venerdì 28 maggio 2010

....ciò che non siamo e ciò che non vogliamo
la "paesologia" al politecnico di Milano



“-Abbiamo perso l’amico, si dice in questo secolo. .

-No, il nemico, dice una voce, sul finire di questo stesso secolo.

Ed entrambi parlano del politico, ecco quel che vorremmo ricordare”



Ieri ero con Franco al politecnico di Milano…..si parlava di “paesologia” ,di “comunità provvisoria” e di Cairano 7x. Un uditorio qualificato ,attento …un po’ disorientato e sospettoso riguardo ad idee e sentimenti che obbligano a pensare a sé stessi ,alla propria vita e al proprio consolidato sapere.E’ difficile e un po’ presuntuoso parlare di “ un mondo antico morto e di un mondo nuovo ,sfinito e senza radici” ,suggerire di “non guardare in nessuna direzione….con lo sguardo del cane anche se prolungato affettuoso e clemente. Siamo nel tempio della “tecnica e della tecnologia applicata” che vive e pratica la modernità senza perplessità,dubbi, sospetti.Duro far passare l’idea di “avere paura di costruire certezze e di praticare esercizi di perplessità non come esercizio di stile….” Raccontare che noi lavoriamo per pensare ad un nuovo tipo di comunità. Non una comunità anacoretica di quelli che amano allontanarsi, di singolarità solitarie con vocazioni a ritirarsi in una sorta di slegamento sociale senza appartenenze e legami.Mentre il mondo massificato fuori impazzatra rumori assordanti di clacson nevrotici e il cervello si spappola tra il velenoso co2 e la insidiosa frenesia di una ‘operosità’ malposta e imposta e un individualismo nevrotico e cinico . Non siamo per una ‘singolarità” qualunque in nome di una identità comune al di la della forma in cui essa sia modulata. .La esperienza della Comunità provvisoria, di Cairano, la ricerca conoscitiva della “paesologia” rispecchia lo spirito leggero,provvisorio,creativo, che vuole espressamente evitare finalità,modelli,formalismi già consumati nel passato.” Un luogo per chi ha due minuti tra le dita per sè”.Un luogo dove si possa comunicare e “conversare non sotto il peso delle nostre parole e dove si possa passeggiare con la naturalezza e la leggerezza di un passero sopra il ramo” .Dove viviamo la vita e …noi che ci conficchiamo in essa istante per istante”…Nell’impazzare ‘ideologico’ dell’uomo del fare come il ‘passepartout’ di tutte le pigrizie,le lentezze,arretratezze di un umanesimo che confligge con una idea di modernità che ci vede non solo sospettosi ma contrariati e resistenti.La nostra parola magica e ….è inoperosità comunitaria .”andare all’aperto,fuori di noi e non rinserrarsi impauriti nella “coscienza” su qualche comodo lettino di analisi o sedando il nostro corpo”.

E abbiamo scelto la parola «comunità», ci accorgiamo che essa è riconducibile, in definitiva, ad un duplice senso: ciò che in comune ed essere-in-comune.. L’essere-in-comune rappresenta la modalità di esistenza del libero individuo che partecipa direttamente, insieme agli altri, a ciò che è in comune. . L’essere-in-comune è appunto riferito ai componenti della comunità. Ma gli stessi componenti, sebbene fondamentali per l’esistenza della comunità, possono essere gli artefici di un ribaltamento dialettico un cambiamento di visione che li deve condurre da una modalità disgregativa a una aggregativa. È una dimensione plurale della comunità in cui la “molteplicità” fa intravedere una dimensione in cui la persona non è separata dalla vita, o da se stessa, ma coincide con essa in un sinolo inscindibile di forma e forza, di esterno e d’interno, in cui il soggetto è finalmente norma a se stesso e non deve nulla ad istanze trascendentali o trascendenti. In altre parole, un unicum, o singolarità, che coniuga il singolare e il plurale nella stessa persona.. Ed ecco allora il paradigma o la categoria originale e diversa della provvisorietà e ….della inoperosità nientemeno a Milano e al Politecnico!Difficile spiegare senza spocchia dottrinaria o ingenuità visionaria e inattuale. L’improduttivo spazio e tempo dell’inoperoso non è delimitabile da un opaco dispositivo di miscelazione di desideri arcani, pulsioni di fuga, resistenze inerziali, eremitaggi esistenziali, silenzi e rifiuti assoluti, immobilismi estremi. Volendo far uso di un lessico più squisitamente filosofico, possiamo peculiarmente qualificare l’inoperoso come la prevalenza dello stare dell’essere sul divenire dell’essere: esso è il sottrarsi giocato contro l’esporsi. In tal senso, è la faccia speculare del potere: l’abbandono simmetrico alla cattura. Noi vorremmo scongiurare l’abbandono delle emigrazioni,le fughe nella propria autosufficienza intellettuale o sociale,la cattura nelle neoideologie postmoderne del “fare” come variabile indipendente della producibilità umana universale e necessaria. Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessabili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche. Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva . L’inespresso e l’inarticolato non necessariamente devono essere letti nell’ottica sublimato, modificato e riprodotto. Attenti e sospettosi che anche l’inoperosità può essere trasformata in mercato operoso che mette in scena il fantasmagorico teatro della fruizione consumistica dell’inespresso. Che l’inerzialità, l’inespressività e l’inappagabilità dei desideri possono diventare sempre riproducibili, attraverso sequenze/figure immaginifiche: replicanti che si spacciano per mutanti. In queste condizioni inedite e nuove rifiutarsi di pensare che non v’è alcuna speranza di poter ingabbiare anche l’inoperosità nel ciclo o della salvezza o nell’orizzonte della linea di fuga. Anche per questo scriviamo in questo Blog e ci prepariamo per Cairano! Primun vivere e fare deinde …….philosofare !Le facce dei giovani esprimevano attenzione e rispetto …silenzioso. Qualche perplessità benevole e criticità controllata tra gli ‘accademici’ non senza qualche ‘accidiosa e cinica “ dichiarazione del solito vecchio “realista –pessimista” che nella sua impotenza intellettuale e morale ….. ormai si limita a “godere dei singhiozzi degli altri”…..difficile fargli capire che i nostri non sono “singhiozzi”!

mauro orlando

martedì 25 maggio 2010

Elisir d'amore per .....Cairano 7x .... 2010


cairano 7x

paesi, paesaggi, paesologia

da un’idea di franco dragone

direzione artistica: franco arminio

20-27 giugno

cairano, irpinia d’oriente

idea di cairano

c’è una desolazione che è anche beatitudine. c’è un paese piantato come un meteorite nell’irpinia d’oriente, un paese che guarda a un mare d’erba, ai monti picentini, alle alture lucane. cairano guarda a sud dalla sua rupe. non ci sono cose da vedere, nel senso strettamente turistico del termine, ma da cairano si vede molto, ma bisogna arrivare alla nuca silenziosa del paese: il paese ha letteralmente la testa tra le nuvole. alla fine di giugno, quando ad occidente c’è più luce, cairano7x è una settimana per parlare e ascoltare. non un festival, non è un evento, è una cerimonia dei sensi. non è un´adunata di specialisti. è una festa del silenzio e della luce, un cantiere

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Elisir d'amore per ........l'Irpinia d'oriente....

Paesologia è anche saper vivere e pensare nella modernità con la “passione" e il sentimento per frammenti oggetti, relitti di un passato ormai privo di contesto,rovine della storia ormai perdute per la storia…..nuovi silenzi e recuperare un linguaggio capace ancora di parlare di esperienze originali ed autentiche di persone educate al silenzio e alla bellezza , con un vissuto motivazionale ed esistenziale consapevole e autentico non con la presunzione di descriverli come una cultura ,una sociologia , una antropologia ,una storia ….un sapere oggettivo.
Convinti che non sono “avanzi di un mondo di sogno” perduto e da ricercare.




IRPINIA D’ORIENTE _ UN PARCO CONTRO L’IDEA DELLO SVILUPPO OBBLIGATORIO _ Franco Arminio (maggio 2008)

Il parco dell’Irpinia d’Oriente si costruisce con progetti che usano la gomma più che la matita; dobbiamo togliere e non mettere. Dobbiamo cucire in una nuova alleanza il vuoto e il silenzio e la luce e il cibo e il pensiero e l’arte di trascorrere il tempo, dobbiamo cucire fabbriche nuove come quella del vento a fabbriche antiche come quella del pane.

*Il parco già c’è, bisogna solo usarlo. È un piccolo angolo di quel grande parco che dovrebbe chiamarsi “parco mondiale della terra tonda”. Alla luce dei pericoli che corre il nostro pianeta, che esiste da quattro miliardi di anni, è chiaro che bisognerebbe dichiararlo per intero “area protetta”. Gli uomini stanno in giro da tre milioni di anni. Tempo infimo, ma buono per sterminare i nostri compagni di avventura. Del miliardo di specie vegetali e animali che la terra tonda ha partorito, ne è rimasto solo l’uno per cento. Siamo troppi: tre nuovi nati ogni secondo, 26.000 al giorno, 95 milioni all’anno. Nel 1800 eravamo un miliardo, nel 1910 quattro miliardi, nel 2000 sei miliardi.
Continuando di questo passo nel giro di un secolo non ci sarebbe spazio neppure per muovere un passo.
C’è un modo di usare il mondo, che sinteticamente potremmo definire “capitalistico” a cui noi ci opponiamo radicalmente. Ci sono le persone che ammazzano i loro simili con un pistola e giustamente li mettiamo in galera. Ci sono i criminali di specie: sono tutti quelli che inneggiano alla crescita. Il corpo sociale è come il corpo di un individuo: non può vivere sempre mangiando, senza mai fermarsi, senza mai dormire.
Nel nostro parco non c’è spazio per il mito dello sviluppo. Noi non diremo mai che il nostro parco è un’occasione per lo sviluppo.
Abbiamo avuto l’ardire di usare questa parola perfino dopo il terremoto. Abbiamo concepito la ricostruzione come occasione di sviluppo e abbiamo visto com’è andata.

*Noi siamo ambiziosi: chiediamo all’umanità di correggere la propria traiettoria. E cominciamo da qui, cominciamo dai nostri luoghi, dai nostri incontri.
A nessuno venga in mente di venire ai nostro incontri comunitari per il parco da solo in macchina. Bisogna venire in compagnia, altrimenti non ha senso.
Lo spazio è limitato e una crescita continua può solo lacerare il delicato involucro che ci contiene.
Il nostro è il parco della decrescita.
Il nostro è un granello per inceppare il meccanismo infernale a cui ogni giorno lavorano le oligarchie politiche ed economiche.

*
franco arminio

sabato 22 maggio 2010

Elisir d'amore per ......la "comunità".





L’esperienza di franco del “ nord di pianura” e le sue considerazioni emozionali hanno bisogno di essere meditate e discusse non per gusto agonistico o per esercizio sofistico ma per l’importanza che rivestono nella nostra possibile esperienza comunitaria nei piccoli paesi di tutte le realtà periferiche ed appenniniche dell’Italia. ”La paesologia “ ha il merito di sgomberare il campo dagli equivoci malevoli , pretestuosi e modernisti di un comunitarismo e territorialismo a rischio identitario e xenofobo .Esso punta costitutivamente ad una soggettività –plurale consapevole ed attiva e non “una specie di moda elitaria per i cittadini meno granitici, un modo per assicurare alle loro coscienze una parte di assoluzione”. Non è la nuova ideologia per “spaesati” ,”terremotati” ,abbandonati e stressati dal postfordismo e dalla globalizzazione neo liberista e speculativa che nelle zone interne e nelle periferie metropolitane ha spazzato via anche il possibile mito industrialista e modernizzatore superficiale delle coscienze. Nelle vene della società si vive un senso di spaesamento depressivo (autismo corale e/o individuale) con un cambiamento antropologico di una società che non vede pur con mezzi scarsi fini certi: lavoro a vita ,possibilità di benessere,scolarizzazione per i figli più acculturati dei padri ecc. Oggi pur con maggiori ed abbondanti mezzi i fini diventano sempre più incerti. Anche se all’apparenza si può percepire e pensare “… alle certezze che la vita di pianura offre a chi la conduce”. Oggi la globalizzazione ci impone teoreticamente ossimori come “reti corte” e “pensieri lunghi “ o “reti lunghe ” e “pensieri brevi”. “ Ora comprendo meglio la calma e la silenziosa operosità di questi luoghi. Qui non c’è mai lo squarcio, da qui si può arrivare ovunque e ritornare in fretta. Si può programmare il giorno suddividendolo in decine di cose da fare in luoghi differenti e si può fare la strada al contrario quasi senza intoppi” Vivere al Nord può dare queste impressioni ma esiste un sottofondo carsico e depressivo chimicamente sedato , tutto prepolitico,segno di uno spaesamento antropologico in una sorta di distacco e di apatia che la Lega ha saputo trasformare in energia propulsiva per macinare consenso elettorale. Noi stiamo cercando di ragionare in modo completamente originale e non regressivo sulle due parole chiave del nuovo discorso politico: comunità e territorio. Il territorio non è solo lo spazio del conflitto e delle scelte politiche che afffrontano anche i grandi nodi della modernità globale e locale ( trasformazione dei lavori,nuova immigrazione ,fabbrica diffusa , fonti energetiche naturali quali acqua,aria, terra e sole ).La dissolvenza delle comunità originarie o dei nativi in comunità del rancore ,della diffidenza o del rinserramento o quella falsamente identitaria nell’esclusione dell’altro da sé. Io parlerei fuori dagli equivoci della possibilità di una costruzione delle “comunità di cura” .Fuori dai fraintendimenti possibili una comunità operosa dei cittadini attivi ,consapevoli,liberi e reponsabili che operano per la inclusione e per la difesa dei diritti fondamentali della persona ,tra cui includerei anche il diritto alla cura e alla salute.Dovremmo con più lungimiranza lavorare per una convergenza tra comunità operosa e comunità di cura come antitodo per ridurre la sindrome da comunità del rancore. A partire dalla natura plurale conflittuale del territorio per non cadere nel pericolo del populismo xenofobo dell’ “ognuno padrone a casa sua” dobbiamo pensare ad una politica del fare “nuova società e nuova cultura”. Paesologia e comunitarismo insomma .Esprimere un pensiero di tipo e respiro strategico sulla terra nel mondo da salvaguardare e da vivere profondamente oltre allo starci ed abitarlo. La paesologia è anche la presunzione e la capacità di sentire “ che la percezione delle distanze” ma sopratutto la forza di superare la “difficoltà a trovare il tono giusto per parlare a questi ragazzi di luoghi come l’Irpinia d’oriente, come l’altura, l’Appennino, la dorsale impervia e franosa che vivo e che mi attraversa da anni, da quando sono nato”. Noi sappiamo che costa fatica vivere giorno dopo giorno “ il posto per la crepa, la spaccatura” e che non rifiutiamo per snobismo intellettualistico e neoariitocratico la città dove “ non c’è lo spazio per la bruttura improvvisa, per il degrado, per lo sfregio”. Non ci convince e non ci basta più parlare “di urbanocentrismo, di policentrismo…del concetto di centro e di periferia del centro”. E le nostre esperienze comunitarie e paesologiche non sono “ visioni”, ma consapevolezze conoscitive non solo per pensare ma per vivere “i piccoli paesi” in un rapporto esistenziale alla riscoperta della “grande vita “ che si nasconde tra le pieghe delle brutture di una modernità senza anima e di uno sviluppo senza progresso. Forse un giorno ognuno di noi si sentirà orgoglioso e rivoluzionario di essere vissuto dagli urbanizzati per costrizione e necessità “una specie di indiano di una riserva, il buon selvaggio esposto alla curiosità dei cittadini civilizzati, una tigre del bengala costretta a stare nello zoo di Vienna. Insomma qualcosa di esotico”. E allora fuori dai dubbi e paura ….” la paesologia “ non sarà percepita come “ una scienza esotica, una specie di moda elitaria per i cittadini meno granitici, un modo per assicurare alle loro coscienze una parte di assoluzione. Come dire: vedo, conosco altri luoghi nei quali mai andrei a vivere e questo mi rende migliore. Solo questo” E allora anche sentirsi “….franoso, instabile, in bilico” diventerà un modo e una possibilità di rappresentare un dubbio o un sospetto che il “ loro ordine interiore che traspare nel linguaggio, forbitissimo e accorto, nelle osservazioni, nella postura” e la loro condanna ad una inconsapevole non libertà e che la loro vita ha perso di autenticità e di anima.
mauro orlando

giovedì 20 maggio 2010

Elisir d'amore per .........il tempo.....

"Sempre ritorni tu,malinconia,
dolcezzadell'anima solitaria.
Ardendo si consuma un giorno d'oro.
Umile si piega al dolore il soffrente
che d'armonia risuona e...
di morbida follia....." G. Trakl...




...ma è la gioia ,emozione fragile e religiosa che nasce quando vuole e come vuole scompare...come la rugiada al mattino.
La gioia non è la felicità e il tempo della gioia è il tempo del presente.Non ha passato da dimenticare e non ha futuro da inventare. La gioa è anche nel sorriso triste ed intelligente di un amico che soffre....talora anche nel pianto singhiozzato in solitario, ma nelle lacrime che si mescolano con la gioia e si fanno luminose per chi sa vederle.Essa è fugitiva ed inafferrabile ai più e non ha il compito di dare un senso alla morte o allontanarla.Essa la si può trovare in uno spicchio di cielo,in un sorriso o un un gesto d'amore o nel silenzio addolorato e muto di un amico ipocondriaco...

martedì 18 maggio 2010

elisir d'amore per ......"le temps"

"...Le temps passé,

Celui qui va naître,

Le temps d'aimer,

Et de disparaître,

Le temps des pleurs,

Le temps de la chance,

Le temps qui meurt,

Le temps des vacances...."




Il tempo per gli uomini è sempre stato portatore di paura e di speranza.Nell'infanzia della nostra civiltà il tempo da venire stimolava il sogno o le illusioni di un futuro migliore, di isole felici, di paesi delle meraviglie, di rivoluzioni da cominciare il tempo che era alle nostre spalle alimentava la nostalgia ...e... il ricordo di "paradisi perduti" o a ricerche letterarie di "un tempo perduto" e di sogni infranti e amori felici e poeticamente infelici......oggi viviamo "un tempo immobile" ....un eterno presente e immanente e contingente,impantanato che mortifica il sentimento e le passioni in una indifferenza melmosa,fredda e rituale "senza anima" dove ci è tolto il gusto anche di "uno scacco a Dio" o di un patto con Mefistofele.....viviamo un eterno tramonto......senza "il sol dell'avvenire".

lunedì 17 maggio 2010

Elisir d'amore per ......"una vita tollerabile"




Se ormai ogni politica ha per scopo di rendere la vita tollerabile al maggior di uomini possibile, bisogna lasciare che essi determinano anche che cosa intendano per vita tollerabile” F. Nietzsche

Ieri a Bisaccia si sono poste le basi di un possibile nuovo spazio di esercizio della democrazia che parte dalle esigenze naturali di difesa dei diritti essenziali ad una “vita tollerabile”.Il diritto alla salute è uno di questi che tocca tutti i componenti della società nelle sue articolazioni trasversali e non verticali. Noi che stiamo proponedo a fatica un recupero di senso alla abusata parola “Comunità” come un insieme dinamico e passionale individuali relazionate in reti virtuali e reali di responsabilità,sentimenti e passioni siamo non solo presenti ma protaginisti e attivi. Come dice Eric Hobsbawm la globalizzazione è nemica della politica. Esiste il rischio concreto di una ulteriore degrado e crisi profonda della democrazia rappresentativa.A noi non basta più la denuncia e non possiamo permetterci il lusso del disincanto e della inattualità intellettualistica.E meno che meno nella comoda deriva dell’antipolitica.Anche se questa consapevolezza risulta spesso assente nel dibattito concreto della politica e si discute essenzialmente se non unicamente di tecniche e procedure elettorali o di promozione di nuove capacità manageriali anche per la tecnica politica,di compatibilità economiche e di “rami secchi” che tengono in nessun conto della vita concreta delle persone. La politica ,però, se declinata in generale idealità e in astrazione o concretezza ragionieristica sarà la vittima di tali previsioni teoriche se non ricostruisce gli spazi della partecipazione e la riqualificazione della rappresentanza della società.Occorre una strategia consapevole, una fortissima determinazione, una lucidità di analisi e di prospettive.

Non bastano piccoli ,capaci e illuminati nuovi gruppi dirigenti per nulla collegati ai problemi della società e al cuore e al sangue delle pèersone in carne ed ossa.La nuova società ….anche delle zone appenniniche appenniniche, è condizionata da profondi mutamenti sociali nell’Italia postfordista con lo sviluppo della comunicazione, la finianziarizzazione dell’economia, le sofferenze o crisi evolutiva della rappresentanza politica, le novità sociali di oggi (reti e senso di connessioni e quelle che si prospettano con il nuovo decennio digitale).Tutti questi fenomeni socio-economici rappresentano opportunità e insidie per la difesa o il recupero della cittadinanza ,della consapevolezza ,dell’impegno personale e la salvaguardia e la valorizzazione attiva e propositiva dell’opinone pubblica nel suo complesso.La nuova società indubbiamente produce più domande e opportunità sociali che non prendono ,fisiologicamente e necessariamente, la “via politica” toutcourt.All’accellerazione spontanea ed incontrollata della “globalizzazione” della cultura ,dell’economia e della politica ha di fatto dato senso all’aforisma di Negroponte“ Agire localmente, pensare globalmente” .Sapendo che le diseguaglianze non sono più solo economiche e sociali, ma di differente “status di cittadinanza”, intesa non solo come complesso di diritti conferiti ai membri di una comunità sociali dalle Costituzioni ma come concreto posizionamento sociale dell’individuo rispetto al sistema delle opportunità e dei diritti. Non c’è più solo da difendere o da promuovere una libertà “di”, o “da” ma soprattutto una libertà “per” la propria realizzazione culturale, economica e politica a partire da diritto ad una “vita tollerabile” che rimette in discussione l’alienazione economicistica del diritto alla “salute”, all’ aria ,l’acqua e la terra come diritti inalienabile delle persone .E’ questa la base di partenza o di arrivo di un nuovo movimento che partendo da Bisaccia possa contaminare e coinvolgere l’intera Irpinia che subisce una marginalizzazione economica e politica come l’ultima delle possibili sue dannazioni e catastrofe naturali e politiche.

mauro orlando

sabato 15 maggio 2010

Elisir d'amore per ........la "pace"....

...il mio cuore è a perugia e ad Assisi....

UOMO DEL MIO TEMPO di Salvatore Quasimodo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t'ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero,
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

martedì 11 maggio 2010

Elisir d'amore per la "poesia" al tempo della carestia culturale

Tragedia di un progetto utopico
non realizzato
che sembra morto
senza essere mai nato.

M.C.Baroni






Chi l’avrebbe mai detto o immaginato che in questi tempi di tristezza e deriva politica il pericolo più insidioso alla democrazia e alle piccole comunità potesse venire da un pensiero troppo innamorato di sé stesso e ancora una volta impaurito dalla poesia quando non si chiude in sé stessa ma osa puntare il dito verso di noi.Qualche commentatore intelligente ha scritto che l’agonia della nostra società non va misurata a partire dall’esibizionismo banale,superficiale di tutto ciò che oggi si dice “cultura”, cioè di una crescita quantitativa di un “sublime” diffuso e massificato , nel fare arte, poesia, spettacolo..La comunicazione eccessiva ,trasversale ,politicamente corretta e caciarona vuole imprigliare il nostro “io” in un autismo privato deluso, empirico,infelice, solitario y final o in una rimozione o autismo corale di un territorio violentato e emarginato. Paradossalmente si sottolinea la denuncia di “nuove invasioni barbariche “ e contemporaneamente la dichiarazione del crollo della poesia nell’epoca in cui la stessa poesia si fa edonistica indifferenza o eccessiva esposizione e si omologa ad un mondo istupidito e superficiale. Mai come oggi esiste un aumento demografico di poeti e di antologie. E’ una sorta di isteria nazionale che qualcuno ha chiamato ”autarchia creativa del sublime” a cui viene dato o la libertà di sovraesporsi o di relegarsi in regime di innocenza o narcisismo territoriale, storico e politico come una specie in via di estinzione o che dia voce ad una malinconia collettiva o autismo corale che rimargina ( cioè esalta e falsifica) lo sbandamento di una comunità che non c’è più o che non ci mai stata se non nella mente di Platone ,Rousseau o peggio Marx.
Mai come oggi la poesia desidera essere “recitabile e leggibile”, ovvero divulgabile e quindi “ ludica”. Volersi sottrarre crea ulteriori disappunti e incomprensioni. Ma questa condizione non misura ed esprime più il neoconformismo contemporaneo (la vecchia accusa di Pasolini) e nello stesso tempo non fotografa o smaschera la presunta perfetta omologazione del fare poesia al riprodursi demente della società. Non basta contrapporre dialetticamente l’intima ed emarginata denuncia lirico-filosofica leopardiana alla politica ,disagiata e radicale invettiva pasoliniana di uno sviluppo senza progresso e di una modernità puttana , equivoca o illuministicamente sopravvalutata.Ma allora è legittimo generalizzare e dire che la poesia è morta(!?) ed è giusto che le nostre comunità hanno emarginato o dissipato i suoi poeti, che continuano ingenui a perdersi in una selva di poeti,dove nessuno sa più dove siano o continuano imperterriti gridare la propria voce nei nuovi ‘deserti’ del conformismo o consumismo individuale e corale nella incomprensione e dissapore dei più?. Perché sarebbe morta ? Autoestinzione o assassinio? Se fosse per estinzione, il “postmoderno” ( la causa di tutte le cause) nihilista,relativista e narcisista diventerebbe un motivo consolatorio. Ma noi sappiamo che è per assassinio anche se spesso preterintenzionale.Questo paese , i nostri paesi, , rimuovendo la poesia come forza spirituale e autentica del senso, perde la realtà del proprio “io” ,rinunciando alla possibilità e necessità di rieducare ,nel pensare e vivere il proprio paese e territorio, i propri occhi catarattati e il proprio “logos” indurito per riscoprire la “grande vita” paesologica che circola nelle proprie vene per pompare sangue nuovo al proprio cuore, sottraendosi alla deriva tutta politica dei pensieri corti e tristi nella palude di un regime che si è fatto tumore antropologico incurabile e metastasi diffusa . La poesia va difesa ,letta e meditata perché mette in testa una paura vera,offensiva ,rigorosa , selvaggia, nuda, serissima.In certi momenti non basta solo preoccuparci con la denuncia delle sorti della nazione o dei nostri territori o paesi , bisogna provare terrore per reagire e ripredersi le redini dei nostri demoni interiori e dei tanti tristi , atterriti e silenziosi compagni di viaggio di questa esperienza comunitaria che ama la diversità della poesia come intuizione minacciata di sopravvivere e la voglia di rimanere voce feconda dei nostri territori abbandonati ad una sismicità rimossa,contenuta,controllata o peggio repressa .

mauro orlando

domenica 9 maggio 2010

Elisir d'amore ......per un viaggio che continua......

.....C A I R A N O 7x 2010.....il viaggio continua!




C’è una desolazione che è anche beatitudine. C’è un paese piantato come un meteorite nell’Irpinia d’oriente, un paese che guarda a un mare d’erba, ai monti Picentini, alle alture lucane. Cairano guarda a sud dalla sua rupe. Non ci sono cose da vedere, nel senso strettamente turistico del termine, ma da Cairano si vede molto, ma bisogna arrivare alla nuca silenziosa del paese: il paese ha letteralmente la testa tra le nuvole. Alla fine di giugno, quando ad occidente c’è più luce, Cairano7x è una settimana per parlare e ascoltare. Non un festival, non è un evento, è una cerimonia dei sensi. Non è un´adunata di specialisti. È una festa del silenzio e della luce, un cantiere delle arti e del buon vivere. Artisti, architetti, archeologi, artigiani, poeti, musicisti, teatranti, registi, gastronauti, pensatori, contadini, nullafacenti, tutti insieme tutti a intrecciare i fili di un nuovo modo di abitare i luoghi considerati più sperduti e affranti. È un´esperienza per i liberi, per i non affiliati, per chi sente il dolore e la bellezza di stare al mondo, per chi ancora vuole provare a fare un buon uso, un uso semplice e profondo, di noi e del mondo. Cairano come luogo d’intreccio, capitale dei confini. Ogni arte, ogni persona si sporge sul bordo di se stessa, si pone in bilico, in ascolto di altre arti, altre persone. Portiamo a Cairano chi lavora per la bellezza, chi ancora crede al mondo come a un luogo per amare ed essere amati. Non si viene qui per esporre le proprie mercanzie artistiche o dialettiche e andare via. Non si viene qui per fare un numero, per eseguire uno spartito confezionato altrove. Si viene qui per fare cultura e politica, per farle insieme. È il momento di smuovere l’immaginazione, costruire progetti che usano la gomma più che la matita. Andiamo sulla rupe per cucire in una nuova alleanza il vuoto e il silenzio e la luce e il cibo e il pensiero e l’arte di trascorrere il tempo su queste schiene di terra che si abbassano verso il mare e in cui ogni paese è una vertebra isolata. Da questo isolamento vogliamo offrirci e offrire un’esperienza di comunità, una comunità necessariamente provvisoria in questa stagione di autismo corale. Non siamo paesanologi, non nutriamo nostalgie dei paesi com’erano una volta. Ci sporgiamo verso il futuro partendo da una fonte che sia solo nostra. Siamo stufi di pensare a questi luoghi con le categorie degli altri. Non cerchiamo turisti, ma nuovi residenti. E si verrà in questi luoghi non solo per lo loro bellezza, ma perché qui si può sperimentare un diverso modo di vivere, lontano dall’affollata insolenza dei centri urbani.

venerdì 7 maggio 2010

Elisir d'amore per .......la poesia e Cairano 7x


......a cairano 7 x con poesia




.cairano in una notte occidentale


pochi al mondo sanno dove sei,

pochi sanno respirare l’aria che ti accende,

pochi sanno sentire il sasso

su cui stanno le case

e la mano di dio che l’ha lanciato.

andate a cairano, andateci

prima e dopo di noi,

fatevi soli,

abbiate cura di credere

solo a chi amate e a chi vi ama,

sappiate che è facile diventare eroi

del filo d’erba, della porta chiusa

del cane addormentato.

franco arminio

mercoledì 5 maggio 2010

Elisir d'amore per ........"Passione"

Maggio dei Movimenti
Inizio: venerdì 7 maggio 2010 alle ore 20.00
Fine: sabato 8 maggio 2010 alle ore 23.30
Luogo: Teatro Galleria Toledo

Descrizione.CANIO LOGUERCIO 6/7 maggio ore 21 10 euro
PASSIONE - concertino al sangue di canzoni d’amore sussurrate
FRANCO ARMINIO, MARIANO BÀINO, GABRIELE FRASCA 6 maggio ore 20
PASSIONI DA LEGGERE - dai “miosotìs” della d’if

ROSARIA LO RUSSO, ENZO MANSUETO, I RESIDANTE 7 maggio ore 20
PASSIONI AUDIOVISIVE - dai “miosotìs” della d’if 10 euro




CANIO LOGUERCIO 6 maggio ore 21
PASSIONE - concertino al sangue di canzoni d’amore sussurrate

Scetateve bavuse e pupatelle ‘e babbilonia
Arapite ‘e ccape ‘e cosce ll’uocchie ‘e ‘mbrelle
E sarrà nu maciello ‘e caprettelle
‘A strage ‘e Sant’Aniello ‘e ll’Ugonotti curnutielle.

La travolgente messa in scena di canzoni d’amore cantate da Canio Loguercio è una “cerimonia” di canzoni appassionate come tante ‘stazioni’ di una via Crucis, di una processione, con le sue litanie, i suoi riti. E’ un racconto di un’improbabile storia d’amore descritta attraverso una sgangherata bio-installazione sonora, una preghiera, una serenata a più voci… un concertino al sangue di ‘love songs’. Sul palco Loguercio, sacerdote laico dell’inconscio collettivo, mescola tradizione e innovazione, ritualità e ricerca esasperata, al “limite della perfomance”, appunto. E’ un andirivieni di energia dal pubblico al palco, dall’antichità all’oggi, dal racconto all’emozione, dal dentro al fuori dell’artista. E sopra tutto il minimalismo elegante, sobrio, serio dell’architetto, minuzioso certosino costruttore della scena come della parola, con il colore della passione che inesorabilmente avvolge il pubblico con il suo vivo rosso sangue. La musica, nata da musicisti quali lo stesso Loguercio e Rocco De Rosa, trasforma la poesia in canzoni, crea il ‘ concertino’ con tastiere, percussioni, chitarre, la lancinante tromba di Paolo Fresu, la fremente voce di Maria Pia De Vito. Ma l’eco di note e parole arriva anche da lontano, dalla tradizione più vera, partenopea, che ha afferrato l’anima di Canio Loguercio e che lui srotola addosso al pubblico.

Tu ‘è volut’ ‘o sanghe mio ‘o brodo pe’ passa’ a vecchiaia
Ll’uoglio santo pe’ sciacquarte ll’uocchie ‘o llardo ‘ncopp’ ‘o ppane
T’è vennuto ‘e morze a sanghe
‘E ssenghe ‘nfaccia a ffil’ ‘e argiento
E a una a una sfuse ll’ogne meje

Sangue . Rosso, intenso, crudo. Dolce. Sangue donato e consumato gratuitamente. Sangue sacro e profano.

Vucchella scummata a sanghe
Tu m’aje straziato ‘o core e te ne vante

FRANCO ARMINIO, MARIANO BÀINO, GABRIELE FRASCA 6 maggio ore 20
PASSIONI DA LEGGERE dai “miosotìs” della d’if
Piccoli fiori di carta in forma di poesia, i nontiscordardime della d’if costituiscono una collana tra le più prestigiose della letteratura italiana contemporanea. Eleganti, a un piccolo prezzo con un contenuto prezioso: da conservare e/o da regalare... a giugno diventeranno cinquantaquattro, firmati da autori di spicco nel panorama letterario nazionale e dai vincitori del Premio di Letteratura Giancarlo Mazzacurati e Vittorio Russo.


ROSARIA LO RUSSO, ENZO MANSUETO, I RESIDANTE 7 maggio ore 20
PASSIONI AUDIOVISIVE dai “miosotìs” della d’if
Dallo scorso anno, PASSIONI di Canio Loguercio ha inaugurato i miosotìs di formato doppio, audiolibri che contengono un cd musicale, dove la musica non accompagna le parole ma è concertata assieme ad esse da uno o più autori (e gruppi musicali). Nel formato doppio nascono anche i miosotìs d’arte, un tracciato a due concepito e svolto con le parole del poeta e i disegni dell’artista.

Elisir d'amore per .......il gioco del calcio senza i moralisti.

..................I N T E R per sempre!!!!!!!!
Il bla bla dei moralisti giallorossi
di Massimiliano Gallo
Eccoli qua, puntuali come l'allergia di primavera. Guidati dal moggiano Giampiero Mughini, l'esercito dei moralisti un tanto al chilo ci ha ammorbato rifilandoci l'ennesima spiega della nostra vita, la lezioncina da imparare a memoria e magari tramandare a figli e nipotini. Non ce l'hanno fatta a stare zitti dopo Lazio-Inter. No, sono saliti sul pulpito e hanno predicato. Il Paese, secondo loro, ne aveva bisogno.






«Pagina di vergogna», ha detto Maurizio Gasparri. «Uno spot contro il calcio», si è indignato Daniele Capezzone che secondo noi nemmeno conosce la regola del fuorigioco. «Campionato falsato», si è adirato Fabrizio Cicchitto. «Sconfitta dello sport», ha aggiunto tal Marco Martinelli, sempre del Pdl (a proposito, ma i laziali non erano di destra?). «Incommentabile» ha dichiarato Paolo Cento, detto “er piotta”, presidente del Club Roma Montecitorio pur non essendo più parlamentare. E, ancora, il senatore del Pd Raffaele Ranucci, che ha chiesto l'intervento della Federcalcio; il deputato del Pd Roberto Giachetti che ha brillato per originalità citando lo slogan pubblicitario “Ti piace vincere facile?”. E, dulcis in fundo, Antonio Borghesi (Idv) che ha chiesto la ripetizione della partita a porte chiuse. Roba da oggi le comiche.

Peccato che stavolta ai moralisti sia venuto a mancare uno dei loro pezzi forti: il paragone con l'estero, il classico sermoncino sullo stile anglosassone. E già, perché domenica pomeriggio, poche ore prima di Lazio-Inter, uno spettacolo simile è andato in scena ad Anfield Road, tempio del Liverpool, dove il Chelsea di Ancelotti ha passeggiato conquistando i tre punti probabilmente decisivi per vincere lo scudetto ai danni del Manchester United, odiatissimo da quelle parti. Il Chelsea ha vinto addirittura grazie a un retropassaggio di Gerrard, i tifosi del Liverpool sono tornati a casa contenti e Ferguson, allenatore del Manchester, è andato su tutte le furie.


Qualcuno dovrebbe spiegare ai moralisti che il calcio è anche questo. Per fortuna. Campanilismo, passioni, piccole o grandi antisportività. Roma è una città folle e le minacce di morte da parte dei romanisti denunciate da Lotito lo confermerebbero. Per carità, lo spettacolo offerto dalla Lazio sarà stato anche indecente, ma come si sarebbe comportata la Roma a ruoli invertiti? Ve lo diciamo noi. Come si comportò nel 1973, quando fece segnare due gol alla Juventus per non far cucire lo scudetto sulle maglie della Lazio che stava vincendo a Napoli mentre il Milan si scioglieva nella fatal Verona. Così è stato e così sempre sarà. Vivaddio.

Non siamo anti-romanisti, quindici giorni fa abbiamo difeso i pollici all'ingiù di Totti dop il derby. Ma chiediamoci come sarebbe la vita dei laziali se la Roma dovesse vincere lo scudetto. Ve lo diciamo noi, un inferno. Dal primo caffè al bar fino a notte inoltrata con in sottofondo “siamo noi, siamo noi, i campioni dell'Italia siamo noi”. I laziali, domenica sera, hanno agito per legittima difesa. E chi fatica a comprendere, venga a trascorrere una settimana a Roma, ascoltando le radio locali e stando un po' per strada. Cambierebbe subito idea. Domenica è stata una bella serata di calcio di popolo, che almeno per una volta ha battuto il calcio di Sky con quell'insopportabile moralismo di Massimo Mauro che sembrava un chierichetto, come se non avesse giocato a calcio per vent'anni in Italia.

Comunque i moralisti stiano tranquilli, lo scudetto non è ancora assegnato. L'ultima giornata l'Inter andrà a giocare a Siena. E Totti, in maniera sibillina, lo ha già detto: «Confidiamo nella sportività del Siena». Dove per sportività si intende Massimo Mezzaroma, proprietario della società toscana, giallorosso sfegatato nonché figlio di Pietro, ex presidente della Roma. Non a caso, ieri Mezzaroma ha annunciato il premio salvezza per i suoi giocatori nel caso in cui il Siena (già retrocesso) dovesse arrivare terz'ultimo. Pronto, moralisti, ci siete ancora?

martedì 4 maggio 2010

Elisir d'amore per .....la poesia......



l’operazione

ti immagino disteso,
la vita tirata fuori dal tuo corpo
e poi rimessa a posto.
non si può fare la stessa operazione
al mondo.
possiamo solo seguire
il suo sbandare
con un respiro profondo.

armin





Viviamo una nuova epoca,lontana da catastrofismi e finte apocalissi: l’uomo nuovo amerà giocare, esporsi "diteso".Addio alle teorie finalistiche del tempo e dello spazio, senza rimpianti e alle estetiche nihiliste e consolatorie!
Non ci sono più stelle polari ad indicare rotte perdute ,isole lontane, e paradisi perduti da ritrovare.Tutto è perduto e perciò tutto è guadagnato..Il labirinto della ragione è stato infine spazzato via dallo scirocco dei sensi e alle insensatezze della poesia personale-comunitaria .Il dio più antico,Cronos, è morto.Il mondo torna ad essere “un divino lancio di dadi”.


sabato 1 maggio 2010

Elisir d'amore per .......Cairano 7x ..... 2010


.....e cominciamo a presentare gli ospiti di quest'anno....




alexandra petrova

metto qui una sua poesia. ovviamente su internet ci sono tante altre cose

***

E allora come mai che prima si sentiva
e adesso più niente?
Il macchinista gira
il macchinista oscura
il nastro bianco sporco.

Nel giardino del sangue
sono entrati in massa
corpuscoli inopportuni.

Ah fermati, portami con te
bella libellula.

Insieme, in elicottero
scuciremo i confini di questa carne,
che rimanga adesso fredda nel passaggio.

Su, su
psicuccia, psichina. E ora che c’è?
Vola!