giovedì 21 maggio 2009

Elisir d'amore per ....l'elogio di una follia.

“Quanto a me …..Quanto a me io sono dotato di un potere spaventoso: Si direbbe che un altro essere è rinchiuso dentro di me, il quale vuole di continuo fuggire, operare a mio dispetto, e intanto si agita, mi orde , mi consuma. Chi è ? Non o so, ma siamo in due dentro al mio povero corpo ed è lui spesso il più forte, come questa sera.
“Mi basta guardare la gente per stordirla come se l’avessi propinato dell’oppio. Mi basta stendere le mani per effettuare delle cose….delle cose…terribili. Se tu sapessi! Il mio potere non opera soltanto sugli uomini, ma anche sugli animali e anche …sugli oggetti”
Pirandello ,Enrico IV.




........Convinto sin dall’inizio che nella parte più intima del suo essere c’era molto di più della capacità di costruire una estetica piuttosto che una politica anche se le occasioni e le persone della sua vita , come vedremo, faranno di tutto per indirizzarlo sulla seconda finalità.
Una storia ed un evento memorabile -ricordava sè e ai suoi amici più sottomessi- merita di essere vissuta ma soprattutto narrata perché giova alla comprensione dei tempi presenti ed a ricordo,monito ed auspicio per il futuro. L’esempio di un altro grande che ha segnato con la sua “ orma mortale” la nostra storia antica, il greco Tucidide, in occasione nella sua storica avventura de’ “La guerra del Peloponneso”riteneva utile in futuro il racconto di eventi “uguali e simili, in ragione della natura umana” fuori dal tormento troppo filosofico tra parola e politica, tra idee e realtà. Egli è il primo che in pratica abbia messo in opera con leggerezza e superficialità un uso della parola per cui certi termini indicanti valori come amicizia,lealtà, prudenza,moderazione,viltà, coraggio ecc. fungono piuttosto da schermo che da rivelatori di determinati comportamenti “Vera vocabula rerum amisimus” direbbe il Catone di Sallustio nel bellum Catilinae.
Il suo scritto doveva imporsi al pubblico contemporaneo non tanto per la originalità e la veridicità del suo racconto, meno che meno per le vedute sulla storia dell’Italia a cavallo tra i due secoli o sulla funzione sociale della sua “coommedia politica” in quegli anni turbinosi e sconcertanti di un paese “sull’orlo di una crisi di nervi”.
Il riferimento a Tucidide gli ricordava anche il falso problema di un'immagine di storico rigoroso,obbiettivo e severo. L’oggettività come distanza disincantata e siderale dalle persone e dagli eventi è pura illusione, a dirla tutta, la storiografia è il massimo della falsità.Lo stesso “legislasatore della storia”- come lo definiva Luciano di Samosata, fu per un caso personale,vittima di un cattivo uso della storia e di un eccesso di conformismo filologico.
Dalla sua esperienza aveva imparato che in questo mestiere l’essenziale è mettere in discussione le cosidette certezze storiche ed esercitare sempre il dovere di mettere alle prova le verità tramandate.Inoltre gli era piaciuto il suo modo disincatato e impolitico di porsi davanti all politica.Non ritenendo per lui come prioritario rilevare la nascita in epoca postmoderna di una sorta di ‘antica’ e nuova assieme oligarchia allargata o evidenziarne un suo evidente o noscosto meccanismo di privilegi meno che meno smascherarne i suoi luoghi comuni o autorappresentazione demagogica.
Autoconvincersi sino al compiacimento di essere in presenza di una rivoluzione linguistica ,antropologica ma soprattutto di nuova ideologia o politica!
Consapevole che la nostra epoca in cui “il medium è sostanzialmente il messaggio”il conflitto tra legge morale e necessità politica non merita eccessivo e inutile spazio di meditazione. Seguiva alla lettera la lezione spregiudicatamente pratica del grande ‘maestro’ fiorentino che indicava come “laudabile in un Principe avere fatte gran cose sapendo con l’astuzia aggirare e cervelli delli uomini, e alla fine aver superato quelli che si sono fondati in su la lealtà” .....continua .....
da un estratto inedito da "Una storia di uomo qualunque"
di "un anonimo del postribolo"

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