afferma, viene riconosciuta, poi accettata e persino propugnata da chi prima l’avversava. La vera genuina saggezza sta quindi non in un atteggiamento razionale, necessariamente conforme alle premesse e perciò sterile, ma nella lungimirante, visionaria pazzia”. Mentre così recitava a se stesso il povero Erasmo ebbe un sobbalzo nella tomba nel cimitero di Amsterdam.Mai avrebbe pensato di servire a pretesto delle più stravaganti e contraddittorie azioni economiche e politiche del nuovo Millennio così lontano dai suoi pensieri realisticamente utopici.
Anche se nel fuoco incrociato delle varie intransigenze del primo Cinquecento aveva desiderato, in molti momenti ,ardentemente “essere uomo di pace” senza essere in grado di acquisire le nuove virtù e i nuovi vizi del suo secolo: eroismo e intolleranza. Già in vita si era abituato ai giudizi e alle interpretazioni più disparate del suo pensiero. Si considerava troppo intelligente ed equilibrato, troppo fine di gusti, troppo libero di mente, troppo poco fornito di quella “pazzia” che pur aveva glorificato come elemento indispensabile alla vita intima, per non trasformarsi secondo le attese di molti o le astuzie di qualcuno, destinate le prime ad andare disattese o deluse e ,le seconde ,rappresentare ruina personale in una improbabile esposizione nella vita pubblica.
“E ,perso ormai del tutto il cervello, gli venne il pensiero più stravagante che sia venuto a un pazzo; cioè gli parve opportuno e necessario, sia per accrescere il proprio onore, sia per servire il proprio paese di farsi realmente "cavaliere errante" , e di andare per il mondo con le sue armi e il suo cavallo a cercare avventure e a cimentarsi in tutte le imprese in cui aveva letto che si cimentavano i cavalieri erranti, combattendo ogni sorta di sopruso ed esponendosi a prove pericolose, da cui potesse ,dopo averle condotte a termine, acquistarsi fama immortale. Il pover’uomo già si figurava di diventare, grazie al valore del suo braccio ( e la destrezza della sua mente) per lo meno Presidente del Consiglio se non Presidente della repubblica del suo paese.
E quindi sospinto da così radiosi pensieri e dalla straordinaria soddisfazione che gli davano, si affrettò a mandare ad effetto il suo desiderio”.
E così non fece e sin da allora, l’improvvido ma determinato sciagurato cominciò a pensare e riempire di uomini, idee e di argomenti la sua “DISCESA IN CAMPO
”.
estratto ......da un racconto inedito dell' Anonimo del postribolo.

mercoledì 27 maggio 2009

Elisir d'amore per ......Cairan come cerimonia dei sensi.



C A I R A N O 7X


.....a cairano non ci sono cose da vedere, nel senso strettamente turistico del termine, ma da cairano si vede molto, ma bisogna arrivare alla nuca silenziosa del paese: il paese ha letteralmente la testa tra le nuvole….
quella di giugno non è una festa e neppure un festival, non è un evento, è una cerimonia, una cerimonia dei sensi.
in irpinia si mangia benissimo e a cairano non ci saranno paninari, ma cuochi d’alta scuola e prodotti tipici di primissima qualità.
dalla colazione alla cena, tutto rigorosamente slow food….
il fatto cruciale di ogni giornata sarà il banchetto. sarà inframmezzato da canti, balli, dichiarazioni d’amore, filippiche, lazzi, motti e mottetti.
è una cerimonia per turisti commossi e clementi, non per chi vuole stordirsi con la patina dell’eccezionale.
il vento e il grano, il silenzio e la luce
sono le nostre macchine.
crediamo fermamente che alla lunga possano creare anche reddito. ma non il reddito che ci vuole per consumatori assatanati, il reddito che serve a chi preferisce leggere un libro a un ristorante di lusso, a chi quando è tempo va a cicorie e non si mette in fila ai caselli…
abbiate cura di essere dolci e presenti in questi giorni, cari irpini,
abbiate cura di fare onore alla migliore civiltà contadina e non alla piccola borghesia con cui l’abbiamo rottamata.

Eisir d'amore per ..........i sentimenti.

........franco arminio

cosa sono i sentimenti?
una cosa che appoggiamo sul corpo
o un disegno che facciamo con il corpo?
cosa siamo noi
in mezzo alla vita, cosa ci facciamo
in mezzo a tanti morti?
cosa sono i vivi e cosa sono i morti?
non so, non sappiamo nulla.
sapevo però ieri sera che il sonno
questa notte si sarebbe rotto,
sapevo che il buio a un certo punto
mi avrebbe aperto come un coltello apre
la pancia di un agnello.
forse scrivere è mettere le proprie viscere
sul tavolo e poi subito rimangiarsele
prima che muoiano.
parlare di sé senza squarciarsi
non serve a niente
scrivere senza squarciarsi
non serve a niente.
squaciarsi e poi richiudersi
perchè non si può lasciare sul tavolo
la carne. l’amico è un lettore
il lettore è un amico
se gli basta il gesto, questo scucire
e ricucire il nostro corpo davanti all’altro.
scrivere è amare
leggere è amare
se siamo esposti, rotti, scomposti,
se siamo instabili, smarriti
se non sappiamo cosa stiamo per dire
se siamo grati a tutti,
a chi si dà
e a chi si astiene
(e così il sangue gli gira inutilmente
nelle vene).



La lingua della poesia non può essere morta e convenzionale, ma viva densa e sempre sorprendente anche quando evoca e ricorda.
La lingua della poesia è sempre classica o antica.Capire la lingua classica o antica è una propensione all’attenzione o una educazione all’attenzione come diceva Simone Weil. Curiosità onnivora.
Nella suadente liricità e nella sua sensibilità si possono riconoscere una grande costellazione ,i cui astri sono, Saffo,Catullo,Pessoa,Kafka,Merini ecc.
Sentire,leggere capire la poesia necessita di essere educato per musicalità e cultura a una capacità altissima ad avvertire il suono falso delle persone e delle cose quel suono sgradevole e gridato da cui siamo accerchiati anche attraverso quell’oggetto che invade con violenza le nostre case ,che non basta demonizzare con il sarcasmo o rifiutare con snobismo.
La parola deve conservare la pregnanza simbolica ed evocativa del Natale e non la discorsività espressa della epifania. E non la tragedia intima della quaresima anche con la possibile rinascita della Pasqua.
Curare infine la ricerca quasi ossessiva del senso intimo e di grazia ,quasi teologico ed epifanico,delle parole evocative di sentimenti ma caratterizzanti l’”io” in una sorta di,’paradossale disumano sconsiderato oblio del ‘noi’, per tutti quei danni che fino al novecento hanno alimentato tutte le culture totalitarie e razziste.
Più delle idee mi interessano le parole,anche quelle inusuali e colte ma non le loro significazione e forma ma nella loro identità e profonda autenticità.

mauro orlando

martedì 26 maggio 2009

Elisir d'amore per .....una serata 'abruzzese' a Desenzano.



....non bastano le lacrime
ad impastare il calcestruzzo.....
E C C O C I QU A ...........C I T T A D I N I D' A B R U Z Z O
....e la vita comincia " D O M A N I "
21 APRILE 2009
ARTISTI UNITI PER L'ABRUZZO

" DOMANI E'..........GIA' QUI ! "
Non basta guardare o ascoltare questa bellssima canzone di Mauro Pagano.
Acquistare questo disco in un qualsiasi negozio dà una mano concreta alla ricostruzione delle case terremotate d'Abruzzo evitando 'mafie e speculatori'.
Mi raccomando compra e fai comprare : "Domani"!
e ricordati........
T I A S P E T T I A M O anche a D E S E N Z A N O...........

Elisir d'amore per......la politica democratica

...dunque, come dicono tutti,
la vita politica è incompatibile
con la vita lirica.
l’italia ormai è un paese invaso
dalla politica: dentro le case
nei bar, dentro gli ospedali
nei letti degli amanti
ovunque non si fa altro
che alzare teatrini, altari
all’arte del potere.
la vita lirica è riservata
ai cani, agli alberi sotto la tempesta
ai folli che vagano lontano
da questa immonda festa.

franco arminio



Premetto che l'unico modo d'intendersi quando si parla di democrazia, in quanto contrapposta a tutte le forme di governo autocratico, è di considerarla caratterizzata da un insieme di regole (primarie o fondamentali) che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure (Norberto Bobbio)



Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo. (Alexis de Tocqueville)

lunedì 25 maggio 2009

Elisir d'amore per ..........il radicamento e la politica.



R A D I C A M E N T O e P O L I T I C A

“ Se ormai ogni politica ha per scopo di rendere la vita tollerabile al maggior di uomini possibile, bisogna lasciare che essi determinano anche che cosa intendano per vita tollerabile” Nietzsche

Che brutta campagna elettorale che ci avviamo a vivere . La politica è mortificata se non assente …il resto è cicalare e ‘ciarpame’ vario ed eventuale. Si potrebbe chiedere o individuare responsabilità e limiti ma sarebbe un gioco troppo facile .E’ il classico inutile sparare sulla Croce Rossa !
E noi ci sottraiamo a questo gioco perverso perché abbiamo troppo rispetto per noi stessi e soprattutto per la Politica. E continuiamo ad elevare una “vox clamans in deserto” nella speranza che ci siano ancora orecchie che intendono.
Oggi più che mai sentiamo un bisogno di radicamento “ il bisogno più importante e misconosciuto dell’anima umana, e tra i più difficili a definire” (S. Weil) a cui non corrisponde un bisogno dialetticamente contrario. C’è bisogno di identità , di comunità. Un sentimento diffuso anche se represso . C’è difficoltà definirlo per il grado elevato di sradicamento a cui la società contemporanea ci ha costretto o convinti a subirlo come uno stato quasi naturale.
C’è una sorta di sradicamento geografico,culturale e sociale cominciato con la sostituzione della idea di nazione a quella di territorio, della città capoluogo prima e poi i piccoli paesi e le comunità periferiche fagocitate e inglobate burocraticamente nelle Regioni. Si sono rivelati la malattia del nostro tempo sradicato.Ben altro discorso,di ben più profondo spessore e contingenze il discorso di Napoli capitale di un Regno secolare nel suo rapporto col territorio periferico e le sue cittadinanze.
La distruzione di un rapporto pieno con il tempo e lo spazio reale , vale adire con la propria storia, il proprio ambiente naturale.Di qui il sentimento di discontinuità, frammentazione, estraneità, e in definitiva la riduzione della vita sociale e politica a pura esteriorità o addirittura ‘fiction’.
Il radicamento oggi diventa di fatto e per necessità crisi radicale dei modelli attuali sociali,politici perfino antropologici. , tendenzialmente autoritari e totalitari. Fenomeno che relega in secondo piano la vita relazionale e sociale, non più fitta e plurale trama di rapporti tra individui, che si riconoscono reciprocamente in quanto tali e in rapporto con il proprio territorio, ambiente storico e naturale. Se pur in una situazione di libertà formali quando la cultura come fenomeno anche politico pratico non predispone ogni suo elemento in una relazione significante con gli altri e le altre culture è destinata a privilegiarne uno : la politica, l’economia, la scienza o persino la religione, costringendo il pensiero alla sterilità o peggio al conformismo e alla sudditanza.
La politica oggi non può mangiarsi l’esistenza degli individui. L’esistenza non può deflagrare nella politica, non può coincidere con essa, non può essere declinata interamente con le sue categorie, con la sua sintassi, con il suo lessico.
Antipolitico e catastrofismo culturale che , per il passato hanno rappresentato la tendenza al disimpegno sociale e al silenzioso ripiegamento egoistico verso la cura del proprio appetito “particulare” non devono diventare “un urlo maliconico di disperazione”.
L’odierna antipolitica ,in alcuni casi per fortuna , interpreta confusamente, talvolta populisticamente o subdolamente anche questa estrema disperazione. Disperazione alimentata dalla visione di politica assoluta praticata dal nostro ceto politico e non solo. La politica “assoluta” è sempre piu insofferente a trattenersi entro i suoi costitutivi ed invalicabili limiti- i soli che le conferirebbero una reale “effettualità” ,avrebbe detto Machiavelli. Quella limitata tecnica che tende pazientemente a ritessere e riorientare i molteplici e spesso conflittuali interessi particulari della ‘polis’ verso un Bene comune.
Alle grida sommesse o disperanti di una certa inossidabile politica politicante o una interessato presbitismo giornalistico,se mai si dovrebbe chiedere chi ha allevato il lupo dell’antipolitica e non limitarsi a ripetere l’inutile grido di allarme per la sua sopravvenuta attualità nel nostro inconscio prepolitico questuante fuori del Palazzo.
La politica tra paure e monomanie, sembra condannata nella innaturale forbice di un pragmatismo amministrativo “senz’anima” o di lucide, deliranti e ossessionate tentazioni ,mai del tutto sopite o digerite da passate stagioni palingenetiche e salvifiche . Politica e antipolitica convergono paradossalmente anche nella nostra storia recente nella effettiva spoliticizzazione o dissocializzazione della società civile e dell’individuo assumendo nel suo statuto una funzione assoluta e totalizzante.
Per i pochi eletti- come sempre- c’è l’aristocratica via di fuga dell’impolitico: un buen ritiro dalla politica o verso una dimensione ascetica, alternativa o verso una sorta di critica mistica della politica.
E per noi, donne e uomini – i più– che abbiamo rimesso umilmente ma profondamente in campo nelle nostre comunità violentate e provvisorie le nostre storie passate e la nostra esistenza presente – la carne e il sangue, le ansie e le speranze- non ci resta che continuare a ribadire la volontà determinata sia di non confondere troppo la vita con la politica con il rischio di esserne completamente risucchiati sia di evitare l’eccesso opposto in cui la politica sembra sia sfuggita inesorabilmente via dalla vita e dalla ricerca e dalla pratica di una cittadinanza consapevole e quotidiana in difesa dei diritti oltraggiati o negati. Comunque munirsi e usare le cere per sottrarre le nostre orecchie dagli ingannevoli e ruffiani canti delle eterne sirene che vogliono farci sacerdoti o fedeli ossequienti e supini non più nella liturgica mediazione dei partiti ma di una politica come “tècne o sofisma” intellettualmente accattivante ma comunque onnicomprensiva, autoreferenziale e spoliticizzante o semplicemente di “potere”.
Una sola cosa possiamo e vogliamo dire “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”. Non siamo antipolitica e non vogliamo finire nel disincanto ,nell’indiffrenza o nell’esplicita ostilità verso la politica.

Mauro Orlando



Elisir d'amore per .........."un cielo capovolto".



CANI CON LE VENE PIENE DI ORTICHE:
di franco arminio

Sui fili dei nervi per anni come una rondine. Ho vissuto dentro un cielo capovolto, sempre qui e sempre lontano, sempre altrove. Non ho mai veramente messo piede in questo paese, non ci sono mai stato. Sui fili dei nervi ad osservare le grandi nuvole che arrivano da oriente. Paese a bocca aperta contro il vento, con il cuore pieno di neve. La stessa nuvola che dimora qui di pomeriggio nel mattino era a Sarajevo. Appennino senza alberi, terra di grano che cresce sulle frane. La piazza è la stessa ma non ci sono più le coppole e le mantelle nere. Macchine parcheggiate, mezze anime contorte e verbose rigano le sere coi loro graffi di saliva. Qui di giorno e di notte mi luccicava dentro la paura della morte, con lei mi sono arrampicato a vedere i vermi che hanno bucato l’anima delle cose. Adesso è tutto come sfiatato, perfino l’inclemenza dura poco. Quello che ho scritto non potrei più scriverlo, non posso infilare il fiato e dare voce a corpi inerti, non posso dare il battito a cuori di paglia. Non posso ascoltare altre parole da questi cervelli pieni di fumo. Tra me e il mio paese è finita per sempre. Non abbiamo più niente da dirci. È finito il dialogo e anche il monologo. Ho parlato a tutti e mi accorgo di non aver mai parlato a nessuno. Mi hanno parlato tutti e non mi ha mai parlato nessuno. Forse capita anche altrove, non so, io so dire solo di questa storia qui, fatta di vento e neve, fatta di un muro. Pavese diceva che un paese ci vuole, ma io questo paese non l’ho mai avuto, non mi ha mai dato una mezz’ora in cui mi ha tenuto tra le sue braccia. La poesia è nata da qui, da questi alberi storti, da questa torre disertata ormai pure dai corvi. A vent’anni mi sentivo in un ossario, apparecchiavo le giornate con le ossa. Poi sulla tavola non è rimasto più niente. Vermi senza dimora, senza un corpo da divorare, vermi all’aria aperta.Oggi c’è una bella luce, ma proprio oggi sento un buco, sento che non c’è modo di raccogliere questi cani con le vene piene di ortiche. Vado per la mia strada, per la mia strada che non c’è. Ho dato fondo a ogni amarezza, ma non mi basta, non mi basta ancora. Voglio consumare l’interno universo, bucarlo in questo punto, nel punto suo più duro. Lo so, sotto non c’è niente, né dio e neppure i morti, non c’è neppure il niente a cui sembriamo appesi. È veramente tutta apparenza, chi parla, chi tace, chi sente.

sabato 23 maggio 2009

Elisir d'amore per ......una "reginella".

.....a ognuno la sua "reginella".
chi può negare di avere la sua "reginella" nella rubrica dei suoi sogni maturi.
...se poi riesce a sognarla nelle figure femminili,nei colori e nella fantasia di Klimt....... con la colonna sonora musicale di una melodia classica napoletana, cantata da Roberto Vecchioni
embè......bella la vita e il suo "suegno" !



(BOVIO - LAMA)

Te si' fatta na vesta scullata,
nu cappiello cu 'e nastre e cu 'e rrose...
stive 'mmiez'a tre o quatto sciantose
e parlave francese...è accussí?
Fuje ll'autriere ca t'aggio 'ncuntrata
fuje ll'autriere a Tuleto, 'gnorsí...

T'aggio vuluto bene a te!
Tu mm'hê vuluto bene a me!
Mo nun ce amammo cchiù,
ma ê vvote tu,
distrattamente,
pienze a me!...

Reginè', quanno stive cu mico,
nun magnave ca pane e cerase...
Nuje campávamo 'e vase, e che vase!
Tu cantave e chiagnive pe' me!
E 'o cardillo cantava cu tico:
"Reginella 'o vò' bene a stu rre!"

T'aggio vuluto bene a te!
.........................

Oje cardillo, a chi aspiette stasera?
nun 'o vvide? aggio aperta 'a cajóla!
Reginella è vulata? e tu vola!
vola e canta...nun chiagnere ccá:
T'hê 'a truvá na padrona sincera
ch'è cchiù degna 'e sentirte 'e cantá...

T'aggio vuluto bene a te!

venerdì 22 maggio 2009

Elisir d'amore per ......l'amore.



prima del giorno in cui saremo muti
prima che tutto muti in muto danno
al lume della luna e delle stelle
tra verdi sussurranti alberi scuri
portami al ventre baci densi e puri.

franco arminio




“Servendosi di forme di vita sintomatiche, Kierkegaard ci descrive le manifestazioni di una salvifica “malattia mortale”, vale a dire le figure di una disperazione dapprima rimossa, poi consapevole, infine trascinante alla conversione la coscienza egoistica. In queste figure della disperazione si manifestano altrettanti aspetti di quel unico rapporto esistenziale fallito che potrebbe rendere possibile un autentico essere-sè-stessi. K. illustra lìinquietante situazione di una persona che , pur consapevole della missione di dover essere un Sé, cerca nondimeno rifugio nelle alternativa di “un disperato non voler essere se stesso, ovvero ( più in basso) di un disperato non voler essere un Sé, ovvero (ancora più in basso) di voler essere un altro invece che sé stesso”. Solo dopo aver capito che la causa della disperazione non sta nelle circostanze esterne, ma nei propri tentativi di fuga, l’individuo cercherà caparbiamente- ma in maniere altrettanto fallimentare - un “voler essere-sé-stessi che si irrigidisce e si avvita su sé stessi – motiva lo spirito finito trascendersi e a riconoscere la sua dipendenza da un Altro che è fondamento della propria libertà”
Habermas

Elisir d'amore per ....una democrazia che possa fare domande ed esigere risposte.



UN LEADER IN FUGA DALLA VERITA' E CHE NON PUO' PIU' DARE RISPOSTE

nel tempo ha affermato : " Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politco responsabile, quindi di fronte agli elettori che di questa All Iberian non conoscevo neppure l'esistenza, Sfido chiunque a dimostrare il contrario ( Ansa 23 novembre 1999)
......" Non conoscevo Mills, lo giuro suimiei cinque figli.Se fosse vero ,mi ritirerei dall vita politica, lascerei 'Italia" Sole 24ore 23 novembre 1999.
Per molto meno in altri paesi ci si dimette non si mimannccia di dare "spettacolo " in un Parlamento offeso e manipolato.
Ogni cittadino deve esigere una risposta per le sue manovre corruttive passate presenti, i metodi delle sue imprese, i sistemi del suo governo autoreferenziale e privatistico. s'aggrappa al solito refrai "gli italiani sono con me" come se il consenso libera da ogni vincolo, da ogni dovere, da ogni onere.
Soltanto un potere che si ritiene "irresposnasbile" può continuare a tacere.
Per aiutarlo a curarsi dobbiamo trovare il modo di evirgli queste 'fughe' dalla sua storia,da suo presente, dalle sue responsabilità.
Un leader che non può rispondre perchè non può farlo ...non è più un leader nonostante il consenso elettorale.

Leggere anche:

Frottole e calunnie

Giuseppe D'Avanzo, la Repubblica

La giustizia italiana e il caso Mills

Alexander Stille, la Repubblica

Prigionieri dei processi del premier

Federico Geremicca, La Stampa

giovedì 21 maggio 2009

Elisir d'amore per ........un riscatto ragionevole.

Viviamo l'epoca della "babele mediatica" di un intero paese gestito da un 'impresario folle'. La storia di questa follia non è la storia di un giudizio ma è la storia graduale della evoluzione dei valori, delle regole delle credenze, dei linguaggi degli uomini in balia di essa.
La smentita comica della coesistenza di razionale e irrazionale e la loro separazione.
E una sorta di pietà, giustizia, tooleranza, coscienza e conoscenza nei confronti della sofferenza di un 'povero vecchio', della sconfitta della caduta come possibile riscatto nella dignità e nella saggezza.
E' un pò la fine anche della speranza cristiana.
Seguire l’itinerario della parola o del silenzio del folle come semplice ricerca dell’interpretazione di quel silenzio o parola è il segno comunque di un nostro increscioso coinvolgimento.
“Monologo della ragione sopra la follia”




Dicono che fingo o mento
In tutto ciò che scrivo.No.
Semplicemente sento
con l'immaginazione.
Non uso il cuore.

Ciò che sogno è tutto quanto mi attraversa,
Ciò che mi manca è tutto quello che finisce
E' come una terrazza
Che dà su un'altra cosa
Questa cosa sì è bella.

Perciò scrivo in mezzo
A ciò che non sta in piedi,
Libero dal mio laccio
Sincero di quello che non è.
Sentire?Senta chi legge!
F: Pessoa

Elisir d'amore per ....l'elogio di una follia.

“Quanto a me …..Quanto a me io sono dotato di un potere spaventoso: Si direbbe che un altro essere è rinchiuso dentro di me, il quale vuole di continuo fuggire, operare a mio dispetto, e intanto si agita, mi orde , mi consuma. Chi è ? Non o so, ma siamo in due dentro al mio povero corpo ed è lui spesso il più forte, come questa sera.
“Mi basta guardare la gente per stordirla come se l’avessi propinato dell’oppio. Mi basta stendere le mani per effettuare delle cose….delle cose…terribili. Se tu sapessi! Il mio potere non opera soltanto sugli uomini, ma anche sugli animali e anche …sugli oggetti”
Pirandello ,Enrico IV.




........Convinto sin dall’inizio che nella parte più intima del suo essere c’era molto di più della capacità di costruire una estetica piuttosto che una politica anche se le occasioni e le persone della sua vita , come vedremo, faranno di tutto per indirizzarlo sulla seconda finalità.
Una storia ed un evento memorabile -ricordava sè e ai suoi amici più sottomessi- merita di essere vissuta ma soprattutto narrata perché giova alla comprensione dei tempi presenti ed a ricordo,monito ed auspicio per il futuro. L’esempio di un altro grande che ha segnato con la sua “ orma mortale” la nostra storia antica, il greco Tucidide, in occasione nella sua storica avventura de’ “La guerra del Peloponneso”riteneva utile in futuro il racconto di eventi “uguali e simili, in ragione della natura umana” fuori dal tormento troppo filosofico tra parola e politica, tra idee e realtà. Egli è il primo che in pratica abbia messo in opera con leggerezza e superficialità un uso della parola per cui certi termini indicanti valori come amicizia,lealtà, prudenza,moderazione,viltà, coraggio ecc. fungono piuttosto da schermo che da rivelatori di determinati comportamenti “Vera vocabula rerum amisimus” direbbe il Catone di Sallustio nel bellum Catilinae.
Il suo scritto doveva imporsi al pubblico contemporaneo non tanto per la originalità e la veridicità del suo racconto, meno che meno per le vedute sulla storia dell’Italia a cavallo tra i due secoli o sulla funzione sociale della sua “coommedia politica” in quegli anni turbinosi e sconcertanti di un paese “sull’orlo di una crisi di nervi”.
Il riferimento a Tucidide gli ricordava anche il falso problema di un'immagine di storico rigoroso,obbiettivo e severo. L’oggettività come distanza disincantata e siderale dalle persone e dagli eventi è pura illusione, a dirla tutta, la storiografia è il massimo della falsità.Lo stesso “legislasatore della storia”- come lo definiva Luciano di Samosata, fu per un caso personale,vittima di un cattivo uso della storia e di un eccesso di conformismo filologico.
Dalla sua esperienza aveva imparato che in questo mestiere l’essenziale è mettere in discussione le cosidette certezze storiche ed esercitare sempre il dovere di mettere alle prova le verità tramandate.Inoltre gli era piaciuto il suo modo disincatato e impolitico di porsi davanti all politica.Non ritenendo per lui come prioritario rilevare la nascita in epoca postmoderna di una sorta di ‘antica’ e nuova assieme oligarchia allargata o evidenziarne un suo evidente o noscosto meccanismo di privilegi meno che meno smascherarne i suoi luoghi comuni o autorappresentazione demagogica.
Autoconvincersi sino al compiacimento di essere in presenza di una rivoluzione linguistica ,antropologica ma soprattutto di nuova ideologia o politica!
Consapevole che la nostra epoca in cui “il medium è sostanzialmente il messaggio”il conflitto tra legge morale e necessità politica non merita eccessivo e inutile spazio di meditazione. Seguiva alla lettera la lezione spregiudicatamente pratica del grande ‘maestro’ fiorentino che indicava come “laudabile in un Principe avere fatte gran cose sapendo con l’astuzia aggirare e cervelli delli uomini, e alla fine aver superato quelli che si sono fondati in su la lealtà” .....continua .....
da un estratto inedito da "Una storia di uomo qualunque"
di "un anonimo del postribolo"

mercoledì 20 maggio 2009

Elisir d'amore per........il pensiero meridiano.


intervista a raffaele nigro

di ANDREA DI CONSOLI ____ ____ Intervistiamo Raffaele Nigro, in libreria con un nuovo, bellissimo romanzo, Santa Maria delle Battaglie (Rizzoli, 298 pagine, 21,00 euro), su vari temi, dal Mediterraneo alla grande editoria, dal Sud allo scempio del paesaggio meridionale, dalla politica al premio Strega.
Nigro, partirei da un suo libro di qualche anno fa, Diario Mediterraneo. Si è parlato, e tanto si parla – giustamente – di Mediterraneo. E’ cresciuta la nostra cultura mediterranea? E la Rai – in cui lavora dalla postazione di Bari – riesce a essere la testimone degli accadimenti del Mediterraneo?
Il Mediterraneo è diventato un argomento da salotto. Il pensiero meridiano un’utopia irenica che non fa i conti reali con un mare di fughe e di agnizioni, un mare di speranze e di popoli che si scontrano, chi per difendere la propria ricchezza e chi per sedersi al tavolo dei ricchi. La Rai? La Rai si è accontentata di una trasmissione specializzata del sabato. Ci fu Leggi il seguito di questo post »

martedì 19 maggio 2009

Elisir d'amore per .......la 'nudità' come eros e essenza..

..........N U D A......sei

.........semplice,liscia terrestre,minima, rotonda,trasparente, delicata,azurra, piccola,curva,sottile , chiara.......




Da Contro l'mmagine (pp. 65-68)
Allo spirito che si orienta verso la nudità ripugnano le parvenze che gli ricordano questo mondo dal quale si vuole separato. Prova soltanto esasperazione davanti a ciò che esiste o sembra esistere. Più si distoglierà dalle apparenze e meno avrà bisogno dei segni che le esaltano o dei simulacri che le denunciano, gli uni e gli altri ugualmente nefasti per la ricerca di ciò che gli importa, di ciò che si sottrae, di quel fondo ultimo che esige - per essere còlto - la rovina di ogni immagine, anche spirituale.
(...)
Ci si affranca dall'immagine soltanto se, con uno stesso movimento, ci si affranca dalla parola. Ogni parola equivale a una lordura, ogni parola è un attentato alla purezza.
(...)
Fatto degno di nota: non c'è silenzio frivolo, silenzio superficiale. Ogni forma di silenzio è essenziale. Quando lo si assapora, si conosce automaticamente una sorta di supremazia, di strana sovranità. E' possibile che ciò che si designa con interiorità non sia altro che un'attesa muta.
(...)
L'esperienza mistica, al suo limite estremo, si identifica con la beatitudine di un supremo rifiuto.
(...)
Il sapere attinto dalle apparenze è un falso sapere o, se si preferisce, un non-sapere. Per il mistico, la conoscenza del senso vero, nel senso ultimo della parola, si riduce a un'ignoranza illuminata, a un'ignoranza "transluminosa". Coloro che vivono nella pratica di questa ignoranza e della luce divina percepiscono in se stessi, dice ancora Ruysbroek, qualcosa come una "solitudine devastata".
Partendo da questa solitudine si comprenderà facilmente la necessità, l'urgenza del deserto, spazio propizio alla fuga verso l'assenza di immagini, verso una spoliazione inaudita, verso l'unità nuda, verso la Deità piuttosto che verso Dio. "La Deità e Dio", afferma Meister Eckhart "sono altrettanto separati quanto il cielo e la terra. Il cielo è a migliaia di leghe più in alto. Così la Deità in rapporto a Dio. Dio diviene e passa".
Limitarsi a Dio significa, come ha notato un commentatore, restare "ai margini dell'eternità", rendersi inadatti a penetrare nell'eternità stessa, alla quale si giunge soltanto elevandosi alla Deità. Ispirandosi sempre alla stessa "solitudine devastata", come non evocare quella oratio ignita, quella "preghiera di fuoco" della quale, secondo un Padre dei primi secoli, siamo capaci solo quando siamo talmente impregnati di una luce dall'alto che è impossibile servirsi ancora del linguaggio umano?

E. M. Cioran

lunedì 18 maggio 2009

Elisir d'amore per .....le "realtà probabili"

a francesca ..........sempre pronta alla curiosità ,al sospetto e alla sfida di andare oltre gli ostacoli la realtà naturale e fisica ....nel suo viaggio dai boschi dell'infanzia avventurosa del corpo ..... a quello difficile e provocatorio della mente nella consapevolezza che il vero sapere è quello in virtù del quale ci si "cura di sè" per essere felici.........

da oggi francesca vecchioni ........è neodottoressa in Scienze politiche
.......................gaudeamus maxime!!!!!!!!!!!!!!!!

con dedica:
"Dedicato a mia nonna Gemma per la sua passione

nonna Eva per la determinazione
nonno Nicola per la bontà d'animo
e nonno Aldo per la fantasia.
Solo crescendo scopro quanto di loro
voglio coltivare di me"


R E A L T A' P R O B A B I L I




Verità apparenti e solide illusioni







" Una volta Chuang Tz sognò di essee una farfalla che svolazzava leggera
e soddisfatta della sua sorte, e ignara die sere Chuang Tzu.
Improvvisamente si svegliò, e si accorse con stupore di essere Chuang Tzu.
Non seppe più allora se era Tzu che aveva sognato di essere una farfalla,
o una farfalla che stava sognando di essere Tzu."
Chuang Tzu (filosofo cinese IV sec. a C.)

Prefazione

Prima di cominciare è importnte che io chiarisca il motivo per il quale ho scelto di trattare questo tema.Effettivamente l'argomento della percezione della realtà non ha mai smesso di incuriosire l'umanità; l'assunzione di segnali attraverso i sensi, la fallibilità degli stessi e l'incertezza che ne consegue hanno prodotto riflessioni ricorrenti tese alla ricerca di conferme oggettive per ciò che di norma può, o si suppone debba, essere considerato 'reale'. In fondo , il dubbio tra sogno e realtà predispone al sospetto di vivere in un mondo parallelo sin dai tempi d Cartesio, e gli interrogativi sono rimasti sostanzialmente invariati fino ai giorni nostri. Senza contare che secoli di conoscenza accumulata,piuttosto che restringere il campo, hanno decisamente contribuito ad ampliare il problema, grazie anche alla valorizzazione di un elemento fondamentale: la variabile spazio-temporale.Così oggi il dilemma non è più solo se si vive nella realtà, ma in 'quale' realtà. Inoltre visto che cerchiamo ancora di capire se quello che 'vedo, sento, tocco, gusto' io , è la stessa cosa che vede,sente,tocca e gusta chiunque altro: come è possibile essere certi che esista una realtà oggettiva? Si teorizzano piani di realtà fluttuanti su universi spazio-temporali paralleli, o curvilinei o circolari; mentre a corolario di ogni possibile tesi vengono aperte altrettante questioni etiche, teologiche,fisiche ecc.....Comunque da qualunque punto di vista lo si guardi, sia esso scientifico, filosofico, letterario o artistico il tema della percezione della realtà suscita da empre grandi curiosità, alimentando confronti serrati e una grande produzione di pensiero........................






domenica 17 maggio 2009

Elisir d'amore per ..........la 'pazza Inter'.

.......Così si va alle stelle.....
Virgilio , Eneide

" Iam victi vicimus "
Plauto , Casina.
......l' inter ,signori è una forma di
allenamento alla vita.E' una forma
di gestione dell'ansia ,è un corso di
dolcissima maliconia...B.Severgnini


*-17-*
"z e r o t i t u l i"........per gli altri
ancora un "T I T U LO"..........per noi
grazie sempre " pazza I N T E R"
grazie mister "Mou"
*-17-*
..........un grazie interessato anche ai cugini rosso-nero:
" .....ma dai ! E quello sarebbe il diavolo?!?" Topolino a Pippo
"Un amore nasce, ha un'intensita', sfiorisce, muore, puo' e non puo' dare un colore a tutto il resto. La storia sentimentale rimane invece anche dopo la fine, e l'uomo, il mondo, la parola, i vigili urbani, le prostitute, i sassi vivono in funzione di quella speranza prima, di quel ricordo poi; non solo, ma si trasformano. Ogni valore, ogni sensazione nascono, hanno un'intensita', muoiono nella speranza prima, nel ricordo poi."R. Vecchioni




" Siccome le squadre di calcio,grosso modo, si rassomigliano tutte, ogni tifoso ama colorire la sua comunissima passione di sfumature eccezionali.Forse per giustificare la matrice infantile del tifo (si diventa tifoso da bambino, per mano al padre) per sdoganare la puerilità di questa simil-fede, la si corrobora con gli anni di pagine tempestose, drammatiche e dunque adulte.La frase fatta, e molto detta, è nessuno soffre come noi...interisti.Quasi che l'indice di soffrenza, come nell'eros romantico ,fosse anche indice di intensità sublime, dell'amour fou, di invidiabile dissipazione.Però bisogna ammettere che noi interisti, nel campo delle coloriture romanzesche, possiamo davvero godere di una condizione privilegiata. La squadra, come certe bellissime dame tisiche o amanti perdute del melodramma, ha una indubbia vocazione alla disgrazia...." Michele Serra

"Siate sobri, vegliate.

Il diavolo vostro avversario,

si aggira come leone ruggente,

in cerca di chi divorare."

Prima lettera di Pietro


sabato 16 maggio 2009

Elisir d'amore per .............il Male oscuro.

" Se è vero che le emozioni ci hanno guidato con saggezza nel lungo cammino dell'evoluzione, è altrettanto vero che le nuove realtà legate alla civilizzazione sono sorte così velocemente che l'evoluzione, che è un processo molto lento, non può tenere loro dietro"
Daniel Goleman




Male oscuro

Quando le stanze di casa calpestate solo,
inutilmente,
a far spostare le lancette dei minuti,
non son più nè contro nè amiche
ma soltanto niente appannato
e il tempo che passa,
scandito da vuoti
immobile,uguale,
linea retta del dolore,
ti ingravida la pancia
senza neanche la scusa
di uno sbaglio d'amore,
quando il sonno,
unico amico che non puoi più lasciare
ti abbraccia suadente
e cheta per poco il tormento di vivere
allora conosci che il buio
di certo
è migliore
del male che senti
e di quello che vedi
al di là delle lenti oscurate sugli occhi,
che tanto,scusate il disturbo ,
so bene di esser
assai meno di niente.

daria colombo

venerdì 15 maggio 2009

Elisir d'amore per ........i libri.

Non c'è 'io'......................
senza gli 'altri'..........

Il tema conduttore della XXII Fiera in corso a Torino:
come cambiano i nostri rapporti personali e sociali





In Principio(Genesi 4.1. )
Caino, col sudore della fronte, coltivava
il suolo da cui ricavava i frutti del
suo lavoro. Abele era pastore e
trascorreva tutto il suo tempo nel
piacere della contemplazione.Caino
intanto faticava e si accaniva nel produrre raccolti
sempre più abbondanti. Abele prendeva diletto
nel soffiare dentro una canna per ottenere suoni
melodiosi.Finché un giornoCaino - giustamente -
s’incazzò e andò a finire come tutti sappiamo. Mi
domando: sarebbe cambiata la storia dell’umanità
seCaino invece di farsi accecare dalla furia dell’ira
si fosse disposto a una tregua del suo lavoro per
ascoltare in tranquilla distensione lamusica di
Abele?Se avesse rinunciato a un po’ del suo
guadagno in cambio di rasserenanti melodie?
Peccato, è andata comeè andata eCaino è
diventato un reietto.Masoltanto Lui è il colpevole
del crimine per cui il suo delitto pesa ancora su di
noi?Oforse Abele, appagato dall’esaltazione del
suo nobile spirito creativo, non ha avuto
considerazione della fatica diCaino e dell’umiltà
che è nel lavoro delle mani?Nessuno dei due si è
posto all’ascolto dell’altro e da quel giorno è
andata quasi sempre così. Ora non domandiamoci
chi sono oggi iCaini e gli Abeli, chi i colpevoli e chi
le vittime. Potremmo commettere ancora lo
stesso errore. Sarebbe meglio provare a capire
chi è, dentro di noi, che ci fa agire.Caino o Abele?
Ese avremo qualche indizio sul prevalere dell’Uno
sull’Altro, proviamo a farli dialogare fra di loro.
Chissà se diventeremo migliori.
Ermanno Olmi

giovedì 14 maggio 2009

Elisir d'amore per ......." la bellezza"

.........a C A I R A N O 7X .........per sentire la "bellezza".


La bellezza
Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra e il mio seno,
cui volta a volta ciascuno s'è scontrato,
è fatto per ispirare al poeta un amore eterno e muto come la materia.

Troneggio nell'azzurro quale Sfinge incompresa,
unisco un cuore di neve alla bianchezza dei cigni,
odio il movimento che scompone le linee e mai piango, mai rido.

I poeti, di fronte alle mie grandi pose,
che ho l'aria di imitare dai più fieri monumenti,
consumeranno i giorni in studi severi, perché,

onde affascinare quei docili amanti,
ho degli specchi puri che fanno più bella ogni cosa:
I miei occhi, questi larghi occhi dalle luci eterne.



Di Charles Baudelaire

Elisir d'amore per ................ l' Abruzzo :."un posto dell'anima"


......la «scandalosa forza rivoluzionaria del passato»



"Questa critica della modernità, l’idea della modernità che non deve più essere, in quanto tale, il nec plus ultra della nostra rappresentazione, della nostra volontà e del nostro gusto, non può non risvegliare un’eco familiare. Poiché essa è l’eco, in verità, del pensiero di un altro scrittore, stavolta italiano, che ha passato tutto l’ultimo periodo della sua esistenza a esprimere disgusto per un tempo senza memoria e che, per il fatto d’essere senza memoria, può solo generare mancanza di stile e bruttezza. Lo scrittore è Pier Paolo Pasolini. È il Pasolini innamorato dei vecchi dialetti romani, della parlata friulana e dei corpi che ad essi vanno assieme. È il Pasolini che, nel 1965, in un bel film prodotto da Rossellini e proiettato all’Unesco, invita a salvare «le mura di Sanaa», la capitale storica dello Yemen. È il Pasolini che, in Italia, vede progredire con terrore l’abominevole mentalità di «speculazione immobiliare neocapitalista» che deturpa il mondo e genera una forma di «genocidio culturale». Ebbene, il disastro dell’Abruzzo è la prova che Pasolini aveva ragione. È la vittoria postuma del poeta, in guerra contro l’idolatria del moderno. È la conferma che solo quelle che egli chiama nel film su Sanaa la «grazia dei secoli oscuri» e la «scandalosa forza rivoluzionaria del passato» possono far fallire il regno del cattivo moderno".
Bernard-Henri Levy

mercoledì 13 maggio 2009

Elisir d'amore per .....la " D I S C O N T I N U I T A' "



di Massimo Pica Ciamarra x CAIRANO 7x
DISCONTINUITÀ
“Localismo” è termine ambiguo: evoca chiusura, ma anche radicamento. Le trasformazioni degli ambienti di vita dovrebbero fondarsi su visioni forti della dimensione locale che al tempo stesso si concilino con le questioni globali. Diversità e caratteri dei nostri territori sollecitano un ripensamento negli obiettivi, impongono discontinuità. Diversamente dal mondo organico -si evolve con adeguamenti continui, impercettibili nel breve periodo- città e territori, tutti i prodotti dell’uomo, mutano in un susseguirsi di innovazioni: ed attraversano anche “punti critici”. Su quali principi fondare la riqualificazione dei nostri spazi? le trasformazioni fisiche precedono l’evolversi di attività, relazioni sociali, comportamenti, o ne sono conseguenza? Qualità ed efficienza dell’assetto spaziale sono precondizioni allo sviluppo? Come intrecciare temi spaziali ed a-spaziali ?
Massimo Pica Ciamarra sarà a Cairano venerdì 26 giugno

Elisir d'amore per .......un "Angelus Novus" in Abruzzo.

«Nel 1915 un violento terremoto aveva distrutto buona parte del nostro circondario e in 30 secondi circa ucciso circa 30 mila persone. Quel che più mi sorprese fu di osservare con quanta naturalezza i paesani accettarono la tremenda catastrofe. In una contrada come la nostra, in cui tante ingiustizie rimanevano impunite, la frequenza dei terremoti appariva un fatto talmente plausibile da non richiedere ulteriori spiegazioni. [...] Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l’uguaglianza. Uguaglianza effimera. Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie. [...] La maggior parte dei morti giaceva ancora sotto le macerie. I soccorsi stentavano a mettersi in opera. Gli atterriti superstiti vivevano nelle vicinanze delle case distrutte, in rifugi provvisori. Si era in pieno inverno, quell’anno particolarmente rigido. Nuove scosse di terremoto e bufere di neve ci minacciavano.»
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza (1949)







C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.


Walter Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti

Elisir d'more per .............la storia di un autentico italiano.



....la storia anonima di un grande 'italiano', di un grande incontro e di un grande amore......destinato a finire ......



...............Una sera di relax della “ sua vita fitta di impegni, giornate e notti dedicate al lavoro” “al Teatro Manzoni di Milano, il famoso “coupe de foudre”!Vede recitare una giovane piuttosto belloccia. Ed è’ subito amore .Una “ragazza adatta per conferirle il titolo di signora dei suoi pensieri e delle sue imprese” E volendo darle un nome che non disdicesse al suo e che avesse aria signorile e principesca la chiamo Veronique . ..nome a parer suo armonioso, peregrino e pruriginoso, come gli altri che s’era scelti per sé e per le cose sue” e che con repressa nostalgia gli ricordasse , nel suo affastellato e ingombrante subcoscio, una delle tante ragazze-preda (cosa molto in uso e consumo nella ‘bella gioventù’ della provinciale Milano degli anni ’50 ) di Francia che aveva conquistato “cantando Charles Trenet,Gilbert Becaud e Charles Aznavour come intrattenitore sulle navi da crociera della " Costa -viaggi"
Quante sere e quante cene ,pur nella impazienza della agognata partenza, prima della convinta conquista della giovane amata utilizzando tutti gli artifizi e le doti a sua disposizione. Ma ciò che fece crollare la ingenua donzella al “desiato riso” furono le parole ‘galeotte’ e la melodia vesuviana di una struggente canzone d’ammore , de’core e passione:
“ …Ma con chi sei?
Verrò a cercarti, amore grande, amore mio
Perché da quando non ci sei non son più io
Anche se in capo al mondo tu dovessi andare
Ti troverò e non ti lascerò fuggire!
Ma dove sei ,amore grande, amore mio
Quanto hai sbagliato, quanto ho sbagliato
Anch’io
Lo so non sono stato mai come volevi tu!
Ora ti cerco e non ci sei
E ormai ti trovo solo nei pensieri miei
(colpa mia)
Di fronte a tanta lirica musicale non c’è donna avvezza alla simulazione e all’arte del recitar che sappia resistere al vezzo dell’imprevisto e dell’avventura.” E più non vi legemmo avante” Soleva ripetere agli amici increduli e affascinati assieme dalle sue doti cortigiane e amatorie.
anonimo del postribolo

Elisir d'amore per .......la multietnicità.

.......e la chiamano S I C U R E Z Z A !


"Si può dire al presidente del Consiglio che il suo «no all’Italia multietnica» è un’insensatezza, perché basta guardare i volti delle persone per strada e si vede che l’Italia è multietnica senza possibilità di ritorno?" Stefano Rodotà, 11 maggio

Andrea di Consolo intervista Giacomo Marramao

Giacomo Marramao, il Governo italiano ha deciso di respingere gli emigrati. Che tipo di conseguenze determinerà questa decisione?
Noi come paese siamo sicuramente in una esposizione evidente. Siamo il porto ideale, la deriva ideale, la sponda ideale per chi voglia raggiungere l’Europa. Purtroppo però ci dobbiamo rendere conto che un po’ in tutta Europa – in Francia, in Spagna, in Italia – si sta aprendo un vulnus molto forte che rischia di determinare una sorta di costituzione “materiale” diversa da quella “formale”, ovvero una serie di misure di protezione, di argine, di difesa nei confronti dei flussi migratori che contrastano con i diritti che sono sanciti dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani, dove è riconosciuta la possibilità per ogni essere umano di circolare liberamente da uno stato all’altro, vedendosi riconosciuti tutti i propri diritti. Tutto ciò è palesemente in contrasto con le costituzioni dei paesi europei, perché non mi risulta che qualche carta costituzionale contempli delle misure restrittive alla possibilità di esser accolto.
Leggi il seguito di questo post »

martedì 12 maggio 2009

Elisir d'amore per .......Interferenze New Art Festival 09




Interferenze New Art Festival 09
Organizzatore::
Interferenze New Arts Festival

Inizio:
giovedì 30 luglio 2009 alle ore 18.00
Fine:
sabato 1 agosto 2009 alle ore 23.55
Luogo:
Capi dell'Acqua
Città/Paese:
Lacedonia, Italy
E-mail:
info@interferenze.org
Descrizione
INTERFERENZE New Arts FestivalNaturalis Electronica 2.030, 31 luglio, 1 agosto 2009Capi dell’acqua, Lacedonia (AV)Interferenze, festival internazionale di arti visive, suoni e nuove tecnologie, in occasione dell'edizione 2009 si immerge nel paesaggio rurale e naturalistico di Lacedonia (AV), che ospiterà le performance live, le installazioni, le proiezioni, i seminari, le sessioni gastronomiche ed il campeggio, gli artisti ed il pubblico, nella piena fusione dell'avanguardia artistica internazionale con gli splendidi scenari dell'entroterra campano. “Naturalis Electronica” è il tema intorno al quale si focalizzerà l’evento, nell’esplorazione delle “interferenze” tra ambiente naturale, cultura gastronomica e cultura digitale, per riannodare i legami, scioltisi nel tempo, tra mondo tecnologico, urbanizzato e inorganico, e territorio rurale, arcaico e organico. -Liveset audio/video: la sezione dedicata ai liveset si snoderà con cadenza giornaliera lungo l’intera durata del festival. L’area campeggio si animerà del netlabel meeting, durante il quale i principali network europei dedicati alla distribuzione gratuita della musica in rete si incontreranno, in una sorta di spazio misto dedicato al puro intrattenimento. I tre giorni conclusivi dell’evento avranno la classica scansione di performance dal vivo, ospitando alcuni tra i più importanti rappresentanti della musica elettronica internazionale.-Workshop: l’evento proporrà una serie di workshop intorno ai temi del rapporto tra natura e nuove tecnologie, interaction design ed ambiente, cibo e nuovi media. Protagonisti di questi panels, artisti, giornalisti, critici e accademici provenienti da diverse aree del globo.-Aree installative e video: sono previste due aree installative e due rassegne video che comprenderanno opere interattive o comunque particolarmente interessanti intorno ai temi proposti da Interferenze 2009.-Gaming: è prevista un’intera area dedicata all’intrattenimento videoludico e all’interazione con software centrati sui topics del festival.-Click’n’food: quest’anno, la sezione dedicata al rapporto tra cibo ed estetica delle nuove tecnologie ospiterà un live giornaliero e una serie di installazioni e software inseriti nelle aree installative e gaming. A questa sezione verrà dedicata un’apposita call for proposals. Il cibo costituirà una delle te\matiche portanti di questa edizione, attraverso un forte coinvolgimento delle tipicità e delle peculiarità enogastronomiche locali, presentate e valorizzate in contesto internazionale.-Sound art: Una delle novità dell’edizione 2009 di Interferenze sarà l’area tematica dedicata al rapporto tra sound art e natura, che sarà esplorata attraverso “passeggiate” quotidiane nei boschi per gruppi di visitatori “guidati” da critici e singoli artisti con performance estemporanee e spazi installativi allestiti all’aperto.

Elisir d'amore per ........L A P O L I T I C A

Sono felice ed orgoglioso di comunicarvi che dalla mia terra di Irpinia sta spiccando il volo dal dirupo di Cairano un nuovo spirito che vuole discretamente e con leggerezza invadere il cuore e la mente di molti uomini di buona volontà partendo dai sogni, dalla fantasia,dall'amore e dalla ragione per essere attori di Politica e di vita in una Comunità che è provvisoria, leggera, inoperosa che partendo dal proprio territorio o paese vuole contagiare i più e nella gioia che io o tu ne puoi far parte..........basta volerlo!
Le parole ce le ha suggerite un 'poeta' che ci conosce e ti conosce.........tu puoi viverle ,condividerle o cambiarle purchè in libertà.

di franco arminio
La nuova politica nasce e muore ogni giorno, è fatta di incontri tra persone che si abbracciano prima di parlare. Persone che si guardano negli occhi e che guardano i luoghi in cui vivono. La nuova politica è il modo di mettere gli uomini a proprio agio nei loro luoghi e con le persone che ci vivono. Adesso, all’inizio di un millennio, non sembra più necessario evocare la necessità di cambiare il mondo. Bisogna mettersi bene nel pezzetto di mondo in cui viviamo, respirare docilmente, obiettare serenamente. La nuova politica è una casa che ci aspetta in piazza, è un parlare di misteri e di inezie, ma senza arroganza, stendendo i pensieri in modo che aderiscano davvero alle cose che si vogliono rappresentare. I partiti possono continuare ad esistere, ma solo come ufficio di collocamento dei mediocri, come pozza in cui il mondo conserva il suo veleno. La nuova politica è una sobria lietezza, mai pronunciata fino in fondo, ma fatta trapelare in ogni discorso. La lietezza di stare con gli altri senza piegarli con la nostra vanità. La nuova politica non inventa i problemi di cui si deve occupare, e in un certo senso non si occupa di niente. Basta andare dietro il paesaggio, misurarne con calma le luci e le ombre. Non c’è bisogno di alcun giudizio preordinato. Le cose si riveleranno per quello che sono. A volte per la nuova politica bastano due o tre persone che decidano di seguire la storia di una casa o di un ponte, di una piazza o di un anziano, la storia di un paese o di un albero. Il mondo non ha bisogno di essere rettificato e di esser posto su strade non sue. Questa è solo un’isteria, un’arroganza di chi si comporta con il mondo come un adulto verso un bambino. In realtà, il mondo è più grande di noi e più incomprensibile. Da qui parte la nuova politica, e il suo cammino non si definisce con grandi proclami e formule che devono andar bene per tutti. La nuova politica ha bisogno di individui che camminano, che girano per i loro luoghi senza stancarsi. Esseri curiosi e ventilati. Esseri che non cercano di incollarti alle loro idee o di spingerti nei loro inferni. La nuova politica è un ritrovarsi senza speranze, ma finemente protesi a proteggere la luce e il calore di ogni essere. La nuova politica non è mai del tutto visibile, essa è intrecciata alla vita di ognuno e ne costituisce un sostegno discreto. La nuova politica non è una maschera, né una protesi dell’esistenza civile. Ma è un andare incontro agli altri, con le nostre paure, con il pochissimo che sappiamo e il molto che ignoriamo. Con questa politica si possono fare i sindaci e i governi, si possono togliere al mondo molte delle leggi che inutilmente gli abbiamo imposto, si possono intrecciare le leggi della convivenza e quelle della solitudine. La nuova politica può essere di pochi e di tutti, dipende dalle circostanze. Non c’è bisogno di cambiare casa, ma si tratta di guardare la vita dalle finestre più alte. Più vicini al celeste e più capaci di vedere cosa c’è in basso. Nessuno è chiamato ad aderire a fumosi progetti, a farsi gregario di capitani inutili. La nuova politica serve a rendere fluide le nostre giornate, a mettere in gioco tutte le nostre energie. E questo, forse, è utile anche agli altri.