lunedì 3 dicembre 2012

Elisir d'amore per .....la poesia.....

gli ultimi scritti di franco giocano piacevolmente tra poesia e politica e rappresenta la cifra ossimorica, anomica e alogica delle esperienze paesologiche e comunitarie…… Platone non amava i poeti perché erroneamente pensava che le parole scritte nella loro oggettivazione materiale facevano comunque perdere la profondità di senso, la forza visionaria , il significato nascosto e la bellezza evocativa e inclusiva della parola parlata nella voce identitaria ….meglio se cantata.Ma nello stesso tempo fidandosi troppo del “lògos” e delle idee , poco della realtà effettuale , aveva pensato alla “politèia” ” solo come possibilità pedagogica e come modello perfetto da esportare nelle varie esperienze delle colonie greche della magna grecia. Difetto della poesia e virtù di una idea totalizzante della politica. Il paradosso ,oggi. è che noi viviamo il trionfo e la massificazione della parola ,parlata ,abusata, detta e gridata dove al massimo ci viene benevolmente concesso il compito critico ed autonomo delle “interpretazioni”.Ben altra cosa il racconto poetico e dolorante di un poeta come franco e della sua esperienza espressamente “ipocondriaca” ”Il mio impegno civile forse è un tentativo di uscire dal pozzo della scrittura”. Ognuno oggi nella enfasi sviluppista e consumista ha i suoi pozzi da spurgare .Nel mio piccolo e particolare pozzo ci sono anomalie e contraddizioni se pur di carattere cumulativo di “opinioni” come usa chiamarle franco…Il mio è pieno non solo di rifiuti di opinioni ma sopratutto di idee,razionali ed a priori che abbisognano di essere contaminate e contrastate dai sentimenti,sogni,fantasie e gesti di follia ,di trasgressioni e delle percezioni vitali che evoca con le parole “rivoluzione” o “ribellione” “politica ” e”fede”.Io penso che la “rivoluzione” che ci racconta dolorante nei suoi scritti sta proprio in quello che dichiara come “paradosso”.”Sono un egocentrico che è diventato uno scrittore comunitario, che paradosso!” Questo è lo specifico e l’originale nelle nostra esperienze e incontri in comunità provvisorie.Dichiarare e vivere la centralità del nostro “io” solo se coniugato e vissuto con esigenza e pratica comunitaria, inattuale e paradossale.Un “io “ sempre in bilico e nello smarrimento che non cerca neanche “un leggero centro di gravità permanente” ma neanche una “centralità dura ” pregalileiana e antimoderna che si incentra e si interroga sulla “cura di sé , degli altri e delle cose naturali ed artificiali” senza caricare la parola poetica di valori assoluti, identitari ed estetizzanti ma di “meravigliosa inattualità” e sottrae la parola politica all’agonismo retorico e all’atto puramente pratico che ci cotringe a “sguazzare nel brodo dell’epoca”anche semnza disgusto e rabbia.Noi siamo partiti sprovveduti ed esposti per questo viaggio non con la “furbizia-hibris” interessata e reazionaria di Ulisse e , anche senza l’accortezza diffidente ,dubbiosa e sospettosa di Arianna nel perdersi attenta nei labirinti mentali e sociali, abbiamo preso “ un filo e intorno a questo filo abbiamo messo le nostre cose, per proteggerle dall’incuria della solitudine o dai recinti del mestiere”.

mercoledì 26 settembre 2012

Elisir d'amore per ........i chiari di bosco....

Dialogo tra Mercuzio (l'arcangelo che si fece clown per amore degli uomini) e il clown Nanosecondo ( che voleva farsi Dio per disprezzo degli uomini)
Nanos: Mercuziooooooooo!!!!!! Aiutami sono entrato in un bosco pensavo che fosse per “...una possibilità mistica” per entrare anche un po’ nei “chiari e scuri” della mia vita complicata e rumorosa, insomma cercavo di entrare in “un altro regno che un’anima clown potesse abitare e custodire” per nulla di determinato, di prefigurato, risaputo… insomma un luogo aperto,libero….. allargato dal solo nostro passaggio. Unico fine è solo quello di andare a vedere e spingersi sino al limite senza voler costruire dimore o definire radure e per provare a scoprire o ricreare sentieri interrotti… ma mi sono perso e adesso non riesco più ad uscire! Mercuzioooooo aiutami tu………; Mercuzio: Nanos la devi smettere una volta e per sempre di pensare di dover camminare nei boschi alla ricerca di umane anime perse e sopratutte da salvare …..e poi la tua ormai è smarrita e U’Mast mio per colpa tua mi ha degradato da Arcangelo in Angelo di 13 serie…..il bosco è il luogo profondo ed intimo della nostra coscienza …oramai neppure infelice abbaglio del vivere poetico come per A.R. altro mio assistito senza via d’uscita ma ricco di rocambolesco e spregiudicato uso delle parole tale da farle ridere e piangere tra una visione e un enigma.Ma bisogna saper praticare la discontinuità provvisoria del sapere dell’ascolto,della frammentarietà non ingessata del pensiero che sappia pensare sé stesso con generosità e severità….. privilegiare comunque i chiari di bosco per dare senso anche a colori del buio…. Nanosecondo: Mercuziooooooooo!!!!..... e che sono un tempo via e un tempo nello sviamento, e poi di avanzamento ma alla fine mi sono smarrito. Per il resto non ho più nulla da dire,da pensare …. da percepire.. e non credo di essere chiamato a dare risposte immediate a responsabilità “in diretta” per la tua sorte! …Tu non ci sei mai ed ultimamente anche tu ti sei perso appresso a poeti e scrittori da strapazzo, per non dire di politici trombati, e filosofi lunatici. Mercuzio: …..il vizio tutto umano di formulare caselle dei ‘buoni-e-cattivi’ maestri …. non è come dici tu…… ormai non mi interessa più lo spazio della filosofia della politica e meno che meno della sofistica poetica di voi umani anche se alla ricerca della anima clown sempre negli altri mai in sé stessi… ma solo la vita buona, bella e giusta questa si ancora mi intriga.Non in astratto ma in concreto cercando di assecondare i miei e altrui demoni interiori…buoni,belli e giusti. A questo proposito noi angeli siamo sempre in difetto … il nostro amore e debito alla vita è infinito. A me come il folle di Nietzsche piacerebbe vivere in “ comunità provvisorie “, in un tipo di amicizia,koinonìa, armonia, eudaimonia non sempre modulata ai bordi… del bosco… con discernimento e distacco come è per nostra natura e abitudine???... Ma voi uomini non è possibile vivere o pensare al bosco dall’eterno o dai bordi….il bosco va attraversato senza aspere da dove si entra o si esce e soprattutto senza sapere come e perché prima….. ops….!!! Nel bosco si gioisce per i chiari, le albe e si soffre per le ombre, gli scuri… i tramonti e la notte e sopratutto apprezzare ilbello ,il buono e il giusto e il suo contrario, ma attrezzarsi a vivere come chi riesce ad amare la solitudine e si prefigge il compito di condividerla e provare il piacere di stare anche un po’ solo con sé stesso….senza annoiarsi o avere paura o addirittura panico….. Nanosecondo: sai anch’io un po’ come te per amore del silenzio adesso mi ero entrato in questo bosco. Si per amore del silenzio per imparare a corrompere anche una delle parole più difficili da comprendere per un umano : amore! Mercuzio: cerca nel tuo bosco un sentiero delle parole, quelle leggere e che rappresentino il respiro sottinteso di un silenzio, più della spiegazione di un sentimento o una passione ……,non per fare domande e avere risposte saper andare al fondo delle nostre ferite e delle nostre crepe che ci infliggiamo sempre per il gusto del possesso e del potere che voi uomini chiamate amore per chè avete paura della forza libera e sconvolgente che è l’eros….. e allora ritenete meglio nascondervi dietro le ‘siepi’ di un amicizia, una ‘fraternità’ o un amore, se mai con uguaglianza e reciprocità per non rinunciare per nessun motivo alla tua singolarità di spirito libero….di clown ” …. amori, non ci sono amori! perché poi non ci sono amori gridò il saggio morente; ”nemici, non ci sono nemici! ” grido io il folle vivente…..Nei chiari di bosco non si va come uno studente ingenuo e curioso o…malizioso come il tuo ‘nanos’ a fare domande o a esibire risposte e convinzioni…. Si va per andare a cercare solchi appena aperti nell’aria o nei sentieri a dubitare dei “segnavie” lasciati dagli uomini, a ascoltare il tremolio delle foglie come una sonata di Mozart, a gustare gli attimi simili scintille di un incendio lontano, l’ombra di un animale forse anche lui ferito o smarrito e ci pone la domanda non di cosa sia l’Essere-bosco ma il senso dei nascondimenti che ama inventare per allontanare la nostra noia e stimolare la nostra curiosità…. Nanosecondo: Come al solito non ciò capito niente Mercuziooooo!!!!!!!!!!!!, e poi dici che è colpa mia si U’Mast Tuoi ti ha declassato………spiegati meglio .... come faccio adesso ad uscire da questo bosco…….. ho paura del buio e dei silenzi……voglio luce e un pò di sano baccano …… Mercuzio : e comodo ora uscirtene con la scusa di non capirci niente e che Il mio mast –come tu lo chiami- parla per enigmi,metafore o parabole.Ti rimando alle parole profetiche e sapienziuali di una mia mortale assistita , M. zambrano, che cercava il senso da dare ad una poesia pensante o un pensiero poetico per non farvi continuare a trastullare ancora una volta nella scelta tra pensiero o percezione o poesia e ragione…..sciveva: “e così, colui che distrattamente se ne partì un giorno dalle aule finisce per trovarsi per puro presentimento a percorrere di chiaro in chiaro i boschi dietro al maestro che mai si era dato vedere: l’Unico, quegli che chiede di essere s…eguito per poi nascondersi dietro la chiarezza.E al perdersi egli in questa ricerca può capitargli di scoprire in una rientranza del terreno un luogo segreto che raccolga l’amore ferito, ferito come in ogni volta in cui va a raccogliersi” alla fine ti fai sempre battere dalla tua anima "parte napoletana e partenopea" cerca i colori del buio e i piaceri del silenzio.... una visone adatto allo sguardo ancora desto nella vita e addormentato nel sogno....... altro che luce e baccanoVisualizza altro

domenica 16 settembre 2012

Elisir d'amore .........per un ricordo...


La nostra anima della memoria è diventata “vintage”?E’ giusto ancorarci a situazione ricche di passioni calde ed oggetti del passato del sentimento come forma rassicurante di una dimensione dell’anima politica perduta non trovando appa...gamento e continuità nel presente. Il “vintage” non è ricordo ….. è una forma possibile di vivere o organizzare la nostalgia? Il passato si presta ad essere riempito di cose ideali dal momento che il presente è bulimico di momenti fondanti,di toppe pregresse di senso. Ci si abitua a d un parossismo del pensiero che cerca se stesso e sfinisce per trovarsi dappertutto in una canzone,un oggetto,un vecchio quaderno d i appunti e quant’altro. “tutte le storie ne contengono una –scriveva Kundera- che non è stata ancora raccontata e che probabilmente non verrà raccontata mai”. Il senso mitico dell’infanzia,di Babbo natale e del gioco come forma del mondo…era il tempo degli Dei di Eraclito che giocavano con gli elementi con la natura e a dadi con gli uomini. Oggi al mitologia possibile delle origini può essere l’antidoto ad un tempo che ci sfugge tra le dita e che non riusciamo a fermare e capire.Non abbiamo più radure che ci permettono di pender fiato nei nostri viaggi parossistici e superficiali in un presente complesso,complicato inafferrabile come Proteo. Mito è parola-racconto ma non parola delle merci che hanno bisogno di aggressività e asservimento totale della nostra mente e psiche..Pasolini ricreava un passato mitico nelle borgate reali o mai esistite, Leopardi li cercava ‘oltre la siepe’. Il vintage è al fenomenologia dello Spirito-merce che satura il nostro orizzonte di senso e che noi dobbiamo comprare per estendere quel senso a noi stessi.

mercoledì 5 settembre 2012

Elisir d'amore per ........la vita dopo la morte

Silvana Kuhtz ricordando ASSUNTA FINIGUERRA andata via il 2 sett. 2009
"testamento esistenziale"
Ósce, trenda novembre d'u dujemile e ttré scrive stu testamiénde esistenziale ......a presenze de na trestézza bestiale e na deméneca cchiù longhe de nu mese Lasse re ttiérre ca tenghe ngimme a lune e cavadde janghe cu r'asscédde e piede e i giacinde'n fiore nzine a Venere a re mamme de magge da purtuà e figlje lasse l'utreje mberlate d'a mende a re cecale chešcose e candatrice ca pònne ngiutì subbete a luwatrice se le face nassce nu openziere scure lasse re scarpe cu re ttacce sotte a capanévere nghiuse ndò cunvende accussì se chióve forte e méne u viénde se póte fà nu tippe tappe assatanate e ppe ffenì lasse tutte re poesije a re puttuanede lIndia misteriose e qquanne Kalì m'avvranghe rabbiose re ponne legge da u Pualazze u Viénde "Oggi, trenta novembre del duemilatre/ scrivo il mio testamento esistenziale/ alla presenza di una tristezza bestiale/ e una domenica più lunga di un mese// Lascio le terre che possiedo sulla luna/ ai cavalli bianchi con le ali ai piedi/ e i giacinti in fiore nel grembo di Venere/ alle madri di maggio da portare ai figli// lascio l'utero imperlato della mente/ alle cicale estrose e cantatrici/ che potranno stordir la levatrice/ se gli fa nascere un oscuro pensiero// lascio le scarpe con le bullette alla suola/ alla capinera rinchiusa nel convento/ così se piove forte e tira il vento/ potrà danzare un tip tap assatanato// e per finir lascio tutte le poesie/ alle puttane dell'India misteriosa/ e quando Kalì mi abbrancherà rabbiosa/ potranno leggerle dal Palazzo del Vento" Assunta Finiguerra Da Scuraije (LietoColle, 2007)Visualizza altro
di mauro orlando
.....Chi l’avrebbe mai detto o immaginato che in questi tempi di tristezza e deriva politica il pericolo più insidioso alla democrazia e alle piccole comunità potesse venire da un pensiero troppo innamorato di sé stesso e ancora una volta impaurito dalla poesia quando non si chiude in sé stessa ma osa puntare il dito verso di noi.Qualche commentatore intelligente ha scritto che l’agonia della nostra società non va misurata a partire dall’esibizionismo banale,superficiale di tutto ciò che oggi si dice “cultura”, cioè di una crescita quantitativa di un “sublime” diffuso e massificato , nel fare arte, poesia, spettacolo..La comunicazione eccessiva ,trasversale ,politicamente corretta e caciarona vuole imprigliare il nostro “io” in un autismo privato deluso, empirico,infelice, solitario y final o in una rimozione o autismo corale di un territorio violentato e emarginato. Paradossalmente si sottolinea la denuncia di “nuove invasioni barbariche “ e contemporaneamente la dichiarazione del crollo della poesia nell’epoca in cui la stessa poesia si fa edonistica indifferenza o eccessiva esposizione e si omologa ad un mondo istupidito e superficiale. Mai come oggi esiste un aumento demografico di poeti e di antologie. E’ una sorta di isteria nazionale che qualcuno ha chiamato ”autarchia creativa del sublime” a cui viene dato o la libertà di sovraesporsi o di relegarsi in regime di innocenza o narcisismo territoriale, storico e politico come una specie in via di estinzione o che dia voce ad una malinconia collettiva o autismo corale che rimargina ( cioè esalta e falsifica) lo sbandamento di una comunità che non c’è più o che non ci mai stata se non nella menta di Platone ,Rousseau o peggio Marx.

lunedì 3 settembre 2012

Elisir d'amore .....sempre per la "bellezza".....

"E così tocca sorprendere se stessi in preda allo stupore davanti all’evidenza del segno naturale: la figura impressa nelle ali di una farfalla, nella foglia di una pianta, nel guscio di un insetto e persino nella pelle di quel qualcosa che si trascina fra tutti gli esseri viventi, giacché qui tutto il vivente in qualche modo si trascina o viene trascinato nella vita… Guidati soltanto nell’ottica di tale sentire, questi segni ci consegnano, o piuttosto ci riconsegnano, a una pace singolare, a una calma che proviene dall’aver fatto pace in quell’istante con l’universo, e che ci restituisce alla nostra primaria condizione di abitanti di un universo in atto di offrirci la sua presenza timidamente, adesso, come un ricordo di qualcosa ormai trascorso; il luogo nel quale si visse senza pretese di possesso”. (Maria Zambrano, Chiari del bosco)
(Dialogo immaginifico tra un Angelo ed un Clown su..) CONFLITTO-BELLEZZA-AMORE Carissimo Mercurzio Angelo mio, mi sono chiesto ma gli uomini sono amanti della luce o sono figli dell’oscuro o dell’ombra? Mercurzio: Gli umani sono tra la luce e le tenebre tra la vita e la morte. L’uomo è un ‘atopos’ assurdo…desituato o insituabile. L’assurdità sta nel fatto che all’uomo insegnano a definire o avere nostalgia di un luogo che lo identifichi o gli dà identità, anche se poi è costretto per caso o necessità in un luogo…. “nascere è un caso”… dice un vostro detto popolare. Nanosecondo: Ma dai lo sai che l’uomo non è costretto a nascere ma e lui che decide di nascere e si sceglie pure i propri genitori ed il luogo dove nascere? L’uomo semmai poi viene costretto dagli eventi dalle sue scelte da destino a scrivere storie. Storie fatte di vittorie e di sconfitte basate sul niente che è lo scontro tra l’oscurità reale della sensibilità, della percezione degli altri, nostra e la chiarezza fittizia o presunta della ragione di esistere o resistere alla sua infinita grandezza e potenza. Mercurizo : Ma cosa sono queste visioni o fantasmi che l’uomo sceglie di nascere e si ritrova in una luce che chiama interiore, intuizioni, sogni, fantasie e luoghi? Sono il niente ed il niente è parte dell’uomo. L’uomo deve riempirei i suoi vuoti e solo lo spirito lo può riempire. Nanosecondo : Ma dai, anche tu ti ci metti adesso con la classica opposizione tra verita–nonverità, tra ragione-sensibilità, tra essere e nulla, tra vero-non vero. La liberazione dell’uomo non consiste nel distruggere l’ideale della bellezza che è in ogni uomo ma la muraglia delle paure che la circondano e che gli hanno costruito intorno, con l’arte dell’amore. Su una cosa sono d’accordo con te che il vuoto dell’uomo non può che essere riempito dallo spirito. Mercurzio: Ma che dici Nanos? Lo sai anche tu che sei un Clown, che non è così semplice spiegare agli uomini perché sono educati a ragionare in modo bipolare per contraddizioni A- non A. La spiegazione è nella contesa tra i due momenti, nel conflitto … nella tensione che si crea fra le differenze tra vero e non vero, bello e brutto, buono e cattivo, bianco e nero e così via. Nanosecondo: Gli uomini non sanno ancora che possono essere tutto ciò che immaginano di essere non malgrado il loro corpo e la loro storia, ma viceversa “essendo” questo corpo e “questa” storia. Si perdono così le sfumature dei colori della vita. Ci vuole solo una parola, un concetto, un’idea che gli possa immediatamente far capire questa loro pretesa di spiegare il tutto solo nella logica del bene e del male. E, tu come Angelo ce la potresti pure mettere questa buona parola. Il Logos. Mercurzio: Beh! La parola è quella che i greci chiamavano ‘tò kalòn’ il bello o la bellezza che dir si voglia. Nanosecondo: Beh! Mi accorgo che anche a voi angeli piace giocare con le parole come spesso capita a me fare con i bambini. Ma tu così non rischi di apparire come un mio amico filosofo? Cioè ‘amante della saggezza’ e del logos, per la sola purezza dell’uso della stessa, senza che la stessa faccia sintesi, si proponga come cura per l’uomo. Lo sai io studio la logos ed i cerchi che faccio con la “biblioteca dell’anima” ormai sono diventati e riconosciuti terapeutici anche da illustri scienziati. L’uomo è un corpo, con esigenze biologiche quali bere, mangiare, riprodursi, appartenere, evitare i pericoli, trovare riparo. Siamo anche “psiche”, attraverso la quale elaboriamo le impressioni sensoriali ricevute dal mondo esterno, formuliamo obiettivi, definiamo priorità. Siamo essenza, scintilla divina, Energia della Sorgente che abbraccia ed interpreta tutto ciò che è. Siamo essenza oltre il tempo e lo spazio, come molte tradizioni spirituali suggeriscono da migliaia di anni. L'essenza è ciò che ci anima, che guida la nostra intenzione creativa e che arriva sulla Terra con uno scopo. Quando la connessione con l'essenza viene ridotta o disturbata e ci distacchiamo dallo scopo che da un senso al nostro vivere, sperimentiamo la sofferenza. Sai oggi molti uomini soffrono per questo. Incontro sempre più persone che non riescono ad elaborare la loro esperienza nel mondo, e non c'è nessuno che le sostiene davvero in questo viaggio, reagiscono solo attraverso due fenomeni reciprocamente collegati e non riescono ad uscire fuori da questo schema dualistico. Semmai usano espressioni che sono strettamente legate alla ‘estetica’ ad una loro immagine accattivante, suggestive, variopinte, ammaliata da parola poetiche che hanno buon gioco con il ragionamento, la logica e il sapere scientifico, ma ispirano la loro azione ad una logica di potere e di attaccamento senza amore. Mercurzio: Io ho evocato una parola e non ho voluto proporre un assioma, un concetto, una idea. Mi avvarrò di un grande scrittore per anticipare una spiegazione. Dostoevskij scriveva che la bellezza “… è una cosa terribile e paurosa, perché è indefinibile e definirla non si può, perché Dio non ci ha dato che enigmi. Qui le due vie si uniscono, qui tutte le contraddizioni coesistono”.. Nanosecondo: Mi meraviglia che un Angelo continui a propormi una via di uscita suggestiva ed estetica, invece di propormi parole divini va a pescare un letterato squattrinato che ci ha proposto per anni solo immagine oscure di sottosuoli tenebrosi. Come può un uomo delle tenebre comprendere la luce? Mi chiedo! Lui ha proposto come il ‘classico coniglio’ la soluzione tra realtà e finzione con la parola bellezza in cui coesistono ibridamene l’essere e il nulla in una sfida agonistica tutta estetica interna alla nostre anime? Ah, Mercù veramente non ti capisco! Tu mi dovresti insegnare la bellezza. La liberazione che non consiste distruggere un ideale, una fede, una storia, un corpo, ma semmai le muraglie della paura che la circondano con l’arte dell’amore, e mi dici che a te interessa il piano etico dei comportamenti consapevoli e responsabili tra uomini? Ma, lo sai meglio di me che gli umani sono stati insegnati alla morale rinnegando il corpo e le loro storie e non renderle umane si proprio umane con tutti i loro limiti nel bene e nel male perché essi non esistono se non fuori dalla morale, dell’etica di cui è intrisa la loro società così ipocritamente perbenista? Per non parlare di diversi e plurali …. per non parlare poi del pretesa del piano politico a voler costruire polis democraticamente governate e comunità provvisorie identitariamente auto centrate e non aperte ……dove la stessa democrazia è andata a macero perché a rinnegato l’amore e la bellezza del corpo e della storie umane? Mercuzio: Ma, vedo che tu pure stai diventando prigioniero del ‘logos’ e pensare che prioritario e privilegiato per l’uomo è il ragionare filosoficamente. Ma prima di Eraclito che ci ha spiegato l’unità contenuta nella differenza del divenire continuo della realtà che è la essenza stessa della bellezza …non c’era nessuna filosofia che potesse arrogarsi questo nome…….I guai sono cominciati dopo con la laica trinità : Socrate, Platone ed Aristotele. Ma i cosiddetti presocratici alla fin fine erano dei poeti con suggestioni e pretese razionalizzanti. Noi siamo partiti non da un semplice nuovo processo alla filosofia che nella storia del pensiero occidentale è stato una “la croce e la delizia” un po’ inconcludente ed anche un po’ snob. Quel che non mi convince è comunque la sua via di fuga poetica, letteraria e quindi ‘estetica’ che non è poi così originale e convincente . Nanosecondo: AVRAH KA DABRA (origine etimologica della formula magica più conosciuta al mondo, ABRACADABRA) è aramaico e significa IO CREO MENTRE PARLO, la bellezza di cui io parlo è scandalo, mistero, ed è osceno e sacrilego e tu la vuoi ridurre ad un mero approccio “estetico o peggio estetizzante” o ancora peggio etico, …. non è metafisica classica ma “oltranza “ non un semplice oltrepassamento … oltre le cose così come sono o le vediamo o sentiamo ma verso ciò che possono essere. Il se senza accento. Le cose, le persone , la realtà non si esauriscono nel presente sono nascoste non dette in grandissima parte future ma cos’è il futuro se non il qui ed ora? Il sentimento della bellezza autentico si conquista attraverso la percezione dell’altro nel momento presente. Ciò è possibile solo attraverso una “riflessione simpatica”, una “magia gentile” come le chiamo io, se vuoi il privilegio poetico dell’immaginazione della bellezza del mio clown, la bellezza che circonda e può circondare tutti i clown: uomini interi… che racchiudono in essi i sei archetipi fondamentali dell’equilibrio della bellezza: l’innocente, l’orfano, il martire, il viandante, il guerriero ed il mago (appunto). Tutti spiriti mobilitati verso una direzione nuova, in ogni caso pratica: la gioia e l’amore senza nessuno attaccamento. Mercurzio : Caspita Nanos stavolta sto rischiando come Angelo di diventare io il filosofo della situazione e tu il vero divino: l’angelo con il naso rosso! Non credi di rischiare di essere presuntuoso provando anche a tirarmi d’orecchia per la “Ragione e Logos”, che pretende di unificare, analizzare e ordinare il reale per la morte e la bellezza che lo vuole contenere e promuovere come forza , conflitto per la vita. D’ora in poi cercherò di utilizzare anch’io la tua parola magica : AVRAH KA DABRA. Nanosecondo: Carissimo Mercurzio io è un po’ di tempo che penso che Logos ed Eros sono un tutt’uno ordinato anche rispetto a un disordine e caos. Non si può costringere il tutto plurale e diverso ad un “se”. Non è nella testa dell’uomo. Se proprio vogliamo parlare di filosofia è Polemos padre di tutte le cose visibili ed invisibili che governa il corpo e la storia (la vita) degli uomini. E’ da polemos che nasce la parola ‘politica’ come sede e occasione del conflitto nell’ordine della legge (nomos). Tetrarca commentando Eraclito ha scritto “omnia secundum litem fieri”. E’ solo nella contesa tra le cose che le idee possono emergere, le differenze trasformarsi nel sale della terra. Il mondo è in‘fieri’, diventa, non si annienta, unificandolo astrattamente. Eros è conflitto non violento che unifica profondante due o più diversità , dividendo, non unificando come pretendono alcuni dogmi di fede monoteirtiche . Il mondo si forma e si sviluppò solo nella divisione unificante ma dinamica, differenziale e conflittuale dell’eros. Eros è fluido e prende le forme delle circostanze e delle persone che lo vivono. Pensare all’eros e alla bellezza in questo modo dinamico e conflittuale ci fa capire anche le grandi contraddizione del tempo inquieto in cui si l'uomo pensa di risolvere i conflitti e le diversità con la forza, l’ordine e il nomos o il logos …penso che l'uomo abbia sempre più bisogno di un logos, ibrido, mutevole e plurale. Così come ibrida, mutevole e plurale è la bellezza. Adesso più di te sento il grande spirito che riempie tutte le parti anche del mio corpo vuote. Anzi ti dico che le vedo e ci sono seduto di fronte. E, si! E’ il mio mare che tu li non hai. E’, il mio mare della tranquillità di clown che mi pervade tutto il corpo stasera e mi fa assaporare come goccia d’acqua la bellezza infinita dell’essere uno. E, si! Adesso ho immaginato semplicemente di essere infinito amore e cosi: AVRAH KA DABRA. Mi sono trasformato in goccia. Uaooo

venerdì 17 agosto 2012

Elisir d'amore per .......un anno di speranza e di poesia



io sono immerso in una aurora comunitaria

non mi bastano più "i chiari di bosco"

in un autunno berlusconiano...

un'aurora poetica

di presa in cura dei piccoli paesi

degli appennini del mondo

con il sapere dell'ascolto e del silenzio

alla ricerca di una vita

di volti e luoghi

luoghi esposti e segreti

che raccolgano amori feriti .....o compressi.

"Incipit vita nova"

in un vivere poetico

alla ricerca delle parole non scritte

nell'ascolto della parola del gemito

del sussurro ....del destino

delle parole che non torneranno mai

a raccontarci il pensiero che partì

nella frammentazione dell'attenzione

e nell'icompiutezza di ogni sentimento

e ancora una volta ci mettiamo in ascolto......nel vento.....

martedì 26 giugno 2012

Elisir d'amore per la .....politica e la poesia

di franco arminio
Sono partito dalla percezione del corpo, perché il corpo mi dava pensieri, il corpo faceva salire alla testa pensieri più che sensazioni. Queste pensieri si posizionano in un’area della testa che potremmo definire area dell’apprensione. Nel mio caso il disperare del mio corpo, il sentirlo incapace di avvenire. Ogni corpo ha una sua idea di avvenire. Nel mio caso era un’idea bruciante, pochi mesi, pochi giorni, poche ore. Questa immaginaria salute precaria s’incrocia con le reale salute precaria dei luoghi in cui vivo. E allora la ricognizione dei luoghi è il frutto di uno spostamento d’attenzione, dal sintomo del corpo al sintomo del luogo, dall’ipocondria alla desolazione. Facendo uno spostamento ulteriore, mettendo sul palmo della mano il mondo intero, vengono fuori altre parole: sfinimento, autismo corale. La mia scrittura non ha il rigore della scienza, non vuole e non può essere attendibile. Il primato della percezione sul concetto, del particolare sull’astrazione. Questo non deve trarre in inganno, la mira è comunque altissima e non ho bisogno di concordare con nessuno il bersaglio. La paesologia non vuole fare riassunti o postille al lavoro altrui. In un certo senso è una disciplina indisciplinata, raccoglie le voci del mondo, sente quel che vuol sentire, dice quel che vuole dire. Un lavoro provvisorio, umorale. Un lavoro letterario. La vicenda si complica quando si pronuncia la parola politica. In questo caso la fragilità non è più una forza ma un qualcosa che dà i nervi. Perché la politica è o dovrebbe essere un’elaborazione collettiva. Il problema e l’opportunità è che al punto in cui siamo arrivati anche la politica appartiene alle discipline dell’immaginario. Non si sa che strada prendere e allora si fanno arabeschi, congetture. La modernità finisce ogni giorno e ogni giorno prolunga la sua esistenza con una magia collettiva che occulta ciò che è in piena evidenza: non crediamo più alla nostra avventura su questo pianeta. Non abbiamo nessuna religione che ci tiene assieme, nessun progetto da condividere. La paesologia denuncia l’imbroglio della modernità, il suo aver portato l’umano dalla civiltà del segno alla civiltà del pegno. Navighiamo in un mare di merci, e intorno a noi è tutto un panorama di navi incagliate: le nazioni, gli individui, le idee, tutto è come bloccato in un presente che non sa rivolgersi la sua fronte né avanti né indietro. In uno scenario del genere l’unica politica possibile è la poesia. La poesia non è il fiore all’occhiello, ma è l’unico abito che possiamo indossare, ma prima di indossarlo dobbiamo cucirlo e prima di cucirlo dobbiamo procurarci la stoffa. La poesia ci può permettere di navigare nel mare delle merci lasciandoci un residuo di anima, la poesia è la realtà più reale, è il nesso più potente tra le parole e le cose. Quando riusciamo a radunare in noi questa forza possiamo rivolgerci serenamente agli altri, possiamo scrivere, possiamo fare l’oste o il parlamentare, non cambia molto. Quello che conta è sentire che la modernità è una baracca da smontare, e una volta che la baracca è smontata mettersi a guardare la terra che c’è sotto e costruire in ogni luogo non altre baracche, ma case senza muri e senza tetto, costruire non la crescita, non lo sviluppo, costruire il senso di stare da qualche parte nel tempo che passa, un senso intimamente politico e poetico, un senso che ci fa viaggiare più lietamente verso la morte. Adesso si muore a marcia indietro, si muore dopo mille peripezie per schivarla o per cercarla la fine. E invece c’è solo il respiro, forse ce n’è uno solo per tutti e per tutto. Spartirsi serenamente questo respiro è l’arte della vita. Altro che moderno o postmoderno, altro che localismo o globalità. La faccenda è teologica. Abbiamo bisogno di politica e di economia, ma ci vuole una politica e un’economia del sacro. Ci vuole la poesia.
risposta a “prima bozza di una nota d’avvio a un libro prossimo venturo” .Il modo comunitario della “paesologia” di mettersi in campo per definirsi e radicarsi è rivoluzionario in senso nuovo.Essa è radicale nel cercare e vivere la sua strada nei sentieri interrotti della poesia e della politica con la percezione che non è solo il moderno in discussione ma addiorittura tutta la tradizione occidentale di pensiero. sin dai suoi albori ebraico-semitico- greco-latino. Lerrore è compiuto dagli ebrei, greci e latini che “sbagliano per grandezza” (Heidegger e Nietzsche)Non basta come per noi “filosofi” ritornare agli inizi per ricominciare e dare senso alla strada per inventare nuovi valori e fini.Per noi la strada è già definita e completa …i valori e i fini sono sti travisati e abusati .Per la “paesologia” non basta ripensare esattamente l’inizio,il momento aurorale,che precede la luce.La cultura occidentale è impoetica e antipoetica, impolitica ,è antipolitica nella sua essenza. La filosofia politica è proprio la negazione della politca.La politica non ha nulla a che fare con il pensare la politica La poesia non ha nulla ache fare con il pensare alla poesia.Il pensare e l’essere politici o poeti non è la stessa cosa. L’errore è far riferimento alla “natura ” dell’uomo : determinare che cosa sia per natura l’uomo o quale sia la natura dell’uomo. La domanda giusta è : quali sono le condizioni dell’uomo,non la sua natura, quali sono le condizioni che rendono l’uomo ,uomo. Per la filosofia moderna (Cartesio) l’uomo è essenzialmente incondizionato, ma come il soggetto che pone le condizioni alle cose e al mondo esterno.E le sue condizioni sono il suo pensiero. La filosofia politica moderna come qualsiasi estetica parte dall’assunto che l’uomo deve liberarsi da ogni condizionamento per poter essere effettivamente libero..L’uomo libero è colui che non è condizionato da nulla.Può volere ciò che vuole e se ha i mezzi ,ottenere ciò che vuole. Per la paesologia l’uomo è un essere finito provviosrio,condizionato,inoperosoi.la politica o la poesia possono nascere solo nella fase aurorale, solo quando prende atto di questa limitatezza,inoperosità,provviosrietà;la politica come la poesia scompare quando l’uomo appare come incondizionato.E ‘ la singolarità che interessa . “L’uomo sembra posseduto da una sorta di ribellione contro l’esistenza che gli è data, e che desidera scambiare con una esistenza che sia sia fatta da lui stessso” A. Arendt. mauro orlando

giovedì 21 giugno 2012

Elisir d'amore per .......la leggerezza......

Oggi sento una esigenza di “leggerezza” allo stesso modo di quando mi sveglio di notte per un cucchiaio di ‘nutella’….sento l’esigenza di una capacità dello sguardo sul mondo che sappia ridare la dignità alla parola che lo esprime come esperienza fondamentale della persona .Nei momenti in cui le parole si irrigidiscono come pietre anche nella loro superficiale espressività mi invito sempre ad un “esercizio di silenzio” nella speranza che si apra in me “un passaggio” (questo è l’ascolto”) attraverso il quale transita il “doppio mondo delle parole-persone e delle persone-parole”. La ricerca di una possibile vita comunitaria di clowns,angeli-demoni, ha bisogna delle parole che la potenzino, la innalzino,la rischiarano facendole da specchio. E allora cerchiamo il senso della parola che rinuncia a qualsiasi ipotesi di “proprietà-potere” nel suo darsi dando per inteso che quanti le ricevono vi resteranno sottomessi ma che recuperi il suo senso di “dono”, di “cura di sè” e “cura degli altri”…sapersi pensare “..solo rami e fronde e nodi e nidi…..” Diamo alla parola la forza di una “rivelazione” piuttosto che il suo senso strettamente “naturale” e “tecnico”….del comunicare e interpretare. Scriveva Marìa Zambrano ”Se la parola funzionasse esclusivamente come linguaggi all’interno del linguaggio,non costituirebbe altro che la perfezione del naturale. Una perfezione raggiunta soltanto attraverso la vessazione di quella porosità,germe irriducibile di trascendenza,contenuta in ogni parola…” tutto il resto non aiuta il sogno ma predispone all’incubo……

Elisir d'amore per .......la bellezza e la felicità

Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessab...ili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche. Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva .


 

La bellezza e la felicità non sono parole indispensabili al vocabolario economico.......alla nostra vita: SI.



Elisir d'amore per ..........l'Irpinia che amiamo

di mauro orlando.

 Oggi tra gli analisti del territorio tradizionali o dei “paesologhi” in modo paradossale si parla di “non luoghi”riferendosi a spazi metropolitani privi di identità e di memoria ma soprattutto scarsi di relazioni.Dove vive una “collettività senza festa” e si soffre la “solitudine senza l’isolamento”. Si vive in un epoca del “tempo veloce, accelerato”.Il futuro è sempre più alle nostre spalle, in soggezione ad un presente che ci sommerge e ci virtualizza .E persino la storia è diventata un fatto mediatico.Il futuro non solo sembra senza senso e fine ma ci carica sopratutto di ‘paure’ e nel suo orizzonte esclude le categorie di ‘progetto’ e ‘speranza’.Paure economiche, sociali,ecologiche e perfino ‘metafisiche’ dove le Chiese si limitano a cercare convertibili o arruolabili alle giuste o ideologiche cause. L’avvenire è rubato soprattutto ai più giovani. Con la fine delle ideologie che pure ci rassicuravano, oltre che impigrirci intellettualmente ci viene imposto prepotentemente ancora una volta una nuova e complessa concezione di individuo e della sua libertà.Le diseguaglianze economiche ,la precarizzazione del lavoro, l’aumento dei costi e dei bisogni ci sta portando drammaticamente alla società postborghese senza passare da una “rivoluzione proletaria”( di cui non si sente la necessità) o semplicemente umanistica. Una nuova rivoluzione scientifica e tecnologica toglie potere e crea esclusione in quelli che non si ritrovano in questi poli.La rivoluzione informatica aiuta e favorisce i meglio tecnologizzati e i già informati o i ‘giàformati’. All’interno di questro quadro analitico e concettuale con originalità e profondità si sono poste le proposte poetiche e le provocazioni culturali e politiche di Franco Armino negli ultimi interventi sul Blog…..tra la “paesologia” e la proposta della “comunità provvisoria” in Irpinia oggi propone alle nostre orecchie incerate un diverso senso di umanesimo che spazia dal rapporto filiale dentro di noi e all’impegno politico fuori di noi. Sarebbe utile e necessario ritornarci su questi ultimi scritti dopo una lettura più generosa, meditata e analitica; non per una ulteriore recensione o testimonianza di affetto e amicizia ma per rilevare la sua originalità e profondità di proporre categorie conoscitive,poetiche , antropologiche e politiche che ci possono essere utili non solo per capire il nostro territorio irpino e “i piccoli paesi dalla grande vita”,ma soprattutto come “cura” di noi stessi e per un possibile e necessario.progetto di cambiamento simbiotico di noi e delle nostre comunità. Ma la babele delle livorose e astiose repliche sui giornalisti locali di canovacci di una storia pubblica incivile, incattivita e volgare da parte della nostra livida e grigia sedicente intellettualità locale ci impone non solo il dantesco “non ti curar di lor ma guarda e passa” ma un ulteriore impegno a cotruire individualità comunitarie e paesologiche promuovendo liberalità e immunizzando patologie ( Com-munis….Im-munis). Il nostro “io” occidentale e moderno è costretto a cimentarsi con i pieni dei poteri economici e culturali a cui ci eravamo abituati dall’Illuminismo in poi e i vuoti della cultura . La sua ragione o si fa “luce” e si fà ‘compassionevole’ e ‘fraterna’ in un colloquio doloroso e difficile con le “ombre”, con l’assenza, col mistero, con il sacro, con gli esclusi , gli sconfitti con i luoghi abbandonati o lontani o” non è e non è dicibile” come L’Essere di Parmenide. Il suo compito precipuo e costruttivo è non solo capire e dare un nome alle cose e alle persone ma di suggerire altro.Creare aspettative e possibilità è già costruire presente e precostituire futuro.Ripropone una caratura politica molto complicata,complessa e sottile che va al di là del sociologismo astratto e il meridionalismo di maniera se pur nobile(De Sanctis,Croce,Dorso….Levi) . Scrivendo ciò io non penso alle “sufficienti spallucce” o alle comode pigrizie livorose di una certa intellettualità meridionale, cittadina,provinciale e periferica, ma anche ai circoli sociologici e intellettuali,a destra come a sinistra, che imperversano nel “profondo Nord” arrovellati sul nuovo primato della “questione settentrionale” “totus aeconomicus” che fanno tabula rasa con spocchia e leggerezza anche del possibile “bambino insieme all’acqua sporca”.Tuttavia nel caso Di Franco Arminio e il suo emblematico,lacerato e complesso rapporto con le vecchie e nuove “èlites” intellettuali e politiche irpine non è il ruolo e lo “stile” ,se pur nuovo e personale, che mi interessa rilevare all’interno di una moderna e possibile collocazione o riscrittura del quadro letterario del Novecento italiano ed europeo con riferimento alla letteratura antiretorica ,alla cultura ‘flaneur’, o quella ‘vociana’ dei ‘frammenti’ più che a quella ‘crepuscolare’ o ‘futurista’ o ‘simbolista’ o “dadaista” .Insomma mi interessa questo superamento ,filosofico e poetico direi, dell’Illuminismo non ideologico e dottrinale dove il rifiuto delle “magnifiche sorti e progressive”, delle utopie astratte e ideologiche e delle speranze universali e necessarie nel futuro ci impone una idea più che di recupero o di salvezza delle persone ,delle cose e della natura, di amore di esse ma non più per il loro possibile futuro ma per il loro presente reale e in un passato che non passa e non ritorna e che ci chiude nella morsa di un “autismo personale o peggio corale”.Puntando soprattutto a far crescere una capacità personale di guardare le cose e amarle disinteressatamente in sè stesse e per sé stesse.Una riproposizione vitale e attiva della ’modernità’ non necessariamente contrapposta alla ‘antichità’ ma nella sua capacità intellettuale ed umana di vivere l’antico,il tradizionale, il periferico,l’emarginato, l’escluso.l’altro da sé insomma come un possibile “inizio” non mitico o etnico e meno che meno ideologico.Curando una massima consonanza,intimità con i luoghi, le cose e le persone insieme alla massima lontananza e alterità non solo nella cura e il rispetto della lingua. E se tutto ciò vi sembra poco, irrilevante e inutile , tentare un nuovo “inizio” non solo per l’Irpinia con i suoi atavici e nuovi problemi e tabu e un piccolo segno anche per cominciare a definire nuove categorie mentali per una possibile agenda culturale e politica dell’intera ’intera comunità nazionale , anche nell’ultima proposta di una possibile partecipazione diretta e attiva nella politica nazionale si sono evidenziati i vecchi difetti miopi e rancorosi di una intellettualità marginale e autoreferenziale nella sua inutilità e marginalità.Sopraffatti da una sorta di masochismo che li gratifica nel flagellarsi e ad annoiarsi nelle lamentazioni poetiche e letterarie, un po’ snob e socialmente inutili e complementari ai poteri locali, democristiane e postdemocristiane ,o nei labirinti della maledizione ancestrale e atavica della sinistra locale e regionale all’ombra dei mutamenti antropologici dell’età berlusconiana…..e la morsa metastatizzata della malavita camorristica. Mauro Orlando

giovedì 31 maggio 2012

Elisir d'amore per ........l'elaborazione della perdita.

“…..il terremoto è uno spettacolo, perfetto per la pista facile delle polemiche, per dare la parola agli esperti, per mischiare scienza e paure spicciole e poi dire degli aiuti e dei provvedimenti del governo…..” F. Arminio
di mauro orlando
Per evitare di metterci nel circuito mediale “pista facile delle polemiche…..” cosa possiamo raccontare agli uomini ,alle donne e ai bambini dell’Emilia della nostra esperienza scarnificata dei terremoti in Irpinia, se non la nostra storica “elaborazione delle perdite” nella carne ,nel cuore e nella mente? La perdita è un problema esclusivo e doloroso dell’ “io incarnato” quindi non una semplice perdita di una persona ,di una casa ,di una terra ma perdita di senso della propria vita mentale e sociale. Dopo l’esperienza di un fatto luttuoso come un “terremoto del passato che non passa” ci resta l’aggravante di vivere consapevolmente in un mondo contemporaneo insensato con difficoltà di rassegnarsi alla sua ineluttabilità o adattarsi alla sua incongruenza economicistica . Legato poi alla possibilità della malinconia e della nostalgia con le sue code sofferenti di sofferenze e dolori per le varie emigrazioni e migrazioni che si sono diffuse sul territorio nazionale e mondiale. La nostra terra , bella terra d’Irpinia, ferita nella carne e negli affetti di chi continua a viverla “con le unghie conficcate nella terra e nell’anima” (F. Arminio) e chi la coltiva nel cuore e nella ragione al Nord d’Italia tra i vari benesseri di ‘produttori fragili e arricchiti ’ nelle paure che non sanno più promuovere aggregazioni o solidarietà ma solo tristi lacerazioni e discriminazioni. Qui nella cosidetta “padania” affluente e ricca si vive un insidioso ‘vuoto’ trasformato in una sorta di ‘buco nero in cui precipitano le inculture di massa,le paure , le rivendicazioni impossibili della moltitudine inquieta’ coniugate con le culture del “fare” e del “superficiale corretto”. L’abbandono di un impegno politico o culturale sopratutto come ‘cura di sé’ e ricreazione di “comunità” anche se provvisorie, crea difficoltà non solo psicologica a costruire granchè o tentare di portare “di pianto in ragione”, come scriveva Fortini, quel che ci viene tolto e quel che ci viene offerto. Il “terremoto “ ereditato e che ci portiamo dentro non può essere elaborato come il solito lutto con le celebrazioni di colte ed approfondite ricerche sociologiche e storiche come appagamento di mancanza o come semplice ipostasi intellettuale. L’aggravante ,oggi , è che si vive già in ‘tempi storici ’ con o senza sviluppo economico , senza un senso,e in balia della superficialità, deprivati di potere conoscitivo o etico sul nostro destino e impauriti e diffidenti non solo tra gli altri “nemici” ma smarriti di fronte e con noi stessi. Si patisce e si subisce. Siamo noi ‘merdionali’ della diaspora intellettuale cresciuti nella scelta tra un idealismo crociano o desanctisiano di fronte ad una scelta impropria tra le grandi narrazioni del passato che non ritorna e l’effimero e volgare di un presente che non ha futuro.Continuiamo ad ingannarci con un coltivato senso classico e profondo del ‘tragico’ dove il conflitto non si adegua ma vive di forza propria né per risolversi né per pacificarsi ma per costruirsi un senso e una identità autentica . Da lontano la vicenda umana in universale è componibile e ipostatizzabile ma nella concretezza incarnata tra “la monnezza” di Napoli e “l’abbandono” dell ‘Irpinia può solo risolversi in straordinaria avventura del sogno o del ricordo non in conflitto retorico o agonismo sofistico.Nelle nostre terre ci stanno sottraendo con il nostro mutuo e tacito consenso anche il senso profondo dei miti ma soprattutto dei riti dietro alle non sempre ideali ‘sirene’ di un etnocentrismo ideologico,economicistico ,gregario e straccione. La perdita in una esperienza anche se dolorosa e dolorante come il “terremoto dentro” non è più sentita e condivisa come una presa di responsabilità conoscitiva ,etica e sociale per costruire futuro o ricostruire comunità .Essa rientra nella categoria dell’”evento” del passato da commemorare o del contemporaneo da ‘praticare’ che non può essere elaborata mentalmente come un seguito di errori, debolezze,tradimenti dovuti ad un fatale fisiologico degenerare problematico dell’umano ma con la equivoca e strumentale cultura del “fare” . In alternativa non è più proponibile un percorso eticamente tragico, pieno di errori,responsabilità e cadute ma con un senso una spiegazione per sopravvivere e vivere. Questo viene marchiato in nome del buon senso comune come “spocchia o snobismo intellettuale della Magna Grecia”! Ci sono conseguenze che non puoi mettere in forma logica o psicologica che sono comunque terribili verità. La categoria del “tragico” come possibile filosofia esistenziale e comunitaria in contrapposizione del “drammatico” lacrimoso,superficiale,lamentoso e insopportabile etnocentrismo localistico dell’eterno mezzogiorno antimoderno ,borbonico o sanfedista. A noi meridionali naturalizzati padani ci tocca vivere l’insostenibile distonia dello sviluppo senza progresso della cosidetta “questione settentrionale” e “gli autismi personali e corali” di una intellettualità meridionale condannata all’indecisione fatalmente come ‘l’asino di Buridano” tra una modernità enfatizzata e praticata nelle pieghe o nei sottoscala della “microfisica dei poteri” locali come riscatto e rivincita personale e un arretratezza e non sviluppo come abbandono depressivo e non come possibile sentimento culturale politico fondativo di esperienze comunitarie e esistenziali . Per noi irpini stanziali e nomadi non è più possibile elaborare il lutto del “terremoto incarnato ” che ci portiamo dentro con una reincarnazione dell’”io’ che prevede la resurrezione del Dio unico e creatore del cielo ,degli uomini e della terra. Non abbiamo ‘la via di fuga’ ipostatica nell’eterno o la ineluttabile condanna all’“emigrazione” e alla vita terrena “in una valle di lacrime” di un “etica dei valori” e dei dolori delle mitologie,delle nostalgie e delle tristezze regressive ….senza una possibile etica della ‘responsabilità attiva e consapevole’ come pensiero e pratica della democrazia moderna .E questo è un lusso che non possiamo più permetterci né in arte né in politica! Mauro Orlando

lunedì 28 maggio 2012

Elisir d'amore per...i colori,i sapori, gli odori delle "parole"

“ Uomo ,la mosca ha un volo più veloce del tuo occhio e una vita più breve del tuo dolore”
Anonimo, VII secolo a.C.

 “ Interrogammo i templi di Selinunte, il loro silenzio aveva più peso di tante parole”
J.P. Sartre e S. De Beauvoir
di mauro orlando
In questo spazio mi piace riscontrare un rispetto e una cura delle “parole”.La storia delle parole viene da lontano e dal profondo e scavare dentro di loro e come “cercare una rotta dentro di sé ,della propria storia e della propria terra”Quanti veli ,sedimentazioni,polveri sottili la modernità tecnologica ha accumulato sopra di loro e noi …abbiamo perso tutte le sfumature. E con le sfumature i sentimenti che le accompagnano e le provocano. Noi stiamo sentendo e praticando la “paesologia” scienza arresa ma esigente .” La paesologia è una forma d’attenzione. È uno sguardo lento, dilatato, verso queste creature che per secoli sono rimaste identiche a se stesse e ora sono in fuga dalla loro forma. Non sai cosa sia e cosa contenga. Vedi case, senti parole, silenzi, in ogni modo resti fuori, perché il paese si è arrotolato in un suo sfinimento come tutte le cose che stanno al mondo, ciascuna aliena allo sfinimento altrui” Franco Arminio .Noi in questo spazio ci sforziamo di voler bene alle parole e prendercene cura .E ci sforziamo di coltivare l’occhio del poeta per scoprire “la grande vita custodita gelosamente nei piccoli paesi”. Solo i poeti ,infatti,hanno avuto il coraggio sacerdotale di conservarne la forza (dinamis) visionaria e profetica frequentando “l’unica arte in cui la mediocrità è imperdonabile” ricordando sempre che “in Principio c’era la Parola,ma la Parola è stata tradita” (E. Pound).Ma al di là di questo senso di perdita teologico-metafisica a noi interessa la perdita dei loro colori sentimentali e passionali che nei nostri racconti non riusciamo a vedere e trasmettere normalmente agli altri. Oggi si parla di “colori del buio”con l’occhio folle e profetico del poeta .Buio che il nihilismo filosofico postmoderno e un teologismo eteronomo e precettivo ha scaricato in dosi massicce sulle parole colorate dei sentimenti e delle passioni. Andare al di là e dentro il tempo mobile e imprendibile della cultura e della storia e recuperare il sapore e i colori del tempo immobile dei bambini quando “..si giocava e immaginava , si immaginava e giocava.” Un bambino non sa di poter essere altro, vive in un tempo fermo al presente e al futuro prossimo. E nelle parole ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. Oggi ’ l’ecceziome, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l’animo . La più grande bellezza e l’infinita bruttezza partecipano del mistero. C’è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C’è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c’è nella febbre ,nell’incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile atto di chiarezza, di certezza improvvisa. Solo quando qualcosa sconvolge,provoca ci dice molto più di quel che siamo abituati a sentire. L’inspiegabile, l’unico, arriva come a scuoterti, svegliarti come da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini. L’uomo con le parole fredde della burocrazia e della tecnica televisiva ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando un linea dritta, tra immagini a specchi consueti.

martedì 22 maggio 2012

continua il viaggio paesologico ad Aliano

“Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte”.Carlo Levi.



di mauro orlando



Il viaggio di Carlo Levi, politicamente e culturalmente determinante per intere generazioni di democratici e antifascisti meridionali, è l’esperienza profonda,punitiva e mortificante con la terra lucana intellettualmente e moralmente unica ed inimitabile. Il nostro viaggio in un contesto storico e sociale strutturalmente mutato di fatto deve misurarsi con la continuità con la precedente esperienza comunitaria e paesologica a Cairano e dovrà fare tesoro del lusinghiero e ricco incontro e coinvolgimento di persone disponibili a giocare la loro personale vita mentale e concreta nella possibile declinazione di due categorie apparentemente contrastanti ,locale e globale, che tanto ci inquieta e ci disorienta all’interno di una crisi occidentale che non si sta evidenziando solo nel suo aspetto strutturalmente economico. Franco ,particolarmente ispirato e propositivo, stimolato dal suo “demone paesologico”, ha pensato non solo “il luogo” ricco e gravido di storia e sacralità per continuare una possibile nuova esperienza culturale.E assieme alla necessità di ristabilire un rapporto di tipo nuovo con una realtà meridionale sociologicamente e psicologicamente immutata in un contesto di modernizzazione “con sviluppo e senza progresso” e una mondializzazione non solo economica ma soprattutto antropologica siamo obbligati comunque a partire dalla revisione delle nostre grammatiche e canoni culturali di riferimento. La “paesologia” come intuizione sempre da definire e sviluppare (è un “sapere arreso” ma vivo )potrebbe essere uno strumento conoscitivo originale e nuovo da mettere alla prova in una terra “lontana e paziente” ma ricca di fermenti e sedimentazioni culturali di grande valore. Non abbiamo risultati da raggiungere ma accasioni da verificare e tutto dipenderà dall’uso che ne vorremmo fare per il nostro futuro esistenziale e politico e il riscatto dei nostri territori tra le valli, tratturi ,calanchi e colline irpine e lucane. La drammatica e difficile esperienza di Levi potrebbe essere già un ‘canovaccio e un solco’ ,oltre ad essere un esempio di vita civile possibile su cui esercitare una metodologia ,non solo per destrutturare ma per costruire un analisi e verificare una esperienza .Essa non ci costringe intellettualmente ad un semplice riconoscimento di originalità,coerente onestà e profondità intellettuale del già scritto o detto ma per tentare “di riandare con la memoria” in questo mondo ‘altro’ che è la “terracarne” di ieri , di oggi e di domani e riproporre il tentativo di andare oltre con la paesologia per un nuovo sempre possibile inizio.

Una persona che ha intenzione di vivere e pensare un territorio del sud ha la necessità di rivendicare alla base della sua ricerca di funzionalità intellettuale e esistenziale non solo retaggi,esperienze e ricchezze culturali pregresse in modo consolatorio o di orgoglio culturale e identitario. Oggi bisogna rivendicare la categoria della “marginalità” e “fragilità”come capacità e possibilità di autenticità e originalità di stare e vivere contemporaneamente il mondo nel suo piccolo e nel suo grande. Si può vivere non con il vecchio schema della schizofrenia una bella esperienza emotiva e culturale a Cairano o a Aliano e il giorno dopo visitare una importante mostra alla Tate Gallery di Londra e una settimana dopo partecipare ad un convegno a Bombay sulle nuove tecnologie informatiche e il futuro delle economia mondiale. Lo spazio concettuale libero e liquido tra centro-margine-periferia si è aperto incondizionatamente e ci permette di verificare nei fatti e non solo nella volontà le idee ma soprattutto la nostra disponibilità e capacità di attivare volontà e strumenti per condividere “comunitariamente” anche le nostre individuali solitudini, introversioni, umori caldi e freddi, inquietudini e sogni .Non in una sorta di sopravvalutazione con sovrappesi culturali e professionali di sé stessi che ci costringe a costruire muri e barriere intolleranti non solo psicologiche per rifiutare o accettare gli ‘altri’. Sapendo che stare insieme può essere anche una sofferenza ,un esercizio faticoso di ridurre frammentazioni e chiusure e alleggerire pesantezze conoscitive e rigidità dottrinarie .Per iniziare questo nuovo viaggio di prospettiva necessita anche un viaggio nelle nostre storie mentali costruite su un eccesso di sviluppo accumulativi di saperi e un eccesso di ‘criticismo’ sedimentato o ossificato nelle nostre diaspore migratorie. “Siamo emigrati male e spesso ritorniamo peggio”. Ci siamo costruiti intellettualmente e professionalmente con una idea di acculturazione e sapere come possibile strumento per acquisire potere e riscatto su un diffidenza e non fiducia verso gli altri in termini sociali e politico. Cultura e sapere non è acquisire potere ma proprio una possibile possibilità di depotenziamento del potere e del sapere stesso. Con una tale idea di acquisizione di conoscenze,abilità, sapere come strumento di possibili poteri e riscatti anche la categoria economica e sociale di ‘disoccupazione’ nei piccoli e grandi paesi del sud e del nord del mondo può acquisire slancio progressivo e ideativo e riscatto individuale nella propria vita mentale e politica nei luoghi che ci è dato vivere hic et nunc. Dato per acquisito che la politica politicista va dunque sempre sospettata e criticata quando si barrica dietro la sua rigidità e illiberalità costitutiva e istituzionale ma soprattutto quando educa a coltivare pensieri corti e relazioni senza anima .Dobbiamo recuperare il nostro essere, pensare nei nostri piccoli paesi mentali e territoriali e ricostruire e stimolare una “società civile” ….. “serrata nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente” ma di nuovo conio e funzione che non segua i canoni e le categorie politologiche classiche e moderne che la mettano necessariamente e unicamente in contrasto con la “società politica” in una sorta di separatezza e superiorità solo concettuale. La differenza tra società civile e società politica è che una obbliga a pensieri lunghi e di prospettiva la seconda educa a pensieri corti e regressivi ingessati e condizionati nelle istituzioni. Noi abbiamo bisogno di mettere in campo con modestia e presunzione “pensieri e relazioni lunghe sapendo però che vivere insieme agli altri e confrontarsi non è mai stato perfetto,idilliaco,edenico.Bisogna diffidare chi ci ripropone “paradisi perduti” e chi ci lusinga con utopie di comunità utopiche e mitiche. Bisogna accettare le complessità e difficoltà nei possibili spazi di amori ,di sogni, di odi,di controversie, di rancori, di rimorsi ,di miserie ,lontananze,immobilità sempre disposti al rischio ma con “gesti eroici”ed autentici anche di intelligenze confuse ,provvisorie o smarrite mai dogmatiche e prescrittive. Massima vitalità anche in possibili massime disperazioni.

Nel solco dolorante e impegnato del viaggio di Carlo Levi con lo spirito provvisorio della nostra “comunità provvisoria” e transumante.

Mauro Orlando




lunedì 16 aprile 2012

Elisir d'amore per .....la paesologia "ministeriale"

“… non ho mai girato il mondo.
faccio ogni giorno
l’imitazione di mio padre
che è stato qui tutta la vita.
Quelli che giravano il mondo
arrivavano ogni tanto a casa sua”
franco arminio


di mauro orlando

....a Pertosa (sa) ieri il ministro Barca e franco arminio ammiravano attraverso la grande vetrata le colline e il paesaggio mentre nella sala si consumavano velate e volanti parole nei giochi dei progetti, metodi e ….denunce e lamenti…. tra urgenze ,decisioni e responsabilità…..naturalmenete “nuove” e “originali”! Parole e concetti di una nuova modernità di una tecnica e di una economia teologica che comunque stenta a mettere l’uomo al centro ma sempre in disparte critico, corrucciato,arrabbiato ….sempre mezzo e mai fine.Ecco alcuni florilegi letterari e sociologici non solo tra il buon senso e senso comune:” la lingua napoletana non ha il futuro come tempo verbale”, “Sud …ospizio a cielo aperto”, ” bisogna proporre un ‘accisa per la felicità”, ” i luoghi hanno piacere e sentimento”, ” non costruire nuove “enclave” culturali”, “allungare le reti”, ” nei piccoli paesi….evitare l’occhio e la lingua lamentosa di chi si sta estinguendo”, “chi cerca soluzioni economiche a problemi economici è sulla strada sbagliata”(Einaudi)…………, ……..”la bellezza è il petrolio dell’Italia”, “il futuro o è un ipotesi o è un imbroglio se non sai declinarlo al presente”…..e cosi andando nel minuetto della new economy…. nuova sociologia, nuova politica …nuova metodologia e cultura ….Il cuore e l’anima paesologica comunque l’ha fatto da “padrona” non solo per il riconoscimento pubblico non formale del Ministro e del presidente della regione Lucania al suo poeta .Franco ha ribadito la necessità di rimettere al centro dei nostri sentimenti,concetti , idee e porgetti … la centralità dei “piccoli paesi dalla grande vita” partendo dal superamnto delle categoria del moderno …spazio e tempo”…. recuperando il concetto di “luogo” come concentrato della vita passata, presente e futura. ……”A parlare della fine della modernità sono in tanti, ma le cose vivono a lungo anche dopo che sono finite, perché devono finire prima di tutto nella nostra testa. Il modello della crescita tanto osteggiato da intellettuali come Latouche, viene da molto lontano e non può essere ribaltato da un altro modello economico ma da un altro modello del sacro. Si potrebbe dire che la crescita come noi la concepiamo ha molto più a che fare con Cristo che con la borsa. Gli alberi in questi giorni fioriscono grazie alla loro generosa intelligenza e non perché si pongono il problema della crescita o della salvezza. Fino a quando non usciremo da questa ossessione di stare dentro un tempo lineare che ci deve portare a una qualche forma di salvezza, saremo sempre istigati a usare il mondo come una cava da cui estrarre merci e concetti per distrarci dalla morte.
La modernità è stata un lungo equivoco che ha migliorato le condizioni di vita materiale, ma ci ha isolato dai nostri simili e dalle altre creature del pianeta. L’io cartesiano è un sarto che ha preso le misure al mondo e gli ha fatto un vestito che è una camicia di forza. Ci siamo staccati da quello che una volta si chiamava il creato, considerandoci le uniche creature intelligenti del pianeta e invece siamo solo la specie più anomala e presuntuosa”.

mercoledì 28 marzo 2012

elisir d'amore per .......il desiderio...









PAURA E DESIDERIO, dialoghi immaginifici: tra l’angelo Mercuzio e il Clown Nanosecondo

Carissimo Mercuzio, angioletto mio,
Sai, ieri mi sono fatto visitare in ospedale avevo paura per il mio cuore infranto, ma poi mi hanno detto che è intero e sano.
M: Mi sembra di capire che tu consideri il sentimento di “paura” come un momento debole della tua vita mentale e sentimentale. Prova a usare “pensieri lunghi ed a vedere che un connubio tra paura e ragione può essere evocato per uscire dalla minaccia della morte e per fare il proprio ingresso nella vita civile e comunitaria consapevole e responsabile. La possibilità per l’uomo di emanciparsi dalla condizione naturale risiede infatti “in parte nelle passioni e in parte nella sua ragione.” Le passioni che inclinano gli uomini alla pacificazione dei “demoni caldi e freddi” che configgono nella propria anima possono essere indirizzati nel timore della morte e del niente eterno, il desiderio di quelle cose che sono necessarie per condurre una vita comoda, e la speranza di ottenerle mediante la loro pratica. La ragione poi suggerisce convenienti articoli di pacificazione, ordine su cui gli uomini possono essere tratti ad accordarsi per vivere i propri conflitti e il proprio caos primigenio e naturale.….Questi articoli sono quelli che vengono altrimenti chiamati leggi di natura…
Sai, Mercuzio, io però avevo paura anche se la paura nasceva da un desiderio. Ma come è possibile desiderare senza aver paura? Beh! Si, lo so! Il mio è un desiderio che forse non posso più permettermi? Amare ed essere amato. Eppure mi hanno detto che lo spirito se nasce da un corpo è la meraviglia delle meraviglie, ed io posso desiderare tutto ciò senza più paure?
M: Desiderio è parola chiave, parola elettiva dai tanti significati e molteplici risvolti affettivi .Il desiderio in genere non nasce dalla nostra volontà e decisione. E’ un folletto generoso e avaro che non si lascia padroneggiare dal nostro “io”. Crea non assuefazione, ma senso di perdita e di vertigine e sfida sia la forza di gravità nel tempo e nello spazio sia la sfida cognitiva della relatività. Si serve della paura come gioco di inciampo, sbandamento e perdita di padronanza con turbamento dell’animo umano e rimessa in dubbio di tutte le convinzione consolidate. In quanto al connubio con l’amore ….il suo status diventa esplosivo e pericoloso per l’intero “io”, anche se ciò potrebbe far nascere uno spirito immortale.
Beh lo so mi dirai che non si può avere tutto dalla vita per giunta poi l’immortalità dell’amore come desiderio senza più paure. Ma è un pò che vado in giro con la mia moto del tempo, a cercare questo amore, e non riesco a capire ancora se l’ho trovato oppure no, come faccio a non aver più paura di cercare?
M: Quante sono grandi le tue contraddizione e quanta confusione nella tua ricerca di questo “amore”. Se ti può servire è il gioco prediletto dalle divinità da sempre con i mortali che amano inventarsi di tutto pur di non affrontare di petto questa loro debolezza. Tu usi la “moto del tempo” per scappare dalla realtà che ti va stretta e ti affligge. Altri usano le parole e la poesia. Altri il pensiero rotondo come sfera e cangiante come un fiume. Altri si servono di immagini e colori, altri di note armoniche e dissonanti. Sono mezzi diversi per uno stesso fine: la difficoltà di vivere in concreto e imbrigliare e padroneggiare il caos sfuggente, la disarmonia sconcertante….l’amore libero e imprendibile in un amata in carne ed ossa, dove tutto è spirito immenso.
Mercuziooooo, ma tutto mi scorre, come un fiume in piena, si a volte mi sento come un bambino trascinato dalla corrente. Mi hanno pure detto che non posso pensare di nuotare contro corrente ma a favore per cercare di salvarmi. Mi devo abbandonare, a questo moto eterno, di un acqua che scorre, ma poi mi irrigidisco ed ho paura di lasciarmi andare.
M: Ecco hai spiegato bene la dinamica della tua paura desiderante. Abbiamo paura della nostra incapacità di padronanza, a cedere alla sua credenza, alla sua follia, alla sua prepotenza e sottostare a questa forza (dunamis-eros) che ci travolge e ci rende insicuri, deboli e esposti al desiderio come fonte vitale e libero del nostro “io”. Quando il trincerarsi dietro ad un Io, padrone e signore, viene meno, si indebolisce, tramonta, si eclissa e si depersonalizza si dà di far esistere il desiderio come possibilità desiderante dell’altro-a, al di là e aldi sopra della follia narcisistica della pacificata immagine di sé stesso nello specchio mutante della vita. La nostra paura è paura di esclusione, di dipendenza, di debolezza e di non padronanza di sé. Qui “l’Altro-a” non centra niente ancora qui siamo solo noi ad essere messi in gioco nella nostra voglia e capacità di perdere il potere su noi stessi e di poterlo esercitare sugli altri. Ti ricordi quante parole belle e inutili abbiamo speso sulla relazione stretta rapporto Eros-Potere ?
E, si lo so che l’amore è la perdita di tutti i poteri, è il fallimento della nostra ragione o volontà per dare spazio allo spirito libero dell’amore. Però mi hanno detto pure che i desideri andrebbero lasciati perdere, perché si rischia di illudersi o peggio di illudere. E qui arriva la mia paura, sai di ritornare adulto e perdere il mio bambino….di perdere la possibilita di essere cosi fragile nel gioco da assaporare la sconfitta come una vittoria.
M: Sei di una ingenua e infantile vocazione ad esporti e ciò inganna doti ancora intorno alla dicotomia categoriale “Adulto-Bambino”. Dovresti ragionare sul binomio “Servo-Padrone”. Siamo sempre quello che i nostri progenitori pensanti hanno detto di noi, che siamo prima di tutto ‘ animali politici’ (zoòn politikòn) e poi ‘animali in possesso di parole’ (zoòn ekon legon)….siamo animali continuamente attratti e stimolati ad assoggettare l’altro-a, come oggetto del nostro desiderio per comandare e esercitare un potere di vita e di morte si di ‘esso-a’. Non riusciamo a concepire una libertà e responsabiltà senza padronanza, senza proprietà o sudditanza. Non sopportiamo la semplice forza del desiderio desiderante se non in vista di un desiderio desiderato.
Io voglio continuare a pensare e sognare che è possibile praticare il desiderare, che è possibile non aver paura, eppure ho paura.
M: Continui ad avvitarti nella tela che costruisci intorno a te. Tu continui ad aggrovigliati nello “gnommero” che tu stesso stai avvolgendo intorno a te stesso. Questo si può cominciare riconquistando il senso profondo e responsabile di una paternità su noi stessi e non come smascheramento e indebolimento ma come forza ed equilibri momentaneo o provvisorio con l’‘altro-altra’. La paternità in questo senso ha possibilità desiderante e non oggetto appacificato e desiderato. Il sogno è l’infinita ombra del vero. L’importante che il gioco delle ombre non serva a comprimere ma a sviluppare la forza del desiderio.
Sai a volte mi sono abbandonato ai desideri e quando li ho dichiarati, alcuni sono scappati via, per paura? Boh! Mi sono accorto che è un po’ come non riconoscerli più. Mi dicono sempre ma tu sei pazzo. Ci sono i problemi. Ma che sono questi problemi? Ma, non ci capisco più niente (?).
M: Il mondo, la realtà è un problema, una domanda, un desiderio non è mai una risposta o una soluzione se non momentanea e provvisoria. Certo che scappano via ma non sono essi a scappare via sei tu che non riesci a starci dietro e ti fa comodo non ammettere questa tua precarità o incapacità a riconoscergli la positività di essere mutevole, cambiabile e soprattutto indefinibili e imprendibile una volta per tutto, C’est la vie ,mon cher amie! Non è un Essere ben rotondo e rassicurante ma un fiume mutevole e diveniente dove “il cor si spaura” e la mente si inceppa. Prova a ripartire come consigliava Socrate ….”non ci capisco più niente”!
Mercuzio, allora Io non sono io quando amo?
M: Dipende, se parti dal “saper di non sapere”…tutto è ancora possibile. Altrimenti non ti resta il consiglio leggero di quella bella canzone di Mina …”proviamo anche con Dio non si sa mai”. Partiamo da questo tuo “io” indebolito, fragile, confuso ma desiderante. Il desiderio, però, diventi domanda di riconoscimento non di identità…l’importante è praticare e ottenere riconoscimento di questa tua domanda ed esigenza di aiuto non di diritto di padronanza. Difendiamo questo nostro diritto di riconoscimento del desiderio dell’altro-a. Il problema non chiedere legittimità alla nostra identità ma legittimità al nostro desiderio dell’altro-a. Amare è un progetto continuo di amore è “stato nascente costituente e desiderante” mai uno stato costituito, desiderato e praticato. E’ l’indicibile processo aristotelico tra “potenza-atto” per ingabbia re concettualmente il viaggio di andata e ritorno, di libertà desiderate dal regno delle ombre della caverna platonica verso la vita calda e luminosa del sole come esperienza per riaffrontare continuamente il ritorno tra le ombre e la caligine che insozza parole, mortali e cose. Questo è la forza di amore-eros che “muove il solo e le altre stelle” ma sopratutto gli uomini desideranti e pensanti.
E, chi sono allora?
M: Qui comincia la tua avventura e il tuo viaggio dentro e fuori di te. Un viaggio che sconfigge le paure solo con la forza rinnovata del desiderio non di cercare dentro di te solo “il fantasma primario del bambino” bisognoso di cure ma del Padre autorevole che dà sicurezza, premure e cura all’altro-a da sé, La nostra identità è questa possibilità desiderante all’infinito.
Io non sono così forte da nuotare controcorrente, si è vero a volte mi lascio affogare dai miei desideri e dalle mie paure ma almeno cosi mi sembra di essere vivo. Mi tocco e mi faccio male. E, poi penso che se non sono capace di abbandonarmi ai miei desideri e alle mie paure non crescerò mai. Mi tratterò sempre come un bambino spaventato, con la paura di non poter aprire il mio cuore. Ma cos’è questa paura? La paura di essere abbandonati? O, è paura di diventare grandi? desidero però ho paura!
M: Ecco cosa non intendevo prima con questo tuo senso negativo di ricerca e considerazione della vera identità. Sentirsi vivo in una cassa da morte di paure e di decrescita è veramente il peggio del peggio dell’inganno. Ingannarsi nella vita può anche servire a rimandare il problema, ma bisogna essere onesti con sé stessi e sapere di ”volersi ingannare”. La paura è sempre di voler diventare “padre” (non padrone) di sé stesso ed esercitare la paternità della benevolenza, della cura e dell’amore dell’altr-a. La paura dell’abbandono è dell’eterno bambino che è in noi che diventa una buona volta “padre” di sé premuroso ed affettuoso e non padre-padrone e repressore autoritario del desiderio in uno Stato totalizzante e illiberale per i sentimenti, i sogni e le passioni.
Adesso ho capito “io sono il padre tuo” ecco da dove nasce lo spirito dalla capacita di amarsi ed amare e diventare così pardi e madri di se stessi. Sai mi hanno detto pure che devo però più che desiderare metterci un’intenzione nel desiderato, che non può essere la paura, ma appunto l’abbandono, all’amore.
M: Non continuare a giocare con le parole per imbrigliare le tue paure. L’amore non è mai un desiderato ma un desiderante continuo e dinamico. E’ ferita sempre aperta e dolorante …Se tu cerchi di tutto per cauterizzarla o curarla insieme alla ferita toglierai anche il desiderio di amore.
L’amore per tutto e nelle diverse forme?
M: Ecco così va meglio ma purché non sia “la notte in cui tutte le vacche sono nere” per anestetizzare le diversità, complessità e ricchezza di desideri possibili e mutevoli.
Si credo che non devo controllare più desideri e paure ma semplicemente liberarle e lasciarle andare, si lasciarle andare giù per la corrente, come l’acqua di un fiume, come tante barchette di carta pronte a salpare per un nuovo mondo.
M: Quando molti anni fa anch’io ero un bambino giocavo nel ruscelletto del mio paese con le barchette di carta e o con dei semplici pezzi di legno …mi appassionava molto di più il gioco in se stesso che la vittoria finale. Ecco… tu libera le tue barchette e lasciale andare come i tuoi desideri liberi come le foglie d’autunno e leggeri come le piume di un uccello. Troveranno contrasti, paure, ostacoli .Importante confidare nella forza (dunamis) dell’acqua e nel piacere del bambino di vivere quella esperienza di gioco non come ricerca di potere vincente sugli altri ma come esercizio di comunione e cura di sé e degli altri. Forse non lo sai ma pure questo è amore…..avrebbe detto il mio amico Roberto. Ed in questo io mi fido più dei poeti.
Si Mercuzio io desidero essere amore per sorridere al mondo.
M: Io direi: sì io desidero vivere l’amore per sorridere con il mondo……volo via adesso….ciaooooooo Nanos a presto!

martedì 6 marzo 2012

Elisir d'amore per .........l'amicizia comunitaria

“Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio………”

“ Se uno ,con la parte migliore del suo occhio, che noi chiamiamo pupilla, guarda la parte migliore dell’occhio dell’altro, vede se stesso” Platone.







di mauro orlando

L’amicizia non è ancora un sentimento fondativo ed essenziale della esperienza esistenziale e culturale della Comunità provvisoria. E’ dissolta,nascosta o momentaneamente accantonata per i tempi migliori? Forse siamo vittime inconsapevoli degli ultimi sviluppi tecnologici delle società di massa che incollandoci davanti a un computer a consumare le nostre bulimie affettive per esorcizzare la solitudine,lo sradicamento , il silenzio,le offese e le amnesie delle identità. Sempre più l’amicizia non praticata diventa difficile,impraticabile nello schema e nella funzione della ‘fiction’.La pratica praticata intorno a noi delle conoscenze utili e degli scambi di favori che aiutano le relazioni ipocrite e convenzionali che possono diventare vantaggiose…..non ci aiuta .La nostra grammatica sentimentale e sociale ci obbliga oggi a ragionare al ‘singolare’ o al ‘plurale’.Nel singolare coniughiamo la solitudine dell’anima che progetta e vagheggia mondi ideali o ancestrali, eden e paradisi perduti, radici nobili che la società ha corrotto ,dimenticato o deviate,ideazioni e sogni che non possono essere declinate in pubblico o nei rapporti comunitari. Al singolare possiamo vivere il dolore e il morire con dignità e autenticità e al massimo ci permette di avere il coraggio di esporci nelle nostre piccole comunità. Al plurale siamo costretti sempre a dare prova di sano realismo, apertura,tolleranza e pluralismo, di stare ai fatti, di controllare le emozioni, le rabbie, i sogni ,le speranze, a dare risposte agli altri e contenere e controllare le domande per essere accettati,riconosciuti,identificati e in qualche caso applauditi. L’amicizia può permettersi di coniugare il singolare al plurale ….e non è un gioco di parola. I nostri antenati greci ( spero di non offendere altre convinzioni) avevano in uso il ‘duale’ come forma verbale che esprimesse la valenza simbolica del linguaggio quando doveva esprimere i momenti e i furori sentimentali dell’innamoramento come “stato nascente” in cui non si riesce a pensare a se stessi senza l’altro. L’amicizia comunitaria come l’amore dovrebbe abitare e vivere al duale rifiutando l’anonimato e l’ipocrisia nel pubblico e la solitudine e l’afonia nel privato. Ecco perché la scelta comunitaria e paesologica e altruista e rivoluzionaria e l’amicizia in più ci permette di comprendere tutte le eccedenze di senso che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia ,di idealismo,romanticismo ma in privato una possibilità di ascolto accogliente e generoso delle nostre intime verità e sentimenti. Per questo anche nella Comunità provvisoria si possono auspicare molte amicizie che possono corrispondere alle sfaccettature delle nostre anime che non possono essere svelate alla legittimità di custodire intimi segreti che altri segretamente custodiscono. Le nostre azioni pubbliche e comunitarie non devono necessariamente cercare consenso, conforto o confidenze ma sviluppare la necessità di alterità e apertura nei ritmi intimi della propria anima che non hanno voglia perdersi nella solitudine dolorosa o nei rumori assordanti e omologanti del mondo. Per questo io sono per sviluppare e non mortificare nella nostra esperienza comunitaria il sentimento e lo stato dell’amicizia per derimere e combattere la falsa alternativa tra l’anonimato o l’adeguamento nel pubblico e la solitudine dolorosa o gloriosa nel privato.Anche io penso a una ” creatura ….. magra, randagia, distesa su poche ossessioni, ma decisa a portarle avanti”. Ma nello stesso tempo credo che sia nelle caotiche e anonime società del nord e nell’isolamento- o meglio solitudini- delle società dei piccoli paesi e delle colline l’esperienza politica deve sempre più ricreare,favorire o promuovere primaditutto l’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso e vedere in un amico la luce dello sguardo o accogliente che ci invita a fare un viaggio assieme per scoprire le proprie radici per poter continuare i propri racconti personali ad altri a cui hanno mortificato la coscienza , vietato le storie ma sopratutto gli hanno tolto le parole per raccontarle e continuare a viverle amichevolmente e politicamente insieme agli altri.In un viaggio sempre diverso non per un nuovo orizzonte elitario ed arsitocratico ma convinti che di fatto lo “spirito paesologico e comunitario” se autentico nel cuore e non omologante nella ragione comunque possa “contaggiare altre persone e territori” .Il mio viaggio -malgrè moi-
privileggerà sempre compagni che non amano le radure, la stanzialità, i recinti mentali e territoriali.
mauro orlando

giovedì 1 marzo 2012

Elisir d'amore per ......la vita più che per qualsiasi filosofia.

La vita concreta prima delle analisi e delle ideolgie.



"...se l'uomo fosse o avesse da essere questa o quella sostanza, questo o quel destino, non vi sarebbe alcuna esperienza possibile- vi sarebbero solo compiti da realizzare" Agamben



di mauro orlando


In questa fase di empasse della “Politica” rispetto alla “Tecnica Economica” e l“evanescenza o l’intortamento dei movimenti” della cosidetta società ancora nella dicotomia “violenza-non violenza” vorrei consapevolmente sottrarmi alla discussione tecnico ideologico–politica ,salvo che per necessità razionale e sfida cognitiva e rispetto critico delle analisi altrui solo se nascono da esperienze individuali,sociali e territoriali e non da vecchie e sepolte ricette palingenetiche. Non ho ricette preconfezionate,logiche,coerenti e accattivanti da proporre per l’immediato futuro .Posso solo riferire lo spirito ,i sentimenti e le idee personali che sono maturate nella mia esperienza della Comunità provvisoria in Irpinia con un piede critico nella realtà posturbano-produttiva della vallepadana. Dopo anni di analisi alla ricerca di alternative concettuali e concrete mi sono convinto per adesso che solo il racconto delle nostre esperienze e autobiografie sentimentali e razionali riescono a determinare le analisi , la cronaca e la storia degli ultimi due anni della politica italiana e non viceversa. Due sono stati i sentimenti che mi hanno portato all’esperienza nella Comunità provvisoria .Un ritorno alle mie radici prerazionali come completamento della mia identità di uomo che vive la sua contemporaneità nel sospetto conoscitivo verso tutte le forme di deriva di sviluppo senza progresso. Paradossalmente la situazione antropologica,culturale,economica e sociale dell’Irpinia arretrata rispetto alla Storia nazionale e terremotata nella sua storia intima e sociale si prestava alla riproposizione concreta di una esperienza esistenziale e politica incardinata su due categorie concettuali classiche e moderne, minimale e universale : paesologia umanistica e comunitarismo.Scienze arrese ma vive ,consapevoli e attive. L’affetto e la stima umana per i miei nuovi compagni di avventura e l’indignazione e il disprezzo per quasi tutto riproduceva il ceto politico dominante e dei loro atti politici…hanno dterminato il resto . Sono non a caso due sentimenti distinti ma essenziali nella originale esperienza politica che ho fatto e continuo a fare nella mia ,aimè, non giovane vita sentimentale,mentale e politica.
E’ il “sentimento” ,non necessariamente contrapposto alla “ragione”, la peculiarità e l’anima di questa nuova esigenza di politica che ci ha piacevolmente trascinato in questa straordinaria esperienza sociale e culturale.
Ognuno di noi ha dovuto fare delle scelte esigenti rispetto alla propria vita privata, intellettuale e professionale .Abbiamo dovuto correggere convinzioni inossidabili e vocabolari inadeguati. Abbiamo dovuto fare “tabula rasa ” delle nostre sintassi e grammatiche, perché sentivamo che questa esperienza aveva una necessità e originalità che obbligava a mettere in discussione prima di tutto noi stessi, le nostre accomodanti e pacificate pigrizie mentali e psicologiche.
Le nostre care e vecchie categorie politiche si sono manifestate nella loro insufficienza sia per la comprensione del fenomeno ma soprattutto per interpretarne il senso e la sua rappresentazione.
Educato ad una salutare diffidenza culturale e politica dell’individualismo moderno se pur filosoficamente profondo (Locke,Kant, Stuart Mill) ,questa nuova esperienza sociale mi ha riaperto un quadro analitico meno dottrinario e più aperto e critico.Ho scoperto la ricchezza di un individualismo “riflessivo” ,progressivo e attivo finalizzato a stimolare e consentire agli individui prima di tutto,di fare libere scelte per quanto riguarda la loro vita privata e pubblica e la povertà pericolosa di un individualismo pigro ,regressivo e gregario o di un comunitarismo ideologico o teologico che riproponeva sotto forme accattivanti vecchgi miraggi regressivi o progressivi.
Si è detto che le emozioni non possono costruire nuove identità collettive. L’esperienza dei “piccoli paesi dalla grande vita”, Delle “sentinelle del territorio” della ricerca delle basi emotive e culturali per un “umanesimo degli appennini” possono essere la risposta concreta a una sociologia o una scienza politica viziata da un errato privilegio esclusivo della razionalità e dell’astrattezza.Una sorta di astratta razionalità politica rischia di fare dei brutti scherzi non solo ai nostri detrattori ma anche ad intelligenti analisti e praticanti presenti nella nostra esperienza nella realtà sociale piuttosto che nelle formalizzazioni istituzionali della politica.
Abbiamo bisogno di una modestia intellettuale e un orgoglio politico che parte da un risultato al di là e al di sopra delle nostre personali capacità e previsioni. Ho accettato consapevolmente la scelta di aprirsi ad un incontro e confronto con tutte le atre esperienze comunitarie e individuali che partissero dalle stesse nostre esigenze senza preclusioni ,primazie e gerarchie nella possibilità di esperienze.
Io sono convinto che le nostre esperienze non sono nate per essere compresi solo razionalmente o alla ricerca di personalità o gruppi legittimati , se pur con competenza e intelligenza, ad una direzione anche solo orizzontale ma soprattutto per essere vissute e praticate democraticamente in prima persona anche in modo istintivamente attivo e responsabile.
Non stanchiamoci di ricordare agli altri , ma anche a noi stessi,che non nasciamo anarchici, impolitici, apolitici o antipartitico ma carichi di originali stimoli e sane provocazioni intellettuali e,direi senza essere frainteso, istintive alla politica tutta ,ingessata e autoreferenziale che ha smarrito il senso dei suoi fondamenti ,sia quando si fa pratica praticata e politicante , sia quando si fa ideologia, mito,metafisica o dottrina, dimenticando di essere soprattutto ricerca critica, scienza o attività dell’uomo e per l’uomo non universale ma concreto e storicamente determinato nelle sue realtà territoriali e culturali senza miti e ideologie .
In conclusione mi piacerebbe discutere e confrontare esperienze,stili di vita più che interpretazioni di filosofie o peggio ideologie di vita siano esse laiche o religiose.

mauro orlando