mercoledì 29 ottobre 2008

L'eros antico e l'eros moderno.

Le primavere compiute da Càrito sono sessanta;
ma la cascata delle trecce è nera.
Piccoli coni di marmo,
si drizzano ancora sul petto le poppe,
sciolte d’ogni fascia nude.
Senza una ruga,
la pelle distilla d’ambrosia,
di mille vezzi e lusinghe fascinose, ancora.
Se non v’allarmano brame furenti, amatori,
venite,scordatevi la decade degli anni.
Filodemo (Grecia II-I secc. a.c. , tr. Filippo Maria

Il racconto della sessualità e le forme dell'erotismo sono sempre ecomunque forme di soggettività (come gli individui possono e devono riconoscersi come soggetti di questa sessualità).E' valido per Filodemo nel II-I sec a.c. come per Modigliani nel XX secolo.Si ripropone gnoseologicamente sempre e soprattutto la necessità di fare una genealogia della nozione di desiderio. Ma non a partire dalle concezioni filosofiche,letterarie o etiche, bensì dalle pratiche attraverso le quali gli individui sono spinti a riconoscersi come soggetti di desiderio (e come interpretano il desiderio) Fare cioè una storia dell'uomo di desiderio (nelle varie situazioni storiche). Sarebbe opportuno spostare un progetto di ricerca verso lo studio della lenta formazione, durante l'antichità, di una ermeneutica di sè (interpretazione di sè). Del resto si può lavorare ad una storia della verità a patto di cercare sopratutto di capire attraverso quali giochi di verità l'uomo si è riconosciuto come uomo di desiderio.

.....I have a dream !


Barack Obama, Bruce Springsteen, This Land Is Your Land



This Land is Your Land
Questa Terra è la Tua Terra(Woody Guthrie)

Bene ho percorso quella striscia di autostrada
Ho visto sopra di me il cielo infinito
Ho visto sotto di me la valle dorata
Questa terra è stata fatta per me e per te
Ho errato, ho girovagato e ho seguito i miei passi
Attraverso le sabbie scintillanti dei suoi deserti di diamante
E tutto intorno a me una voce stava gridando
Questa terra è stata fatta per me e per te
Questa terra è la tua terra
Questa terra è la mia terra
Dalla California
All' Isola di New York
Dalla Redwood Forest
Alle acque del Gulf Stream
Questa terra è stata fatta per me e per te
Bene il sole è divenuto brillante ed io andavo a zonzo
Attraverso campi di grano che ondeggiano e nubi di polvere che girano
E una voce risuonava
Come la nebbia si alzava
Dicendo questa terra è stata fatta per te e per me
Questa terra è la tua terra
Questa terra è la mia terra
Dalla California
All' Isola di New York
Dalla Redwood Forest
Alle acque del Gulf Stream
Questa terra è stata fatta per me e per te

Una parola per volta: EMOZIONI

Un legame emozionale è sempre un legame sociale.
"Amore ,odio,,timore ,fiducia, ansia ,ostilità ecc.
Queste astrazioni si riferiscono atrame di relazioni"
G.Bateson



Sul fenomeno si è prodotta e si va producendo una vasta letteratura psicologica,sociologica e filosofica.
a)sviluppo delle qualità espressive del soggetto come forma della liberazione di sè, della scoperta dell'io, dell'autorealizzazione, del diritto al piacere e le connesse derive narcisistiche.
b) "le leggi del cuore" si connotano come 'euforica declinazione trasgressiva' (primato delle passioni e dell'eccesso), come 'moderata declinazione intimistica' ( primato degli affetti:la commozione per la morte di Lady Diana) o come 'ludica declinazione postmodernista' (primato del sentire continuo e diffuso insito nel vitalismo metropolitano).
Senza contare le premesse culturali di tipo 'normativiste' fondate sul primato del dovere.
Provare o vivere emozioni significa sempre partecipare consapevolmente o inconsapevolmente a processi interattivi ,sociali e culturali nei quali siamo coinvolti....altrimenti parliamo d'altro.

martedì 28 ottobre 2008

....dedicata alla propria bambina.




Ma come vorrei avere i tuoi occhi, spalancati sul mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti,
ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare
e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare...

Culodritto, che vai via sicura, trasformando dal vivo cromosomi corsari
di longobardi, di celti e romani dell' antica pianura, di montanari,
reginetta dei telecomandi, di gnosi assolute che asserisci e domandi,
di sospetto e di fede nel mondo curioso dei grandi,

anche se non avrai le mie risse terrose di campi, cortile e di strade
e non saprai che sapore ha il sapore dell' uva rubato a un filare,
presto ti accorgerai com'è facile farsi un' inutile software di scienza
e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza...
Culodritto, cosa vuoi che ti dica? Solo che costa sempre fatica
e che il vivere è sempre quello, ma è storia antica, Culodritto...

dammi ancora la mano, anche se quello stringerla è solo un pretesto
per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato o mi ha mai chiesto;
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto...
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare...

" LA COMUNITA' PROVVISORIA "



IL TRITTICO DELLA VERGOGNA
with one comment
di Franco Arminio
Scuola, sanità, discarica: le pietanze della nausea. Per una singolare coincidenza mi ritrovo dentro la scuola taglieggiata, a due passi dall’ospedale che vorrebbero chiudere e col cuore dentro la discarica che vorrebbero aprire: dal balcone di casa mia vedo benissimo le tende dei militari.
Oggi in Italia si chiamano riforme operazioni di sciacallaggio politico. La filosofia è sempre la stessa: prendersela coi più deboli.
Gelmini per la scuola, Montemarano per gli ospedali, Bertolaso per le discariche sono dei modesti attuatori di una filosofia ormai diffusa nella società, una filosofia che mette spudoratamente le ragioni dei ricchi davanti a quelle dei poveri. E il gioco è tutto basato sul fatto che i poveri poi si accontentano quando gli dici che invece di due gambe te ne taglio una sola.
È ora di contestare alla radice questa impostazione che sta trasformando i paesi in manicomi all’aria aperta. Per quale motivo si trovano i soldi per aiutare un po’ di amici imbroglioni e poi non ci sono risorse per aiutare una persone che viene colpita da un infarto? Con quale logica si spendono un sacco di soldi per fare i carotaggi in una zona palesemente inadatta a fare una discarica?
Con quale pudore si eleva a ministro della pubblica istruzione la signora Gelmini nella nazione di Dante e di Petrarca?
Sono felice che i miei figli giovedì sfileranno a Roma. Sono felice per gli insegnanti che hanno aderito alla sciopero, per i ragazzi che non si rassegnano alla discarica sul Formicoso, per i cittadini che non si rassegnano a una sanità al servizio della politica e non dei malati.
C’è tanta materia per fare subito la grande manifestazione con tutti i sindaci al teatro Gesualdo di Avellino. La nostra provincia ha energie intellettuali e risorse naturali che dovrebbero consentire un ben altro tenore di vita. È ora di farsi sentire, fuori e dentro i partiti, in piazza, coi vicini di casa, dentro i bar. È inutile fare i furbi e pensare che provveda qualcun altro per noi. Mai come adesso ognuno è chiamato a spendersi in prima persona. È una stagione penosa, ma può diventare tollerabile e perfino esaltante se ci facciamo contagiare dall’ebbrezza della passione civile.

lunedì 27 ottobre 2008

Come si fà a spiegare alla giovane "ministra" Gelmini chi era Bob Marley ?


........Il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni.



UNA POESIA di ROSSELLA TEMPESTA



Se rinasco
ti chiedo d’essere una pala eolica
stagliata su di un cielo azzurro come questo
piantata sulle colline dolci e verdi
tra la Campania e la Puglia.
Con i miei bracci roteanti al vento
tutto il giorno a rinfrescare
le giovani spighe di maggio.
Se non si può,
almeno un giglio del campo.
Oppure scegli tu che farai meglio
però almeno un fiore giallo della rucola
o la formica che lo scala.
Un muro a secco di pietra di selce,
un tratturo di campagna,
un mucchio d’ossa di case della masseria disabitata.

O una pianta di borragine coi fiori viola,
vicino a quella macchia rossa di papaveri.

Se non si può
allora zolla di terra,
sterco che la concima,
biancofiore d’aglio, serpe di grano.

Se non si può,
qualunque cosa
tranne l’uomo.

..........a proposito dell'irripetibile '68.


I fatti e le storie del '68 sono del genere dei 'sogni': ciascuno ha un oggetto proprio che si circonda di un mondo, di persone, di idee.


Gli anni Sessanta e Settanta per l’Italia e per il mondo sono innazitutto un periodo di irripetibili esperienze individuali e di massa sia nel campo economico,politico e culturale.
L’Italia si innalza e si industrializza,la struttura agricola non è più egemone e nel bene e nel male cambiano il costume , gli stili di vita, le psicologie, la cultura degli italiani.
L’elezione di Giovanni XXIII apre la speranza e la prospettiva storica di una Chiesa che dialoga, non teocratica e dottrinale , che ripropone il marchio evangelico.
Il cinema, la letteratura e l’arte in genere si allineano con le rinnovate condizioni sociali economiche e culturali in genere, professandosi indipendenti e reattivi rispetto a qualsiasi “potere”.
Mentre in Italia per un primo momento la canzone rimane invischiata nella trappola conservatrice del “centrismo politico-culturale” che trova rassicuranti per la massa i vecchi schemi consolatori “all’italiana”,verso la fine degli anni sessanta dietro la spinta rivoluzionaria della musica americana e inglese, irrompe e esplode nel 1958 a S. Remo , tempio della tradizione e conservazione canora italiana, Modugno e il suo “ Volare”con una carica di naturale,libera e felice sensualità linguististica ed espressiva liberatoria per il pubblico imbalsamato e pigro della TV di stato.
In una società industrializzata, dov’è sempre più urgente la rapidità di comunicazione, nascono i primi “media” a testimoniare e amplificare il fenomeno canzonettistico :giornali come “Sorrisi e canzoni” e “Il musichiere”, i juke-box, i dischi in vinile a 45 giri.
E soprattutto la televisione, arma a doppio taglio.Da una parte crea una comunicazione a senso unico, dall’altro ,però allarga la visuale, fa prendere coscienza delle mutazioni in atto, presenta un’Italia sconosciuta, fa uscire dallo “stapaese, e propone pur tra le varie censure nuovi personaggi, nuova comicità, nuovi linguaggi anche musicali.
La cultura fa avanguardia ,“engagement”,rottura. I giovani possono ascoltare musica “diversa” che arriva da oltre confine e confrontarsi, spesso identificarsi con la libertà ritmica e melica del jazz e del rock.
Li anima uno spirito di vaga ribellione nei riguardi del passato immobile e stantio, un senso di diffusa contrarietà per le certezze dei padri.Percepiscono nei nuovi ascolti, l’offerta di libertà e di avventura di cui han bisogno.La scolarizzazione, l’educazione scolastica, l’estendersi a tutti della cultura, impongono scelte di fruizione e emozione sempre più varie.
Essendo la musica il veicolo più immediato e consono di comunicazione e integrazione generazionale, e non ritenendo quella dei padri adatta a rappresentarli, i giovani sono in continua ricerca di forme, linguaggi, idee nuove per comunicare se stessi , i propri sentimenti e desideri di futuro.
Tutto questo è e rappresentano gli anni Sessanta e Settanta!

....e alla 'povera ministra ' Mariastella hanno detto che tutto questo va cancellato dalla storia con "i grembiulini", "il voto in condotta" e "la maestra di una volta!!!!!!!!!

" NON C'E' PIU' NEANCHE IL FUTURO DI UNA VOLTA "

mauro orlando




26 ottobre 2008 Riaprire il futuro
(leggere tutto)
di BARBARA SPINELLI
C’è qualcosa che stona, nello stupore contrariato con cui si reagisce alle occupazioni di scuole e università. Come se la mente non fosse più capace di cercare le cause, negli effetti che ci si accampano davanti. Come se la storia e la realtà si esaurissero interamente nella parte terminale, e alla sorgente non ci fosse nulla. Come se avessimo disimparato ad agire calcolando le conseguenze, presenti e passate. L’occupazione di un’università è una violenza, certo. Si impedisce a chi partecipa in modi diversi alla vita pubblica di farlo, perché gli spazi comuni non lo sono più. Ci si prende un diritto togliendolo a altri. Spetta tuttavia a chi pensa e governa capire perché questo accade. Se non lo fa, non sentirà attorno a sé che lo strepito degli Uccelli di Hitchcock, e non troverà né i mezzi né le parole dell’azione autorevole. Ben più intelligibile apparirà la realtà, se non ci si ferma all’ultimo tratto della storia. La rabbia degli studenti non è senza rapporto con l’autunno delle finanze e con il crollo, brutale, di certezze ostentate per decenni sulle virtù autoregolatrici del mercato. Negli interstizi delle rovine nascono fiori neri che riflettono drammi di ieri e di oggi: sono una nemesi, una sorta di giustizia che colpisce le ingiustizie dei progenitori. Ogni nemesi è poco sottile e corre il rischio di farsi usare da difensori di uno status quo che va comunque mutato; ma essa dice anche che non esiste impunità, né nel pensiero né nella prassi.
una poesia
di antonietta gnerre

sezionata come cavia
ripercorro l’emisfero
delle tue parole

sussurrate

da un carico di luce
che io chiamo
poesia


Cittadini non si nasce, si diventa
(leggere tutto)

Michael Walzer*, La Stampa





Immaginate un paese moderno, come il mio e come il vostro, che sia diviso in materia culturale, religiosa, ideologica ed economica. \ Che tipo di educazione civica dovrebbero fornire le scuole statali e le università di questo paese? Voglio concentrarmi qui solo su questioni concernenti l’educazione politica. Che cosa devono sapere gli studenti che voteranno alle «nostre» elezioni, dove il riferimento del pronome è semplicemente l’insieme dei cittadini adulti?Ci sono, credo, tre requisiti curriculari di importanza critica, che valgono tanto per le scuole pubbliche quanto per quelle religiose.Il primo requisito probabilmente può essere meglio soddisfatto al livello delle scuole superiori, perché implica qualcosa di simile a quanto si usava chiamare «educazione civica». Gli studenti hanno bisogno di imparare una scienza politica pratica della democrazia; hanno bisogno di un corso dove si studino il funzionamento quotidiano dei ministeri di governo, delle assemblee rappresentative, delle corti, dei partiti, dei movimenti sociali e così via. Questa è la parte meno controversa dell’educazione democratica. Ciò nonostante, v’è un importante lavoro educativo da fare qui: insegnare agli studenti a pensare se stessi come futuri partecipanti nell’attività politica, non meramente come spettatori bene informati. E siccome lo spettacolo è spesso tutt’altro che edificante e invitante, gli insegnanti devono evidenziare come il sistema democratico non sia mai chiuso, il suo carattere non sia mai deciso una volta per tutte. Nonostante tutte le rigidezze burocratiche, ci sono sempre delle opportunità per persone con idee nuove o diverse. Gli studenti dovrebbero essere incoraggiati a sperimentare le dottrine politiche, e si dovrebbe insegnare loro come discuterle davanti ai loro pari e all’interno di specifici ambiti istituzionali.Secondo, gli studenti hanno bisogno di studiare la storia delle istituzioni e delle pratiche democratiche dall’antica Grecia in avanti, e parallelamente devono imparare e misurarsi con la preferenza di vari gruppi religiosi per forme di governo non democratiche. Forse insegnanti in scuole con molti studenti cattolici, ebrei o musulmani cercheranno modi per naturalizzare la democrazia all’interno di tradizioni che sono state nei fatti ostili ad essa, ma io sarei per favorire un confronto onesto con le forme di governo - di re o preti o saggi religiosi - preferite dalla religione. Dopo tutto, la democrazia è una cultura della critica e del dissenso. Ci sono vari modi per aiutare gli studenti a sentirsi a casa propria in una società democratica, e la pretesa che tutti ci abbiamo da sempre vissuto non è necessariamente la migliore. Certamente non è il modo più onesto, e i giovani generalmente riconoscono e rifuggono la disonestà. Ciò detto, non penso che sia sbagliato raccontare la storia cattolica, ebrea o musulmana in una versione che metta in rilievo i possibili punti di accesso ad un’intesa democratica. Ma si deve anche raccontare la storia greca e soffermarsi sui momenti genuinamente formativi nella storia della democrazia. ...............

domenica 26 ottobre 2008

ROBERTO SAVIANO Il sistema CAMORRA

La solidarietà a Roberto è farsi veicolo e strumento delle sue parole e delle sue idee .



http://www.youtube.com/watch?v=I-4ZoIFr7FQ

Un "elisir"...........d'amore.


Sonetto 130 di Shakespeare tradotto
Sonnet 130
My mistress' eyes are nothing like the sun;
Coral is far more red than her lips' red.
If snow be white, why then her breasts are dun;
If hairs be wires, black wires grow on her head.

I have seen roses damasked, red and white,
But no such roses see I in her cheeks;
And in some perfumes is there more delight
Than in the breath that from my mistress reeks.

I love to hear her speak, yet well I know
That music hath a far more pleasing sound.
I grant I never saw a goddess go:
My mistress when she walks treads on the ground.

And yet, by heaven, I think my love as rare
As any she belied with false compare.

Sonetto 130 / traduzione hanna filo

Nulla del sole hanno gli occhi della mia bella,
Delle sue labbra il più rosso è corallo,
Se la neve è bianca, i suoi seni son grigi,
Se i capelli sono crini, neri crini crescono sul suo capo.

Ho visto rose screziate, bianche e rosse,
Quelle rose così mai vedo sulle sue gote;
E in certi profumi c'è assai più delizia,
Rispetto al fiato, ch'esala la mia amante.

Adoro sentire la sua voce, ma so bene
Che la musica ha un molto più piacevole suono.
Ammetto, non ho mai visto camminare una dea,
Ma i passi della mia bella, calpestano suolo.

Ma in nome del cielo, cosi raro stimo mio amore,
Come qualsiasi falsamente decantata donna.

sabato 25 ottobre 2008

25 novembre 2008: una giornata di democrazia italiana !



"La storia siamo noi,

nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti
a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano".

giovedì 23 ottobre 2008

UNA VOCE...poco fà,qui nel cuor mi risuonò


LA VOCE: l'ascolto come conoscenza dell'altro.


Senza voler enfatizzare la sua funzione ,come scrive Grace Paley: “ La parola che esce dalla bocca è un suono nell’eco di Dio”; una voce significa questo , scrive Calvino : “C’è una persona viva, gola ,torace ,sentimenti, che spinge nell’aria questa voce diversa da tutte le altre voci”.
Nel suo racconto “Un Re in ascolto” ci parla di un Re che seduto immobile nel suo trono tende ad educare l’orecchio per intercettare e decifrare i suoni che lo circondano in funzione soltanto del suo potere e della paura di perderlo.
La logica dell’esercizio del suo potere diventa un controllo acustico meticoloso e ossessivo del suo regno. Ogni suono, rumore, voce diventa indizio di fedeltà o congiura. Tutto è da interpretare con inquietudine e sospetto: sussurri, grida, rumori, vibrazioni, tonfi, lunghi silenzi e soprattutto voci. Voci nemiche, fredde, o allegre, compiacenti, cortigiane, false e artefatte.
Un re prigioniero del suo stesso sistema di “potere”, fatto di paura e di una insicurezza costruito sull’ossessione, violenza, persecuzione e sospetto.
Una vita potente , piena, ma triste ,infelice ,non umana.
Ma un bel giorno…….. l’incanto, la magia. Una persona, un “io” di una “voce” . “quando nel buio una voce di donna s’abbandona a cantare, invisibile, al davanzale di una finestra spenta”.Al re insonne capita finalmente di udirla nella sua umana unicità.Allora si riscuote , si ricorda finalmente della vita e ritrova piacevolmente un oggetto, una persona per i suoi antichi desideri. Una voce vera e inconfondibile di vita che si offre liberamente e naturalmente nel canto.
La voce nel canto,quindi.
Nessuno si può permettere, neppure lo scaltro e sagace Ulisse, di togliere il canto alle sirene!
Nessuna mutezza o silenzio è stato più tragico per l’uomo occidentale che aver imposto il silenzio delle sirene nella vita dell’uomo. Sia quando prendono il nome di ‘utopia’,’speranza’,’sogno’, o anche ’religione’ e perfino ‘ideologia’.
“Ma se tu prendi la mia voce- disse la piccola Sirena- che cosa mi rimane?” Scriveva Andersen nella sua famosissima “Sirenetta”.
Nella nostra cultura il canto (mèlos) è considerato naturalmente (fùsei, per natura) femminile, leggero, caldo e lieve tanto quanto la parola( lògos) è considerata naturalmente maschile.
La voce degli uomini tende generalmente a sparire nel lavoro insonoro, pesante,freddo della mente, ossia del pensiero logico e razionale (lògos).
Roland Barthes ricorda che non è più possibile definire "l'ascolto come un atto intenzionale di audizione (ascoltare significa voler sentire, in modo pienamente cosciente), attualmente gli si riconosce il potere, quasi la funzione, di esplorare terreni sconosciuti: nel campo dell'ascolto è incluso non solo l'inconscio, nel senso topico del termine, ma anche, se così si può dire, le sue forme laiche: l'implicito, l'indiretto, il supplementare, il differito. L'ascolto si apre a tutte le forme di polisemia, di sovradeterminazione, di sovrapposizione, disgregando la Legge che prescrive l'ascolto diretto, univoco. L'ascolto è stato per definizione, applicato; oggi gli si chiede piuttosto di lasciar manifestare". L'abilità di colui che pratica l'ascolto, l'analista, sarà quella di distinguere, differenziare ciò che si sente, si ode, da ciò che si ascolta. Alberto Zino scrive: "L'udito, ciò che viene udito, non è l'ascolto, anche se fra i due c'è dell'implicazione. Ciò che è considerato udibile, è l'unico modo di rendere transitivo l'ascolto, di soggettualizzarlo, di trovarne un autore. L'ascolto, in tal modo astratto dal vuoto che comporta, non può che con-fermare, a un tempo connettere e chiudere il conto."
Karen Blixen nel suo splendido racconto, “I sognatori”, racconta la storia di una famosa soprano che,perdendo la voce,sente di aver perso identità e se ne va in giro per il mondo cambiando ripetutamente nome . Nel momento clou del racconto fa dire ad un devoto ammiratore della cantante per esprimerle il suo amore :”…il mio cuore si mescola al suono della sua voce, finchè pensavo : questo è troppo; la dolcezza mi ucciderà, non resisto più. Oggi ho capito il senso del cielo e della terra, delle stelle ,della vita e della morte, dell’eternità..Ho voglia di piangere di gioia”.

mauro orlando

Un dialogo appena iniziato con la mia terra e suoi migliori abitanti.


di Franco Arminio / La posizione del morto



Oggi è uno di quei giorni in cui sotto sotto spero che mi venga un ictus o un infarto. Buttarmi dal balcone o impiccarmi sono imprese al momento fuori dalla mia portata.
Se scrivi una cosa come questa e la mandi via mail a qualcuno con cui non hai molta confidenza puoi dire tranquillamente di aver fatto una cazzata.
Eppure io sono attratto dalle confidenze che maturano all’improvviso, che maturano per salti, per gesti avventati, per comunicazioni assurde.
Uno che vive nel delirio di essere continuamente in punto di morte e ha pure la pretesa di raccontarlo questo delirio, non può non suscitare irritazione negli esseri che si ritengono portatori di condotte esistenziali esemplari. Io non so che farmene di una bella vita e di belle comunicazioni. Io sono morto. La mia vita è un’eco in via di spegnimento. Il boato è avvenuto con la nascita. Quando parlo agli altri penso di farlo a partire da una condizione che gli altri condividono e invece spesso mi ritrovo a parlare con persone che si ritengono vive e vegete e perfino portatrici di grande rigore e moralità. Bene, ognuno si creda quel vuole. Ma se c’è una verità è nella posizione del morto e non del vivo.
Io sono un morto che sbaglia, solo in questo differisco dai morti che stanno al cimitero. Il mio rigore, la mia calma assoluta ancora non sono entrate in funzione. Adesso sto qui a pasticciare con le mie ceneri. Le impasto con le parole e posso perfino trarne fuori abbracci, sorrisi.


Mi ha confortato leggere nella discussione seguita a questo scritto :“è un pezzo scritto un pò di tempo fa.adesso non sarebbe alla mia portata….” da parte del suoautore Franco Arminio. Lo dico non per esorcizzare o allontanare il timore ma solo perchè in questo momento non ho il coraggio di sopportare altro dolore per le persone a cui voglio bene e anche a quelle che comincio avoler bene.Io so che le parole sono la stessa storia delle persone che le esprimono o scrivono. Quelle del tempo passato appartengono al linguaggio e alle persone dell’anno o del tempo passatoe le parole dell’anno prossimo attendono un’altra voce e altre circostanze per venir fuori ed esprimersi anche se dette dalla stessa (!?) persona.Sarebbe facile giocare sull’etimologia della parola persona: ‘maschera’.Negli studi noi pivilegiamo sempre e sviluppiamo le facoltà espressive e rappresentative, mai le facoltà intuitive legate all’esistenziale unico ,molteplice e mutevole come il fiume di Eraclito e non come la perfetta rotondità universale dell’Essere di Parmenide.“ Il pensiero della sofferenza non è discorsivo….Scrive S. Weil…. Il pensiero urta cotro il dolore fisico, contro la sventura, come la mosca contro il vetro, senza potere progredire in alcun modo né scoprirvi nulla di nuovo, e senza potersi impedire di tornarvi.Così si esercita e si sviluppa la facoltà intuitiva. Eschilo mediante la sofferenza, arriva alla conoscenza. Fare della sofferenza un’offerta è una consolazione, e quindi un velo gettato sulla realtà della sofferenza. Ma lo è anche considerare la sofferenza come una punizione.La sofferenza non ha significato. E’ questa l’essenza stessa della sua realtà. Occorre amarla nella sua realtà, che è assenza di significato.” Questo scritto non mi convince del tutto ma nei riguardi del tuo dolore e della tua soffrenza mi aiuta se non altro a rimandarlo,esorcizzarlo senza ricorrere ad aiuti metafisici emeno che meno religiosi.Per la metafisica ho accumulato opinioni,concetti o idee che me la ridimensionano .Per la religione non mi sento ancora pronto ad arrendermi.Con stima sicura e con affetto sperato.

mauro orlando



martedì 21 ottobre 2008

Idee per un almanacco del viaggiatore.

......sempre dell'Irpinia orientale

Quando è umido e freddo
"Di fronte a Viandante sul mare di nebbia, un dipinto realizzato nel 1818 da Casper David Friedrich, rivedo come era qui quando le acque cominciarono a ritirarsi e far spazio alla terra e l’uomo che per prima la vide e volle restare.Un uomo, forse Francesco De Sanctis, un viandante dice il titolo, uno che era andato a cercare qualcosa, qualcosa che lui stesso fino a un attimo prima non sapeva cosa fosse, è ritratto di spalle affacciato su di un mare di nebbia che invade un paesaggio montagnoso senza nessun segno di vita.In verità la creazione è appena iniziata. Perciò ancora non c’è vegetazione. Tanto il tempo è al suo primo momento, che ancora nemmeno ha mai piovuto né mai il vento ha ancora soffiato da essere le rocce strofinate. Col broncio di un bambino appena nato, le asprezze dei monti emergono selvatiche dalle increspature di un abisso di nebbia, da un’acqua che, evaporando nel chiaro senza luce del primo mattino del mondo, si confonde con l’aria e col cielo.Di fronte e dentro questo potente e disadorno scenario, l’uomo non si sente in balia del nulla, né avverte in sé un senso di vuoto. Non si rinviene mancante o perduto, né inadeguato a quella misura e a quel vigore ma, nella sua nobile solitudine, fiero. Innalzato al di sopra di tutto, in quel paesaggio, in un sol colpo, per la prima volta riconosce sé, intuisce la grandezza tragica della sua esistenza e ha sentore di un Dio.
D’autunno qui è ancora così. Quando è umido e freddo la nebbia, che affoga le valli al mattino, presenta le isole dei paesi sulle sporgenze dei monti staccati tra loro, la fede nuziale che quell’uomo ha messo ai loro an
ulari."
L’uomo fu inizialmente nomade, a volte si stanziò, per tornare poi ancora ad essere nomade.
I nomadi ( e l’uomo quindi) hanno inventato gli elementi basilari della civiltà,linguaggio,agricoltura,navigazione,il mercato, i stanziali hanno inventato le fortezze,lo stato,le imposte.
Cercare il mezzo per vivere il radicamento come una scoperta e il viaggio come una tregua,di sostare come un nomade e di spostarsi come uno stanziale,di errare pur restando immobile,di meditare pur muovendosi.
Vivere questa dualità come un sfida,una disciplina,una pratica.
Consente di non soffrire né dell’intorpidimento del soggiorno né dello strappo della partenza, consente di evitare la routine di un luogo sia la precarietà di una strada, organizza la conciliazione tra esilio e territorio,tra piacere e dignità, tra libertà e fratellanza,,tra presenza ed assenza.
VIAGGIARE COME STANZIALI IMMOBILI COME IN VIAGGIO.

mauro orlando


lunedì 20 ottobre 2008

Non esprimo solidarietà a Roberto ma metterei in gioco la mia scelta di vita appartata per difenedere la sua libertà di vivere e di scrivere.

Odio le passerelle parolaie e retoriche dei politici di turno con la forza delle parole e della passione civile di Pasolini.Mi intristiscono i doveri alla pubblica solidarietà da parte del Primo ministro,dei ministri in luce e in ombra, dei deputati e senatori di destra-centro-sinistra che dalle loro comode poltrone o onorevoli scrivanie esprimono con cinico pietismo o laica partecipazione la solidarietà dovuta o anche sentita a Roberto Saviano. Perpretando un rito che ha perso tutta la sua tragica sacralità davanti ad una telecamera disumana e disumanizzante o in un 'blog' amico o da accattivare.Disprezzo le 'prese di posizioni' di vecchi e nuovi professionisti della menzogna come mezzo e dell'ipocrisia come fine,chi per dovere,chi per vigliaccheria ,chi per opportunismo o per populismo, chi per la "vera Politica chi per l'antipolitica,chi per odio o paura del diverso, chi per marcare la distanza dal diverso, chi per esprimere a chi sa e ascolta la propria vicinanza palese o occulta alla camorra, chi per un dovere formale e necessario di solidarietà di "sinistra riformista", chi per marcare il suo 'radicale essere sempre e comunque contro', chi per sottolineare semplicemente una distanza dalla sinisstra riformista, chi per compito istituzionale,chi per precisazione ministeriale o per distinzione pilatesca o territoriale, chi per opposizione istituzionale, chi per semplice interesse elettorale, chi per carità cristiana, chi per laica solidarieta a difesa comunque della liberaldemocrazia e della Costituzione repubblicana incorniciata e dimenticata, chi........................sempre o comunque con ipocrisia e disprezzo della vita e delle idee degli altri..................a prescindere!

Trovo più utile e opportuno limitarsi a esprimergli solidarietà e vicinanza riportando le sue stesse parole trascritte dalla “Lettera a Gomorra” uscita su “Repubblica” del 22 settembre scorso:
“Come abbiamo fatto a divenire così ciechi? Così asserviti e rassegnati, così piegati?….Non posso credere che riescano a resistere soltanto pochi individui eccezionali. Che la denuncia sia ormai solo il compito dei pochi singoli, preti, maestri, medici, i pochi politici onesti e gruppi che interpretano il ruolo della società civile. E il resto? Gli altri se ne stanno buoni e zitti, tramortiti dalla paura? La paura. L’alibi maggiore. Fa sentire tutti a posto perché è in suo nome che si tutelano la famiglia, gli affetti, la propria vita innocente, il proprio sacrosanto diritto a viverla e costruirla. Ma non avere più paura, non sarebbe difficile. Basterebbe agire, ma non da soli. La paura va a braccetto con l’isolamento. Ogni volta che qualcuno si tira indietro, crea altra paura, che crea ancora altra paura, in un crescendo esponenziale che immobilizza, erode, lentamente manda in rovina.…Chiedo alla mia terra se riesce ancora ad immaginare di poter scegliere. Le chiedo se è in grado di compiere almeno quel primo gesto di libertà che sta nel riuscire a pensarsi diversa, di pensarsi libera. Non rassegnarsi ad accettare come un destino naturale quel che è invece opera degli uomini.…Bisogna trovare la forza di cambiare. Ora, o mai più.”
Quello che segue è un passo di Simone Weil tratto da Prima radice.
Il rischio

Il rischio è un bisogno essenziale dell’anima. L’assenza di rischio suscita una specie di noia che paralizza in modo diverso da quanto faccia la paura, ma quasi altrettanto. … La protezione degli uomini contro la paura e il terrore non implica la soppressione del rischio; implica invece la presenza permanente di una certa quantità di rischio in tutti gli aspetti della vita sociale; perché l’assenza di rischio indebolisce il coraggio al punto di lasciar l’anima, in caso di bisogno, senza la benché minima protezione interiore contro la paura. E’ necessario soltanto che il rischio si presenti in condizioni tali da non trasformarsi in un sentimento di fatalità.

domenica 19 ottobre 2008

Per tutte le terre violentate dal potere ............



O' sang è passate ancore
'ncoppe à sta terra amara
'a morte se fà destine
'o sfregge addevene storia
L'Italia s'accrescerà
c'à raggia o 'o rancore
...saranne cittadine senza nisciun'onore
e sarà l'arte 'e campà
....sarà n'a ferita aperta
sotta ll'acqua o sotto 'o sole
n'allucche senza voce
ca' passe pe terre e città
ggente senza pace
pe truvà giuste 'e parole
pemeglio annasconnere
'e cose ca' dicere nun vole
.....ma io canto canto
pe tutte quante
...canto ,canto
pe' dà curaggio
canto pe' dà speranze
canto p'a' dignità
c'avimme avuta tante.

recitata da Lina Sastri

sabato 18 ottobre 2008

Il sentimento poetico di una bella canzone: una possibile via di fuga da questo "inverno di scontenti" e dalla sua "babele linguistica".


Una canzone è vera e condivisibile se è il racconto dell’ “io” nell’espressione lirica dei suoi sentimenti e nelle profonde azioni quotidiane dell’”esserci”.
“La sua narrazione è secca, sintetica, raramente indugia in lunghe tirate: passa da un quadro all’altro, da un esempio all’altro, l’essenziale ,la natura fuori e l’uomo “dentro” gli suggeriscono infinite occasioni pittoriche ed esplicative” ( R. Vecchioni, Lezione in ateneo).
Questa è la caratteristica fondamentale ,direi la base teoretica della “forma canzone “ dei cantautori italiani.
L’ “io” sta alla base del comunicare, dell’eternare come per il lirici greci e per i trovatori medioevali. E’ un “io” espressionista, finalmente in linea con i grandi movimenti artistici del Novecento; è la proposizione di un mondo come “si sente” e non solo come lo si vede, figlio tardivo della grande lezione pittorica, poetica, letteraria e filosofica dei Picasso,Chagal, Breton, Kafka, Montale Sartre , Foucault ed Heidegger.
Questo “io” è inquadrato nella vita di tutti i giorni, nella realtà elementare, spicciola, nel disincanto, nella demitizzazione, nell’antiretorica, nel contingente.
L’amore, il dolore ,la gioia ,la solitudine …i sentimenti più intimi insomma, cessano di essere eterni , universali e consolatori, cessano di essere unici ,storici e immortali, diventano frammento, espedienti, lacerazioni, noia, speranza, sussurri e grida : la loro durata si accorcia mentre la sua intensità si fa frenetica, altissima come una vampata, un incendio cosmico, eterno e nello stesso tempo momentaneo.Non esistono più luoghi celestiali ed infiniti, tutto è ridotto alla normalità; semmai l’infinito è dimensione di coscienza, di spirito .




C'è tempo

e............. grazie alla mia nipote preferita, Camilla, mi è tornata in mente questa bellissima canzone di Ivano Fossati



Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.
C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.
C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.
C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.
È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.
.Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.
C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.
C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai accanto a te nuovamente
mano alla mano che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.

venerdì 17 ottobre 2008

Un 'irpino' a Milano il 10 e 11 novembre.

C’è qualcosa nel mondo dello spettacolo che ti salva, ed è che tutto si può fantasticare. Uno può avere creature che l’accompagnano per una vita, e rendono fiaba una storia, come il Gigante e il Mago, creature che hai dentro fino da piccolo e che la strada a volta ti regala se sei pronto per l’incanto. Creature che camminano nel buio e cercano di tenere accesa dentro la fiammella della loro innocenza e della loro umanità, tra apparizioni disumane».
Vinicio Capossela





Quando la messa è finita
quando s'incaglia la vita
quando soffia forte il vento
quando il lume sembra spento
si fà scuro tutto intorno
e non c'è niente del gran giorno
puoi pregare di incontrare
IL GIGANTE E IL MAGO.

Quando è finito il ballo
e non ci sono più parole
il telefono è staccato
quando il treno è già passato
quando non c'è più riscossa
quando il freddo è nelle ossa
solo allora puoi trovare
IL GIGANTE E IL MAGO........

e i tamburi stanno zitti

e la grancassa tace

ma i bambini non lo sanno

e continuano a giocare

chiudi gli occhi e non sai quando

quanto a lungo puoi durare

chiudi gli occhi e tu ritrovi

IL GIGANTE E IL MAGO.

Una parola per volta.................



La decrescita
La decrescita è elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio.
Maurizio Pallante

Diamo un'occhiata alla mia terra.



Rinascimento agricolo nelle campagne
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Estratto della presentazione a cura di Vandana Shiva della ”Carta per il rinascimento della campagna”, di Giannozzo Pucci
Anche se potete pensare che i nostri contadini indiani siano al sicuro nelle loro libertà, devo ricordare che le stesse leggi e politiche che hanno distrutto le basi su cui si reggevano i piccoli contadini in Italia, gli stessi processi sono stati avviati anche in India in questo periodo e i nostri sforzi e la nostra lotta è la stessa, per una medesima libertà.Sono tre i processi coi quali le libertà dei contadini sono soffocate: il primo è il furto dei semi, la trasformazione dei semi in un prodotto industriale e attraverso questo in proprietà intellettuale di cinque società monopolistiche mondiali per mezzo dell’ingegneria genetica e dei relativi brevetti.In Europa alcune di queste libertà sono state spazzate via senza che la gente se ne accorgesse. Ma quando in India hanno tentato di introdurre i brevetti sui semi o imporre la coltivazione di sementi registrate, facendo in modo che lo stato acquistasse il potere di dare il permesso al contadino di coltivare o meno un dato seme, abbiamo cominciato un grande movimento gandhiano che abbiamo chiamato il satyagraha dei semi, un po’ come il satyagraha del sale […].

giovedì 16 ottobre 2008

Oggi sono contrariato dalla politica italiana: e allora ...una pillola di ....poesia.

Saffo

Alla figlia
Presagio di morte

οὐ γὰρ θέμις ἐν μοισοπόλῳ οἰκίᾳ
θρῆνον θἐμεν˙ οὐκ ἄμμι πρέποι τάδε.

Nella casa frequentata dalle Muse
non è lecito levare funebre canto.
A noi non si addice.



Come il giacinto
… … … … … … .. …
οἴαν τὰν ὐάκινθον έν ὄρρεσι ποίμενες ἄνδρες
πόσσι καταστείβοισι, χάμαι δ’ πορφύρα ἄνθη.
... … … … … … … …
come il giacinto che il pastore
sul pendio del monte calpesta

ma ancora purpureo fiorisce sulla terra .
traduzione di Simone Saglia

mercoledì 15 ottobre 2008

Un sogno moderno e.........un incubo arcaico ma attuale.

Grottaminarda (av): il mio amato paese di nascita.


Vi voglio raccontare un sogno dell'altra notte....anzi un incubo . Sognavo di un mio intervento a Desenzano del garda, ' ad un incontro sul tema l'impegno politico nei nuovi movimenti della società civile, 'i girotondi'.. Pressappoco il mio argomento si stava sviluppando seriosamente con queste parole: " E’ il “sentimento” e “la passione”, non necessariamente contrapposti alla “ragione”, la peculiarità e l’anima di una nuova esigenza di politica che ci ha piacevolmente trascinato in questa straordinaria esperienza sociale .
Ognuno di noi ha dovuto fare delle scelte esigenti rispetto alla propria vita privata, intellettuale e professionale . Abbiamo dovuto correggere convinzioni inossidabili e vocabolari inadeguati. Abbiamo dovuto fare “tabula rasa ” delle nostre sintassi e grammatiche, perché sentivamo che questa esperienza aveva una necessità e originalità che obbligava a mettere in discussione prima di tutto noi stessi, le nostre accomodanti e pacificate pigrizie mentali e psicologiche.
Le nostre care e vecchie categorie filosofiche e politiche si sono manifestate nella loro insufficienza sia per la comprensione del fenomeno ma soprattutto per interpretarne il senso e la sua rappresentazione.
Educati ad una salutare diffidenza culturale e politica dell’individualismo moderno se pur filosoficamente profondo (Locke,Kant, Stuart Mill) ,questa nuova esperienza sociale ci ha riaperto un quadro analitico meno dottrinario e ideologico e più aperto e critico. Abbiamo scoperto la ricchezza di un individualismo “riflessivo” , centrifugo, progressivo e attivo finalizzato a stimolare e consentire agli individui prima di tutto, di fare libere scelte per quanto riguarda la loro vita privata e pubblica per una cittadinanza attiva ,riflessiva e responsabile e la povertà pericolosa e reazionaria di un individualismo pigro , centripeto, regressivo e gregario......." E' a questo punto che ossessivamente mi si presentavano alla mente le scene di Totò nella parte del candidato " Antonio la Trippa" e alle effettive e drammatiche abitudine della 'politica' nella mia nativa Grottaminarda in preparazioni delle liste e dei programmi per le prossime elezioni amministrative.Da quì il passaggio dal sogno all'incubo e all'inquietato risveglio fu immediato,liberatorio ma purtroppo veritiero..........


Accattivante 'Conte' a Milano fino a sabato!

"Oltre le illusioni di Timbuctù e le gambe lunghe di Babalù c'era questa strada...Questa strada zitta che vola via come una farfalla, una nostalgia, nostalgia al gusto di curaçao...Forse un giorno meglio mi spiegherò"
(Paolo Conte, "Hemingway")




Via con me
Paolo Conte
P. Conte

(1981)

Via, via, vieni via di qui,
niente più ti lega a questi luoghi,
neanche questi fiori azzurri...
via, via, neanche questo tempo grigio
pieno di musiche
e di uomini che ti sono piaciuti...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
good luck my babe,
it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
I dream of you...
chips, chips, du-du-du-du-du

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
non perderti per niente al mondo...
via, via, non perderti per niente al mondo
lo spettacolo d'arte varia
di uno innamorato di te...
........
Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
pieno di uomini...
via, entra e fatti un bagno caldo,
c'è un accappatoio azzurro,
fuori piove un mondo freddo...



Arminio: uno sguardo poetico e umano su una terra di miti antichi.



Solo i poeti ,purtroppo, osano e sanno raccontare la mia terra d'Irpinia e la sua gente.Ho letto per caso in questi giorni di sofferenza e violenza della terra del Formicoso da parte dei potenti di turno,una lettera che Cesare Pavese scrive da Santo Stefano Belbo a Fernanda Pivano, in cui esprime con lieve meraviglia una sorprendente e del tutto inaspettata scoperta. Il maturo poeta delle Langhe piemontesi proprio nell’estate del 1942 descrive, il desiderio che, nella sua aurorale verginità poetica, covava il giovanissimo Pasolini nel suo «esteso mondo» friulano la sua terra natale.Nel leggere queste parole ho pensato a un mio nuovo amico (spero!) irpino,poeta e 'paesologo'.Pavese scriveva : “(...) so che il mio mestiere è di trasformare tutto in «poesia». Il che non è facile. (...) Quanto ho scritto finora erano sciocche cose, tracciate secondo schemi allotrî, che non hanno nessun sapore dell’albero, della casa, del sentiero, ecc. come li conosco. (...) Ben altre parole, ben altri echi, ben altra fantasia sono necessari. Che insomma ci vuole un mito. Ci vogliono miti (...), per esprimere a fondo e indimenticabilmente quest’esperienza che è il mio posto nel mondo. (...) Descrivere paesaggi è cretino. Bisogna che i paesaggi - meglio, i luoghi, cioè l’albero, la casa, la vite, il sentiero, il burrone - vivano come persone come contadini, e cioè siano mitici. (...) Ho capito le Georgiche. Le quali non sono belle perché descrivono con sentimento la vita dei campi, (...), ma bensì perché irridono tutta la campagna in segrete realtà mitiche, vanno al di là della parvenza, mostrano anche nel gesto di studiare il tempo o affilare una falce, la dileguata presenza di un dio che l’ha fatto o insegnato”. L’urgenza di Pavese sembra essere la stessa di Pasolini e di Arminio, l’urgenza di spiegare attraverso il mito l’origine di una terra ma soprattutto l’origine, il significato del proprio esserci nel mondo; dunque, il senso del suo posto nel mondo non può essere una mera e sentimentale descrizione paesaggistica, come dirà più tardi attaccando la ottocentesca poetica zoruttiana, ma “il poetare” che «nomina il sacro» , il far affiorare attraverso il suo canto la sacra presenza di padri e madri, di una generazione insomma, che ha modellato i suoi campi ed ha insegnato a farlo.“(...) uno sguardo umano rivolto a quell’imperturbato orizzonte ha fatto nascere la storia di questa regione”. Dunque, il mito come storia, non come qualcosa di asettico: il mito come accadimento dell’origine dell’essere.

mauro orlando

Irpinia: fa che l'inverno ci sia lieve.

“Gli uomini non sono solo se stessi; essi sono anche l’ambiente in cui sono nati, il focolare della città o della fattoria dove hanno imparato a fare i primi passi, i giochi che hanno rallegrato la loro infanzia , i racconti delle anziani donne che hanno ascoltato , il cibo che hanno mangiato, le scuole che hanno frequentato, gli sport che hanno praticato, i poeti che hanno letto, il Dio che hanno adorato.” (W. Somerset Maugham , “La Lama Del Rasoio”)

martedì 14 ottobre 2008

Paul Krugman: un Nobel che non stimava Bush "un grande Presidente"

L'Accademia reale delle scienze svedesi ha deciso di attribuire il Premio Riksbank in Scienze economiche alla memoria di Alfred Nobel 2008, a Paul Krugman (Princeton University, New Jersey, Usa) «per le sue analisi sulle conseguenze degli scambi e della delocalizzazione nelle attività economiche».

Ecco la motivazione pubblicata sul sito del premio Nobel.
Commercio internazionale e geografia economica - I modelli sugli scambi e la localizzazione delle attività produttive sono sempre stati fondamentali nel dibattito economico. Quali sono gli effetti del libero mercato e della globalizzazione? Quali sono le forze che guidano l'urbanizzazione mondiale? Paul Krugman ha formulato una nuova teoria per rispondere a queste domande, ed è riuscito a integrare i tanti campi di ricerca del commercio internazionale e della geo-economia.
L'approccio di Krugman è basato sulla premessa che molte merci e servizi possono essere prodotti più a buon mercato su larga scala. Un concetto generalmente conosciuto come economia di scala. Nel frattempo, la domanda dei consumatori si è orientata verso una tipologia di prodotti più estesa. Come risultato, la produzione su piccola scala per mercati locali è stata sostituita da una produzione su larga scala per il mercato mondiale, dove le aziende con prodotti simili competono l'una con l'altra.
La teoria tradizionale sugli scambi sostiene che i Paesi sono differenti: alcuni Paesi esportano prodotti agricoli, mentre altri esportano prodotti industriali. La nuova teoria chiarisce perché su base mondiale gli scambi sono dominati da Paesi che non solo hanno le stesse condizioni, ma anche scambi dello stesso tipo - per esempio, un Paese come la Svezia che esporta e importa lo stesso quantitativo di auto. Questo tipo di scambi impedisce la specializzazione e la produzione su larga scala, e genera prezzi bassi per una grande varietà di materie prime.
L'economia di scala combinata con la riduzione dei costi di trasporto aiuta a spiegare perché una fetta crescente della popolazione mondiale vive nelle città, e perché attività economiche simili sono concentrate negli stessi posti. I bassi costi di trasporto tendono a causare un processo di auto rafforzamento di questo sistema, anche perché la crescita della popolazione che vive nelle città fa allargare la produzione su larga scala a una estesa varietà di prodotti. Questo aumenterà la migrazione verso le città.
Le teorie di Krugman hanno mostrato in definitiva che la conseguenza di questi processi porterà alla formazione di più tecnologiche aree urbane contro una sempre meno sviluppata periferia.

Tremonti : Cicala ieri, Formica oggi, in compagnia del .....Grillo.



Poesia di Trilussa

La cecala d'oggi

Una Cecala, che pijava er fresco
all'ombra der grispigno e de l'ortica,
pe' da' la cojonella a 'na Formica
cantò 'sto ritornello romanesco:
Fiore de pane,
io me la godo, canto e sto benone,
e invece tu fatichi come un cane.
Eh! da qui ar bel vedé ce corre poco:
rispose la Formica
nun t'hai da crede mica
ch'er sole scotti sempre come er foco!
Amomenti verrà la tramontana:
commare, stacce attenta...
Quanno venne l'inverno
la Formica se chiuse ne la tana.
ma, ner sentì che la Cecala amica
seguitava a cantà tutta contenta,
uscì fòra e je disse: ancora canti?
ancora nu' la pianti?
Io? fece la Cecala manco a dillo:
quer che facevo prima faccio adesso;
mó ciò l'amante: me mantiè quer Grillo
che 'sto giugno me stava sempre appresso.
Che dichi? l'onestà? Quanto sei cicia!
M'aricordo mi' nonna che diceva:
Chi lavora cià appena una camicia,
e sai chi ce n'ha due? Chi se la leva.

lunedì 13 ottobre 2008

La montagna
with one comment
Quando i paesi, le città e le persone vi danno malessere, venite pure in montagna.
Sull’altopiano c’è ora uno scenario bellissimo. Le montagne autunnali, la sacralità del bosco, il delicato profumo delle foglie, della terra umida e il colore dei ciclamini infondono una sorta di benessere ed allontanano dalla pesantezza sociale quotidiana. Stasera sono tornata a casa con alcuni funghi e l’acqua della sorgente. Natura generosa. Che gran lusso!
Un saluto da Laceno a tutti i comunitari incontrati ieri sera “intorno alla musica e all’arte” a Lapio.
(E’ stata una serata organizzata con energia e passione).
gabri
Written by comunitaprovvisoria
13 Ottobre 2008 a 8:11 pm

Un sorso di ‘felicità’! E’su questo che dobbiamo fissare l’attenzione, perchè noi irpini di pianura, abbiamo educato e sintonizzato le nostre sensibilità ai rumori, al traffico, alle tecnologie,al tempo esterno. Abbiamo perso il senso della potenza,della forza, del rischio che accompagna ogni prospettiva o vissuto fatto di silenzi, odori antichi e naturali, di tempi interni e vitali…..della felicità insomma come la pensavano e la vivevano i nostri antenati.Quel sentimento che tu ci racconti nella tua esperienza della montagna autunnale.Noi costretti a vivere le città e la sua vita ‘postmoderna’ di felicità ce ne rimasta poco o una sola non più politica,comunitaria ma privatizzata ,cerebralizzata: una felicità ridotta a ‘chance’.Che tristezza!......e quanta invidia!

mauro


L'eros dignitoso dell'Abate Parini

Ciò che, non visto, vidi
Che spettacol gentil, che vago oggetto,
fu il veder la mia Nice all'improvviso,
quando sorpresa in abito negletto
m'apparve innanzi ed arrossì nel viso!

Come il candido velo al sen ristretto
i bei membri avvolgea ! Come indeciso
celava e non celava i fianchi e il petto
che sorger si vedeva in due diviso!

Quali forme apparian sotto a la veste!
Paga era l'alma, e vivo era il desìo;
e il piacer del mirarla era celeste.

Deh mi concedi, Amor, che quella cruda
tal mi si mostri anco un momento;
ed io più non invidio chi vedralla ignuda.
su indicazione dell'amico S.Saglia.

E' meglio la piccola certezza o la grande bugia ?

Il saluto di Berlusconi a Bush: «La storia dirà che sei stato un grandissimo presidente»

"Se un uomo ha una grande idea di se stesso, si può esser certi che è l'unica grande idea che ha avuto in vita sua "(anonimo inglese)

...............altri tempi , altri uomini:

ELOGIO DI PERICLE - Tucidide

...."Noi abbiamo una forma di governo che non guarda con invidia le costituzioni dei vicini, e non solo non imitiamo altri, ma anzi siamo noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata democrazia, poiché è amministrata non già per il bene di poche persone, bensí di una cerchia piú vasta: di fronte alle leggi, però, tutti, nelle private controversie, godono di uguale trattamento; e secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualche campo si distingue, non tanto per il suo partito, quanto per il suo merito, viene preferito nelle cariche pubbliche; né, d’altra parte, la povertà, se uno è in grado di fare qualche cosa di utile alla città, gli è di impedimento per l’oscura sua posizione sociale.
Come in piena libertà viviamo nella vita pubblica cosí in quel vicendevole sorvegliarsi che si verifica nelle azioni di ogni giorno, noi non ci sentiamo urtati se uno si comporta a suo gradimento, né gli infliggiamo con il nostro corruccio una molestia che, se non è un castigo vero e proprio, è pur sempre qualche cosa di poco gradito.
Noi che serenamente trattiamo i nostri affari privati, quando si tratta degli interessi pubblici abbiamo un’incredibile paura di scendere nell’illegalità: siamo obbedienti a quanti si succedono al governo, ossequienti alle leggi e tra esse in modo speciale a quelle che sono a tutela di chi subisce ingiustizia e a quelle che, pur non trovandosi scritte in alcuna tavola, portano per universale consenso il disonore a chi non le rispetta".

domenica 12 ottobre 2008

....non ci resta che un sano e consapevole " pernacchio"!

Le borse crollano, la crisi economica ci toglie il sonno e ci deprime le veglie.Oramai sappiamo che non ci aiuteranno gli speculatori liberisti del Corriere e i loro ministri-filosofi di riferimento
e lui .......ride e ne ha ben donde perchè gli "italiani" , secondo i sondaggi, lo amano sempre più!

........e noi che crediamo ancora alla Politica non riusciamo più a trovare aiuto, conforto e suggerimenti tra le nostre 'masserizie' delle nostre logore e consumate 'biblioteche'.....Ultima speranza il consiglio liberatorio dello strumento 'politico' più semplice ma più efficace di un napoletano pre-rifiuti: il "Sindaco del rione sanità"!

" ...il pernacchio può essere di due specie,di testa e di petto.Nel caso nostro noi dobbiamo fonderli: deve essere di testa e di petto, insomma cervello e passione.Il 'pernacchio' che facciamo a questo signore deve significare : tu si' a' schifezza d'a' schifezza ,d'a' schefezza e' l'uommene!.........



Un grande poeta che parla di filosofia...............



Heine stabilisce un parallelo fra la rivoluzione filosofica in Germania e la rivoluzione politica in Francia: il criticismo kantiano, l’idealismo di Fichte e la filosofia della natura di Schelling hanno sviluppato in Germania una grande forza rivoluzionaria che è in attesa soltanto del momento di potersi scatenare.

"La nostra rivoluzione filosofica è terminata. Hegel ha chiuso il suo grande ciclo. [...] La filosofia tedesca è una cosa importante, che interessa tutto il genere umano, e solo i nipoti che verranno potranno decidere se siamo da biasimare o da lodare per il fatto che abbiamo elaborato prima la nostra filosofia e poi la nostra rivoluzione. A me sembra che un popolo metodico, come siamo noi, dovesse cominciare con la riforma, potesse in seguito occuparsi di filosofia e, solo dopo averla portata alla perfezione, procedere alla rivoluzione politica. Io trovo del tutto ragionevole quest’ordine. Le teste, che la filosofia ha adoperato per meditare, queste poi la rivoluzione può abbatterle per i propri fini. Ma la filosofia non avrebbe mai potuto adoperare le teste che sarebbero state abbattute dalla rivoluzione, nel caso che la avesse preceduta. Ma non siate inquieti, repubblicani tedeschi: la rivoluzione tedesca non sarà né piú dolce né piú mite perché l’ha preceduta la critica kantiana, l’idealismo trascendentale di Fichte e la filosofia della natura. Attraverso queste dottrine si sono sviluppate le forze rivoluzionarie che attendono solo il giorno in cui potranno scatenarsi e riempire il mondo di orrore e di ammirazione. Si vedranno dei kantiani che, anche nel mondo dei fenomeni, non vorranno saperne della pietà e che, spietatamente, con la spada e con la scure, sconvolgeranno il terreno della nostra vita europea, per estirpare anche le ultime radici del passato. Verranno sulla scena dei fichtiani armati che, nel fanatismo della loro volontà, non potranno essere frenati né dalla paura né dall’interesse personale, giacché essi vivono nello spirito e combattono la materia come i primi cristiani che non potettero essere piegati né dalle torture né dai piaceri della carne; anzi, siffatti idealisti trascendentali sarebbero, in un rivolgimento sociale, ancora piú tenaci dei primi cristiani, poiché, mentre questi subivano il martirio terreno per giungere alla beatitudine celeste, l’idealista trascendentale considera lo stesso martirio come una vana parvenza ed è irraggiungibile nella trincea del proprio pensiero. Ma piú terribili di tutti sarebbero ancora i filosofi della natura che attivamente interverrebbero in una rivoluzione tedesca e si identificherebbero con la stessa opera di distruzione. E invero, se la mano del kantiano percuote fortemente e sicuramente, per il fatto che il suo cuore non è mosso da nessuna riverenza tradizionale; se il fichtiano coraggiosamente affronta ogni pericolo, per il fatto che per lui non ne esiste nella realtà nessuno; il filosofo della natura sarà terribile per il fatto che si mette in relazione con le potenze originarie della natura, può evocare le forze demoniache del panteismo alto-germanico, che risvegliano in lui la bellicosità che troviamo negli antichi tedeschi, i quali non combattono né per distruggere né per vincere, ma semplicemente per combattere. Il cristianesimo – e questo è il suo merito piú bello – ha addolcito un poco la brutale bellicosità germanica; tuttavia non ha potuto distruggerla, e, quando una volta il talismano lenitore, la croce, si rompe, allora si scatena nuovamente la ferocia degli antichi guerrieri, la folle furia bellicosa, della quale i poeti nordici cantano e dicono tante cose. Quel talismano è tarlato e verrà il giorno in cui andrà miseramente in frantumi". (Sulla storia della religione e della filosofia in Germania, libro III)