martedì 19 maggio 2009

Elisir d'amore per .......la 'nudità' come eros e essenza..

..........N U D A......sei

.........semplice,liscia terrestre,minima, rotonda,trasparente, delicata,azurra, piccola,curva,sottile , chiara.......




Da Contro l'mmagine (pp. 65-68)
Allo spirito che si orienta verso la nudità ripugnano le parvenze che gli ricordano questo mondo dal quale si vuole separato. Prova soltanto esasperazione davanti a ciò che esiste o sembra esistere. Più si distoglierà dalle apparenze e meno avrà bisogno dei segni che le esaltano o dei simulacri che le denunciano, gli uni e gli altri ugualmente nefasti per la ricerca di ciò che gli importa, di ciò che si sottrae, di quel fondo ultimo che esige - per essere còlto - la rovina di ogni immagine, anche spirituale.
(...)
Ci si affranca dall'immagine soltanto se, con uno stesso movimento, ci si affranca dalla parola. Ogni parola equivale a una lordura, ogni parola è un attentato alla purezza.
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Fatto degno di nota: non c'è silenzio frivolo, silenzio superficiale. Ogni forma di silenzio è essenziale. Quando lo si assapora, si conosce automaticamente una sorta di supremazia, di strana sovranità. E' possibile che ciò che si designa con interiorità non sia altro che un'attesa muta.
(...)
L'esperienza mistica, al suo limite estremo, si identifica con la beatitudine di un supremo rifiuto.
(...)
Il sapere attinto dalle apparenze è un falso sapere o, se si preferisce, un non-sapere. Per il mistico, la conoscenza del senso vero, nel senso ultimo della parola, si riduce a un'ignoranza illuminata, a un'ignoranza "transluminosa". Coloro che vivono nella pratica di questa ignoranza e della luce divina percepiscono in se stessi, dice ancora Ruysbroek, qualcosa come una "solitudine devastata".
Partendo da questa solitudine si comprenderà facilmente la necessità, l'urgenza del deserto, spazio propizio alla fuga verso l'assenza di immagini, verso una spoliazione inaudita, verso l'unità nuda, verso la Deità piuttosto che verso Dio. "La Deità e Dio", afferma Meister Eckhart "sono altrettanto separati quanto il cielo e la terra. Il cielo è a migliaia di leghe più in alto. Così la Deità in rapporto a Dio. Dio diviene e passa".
Limitarsi a Dio significa, come ha notato un commentatore, restare "ai margini dell'eternità", rendersi inadatti a penetrare nell'eternità stessa, alla quale si giunge soltanto elevandosi alla Deità. Ispirandosi sempre alla stessa "solitudine devastata", come non evocare quella oratio ignita, quella "preghiera di fuoco" della quale, secondo un Padre dei primi secoli, siamo capaci solo quando siamo talmente impregnati di una luce dall'alto che è impossibile servirsi ancora del linguaggio umano?

E. M. Cioran

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