domenica 5 febbraio 2012

Elisir d'amore per ......la Comunità provvisoria


Comincia a cadere una pioggia incessante.
nell'arca, e dova mai potresti andare:
voi, poesie per una sola voce,
slanci privati,
talenti non indispensabili,
curiosità superflua,
afflizioni epaure di modesta portata,
e tu, voglia di guardare le cose da sei lati....
Szymporska







La nostra esperienza comunitaria è stata nei vari momenti un lusinghiero e ricco incontro di persone disponibili a giocare la loro personale vita mentale e concreta nella possibile declinazione di due categorie apparentemente contrastanti ,locale e globale, che tanto ci inquieta e ci disorienta particolarmente in questa crisi finanziaria ed economica che insidia i nostri corpi e le nostre anime. Dopo vari anni ed esperienze paesologiche oggi diventa sempre più chiaro e complesso ribadire non solo la grammatica e il lessico rinnovato nella esperienza culturale e sociale ma assieme la necessità di ristabilire un rapporto di tipo nuovo con una realtà meridionale sociologicamente e psicologicamente immutata in un contesto di modernizzazione “con sviluppo e senza progresso” e una mondializzazione non solo economica e finanziaria ma soprattutto antropologica e politica . La “paesologia” ormai non è solo una intuizione personale da definire e sviluppare ma si va definendo sempre più in concreto nel dibattito tra le esperienze comunitarie nazionali uno strumento conoscitivo originale e nuovo che incide non solo sugli stili di vita ma sulle identità individuali-plurali.Il contesto bibliografico di riferimento si fa sempre più definito ed esclusivo intorno alla nuova categoria di “bene comune” intorno alle produzioni di F. Cassano con la sua “ragionevole follia dei beni comuni” per l’acqua,l’aria ,il vento, la terra sino all’informazione e la cultura .” I poeti sono un bene comune” nella sua radicale espressione poneva un problema vero anche se complesso nella sua declinazione politica.Segnale profetico era stata l’assegnazione del premio Nobel per l’economia a Elinor Ostrom nel 2009.Gli scritti di R. Esposito che partendo dalla categoria manniana di “impolitico” era approdato agli studi sulla “immunitas” e “communitas” ha finito per “mantenere viva l’attenzione per per una questione alla quale è affidato un passaggio d’epoca. Giustamente R. Esposito sottolinea come questa sia una via da percorrere per sottrarsi alla tirannia di quella che W. Benjamin ha chiamato “la teologia economica” .(S. Rodotà). Per sottrarsi alla ossessiva centralità del mercato un saggio di Luca Nirvana analizza la possibilità di contrastare questa deriva politica e conoscitiva con un saggio sui “beni comuni” per “appropriarsi di beni destinati al soddisfacimento di bisogni primari e diffusi, ad una fruizione collettiva”, ridefinendo il valore di bene non solo dalla sua appartenenza o prietà privata o pubblica ma quello della sua gestione ed uso.”I beni comuni sono “ a titolarità diffusa” appartengono atutti e anessuno ,nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive” (Rodotà). Luciano Gallina ,poi , ci ricorda poi l’importanza della consoscenza,del sapere e del potere della esperienza in Rete.Problema posto all’ordine del giorno da Franco recentemente non ponendo solo la individuazione e la definizione di gestori in senso tecnico e gestionale non solo come fatto partecipativo e di fruizione del bene ma per una maggiore definizione di un “idem sentire” , “koinè” che non mortifichi le individualità nella omologazione ma arricchisce la pluralità nelle differenze in un percorso che non ha un mitico inizio e fine ma si costruisce nel tempo in modo provvisorio. Tutto dipenderà dall’uso che ne vorremmo fare per il futuro di noi e dei nostri territori……Una persona che ha intenzione di vivere e pensare un territorio del sud ha la necessità di rivendicare alla base della sua ricerca di funzionalità intellettuale e esistenziale non solo retaggi e ricchezze culturali pregresse in modo consolatorio o di orgoglio identitario.Oggi bisogna rivendicare la categoria di “bene comune” insieme a quelli della “marginalità” e “fragilità”come capacità e possibilità di autenticità e originalità di stare e vivere contemporaneamente il mondo nel suo piccolo e nel suo grande. Si può vivere non con il vecchio schema della schizofrenia una bella esperienza emotiva e culturale a Bisaccia o Grottaminarda e il giorno dopo visitare una importante mostra alla Tate Gallery di Londra e una settimana dopo partecipare ad un convegno a Bombay sulle nuove tecnologie informatiche e il futuro delle economia mondiale.Lo spazio concettuale libero e liquido tra centro-margine-periferia si è aperto incondizionatamente e ci permette di verificare nei fatti e non solo nella volontà le idee ma soprattutto la nostra disponibilità e capacità di attivare volontà e strumenti per condividere “comunitariamente” anche le nostre individuali solitudini, introversioni, umori caldi e freddi, inquietudini e sogni .Non in una sorta di sopravvalutazione con sovrappesi culturali e professionali di sé stessi che ci costringe a costruire muri e barriere intolleranti non solo psicologiche per rifiutare o accettare gli ‘altri’. Sapendo che stare insieme può essere anche una sofferenza ,un esercizio faticoso di ridurre frammentazioni e chiusure e alleggerire pesantezze conoscitive e rigidità dottrinarie .Per iniziare questo nuovo viaggio di prospettiva necessita anche un viaggio nelle nostre storie mentali costruite su un eccesso di sviluppo accumulativi di saperi-poteri e un eccesso di ‘criticismo’ sedimentato o ossifificato nelle nostre diaspore migratorie. “Siamo emigrati male e spesso ritorniamo peggio”. Ci siamo costruiti intellettualmente e professionalmente con una idea di acculturazione e sapere come possibile strumento per acquisire potere e riscatto su un diffidenza e non fiducia verso gli altri in termini sociali e politico. Cultura e sapere non è acquisire potere ma proprio una possibile possibilità di depotenziamento ,“derobè” svestimento, del potere e del sapere stesso.Con una tale idea di acquisizione di conoscenze,abilità, sapere come strumento di possibili poteri e riscatti anche la categoria economica e sociale di ‘marginalità ’ nei piccoli e grandi paesi del sud e del nord del mondo può acquisire slancio progressivo e ideativo e riscatto individuale nella propria vita mentale e politica nei luoghi che ci è dato vivere hic et nunc. Dato per acquisito che la politica politicista depotenziata per motivi endogeni ed estrogeni va dunque sempre più sospettata e criticata nella sua rigidità e illiberalità costitutiva e istituzionale ma sopratutta per la sua inattualità che continua ad educare a coltivare pensieri corti e relazioni corte. Dobbiamo ricostruire una “società civile” di nuovo conio e funzione non seguendo i canoni e le categorie politologiche classiche e moderne che la mettono necessariamente e unicamentein rapporto con la “società politica” in una sorta di separatezza e superiorità solo concettuale. La differenza tra società civile e società politica è che una obbliga a pensieri lunghi e di prospettiva la seconda abitua a pensieri corti e regressivi ingessati e chiusi nelle istituzioni rifugio . Noi abbiamo bisogno di mettere in campo con modestia e presunzione “pensieri e relazioni lunghe sapendo però che vivere insieme agli altri e confrontarsi non è mai stato perfetto,idilliaco,edenico. Bisogna diffidare chi ci ripropone “paradisi perduti” e chi ci lusinga con utopie di comunità utopiche e mitiche. Bisogna accettare le complessità e difficoltà nei possibili spazi di amori ,di sogni, di odi,di controversie, di rancori, di rimorsi , sempre disposti al rischio ma con “gesti eroici”ed autentici anche di intelligenze confuse ,provvisorie o smarrite mai dogmatiche,autoritarie e prescrittive. Massima vitalità anche in possibili massime disperazioni”.
……Mi dispiace io per certi versi sto curando ” una mente premoderna e prepolitica” lenta ,liquida e la più leggera possibile e in certi discussioni mi sento estraneo e fuori luogo.Invece mi sono sentito a mio agio nello spirito comunitario a Cairano ed oltre , in certe serate a Bisaccia, ad Aquilonia , agli scambi di idee a Grottaminarda fino a Caposele nelle nostre estati irpine e in tante altre occasioni che mi piace ricordare e voglia di ripetere………

Mauro Orlando

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