venerdì 24 febbraio 2012

Elisir d'amore per .......i dialoghi immaginifici....

dialogo immaginifico tra il Clown Nanos e l'amgelo Mercuzio....




Carissimo Mercuzio,
lo so è un po’ che non ti chiamo perché? Boh diciamo che ho tenuto un po’ da fare in questi “attimi” sono andato come al solito alla ricerca di me e mi sono imbattuto nella mia coscienza.

Beh ti è andata bene! Molti altri più intuitivi di te hanno speso una vita di studi e di analisi e non hanno avuto l’onore o l’onere di averla incontrata .Il più di tutti che ci è andato vicino nel suo racconto è stato un certo Pirandello siciliano di nascita e di convinzione. Ha spinto sino al virtuosismo l’analisi della scissione dell’io, ha descritto il prodursi di personalità sdoppiate o multiple, esercitando il dubbio iperbolico nel trattare le fratture e le deformazioni psichiche. Ha sperimentato le configurazioni della coscienza scissa di un individuo simultaneamente o alternativamente sedotto dalla tranquillizzante sicurezza di essere “uno” , dall’angoscia e dallo sconcerto di essere “centomila” e dal sollievo derivante dall’ascetica decisione di azzerarsi per essere “nessuno”.

Sai mi hanno detto una cosa che al dire il vero non mi convince molto: “la coscienza non ci appartiene ma ci possiamo solo accedere” , e che poi figurati mi hanno pure detto che io non sono io, ma solo una parte della coscienza, e che quando sto insieme ad un altro clown e siamo uno più uno sempre uno fa, e potremo alla fine anche essere mille clown, che sempre uno fa, ma allora io non esisto e non ho coscienza, e gli altri non esistono e non hanno coscienza?

La confusione tra voi mortali è al massimo della sopportabilità ,ma quello che più mi preoccupa è che i ciarlatani , “i vù cumprà” e i sofisti del Logos nei momenti di crisi crescono a grappoli e non solo sugli alberi.Socrate ci ha rimesso le penne solo per cercare di farli ragionare confidando nella “ironia” come smascheramento dei paralogismi, dei sofismi, degli antilogismi……tutte forme errate del funzionamento cerebrale e linguistico umano. Un esempio : un clown è incosciente, nanosecondo è un clown……nanosecondo è incosciente!Bisogna uscire dai labirinti delle parole e restare comunque nella realtà effettuale. Il mio “Masto”, sempre con rispetto parlando, perché ultimamente mi ha rivelato di essere in confusione o depressione proprio per i vostri comportamenti mentali e non solo politici, già ‘ab initio’ vi aveva liberamente dotati di una una logica delle passioni distinta da quella della ragione e che ciascuno di voi è necessitato a oscillare liberamente e responsabilmente tra questi due poli della personalità.Riteneva che per un miglior uso della propria libertà l’umano doveva caratterizzarsi come Homo duplex piuttosto che come Homo siplex.Il tuo problema parafilosofico è di “essere indeciso …a tutto”.

Ma allora se non esiste la mia e la loro di coscienza quante ne esistono?

..ancora “una, centomila……nessuna”? Ma quel povero uomo almeno sapeva di essere a teatro e di rappresentare una “maschera”….. e il dramma superficiale della esistenza moderna“ come sopportare in me questo estraneo? Questo estraneo che ero io stesso per me? Come non vederlo? Come non conoscerlo? Come restare per sempre condannato a portarmelo con me, in me, alla vista degli altri e fuori intanto dalla mia?» Il tuo problema sei tu che hai ancora questa infantile in genuinità di pensare che per “conoscere sé stessi” bisogna cercarlo nell’amore per “altri” sia unica di genere femminile sia tante universalmente e metafisicamente umane. E’ già un bel fardello cercare di aver coscienza noi stessi il resto lasciamolo ai poeti che non hanno l’obbligo conoscitivo ed etico di distinguere tra sogno e realtà,tra finzione e verità .

Sai mi sono chiesto a questo punto ma allora io insieme agli altri sono più coscienza, ma se sempre è una la coscienza allora anche io sono tutto? E di che?

« Se l'uno sarà identico a sé stesso, non sarà uno con sé stesso e così, pur essendo uno, non sarà uno. Ma questo è certamente impossibile. Dunque è anche impossibile per l'uno o essere diverso da altro o essere identico a sé stesso. »(Platone, Parmenide 139e1-4) Come vedi già Platone in questo dialogo della vecchiaia si poneva il problema vecchio ed eterno , come usate dire voi mortali quando siete in ‘impasse esistenziale’, del “monos” uno e dei “polloi” molti.
Molte sono le difficoltà incontrate nella discussione ,io te ne riportto a mò d’esempio una. La prima difficoltà riguarda la partecipazione (mètexis) dell'idea con l'oggetto sensibile: «ciascun oggetto che partecipa [di un'idea] partecipa dell'intera idea o di una parte»? Socrate tenta un paragone con il giorno, che pur essendo uno illumina varie terre, e con un lenzuolo che copre molti uomini. Tuttavia, il lenzuolo non potrà essere per intero su ciascun uomo, ma solo per una sua parte. Se ne deduce che anche l'idea dovrà essere divisa in tante parti, quante gli oggetti che ne partecipano
.
Senti Mercuzio, a questo punto non ci capisco più niente, ma se io sono io e sono tutto perché non vado d’accordo con il tutto, che mi sembra sfugge?

E meno male !Prova a metterti dalla parte di “uno” di quel tutto che giustamente e liberamente ti sfugge …il problema si allarga all’infinito o meglio “a spirale” come dice il nostro saggio amico fisiofilosofo napoletano.Il tuo “scienziatissimo e micissimo Renatino.A spirale e non lineare o a cerchio come ancora il tuo pensare funziona. Ogni punto della spirale o della vita non ha un fine o un fine o un ritorno eterno ed uguale ma ogni momento di questo viaggio a spirale ha un senso in sé sia che si vada all’insù sia che si vada all’in giù e non ci è dato sapere o impaurirci se si allarga o si ristringe nel tempo e nello spazio ….anche con la metafora del labirinto e del bosco c’è un uscita da ricercare e questo crea ansia e rinuncia …e questo umanamente è male…..ma basta così per ora!





Figurati che mi ero fatto pure la moto del tempo per cercare di acchiapparla la mia coscienza, ma fino adesso allora mi ero illuso di esserci riuscito!

Ecco il tuo errore ….dettato dalla tua benevolenza e assieme dalla tua incostanza generosa mediterranea. La tua moto del tempo tu l’avevi indirizzata in viaggio “nel tempo esterno” degli uomini e delle loro storie complicate e complesse.La dovevi prima di tutto indirizzare “dentro di te…in interiore homini est veritas”! Sai quanti poeti e quanti scrittori hanno raccontato questo viaggio in pagine di una intuizione e un’intesità da restare senza fiato. Un mio amico ,immortale come me, ha scritto “un viaggio nel tempo immobile” E gli racconta ,immaginando per educare i mortali, di Alessandro Magno che viaggia al contrario nel tempo rivivendo a rovescio la vita e sentendo sempre la stessa ossessiva noia di vivere; di Ferdinand De Saussure che risolve un intricato caso di omicidio con l'ausilio della linguistica; di un uomo che dice di chiamarsi Sancho Panza insegue e uccide Cervantes; Ulisse, dopo aver combattuto una guerra epica e immensa, esita a piegarsi all'ordinaria felicità che ha a portata di mano... È la voce del narratore atipico, un immortale come sono gli angeli che conosce segreti particolari e affascinanti, a raccontare queste storie, svelandoci l'altra faccia delle cose, quella nascosta dietro i fatti, i miti, gli infelici destini di uomini ormai leggendari. Dieci viaggi fuori dal tempo scritti con un linguaggio veloce e denso, con un ritmo da ballata, dieci vicende impossibili se misurate col metro della logica, ma attraversate da una verità umana piú intima e profonda.

Certo dovrei inventarmi qualcos’altro, per andare più veloce della luce e del pensiero. Dovrei staccarmi dai pensieri, mi ha detto il mio scienziatissimo e micissimo Renatino. L’amore ma pure questa mi sembra che mi scappi sempre? O mi devo fermare e aspettare che passi, come diceva un amico di tanti anni fà?

Il nostro saggio e carissimo “scienziatissimo e micissimo Renatino” fa bene a metterti in guardia “dai pensieri” anche se poi anche lui spesso si fa ammaliare dalla sua ninfa “partenope” scegliendo liberamente di togliersi i tappi di cera dalle orecchie. Debolezza e forza che sono l’essenza dei mortali a cui va l’invidia degli stessi Dei proprio per questa loro capacità,piacere e sofferenza di amare nello stesso tempo.L’amore esiste ed è piacevole proprio per questo su vezzo di scappare e tu te ne fai un cruccio?
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.
Ti ricordi agli inizia anche tu eri afflitto dall’ansia di “misurar lo cerchio” ed io gentilmente cercavo di dissuaderti e poi da solo ,dopo prove ed errori” ,ti sei infilato nel “cul de sac” della realtà effettuale e ti sei ritrovato “ab initio” e imballato nei problemi della “coscienza “ e nella paura della sua perdita” che è nella intrigante,piacevole e dolorosa posta in gioco della vita dei mortali.Ma tutto qua…..


Insomma io mi sono convinto che io la coscienza non la tengo e che devo perdere la speranza di trovarla ma tutto poi se è vero che c’è e che tutto ciò che è, è coscienza, allora la coscienza si muove ma se a volte mi è sembrata di acchiapparla poi non me la sono più ritrovata.

La parola “io” ,cosciente o non , è un contenitore multiforme, una specie di Proteo ,divinità inafferrabile e per questo desiderabile, quando lo definiamo appunto “in toto” o riguarda il “tutto” di uomini ,cose naturali e ideali. In realtà usiamo questa parola per cercare di sbarazzarci di qualcosa che non ci piace, e che vediamo nell’altro o in noi stessi. In sostanza, stiamo giudicando uno o più aspetti psichici che abbiamo soffocato o rinnegato quando eravamo bambini. Può trattarsi dell’arroganza, dell’egoismo, dell’espansività, del menefreghismo o del controllo… infatti ognuno di noi crescendo ha messo da parte alcuni aspetti, a favore di altri, con cui siamo identificati e che ci fanno sentire comodi. La chiamano tecnicamente “memorizzazione selettiva” o inibizione volontaria.Se abbiamo fatto dei percorsi di crescita, può essere che anche le nostre vecchie identificazioni finiscano per essere giudicate “io ” cosciente : siamo stati troppo nel controllo (e ora vogliamo imparare a fluire nella vita), oppure siamo stati troppo razionali (e ora vogliamo scoprire la nostra intuizione,creatività …..); siamo stati troppo cauti (e ora vogliamo scoprire la fiducia nell’Universo mondo e nel Tutto umano)… e così via. Siamo spinti a pensare di essere “intrappolati nell’ io ” , che non ne riconosciamo il senso e che ora vogliamo vedere la luce alla fine del tunnel, senza renderci conto che ci stiamo intrappolando… in altre zone dell’”io” cosciente o alla ricerca della coscienza! “C’est la vie …mon ami” ed è dolorosamente meravigliosa, complicata e intrigante!


Tu, angelo mio, che ne pensi di questa storia della coscienza? Io penso , e mi hanno detto pure che fin quando penso non ho coscienza e che solo quando smetto di pensare posso arrivare alla mia coscienza ma allora è un po’ quando penso che è meglio stare davanti ad un tramonto, che nel traffico?Però poi penso che pure il traffico di Napoli ha la sua bellezza. Che sia questa la mia coscienza, un ingorgo? O essere capaci di testimoniare la bellezza sempre?

Anche un ingorgo psichico o materiale può essere bello o brutto. Dipende dallo stato del tuo animo….Orazio rispetto alla imprevedibilità e bellezza della vita umana scriveva poeticamente “ Quid voles? Est hic ( ognuno mette la sua città e i suoi ingorghi) est Ulubris…….nisi deficias animo aequo” se non ti manca l’ordine nell’animo…..un “ordo amoris” che non sia sempre diverso,provvisorio…..mai definitivo

mercoledì 22 febbraio 2012

Elisir d'amore per ........l'amore!

la parola poetica
di mauro orlando

La sua lingua , impaziente, poetica per urgenza, rapida a stringere in poche parole il giro largo degli avvenimenti ,dei racconti, del pensiero analitico e logico. Animata."...ma ai poeti, anoi poeti,/noi paria e pari a Dio/ è dato,straripando dalle rive,/rotti gli argini, rubare/ anche le vergini agli dei" .(M. Cvetaeva). Una frequentazione con il Vecchio testamento con le religioni ( o meglio “religio” lucreziana ) o con la poesia tout court ( e in particolare per corrispondenza sentimentale con la lirica greca o classica latina (Saffo,Archiloco,Orazio, Catullo) ) gli ha insegnato che ogni sillaba o fonema pesa, ogni pausa è importante e musicale , la lingua deve essere breve ed intensa,profonda,ansiosa di non perdere il punto cruciale ,interno e profondo. Incomprensibile nella sua superfice e difficile da cogliere da un orecchio poco attento all'ascolto o da un occhio distratto nella lettura.
La lingua della poesia non può essere morta e convenzionale, ma viva densa e sempre sorprendente anche quando evoca e ricorda.







di roberto vecchioni





“L’amore è una condanna,- scrive Marguerite Yourcenar- siamo puniti per non essere riusciti a rimanere soli”, al che ribatte Eluard :” Noi non arriveremo alla meta a uno a "Uno, ma a due a due” .Ed hanno ragione entrambi. C’è nell’amore ,in questo intruso alieno che viene a sconvolgere la nostra passeggiata sul filo,una forza dirompente che non ammette difese,perché ci sfida e ci batte sul terreno dell’incertezza e della mancanza, insinuandoci il dubbio di non bastarci da soli e lasciandoci il fiato corto di quando qualcosa disperatamente non c’è e tutto il resto non è.Improvvisamente si sovverte ogni logica.ogni principio di causa-effetto : anni per costruirci a nostra immagine ,stabilendo priorità di piaceri e vantaggi a nostro comodo spazzati via da una bufera che sfugge ai nostri strumenti scientifici e che quando s’acqueta in vento prima,brezza poi siamo già degli altri. O forse altri eravamo prima .
I poeti della “Palatina”(Callimaco, Meleagro,Silenziario) conoscevano bene la potenza dell’Eros,Catullo ci lasciò corpo ,anima e testicoli fino all’inganno di sé;si persero Raimbaut d’Aurenga,De Ventadorn,Bertrand De Born,tutti i più grandi trovatori in questa magia bianca; la canzone napoletana è un’antologia della dipendenza servile e sublime alla donna,alla fanciulla ,stringente accurata dolcezza in “i’ te vurria vasà”, strazio dell’età avanzata davanti a una giovane (“Era de maggio”,”reginella”),senza che mai,nemmeno per un attimo il poeta sia attraversato dalla tentazione di tornare indietro,di fare come non fosse,perché no,perché non si può.
L’amore è il compimento di un viaggio cui siamo destinati ab origine : pùò sfavillare.accendersi.illuderci ,perire,perché non era lui,non era quello . ma anche così ce ne mette per andarsene via,per liberarci :le tenta tutte finchè non è convinto, testardo e squassante quando arriva e quando prende il largo ,ti trascina fino all’ultima speranza e non à poi che dica “scusa ,m’ero sbagliato”,ti molla lì, ti atterra.
Ma quando resta,quando ti si ferma accanto, coglie e compie la magia che riempie ogni universo ,collega due punti per cui una retta,e una retta sola doveva passare e aggiunge un tratto al disegno che chissà chi e dove ha in mente da tempi immemorabili.
Si può scrivere una parola,una sola,tagliente e indimenticabile, si può concepire una frase,legarla ad un’altra,metterla in versi,rapire un attimo al proprio animo e rileggerselo fremendo, si può provar quel brivido che dura verticale e breve,brevissimo,consumandolo in sé : l’amore no,l’amore è romanzo e poema,non si accontenta dello spazio,vuole,esige il tempo ,la malinconia delle cadute oltre gli assalti,vuole ,esige il contrario,la rabbia ,lo scazzo,la sconfitta,la rivincita,l’ammissione di colpa,la comprensione,il perdono,perché tutte queste cose che portano al distacco nel viver sociale,sono nell’amore attesa di ritorni ,giochi sottili per mettere alla prova l’intesa e le offese, i voltafaccia,le liti più aspre diventano richiami accorati,laddove ,tolti il limite e la noia,l’amore è un brivido altrimenti orizzontale ,di scosse e sussulti,e altro modo non ha per definirsi se non la sua lunghezza,la sua durata ,perché se arriva il disastro non si è più quei due,si è altri due.E allora l’amore non c’entra ,fa bene a mollare,non è più affar suo, riprende a cercare altrove.
Mi meravigliava una volta e non mi meraviglia più l’impressione,direi di più,la certezza di vedere in mia moglie sempre la stessa donna di tanto tempo fa : questa illusione ottica dei sentimenti è per me verità assoluta.A volte vedo in lei tutte le donne del mondo, perché non è cambiata mai,ma è mille volte sé : mi scopro a sbirciarla sotto le sottane per ridere poi del fatto che potrei farlo senza nascondermi,ma mi diverte così ; non concordiamo quasi mai in niente e passiamo dei bei periodi a non salutarci, a non guardarci nemmeno in faccia :lei educa, io vizio,lei costruisce io distruggo,lei vive per me,io vivo per lei che vive per me,non sempre però.
L’amore ci ha rincorsi e ci ha afferrati per la collottola nei momenti più difficili e disperati,ci ha tenuti per un pelo davanti a fossi che credevamo voragini,ci ha impedito con tutte le sue forze di prendere il mare l’uno o l’altra,sulla barca di una nostra infanzia ,di una nostra solitudine perduta quanto ingannevole, Si è sbattuto come un dannato, mascherandosi,saltando fuori all’improvviso da dietro gli angoli,tirandoci per i vestiti e per l’anima.Ne abbiamo sentita tutta la forza,la convinzione,la preghiera ,la speranza,l’irriducibilità ,quasi il suo pensiero fosse “già me ne restano pochi,figurarsi se mi lascio scappare voi due”.
E così la mia ragazza,che ha sempre vent’anni’si è messa il cuore in pace.

martedì 14 febbraio 2012

Elisir d'amore per ......il "liberal....democratico"


LIBERAL DIRTY e LIBERAL CHIC


di Ugo Morelli

Non è che dopo lunghi anni di climi e prassi liberal dirty, all’insegna cioè di un’ideologia dichiaratamente iperliberista ma inconcludente nella prassi, se non per le cose oscene e, per così dire, poco eleganti, ci toccheranno adesso un’ideologia e una prassi liberal chic? La questione è di non poco rilievo perché ha riguardato anche gli stili di vita e le prassi locali, dove non sono mancate, sia nel pubblico che nel privato, sia nella cooperazione che nell’associazionismo, manifestazioni di adesione, magari imitativa, al managerialismo nazionale e internazionale. Gli esiti, in molti campi, sono sotto gli occhi di tutti. Si potrebbe fare una selezione dei fallimenti sulla base di un indicatore di supponenza managerialista. Ma si sa, l’ammissione di responsabilità e il riconoscimento degli errori non sono merce comune. Il tratto di sobrietà che ha distinto la storia dei mondi trentino e altoatesino, ne è uscito non poco turbato e messo in discussione. Anche questo concetto, la sobrietà, va usato con cautela, perché anche di questo concetto, di recente si fa abuso, consegnandolo alla macina di quel nominalismo per cui il dire sembra assolvere dal fare. Sempre dimentichi del monito dell’Alighieri che pure svetta nelle nostre piazze: “sì che dal fatto, il dir non sia diverso”. Ebbene, su alcune questioni cruciali abbiamo visto emergere posizioni che non sembrano né sobrie né appropriate al tempo in cui viviamo, nelle dichiarazioni e nelle scelte del nuovo governo nazionale. Rifletterci può essere un utile caveat per le nostre scelte e i nostri stili locali. L’evasione fiscale è forse il più evidente dei temi. Se recuperare risorse dove era immediatamente possibile può aiutare a comprendere le prime scelte del governo italiano, sarebbe importante, sul principale problema nazionale, il delitto di evasione fiscale, vedere qualcosa di più che le dimostrazioni dei finanzieri a Cortina e in via Montenapoleone a Milano. Segue la questione dei giovani e del lavoro. Ben quattro esponenti del governo hanno perso una buona occasione per tacere sul tema, mentre si attende un provvedimento effettivo. Ripetere stereotipi supponenti serve solo a volgarizzare le relazioni su una questione, quella della precarietà o dell’assenza totale di lavoro, che rischia di creare una disintegrazione sociale senza precedenti. Vi sono poi le spese militari. A meno che non vi sia chi se la sente ancora di sostenere che “più cannoni porteranno più burro”, sia l’ammontare di circa ventitre miliardi annui del bilancio della difesa, che gli investimenti per l’acquisto degli F35 e per il programma Nec per la digitalizzazione delle componenti di terra dell’esercito, non rientrano in nessun disegno strategico, ma solo in scelte “di comodo” difese dal ministro, come le definiscono perfino alcuni generali. Scelte che garantiscono la continuità di contratti e decisioni prese in altri tempi e, certamente, in altri scenari politico-strategici. L’auspico è che non solo lo stile ma anche la sostanza siano diversi su ognuno di questi punti e sul resto, proprio perché non c’è alternativa come si sente ripetere in ogni momento, e che ognuno faccia sul serio quello che va fatto, a Roma e qui...........


..........una possibile risposta

Bella l’immagine del “liberal dirty e liberal chic” che ci riporta intellettualmente nel cul de sac della crisi “liberal ” tout court.Il tuo scritto ci spieca le dinamiche e le contraddizione di questa “crisi” che si mostra sempre più sistemica e non solo sovrastrutturale.Abbiamo tra furori crici e sconfitte depressive vissuto la cultura del rischio, che è poi la cultura della libertà,(economica e politica) e della responsabilità individuale e la rinascita ,difesa o riproposizione della domanda di sicurezza,che è poi
domanda di protezione politca,delega ad altri (lo stato) delle proprie responsabilità o di protezione economico-sociale con il welfare.
C’è una vocazione reazionaria del pensiero europeo, e italiano in particolare, è figlia di una metodologia filosofica della conoscenza che si chede moralisticamente “perché” senza chiedersi innanzitutto come “le cose” “effettualmente” stiano.Il risultato è che la risposta è un salto logico dall’essere al dover essere . Ritorna ossessivamente in agenda semplicemente i vecchio dilemma se i soggetti collettivi- istituzioni,mercato,capitalismo ecc ecc- sono spiegabili con una teoria individualistica. I soggetti collettivi non pensano e tantomeno agiscono. Sono gli individui che pensano e agiscono. E sono responsabili di quello che fanno. E’ il principio di libertà su cui si fonda la cultura politca ed economica occidentale malgrè nous.Il riferimento è all Illuminismo delle “virtù” anglosassone , cioè della convinzione-antitetica a quella dell’Illuminismo razionalistico francese- che siano le passioni guidare la ragione e non la ragione a governare le passioni.
E’ dalla interazione di molteplici individui,ciascuno che procede autonomamente alla ricerca dei propri interessi secondo la propria visione personale del mondo he scaturisce inconsapevolmente un beneficio generale (Mandeville, ‘La favola delle api’: il ricco che dilapida i propri averi- vizio privato- è anche a e senza volerlo manifestazione di una pubblica virtù, perchè fa ilbene del suo prossimo che gli procura ciò che lui compra e consuma con la propria dissolutezza).Non da un progetto, un piano, elaborato da una volontà esterna.Saranno milioni di individui,consumatori, produttori, non la politca ce ci tireranno fuori dalla crisi economica attuale.Il resto è puropensiero comunque reazionari “Ancienne regime”.
mauro orlando

Elisir d'amore per la "nostalgia...comunitaria"

“Non ci si arrende solo rispetto all’idea di inseguire il mito dello sviluppo, ci si arrende all’idea di essere qualcosa o qualcuno. Per uscire dall’autismo corale ci vogliono posture nuove. È tempo di tornare a una fisiologia meno velleitaria, a un quieto vagabondare nel mondo che gira, nell’aria che non sta mai ferma, nella polvere in cui luccichiamo ad occhi aperti insieme al sole e alle stelle”. franco arminio



[youtube http://www.youtube.com/watch?v=PBvtBJJ7vQQ]



di mauro orlando



Ho un colpo di nostalgia della comunità provvisoria per come l’ho vissuta negli ultimi tre anni : le passeggiate , le colazioni al sacco con salame ,formaggio e buon vino, il piacere delle amicizie come occasioni di scambio di sentimenti,passioni ,esperienze ed idee e il blog che ne era nel bene nel male la vetrina e lo spazio delle idee originali, degli umori,delle passioni calde e fredde di esigenze esuberanti s di esprienze esistenziali,culturali e politiche.Non mancavano le occasioni e lo spazio per costruire nuovi paradigmi ,logiche e grammatiche per vivere e pensare un territorio e uno stile di vita in modo autentico e originale ma assieme .Mi piace ricordare queste situazioni e le persone che le vivevano con il piacere e il gusto di fare qualcosa di unico,originale e autentico. Eravamo ambiziosi e incoscienti come tutti i neofiti e i praticanti.Il blog era anche nelle difettose spigolature umorali l'accompagnamento organizzativo e informativo delle iniziative che come Comunità provvisoria proponavamo alle varie realtà comunali : di approfondimento conoscitivo (es seminario a Grottaminarda sulla paesologia o a Lacedonia sul parco rurale o incontri mirati sulle varie “eccellenze”,letterarie,poetiche e politiche ) ma anche accompagnamento e informazione delle visite esistenziali , individuali e comunitarie , paesologiche e amicali nei piccoli paesi nello spirito che Franco ci suggeriva e ci raccontava nei suoi scritti. Il Blog è anche l'espressione di un dialogo, un conflitto o un amore e una cura per una "terra", l'Irpinia dei piccoli paesi …dalla grande vita”. Avevamo voglia di continuare il racconto e la pratica della migliore tradizione dell’’irpinia (d’oriente o di occidente) dignitosa e ricca letterariamente e culturalmente. Per ultimo e non ultimo :Cairano 7X. Avevamo scelto non a caso “un piccolo paese” come simbolo e anche una possibile pratica di”grande vita” nascosta e da scoprire con una esperienza veramente innovativa e originale con alle spalle una grande esigenza o idea di Franco Dragone che Franco Arminio ha avuto il coraggio dei sognatori , la testardaggine dei poeti e la capacità del vero politico di pretendere di realizzabile al meglio degli uomini e idee che circolavanono in Italia ed in Europa in cerca di esperienze coerenti di nuovi modi di abitare e pensare la terra che ci è data in comodato d’uso. Incomprensioni ,pigrizie e scelte al ribasso in coda ai poteri costituiti istituzionali e sociali hanno determinato rotture non volute ma necessarie . Di tutto ciò dobbiamo sentirci non solo orgogliosi ma gelosi come esperienza non da dimenticare ma da conservare gelosamente nelle pieghe delle nostre storie personali e anche come legittima e dignitosa storianostra e della nostra terra .Nessuno ce la può negare o sottrarcela .La scelta del cambio del nome del Blog “Comunità provvisorie” doveva essere nella continuità l’apertura della nostra esperienza autoctona e specifica ad altre esperienze territoriali e comunitarie di altri territori o realtà sociali con la caratteristica di una ricerca e difesa di una sensibilità che volesse affrontare il tema dello sviluppo e della modernità non solo economica pur da una oggettiva posizione di marginalità o perifericità come valore e non come soggezione. Siamo ancora in una fase costituente dal basso ed abbiamo un estremo bisogno di convinte adesioni ma soprattutto di entusiasmo culturale , passione civile,sentimenti caldi e un impegno personale nella responsabilità e contestualità concreta secondo le proprie conoscenze, esperienze sociali e capacitàtà organizzative. Unica bussola e orientamento del Blog è evitare che diventi una vetrina eccellente delle nostre esigenze e capacità letterarie o analitiche senza un legame con le nostre esperienze territoriali e sociali. Ricordiamoci di continuare ad essere “sentinelle dei propri territori” anche per i cittadini e gli amministratori distratti e smemorati.Ricordiamoci la cornice delle nostre opere d’arti e d’altro nella ricerca per un “umanesimo dei territori” di collina , di pianura o di montagna che vogliono vivere la marginalità come risorsa e non come colpa o risentimento. Le storie e la storia della Comunità provvisoria irpina resta nella sua originalità una buona e bella idea coltivata e vissuta al meglio delle nostre capacità e possibilità non per isolarsi nella sua specificità ma per stimolare il rapporto di altre esperienze comunitarie . Noi non rinnegheremo mai nessuno dei momenti e le persone della passata esperienza di Comunità provvisoria in Irpinia ma attenti ,gelosi e ostinati a non annacquare o disperdere la sua anima “paesologica” .Non è solo “un valore aggiunto” ma un modo unico e irripetibile di essere,pensare e vivere l’Irpinia e tutte le “irpinie” della nostra “ terra madre”……..

domenica 5 febbraio 2012

Elisir d'amore per ......la Comunità provvisoria


Comincia a cadere una pioggia incessante.
nell'arca, e dova mai potresti andare:
voi, poesie per una sola voce,
slanci privati,
talenti non indispensabili,
curiosità superflua,
afflizioni epaure di modesta portata,
e tu, voglia di guardare le cose da sei lati....
Szymporska







La nostra esperienza comunitaria è stata nei vari momenti un lusinghiero e ricco incontro di persone disponibili a giocare la loro personale vita mentale e concreta nella possibile declinazione di due categorie apparentemente contrastanti ,locale e globale, che tanto ci inquieta e ci disorienta particolarmente in questa crisi finanziaria ed economica che insidia i nostri corpi e le nostre anime. Dopo vari anni ed esperienze paesologiche oggi diventa sempre più chiaro e complesso ribadire non solo la grammatica e il lessico rinnovato nella esperienza culturale e sociale ma assieme la necessità di ristabilire un rapporto di tipo nuovo con una realtà meridionale sociologicamente e psicologicamente immutata in un contesto di modernizzazione “con sviluppo e senza progresso” e una mondializzazione non solo economica e finanziaria ma soprattutto antropologica e politica . La “paesologia” ormai non è solo una intuizione personale da definire e sviluppare ma si va definendo sempre più in concreto nel dibattito tra le esperienze comunitarie nazionali uno strumento conoscitivo originale e nuovo che incide non solo sugli stili di vita ma sulle identità individuali-plurali.Il contesto bibliografico di riferimento si fa sempre più definito ed esclusivo intorno alla nuova categoria di “bene comune” intorno alle produzioni di F. Cassano con la sua “ragionevole follia dei beni comuni” per l’acqua,l’aria ,il vento, la terra sino all’informazione e la cultura .” I poeti sono un bene comune” nella sua radicale espressione poneva un problema vero anche se complesso nella sua declinazione politica.Segnale profetico era stata l’assegnazione del premio Nobel per l’economia a Elinor Ostrom nel 2009.Gli scritti di R. Esposito che partendo dalla categoria manniana di “impolitico” era approdato agli studi sulla “immunitas” e “communitas” ha finito per “mantenere viva l’attenzione per per una questione alla quale è affidato un passaggio d’epoca. Giustamente R. Esposito sottolinea come questa sia una via da percorrere per sottrarsi alla tirannia di quella che W. Benjamin ha chiamato “la teologia economica” .(S. Rodotà). Per sottrarsi alla ossessiva centralità del mercato un saggio di Luca Nirvana analizza la possibilità di contrastare questa deriva politica e conoscitiva con un saggio sui “beni comuni” per “appropriarsi di beni destinati al soddisfacimento di bisogni primari e diffusi, ad una fruizione collettiva”, ridefinendo il valore di bene non solo dalla sua appartenenza o prietà privata o pubblica ma quello della sua gestione ed uso.”I beni comuni sono “ a titolarità diffusa” appartengono atutti e anessuno ,nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive” (Rodotà). Luciano Gallina ,poi , ci ricorda poi l’importanza della consoscenza,del sapere e del potere della esperienza in Rete.Problema posto all’ordine del giorno da Franco recentemente non ponendo solo la individuazione e la definizione di gestori in senso tecnico e gestionale non solo come fatto partecipativo e di fruizione del bene ma per una maggiore definizione di un “idem sentire” , “koinè” che non mortifichi le individualità nella omologazione ma arricchisce la pluralità nelle differenze in un percorso che non ha un mitico inizio e fine ma si costruisce nel tempo in modo provvisorio. Tutto dipenderà dall’uso che ne vorremmo fare per il futuro di noi e dei nostri territori……Una persona che ha intenzione di vivere e pensare un territorio del sud ha la necessità di rivendicare alla base della sua ricerca di funzionalità intellettuale e esistenziale non solo retaggi e ricchezze culturali pregresse in modo consolatorio o di orgoglio identitario.Oggi bisogna rivendicare la categoria di “bene comune” insieme a quelli della “marginalità” e “fragilità”come capacità e possibilità di autenticità e originalità di stare e vivere contemporaneamente il mondo nel suo piccolo e nel suo grande. Si può vivere non con il vecchio schema della schizofrenia una bella esperienza emotiva e culturale a Bisaccia o Grottaminarda e il giorno dopo visitare una importante mostra alla Tate Gallery di Londra e una settimana dopo partecipare ad un convegno a Bombay sulle nuove tecnologie informatiche e il futuro delle economia mondiale.Lo spazio concettuale libero e liquido tra centro-margine-periferia si è aperto incondizionatamente e ci permette di verificare nei fatti e non solo nella volontà le idee ma soprattutto la nostra disponibilità e capacità di attivare volontà e strumenti per condividere “comunitariamente” anche le nostre individuali solitudini, introversioni, umori caldi e freddi, inquietudini e sogni .Non in una sorta di sopravvalutazione con sovrappesi culturali e professionali di sé stessi che ci costringe a costruire muri e barriere intolleranti non solo psicologiche per rifiutare o accettare gli ‘altri’. Sapendo che stare insieme può essere anche una sofferenza ,un esercizio faticoso di ridurre frammentazioni e chiusure e alleggerire pesantezze conoscitive e rigidità dottrinarie .Per iniziare questo nuovo viaggio di prospettiva necessita anche un viaggio nelle nostre storie mentali costruite su un eccesso di sviluppo accumulativi di saperi-poteri e un eccesso di ‘criticismo’ sedimentato o ossifificato nelle nostre diaspore migratorie. “Siamo emigrati male e spesso ritorniamo peggio”. Ci siamo costruiti intellettualmente e professionalmente con una idea di acculturazione e sapere come possibile strumento per acquisire potere e riscatto su un diffidenza e non fiducia verso gli altri in termini sociali e politico. Cultura e sapere non è acquisire potere ma proprio una possibile possibilità di depotenziamento ,“derobè” svestimento, del potere e del sapere stesso.Con una tale idea di acquisizione di conoscenze,abilità, sapere come strumento di possibili poteri e riscatti anche la categoria economica e sociale di ‘marginalità ’ nei piccoli e grandi paesi del sud e del nord del mondo può acquisire slancio progressivo e ideativo e riscatto individuale nella propria vita mentale e politica nei luoghi che ci è dato vivere hic et nunc. Dato per acquisito che la politica politicista depotenziata per motivi endogeni ed estrogeni va dunque sempre più sospettata e criticata nella sua rigidità e illiberalità costitutiva e istituzionale ma sopratutta per la sua inattualità che continua ad educare a coltivare pensieri corti e relazioni corte. Dobbiamo ricostruire una “società civile” di nuovo conio e funzione non seguendo i canoni e le categorie politologiche classiche e moderne che la mettono necessariamente e unicamentein rapporto con la “società politica” in una sorta di separatezza e superiorità solo concettuale. La differenza tra società civile e società politica è che una obbliga a pensieri lunghi e di prospettiva la seconda abitua a pensieri corti e regressivi ingessati e chiusi nelle istituzioni rifugio . Noi abbiamo bisogno di mettere in campo con modestia e presunzione “pensieri e relazioni lunghe sapendo però che vivere insieme agli altri e confrontarsi non è mai stato perfetto,idilliaco,edenico. Bisogna diffidare chi ci ripropone “paradisi perduti” e chi ci lusinga con utopie di comunità utopiche e mitiche. Bisogna accettare le complessità e difficoltà nei possibili spazi di amori ,di sogni, di odi,di controversie, di rancori, di rimorsi , sempre disposti al rischio ma con “gesti eroici”ed autentici anche di intelligenze confuse ,provvisorie o smarrite mai dogmatiche,autoritarie e prescrittive. Massima vitalità anche in possibili massime disperazioni”.
……Mi dispiace io per certi versi sto curando ” una mente premoderna e prepolitica” lenta ,liquida e la più leggera possibile e in certi discussioni mi sento estraneo e fuori luogo.Invece mi sono sentito a mio agio nello spirito comunitario a Cairano ed oltre , in certe serate a Bisaccia, ad Aquilonia , agli scambi di idee a Grottaminarda fino a Caposele nelle nostre estati irpine e in tante altre occasioni che mi piace ricordare e voglia di ripetere………

Mauro Orlando

sabato 4 febbraio 2012

Elisir d'amore per ......le parole

La gioia di scrivere
...silenzio
-anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola
"bosco"....
Szymborska

“ Uomo ,la mosca ha un volo più veloce del tuo occhio
e una vita più breve del tuo dolore”
Anonimo, VII secolo a.C.

“ Interrogammo i templi di Selinunte,
il loro silenzio aveva più peso di tante parole”
J.P. Sartre e S. De Beauvoir

In questo spazio mi piace riscontrare un rispetto e una cura delle “parole”.La storia delle parole viene da lontano e dal profondo e scavare dentro di loro e come “cercare una rotta dentro di sé ,della propria storia e della propria terra”Quanti veli ,sedimentazioni,polveri sottili la modernità tecnologica ha accumulato sopra di loro e noi …abbiamo perso tutte le sfumature. E con le sfumature i sentimenti che le accompagnano e le provocano. Noi stiamo sentendo e praticando la “paesologia” scienza arresa ma esigente .” La paesologia è una forma d’attenzione. È uno sguardo lento, dilatato, verso queste creature che per secoli sono rimaste identiche a se stesse e ora sono in fuga dalla loro forma. Non sai cosa sia e cosa contenga. Vedi case, senti parole, silenzi, in ogni modo resti fuori, perché il paese si è arrotolato in un suo sfinimento come tutte le cose che stanno al mondo, ciascuna aliena allo sfinimento altrui” Franco Arminio .Noi in questo spazio ci sforziamo di voler bene alle parole e prendercene cura .E ci sforziamo di coltivare l’occhio del poeta per scoprire “la grande vita custodita gelosamente nei piccoli paesi”. Solo i poeti ,infatti,hanno avuto il coraggio sacerdotale di conservarne la forza (dunamis) visionaria e profetica frequentando “l’unica arte in cui la mediocrità è imperdonabile” ricordando sempre che “in Principio c’era la Parola,ma la Parola è stata tradita” (E. Pound).Ma al di là di questo senso di perdita teologico-metafisica a noi interessa la perdita dei loro colori sentimentali e passionali che nei nostri racconti non riusciamo a vedere e trasmettere normalmente agli altri. Oggi si parla di “colori del buio”con l’occhio folle e profetico del poeta .Buio che il nihilismo filosofico postmoderno e un teologismo eteronomo e precettivo ha scaricato in dosi massicce sulle parole colorate dei sentimenti e delle passioni.
Andare al di là e dentro il tempo mobile e imprendibile della cultura e della storia e recuperare il sapore e i colori del tempo immobile dei bambini quando “..si giocava e immaginava , si immaginava e giocava.”
Un bambino non sa di poter essere altro, vive in un tempo fermo al presente e al futuro prossimo. E nelle parole ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. Oggi ’ l’ecceziome, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l’animo . La più grande bellezza e l’infinita bruttezza partecipano del mistero. C’è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C’è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c’è nella febbre ,nell’incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile atto di chiarezza, di certezza improvvisa.
Solo quando qualcosa sconvolge,provoca ci dice molto più di quel che siamo abituati a sentire.
L’inspiegabile, l’unico, arriva come a scuoterti, svegliarti come da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini. L’uomo con le parole fredde della burocrazia e della tecnica televisiva ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando un linea dritta, tra immagini a specchi consueti.

mauro orlando