domenica 24 dicembre 2017


Ho sempre pensato alle festività del Natale con la pascaliana “duttilità di pensiero che si adatta nello stesso tempo alle diverse parti amabili di ciò che ama” che “va fino al cuore”.
 Dove il “coeur” ha già trovato il suo spazio ridimensionando la “raison”. 
Con questo spirito faccio gli auguri a tutti, credenti ,diversamente credenti e non credenti, con le parole di R. M. Rilke alla madre per il Natale :
 “Assapora con cuore aperto, la grande solennità e lascia che le sue mani soavi ti sollevino il cuore da ogni cura. Chi ha fiducia è forte e quest’ora silente di Natale è una di quelle che possono dare forza, perché è carica di prodigio e carica di mistero. E si deve essere soltanto abbastanza silenziosi e soli e pazienti per accogliere in sé la grazia di una tale ora, che in molti non penetra perché in loro c’è tanto rumore e niente ordine” Buone feste 
mauro orlando

martedì 19 dicembre 2017


i giorni passano. tra i partiti e gli italiani c'è un baratro sempre più grande. difficile fare altro che occuparsi delle candidature. la buona politica non s'improvvisa e non si può fare senza la fiducia dei cittadini. noi in calabria abbiamo fatto questa cosa qui Un Osservatorio del Sud Documento finale approvato dall’Assemblea di intellettuali, operatori e uomini di cultura sul Sud oggi e sulle sue prospettive [1^ bozza - Lamezia Terme del 2 dicembre 2017] 1. Da troppo tempo il Mezzogiorno reale è senza voce e rappresentazione. Sulla stampa e nel discorso pubblico dominano narrazioni superficiali, stereotipate, sommarie, manipolate e più di recente addirittura “neoborboniche”. Nell’opinione pubblica prevale un’idea di Sud economicamente e civilmente arretrato, impermeabile alla contemporaneità capitalistica, pervaso da particolarismo, inefficienze, corruzione, criminalità. Il Sud come un’”altra” Italia, con meccanismi di regolazione politico-sociale dissonanti rispetto a quelli dominanti, come l’area che deprime le potenzialità di sviluppo e innovazione dell’intero paese. La “costruzione” caricaturale di un Sud altero e inguaribile offre un duplice alibi alle classi dirigenti del Nord: da un alto, attribuire interamente al Mezzogiorno la responsabilità degli affanni del Paese, che senza il Sud sarebbe più ricca e crescerebbe più velocemente, e, dall’altro, invocare sistematici tagli ai trasferimenti pubblici, correnti e in conto capitale, verso le regioni meridionali considerate congenitamente incapaci di farne un buon uso. 2. Le analisi basate su fatti, dati e osservazioni scientifiche mostrano tuttavia che i problemi e i bisogni del Mezzogiorno reale non siano dissimili da quelli del resto del Paese (deindustrializzazione, denatalità, disoccupazione giovanile, imprese sottodimensionate e familistiche, povertà e vulnerabilità sociale crescenti, bassa capacità burocratica, dissesto idrogeologico, evasione fiscale), anche se al Sud si presentano con maggiore intensità, diffusione e persistenza. Le indagini più accurate evidenziano pure che tra Mezzogiorno e Centro-Nord esistono dense complementarietà socio-economiche e ampie sfere di integrazione funzionale, che tendono a configurare una nazione ben più integrata di come viene rappresentata correntemente. Gli studiosi più avvertiti inoltre hanno dimostrato che l’accentuazione recente delle difficoltà del Sud è in larga parte il frutto di politiche economiche sbagliate, come quelle di austerità basate su drastici tagli di spesa pubblica, in particolare sanità, scuola e università, che hanno colpito in modo particolare l’area più debole del Paese, e della forte caduta degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno lungo l’intero decennio della grande crisi post-2007, che non solo ha inibito l’aumento del capitale pubblico meridionale ma non ha neppure consentito di compensare la sua obsolescenza. 3. Il Mezzogiorno non è un blocco di indistinta miseria, familismo, sottosviluppo, mafia. Da decenni è caratterizzato da una moderna stratificazione sociale, anche se in un quadro di persistente deficit di borghesia produttiva. Il Sud soffre innanzitutto per la ristrettezza storica della sua base produttiva, in particolare manifatturiera, che determina allo stesso tempo asfissia dei processi di sviluppo endogeni, disoccupazione strutturale e dipendenza dall’esterno. Ma il Sud soffre con pari intensità di una modesta dotazione di servizi pubblici di qualità, vale a dire di ciò che lo Stato dovrebbe garantire con criteri omogenei e paritari. Tutto nel Mezzogiorno, per risorse e per standard, è di qualità inferiore rispetto al resto del Paese: la sanità, la scuola, gli asili nido, l’università, i trasporti, l’assistenza agli anziani, i servizi idrici. Il Sud mostra come le politiche neoliberistiche creano non solo disuguaglianze economiche tra le classi, ma anche tra i territori, nella qualità del welfare locale, nei diritti di cittadinanza fondamentali. 4. Il Sud non è solo arretratezza economica e civile, immobilismo e declino. Nei suoi territori sono attivi imprenditori dinamici, imprese ad alta tecnologia, università, scuole, istituti di ricerca, centri culturali e artistici di prim’ordine, presìdi ospedalieri e istituti di cura qualificati, una gioventù studiosa che aspira a essere valorizzata e a operare utilmente per il proprio Paese. Si tratta spesso però di “eccellenze” isolate, di punti vitali che riescono ad affermarsi nonostante le esternalità negative ma che non hanno la forza di contaminare e trasformare il contesto. Al Mezzogiorno odierno non servono dunque gli “interventi straordinari” del passato, perché non è più una società “straordinaria”, e neppure cieca fiducia nei meccanismi di mercato, perché il liberismo ha accentuato le disuguaglianze e le debolezze anziché attenuarle e risolverle. Al Mezzogiorno servono le stesse politiche e gli stessi interventi che servono all’Italia. 5. Il Sud ha bisogno di una strategia e di progetto politico e sociale, nazionale e locale, che valorizzi i soggetti all’interno dei singoli luoghi, con investimenti pubblici non assistenziali; ha bisogno di politiche per legare e federare le esperienze eccellenti, per dare massa critica agli innovatori, per incoraggiare la valorizzazione delle risorse locali e contrastare gli adattamenti regressivi, per interconnettere imprese, persone e comunità del Sud con imprese, persone e comunità di altri luoghi italiani e non. 6. Il Sud, in virtù del clima, della biodiversità agricola, della ricchezza impareggiabile della tradizione alimentare, può rilanciare le sue economie valorizzando il proprio territorio, le sue culture, le sue comunità e il proprio paesaggio in maniera originale. Nel Sud ci sono occasioni formidabili di lavoro per le sue popolazioni nei campi della rigenerazione urbana, della cura e manutenzione del territorio, dei servizi avanzati della ricerca applicata, dell’arte, del turismo, della manifattura artigianale e industriale dei suoi beni agricoli e non solo, un potenziale di risorse enorme che può essere valorizzato a vantaggio dell’intero Paese. Senza trascurare che migliorare la sua attrattività civile ed estetica richiama economie, lavori e investimenti utili per il Mezzogiorno e per l’Italia, alimenta aspettative positive. 7. Il Sud non ha bisogno di un nuovo partito ma piuttosto di partiti profondamente rinnovati nei contenuti programmatici e nelle forme di funzionamento, nella cultura politica e nella capacità di radicamento nei contesti territoriali, del Sud e del Nord. Il Sud ha piuttosto bisogno di una nuova visione e di un nuovo linguaggio. Ha bisogno di un radicale ripensamento della crescita economica fine a sé stessa, della concorrenza come gara distruttrice nel lavoro e nella produzione, rammendando che lo sviluppo economico deve oggi tener conto dei limiti ambientali del pianeta. È tempo di dare spazio a nuove parole, che guardino alla qualità dei beni e della vita: ai termini benessere e felicità collettiva, all’economia dei luoghi e della conoscenza, alla cooperazione, alla condivisione, al tempo liberato, alla creatività, alla cura del territorio e della natura come beni comuni e nostra casa. Siamo immersi in società opulente e che solo l’abissale iniquità con cui è distribuita la ricchezza ci costringe a vivere come se fossimo agli esordi della prima rivoluzione industriale. 8. Il primo compito degli intellettuali è contribuire alla costruzione di un’immagine non stereotipata della società e delle condizioni di vita nel Sud d’oggi; raccontare e analizzare ciò che si muove e cambia e ciò che frena il cambiamento; i percettori di rendite che alimentano intenzionalmente l’immobilismo e i ceti che innovano produzioni, servizi, istituzioni; chi beneficia dell’arretratezza e chi la combatte; il Mezzogiorno buono da quello cattivo. Compito degli intellettuali è anche quello di proporre scenari e indicazioni di prospettiva sostenibili per il Sud, rispondenti ai bisogni reali delle comunità locali, favorendo la loro diffusione nella vita pubblica in modo da influenzare e condizionare positivamente i decisori politici e non. Oggi che i partiti non sono più “intellettuali collettivi” in grado di produrre progettualità sociale e visione di lunga lena, è più che mai urgente attrezzare “forze terze” in grado di farsi ascoltare, di incidere nel dibattito pubblico e nelle dinamiche politiche, di influenzare le scelte di governo. 9. Per iniziare questo nuovo e lungo cammino, l’Assemblea avanza l’idea di dare vita ad un Osservatorio del Sud, uno strumento “leggero” ma stabile, rivolto a rappresentare, in termini analitici e culturali, le ragioni del Sud, ma senza mai perdere di vista quelle dell’intero Paese. In particolare, si propone la costituzione di un Osservatorio sotto la forma di un sito on line finalizzato a sollecitare e raccogliere contributi di analisi e di proposte sul Sud d’oggi, nonché a segnalare eventi, opportunità, iniziative, lotte, esperienze e pratiche politiche e culturali innovative che si realizzano nelle regioni meridionali. L’Osservatorio dovrebbe aspirare a rompere il lungo silenzio sul Sud da parte di forze politiche e sociali dando “voce” a chi studia e analizza con rigore i problemi del Mezzogiorno; ai gruppi che al suo interno combattano battaglie quotidiane per affermare diritti civili negati, per contrastare criminalità, clientelismo, rendite e status quo; a chi pratica e alimenta innovazione sociale e istituzionale; a chi si dedica con gratuità alla cura delle persone e della natura; a chi non ha perduto il gusto della denuncia informata di disuguaglianze inaccettabili, sprechi, brutture, soprusi, inefficienze pubbliche e private; a chi continua a credere nell’azione collettiva e nel conflitto come fattori determinanti del cambiamento e della trasformazione degli assetti sociali dominanti; a chi non ha perduto la speranza che un mondo migliore sia possibile e perseguibile.

lunedì 4 dicembre 2017


vivi nell' ombra
della tua regale presenza imponente
 e in silenzio
 spirito dell'universo
 nascosto nei chiari di bosco
nella solitudine di una panchina
a parlare ai vecchi abbandonati
nei piccoli paesi
oltre le inquietudini dei boschi
e delle enormi  e rumorose metropoli
dei nonluoghi refrattari
alla legge morale dentro di noi
 oltre le cime dei monti di giorno col sole
di notte oltre le stelle e la luna ..
 ....fuori di noi...
 vuoi salvare la mia anima...
se ci credi .....prego...
 ma sono io a portarti alla luce
con il mio logos e.... .
a vollte nel mio cuore inquieto
ma ...sia chiaro....
....la storia della mia vita voglio scriverla io

sabato 2 dicembre 2017


Urge ripensare al nostro rapporto col corpo,con la nostra anima,col mondo e con gli altri. Urge capire il peso del pensiero e delle parole che lo raccontano,la sua materialità,la sua estensione e il suo abuso,il suo spazio e la sua frontiera. Si tratta di dislocare ,togliere il luogo e il tempo della tradizione ….la tradizione mura chiude e rinchiude…bisogna dischiuder il gesto inaugurale,entrare nell’inaudito, nell’inattuale, nell’indicibile. Poesia pensante o pensiero poetante.E’il dilemma tragico se si sceglie il rapporto con un proprio “io” che non dispone e non propone un mito di sé stesso o una sovranità non riconosciuta con “l’altro da sé”. Un’anima è estesa in un mondo, in un corpo, in un altro e per di più non ne sa nulla di sé e del suo pensare materiale ….non conosce il peso del suo pensiero. La sua materialità, la sua estensione, il suo spazio…i suoi margini …la sua frontiera.Abbiamo con meraviglia scoperto che non ha bisogno di fondamenta, fini e fine, domini, potenze da realizzare. Togliere il sigillo di sé è dischiudere, aprire a, non aprire verso,in o per nessuna direzione,nessuna intenzionalità,progetto,nessun luogo particolare, nessuna finalità di potere o di servitù. Vivere è un approssimarsi a ,un astrazione di pensiero e di parole…. Verso il suo gesto fondatore per entrare nell’inaudito, nel non detto ancora.Una apertura al mondo nel disincanto non per approdare al “nulla” come “una deambulazione senza mete, abbandonata alla grazia dell’aperto” Un pensiero “ la cui possibilità consiste,prima di tutto,nel mantenersi spoglio di significati dati e di figure già tracciate” La colomba di Blixen disegnata inconsapevolmente in una notte burrascosa e oscura.La necessità di un aprirsi ad un senso proivvisorio e prossimale “spoglio di sensi e significati dati e di figure già tracciate” cartesianamente e hegelianamente nella propria testa inclusa. Lo sguardo si scopre vergine e profondo come di “chi guarda e racconta i suoi sogni (…) senza intenzioni e senza riempimenti di significato, solamente per l’impressione, sa che lascia scivolare tra le dita la povere dell’improbabile e dell’improvabile” (Nancy). Spoliazione, marginalità, impoverimento e svestizione della pelle dell’immagine, il pensiero sottratto, il peso di un pensiero, l’attesa e l’approssimarsi più del suo arrivare nel presente e passare nella memoria. Cifra del nuovo pensare, che si piega all’interrogazione della scrittura,del linguaggio, dell’immagine, del suono e del silenzio, della luce e dell’ombra…….dello spazio e del tempo,della voce e della parola….per “mettere in scena l’esistenza sull’orlo di senso sempre sul punto di nascere, sempre in fuga, a fior di pelle e a fior d’immagine” Chi guarda e racconta i suoi sogni senza intenzione e senza riempimento di significato, solamente per l’impressione, sa che lascia scivolare tra le dita la polvere dell’improbabile e dell’introvabile.”L’amore e il dolore sono talmente singolari da risultare eccezionali ed indicibili….gli atti e le parole che lo comunicano sono sempre inadeguati,impacciati e ridicoli. Il pensiero è la scelta di una esposizione non raffigurabile una “resistenza” ad ogni volontà di rappresentazione o di analisi.Un pensiero con un peso “areale” per un territorio, un spazio , un tempo per “comunità prive di terreno” uno spazio senza orizzonti e un’alba e tramonto….con un occhio e orecchie “pronte” all’inaudito, all’indicibile da ascoltare e dire.Un pensiero che si riscopre nel suo farsi “poesia”…..come l’atto e un passo concreto da “agrimensore” da “una certa via per coprire un territorio di parole, non con lo scopo di trovare qualcosa, o di piantare qualcosa, o di costruire un edificio, ma semplicemente per misurarlo”…..per accertarne i confini e …i limiti.Un esperienza appartata, in disparte e pubblica in una inaudita condizione di “comunità…provvisorie”. Poesia , esperienza e esistenza come gesto o parole irrimediabilmente singolari. Poesia e vita non come nuovo genere di orizzonti insuperabili e di un viaggio verso la presenza dell’imprevisto e dell’inaudito non solo nel linguaggio ma nella differenza ,nelle storie, dei territori che abitiamo,curiamo e viviamo . Un pensiero che un “poièin”…fare e disfare, un confronto e scontro che è anche ritiro e abbandono, un avvento , un morire, risorgere di un parlare di ciò che non si dice e non si può ascoltare e si fa fatica a capire.Un pensiero che osa esporsi ai suoi margini e ai suoi limiti in un mondo materiale che si sottrae e “ non si mostra che attraverso tocchi, ritocchi, abbozzi, profili sottratti, calchi perduti”. Un pensiero poetante che sappia recuperare la sua capacità di riuscire a pensare per frammenti e in frammenti, che sappia rendere ragione alla complessità, frammentazione, provvisorietà dell’esitenza, della sua sua realtà non unificabile e compatta, ma permeabile e visonaria “ della sua agitazione,della sua inquietudine,, della sua pena e del suo spessore,della sua densità, della sua materia estesa, del suo tempo scosso, disgiunto, della sua indisciplina,del suo farfugliamento, della sua incoscienza viscerale e della sua lucidità non meno avvinghiata al corpo”. L’unico senso per stare dentro allo sconnesso, il franato, il terremotato, tra le spoglie morte di una archeologia dell’arreso e dell’abbandonato di cui ci parla con dolorante fervore e compassione Franco Arminio. Scrittura e poetica arresa che in questa lettera impossibile scrittagli dal suo paese di nascita gli scrive: “caro Franco ….Volevo ringraziarti del tuo scrivere continuamente di me. Lascia stare per un poco però la polvere dell’attualità. Scendi, affonda, vai nelle cantine dei secoli. Vieni a trovarmi nelle vene della terra, ferro e ruggine, lingue morte di serpenti e fiati e bocche di chi parlò vanamente. Vieni a vedere l’ossario che c’è sotto ogni paese, scava, lasciati amare, lasciati trascurare, lasciati ingannare, lascia la colla dei minuti, tu sei nato per soffiare come il vento, sei nato per andare via ogni giorno, vai ti prego, lascia stare queste ombre col muso sporco, questi cancelli, questi cuori a imbuto. Lascia le parole che ogni tanto dici per essere come gli altri miei figli. Io sono il tuo paese e il loro. Io sono il paese di Pinuccio e Peppino, il paese degli scapoli, dei vicoli dove passa solo il vento.Sorridi ogni tanto a quelli che incontri, sfiorali con gentilezza e poi sparisci, tu non sei un uomo nato qui. Tua madre se n’è accorta subito, per questo ti trattiene, lei sente che non sei suo e tu ti ostini a pensare che non sei di nessuno. Continui a dare più attenzione alle ingiurie che agli affetti. Stai qui non per vivere ma per tenere in vita la tua paura della vita. Te la prendi con me e con il tuo corpo, pensi che siamo la tua prigione e non la finisci mai di lagnarti, non ti basta mai niente. Dillo che non sei dentro di te, dillo a tutti che quello che hai scritto è ancora solo un piccolo esercizio e che ti stai preparando per squarciare il petto a quel vecchio ragno che si chiama Dio. Non chiuderti dentro l’armadio del tuo mal di stomaco, del tuo mangiare per spiare il male, per affondare le farfalle che ti prendono la testa e la fanno volare”. Mauro Orlando