domenica 5 ottobre 2008



LE ASSEMBLEE DI BISACCIA
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franco arminio

Al mio paese facciamo tante assemblee. Ogni tanto capita qualcuno che tenta di rovinarle queste assemblee, perché al sud le cose belle hanno più nemici che altrove. Ci si abitua al male e quando il bene si presenta arriva sempre qualcuno a incornarlo. Il sud ha bisogno di strappi e di pazienza, di scrupolo e utopia. Combattere contro una discarica oggi sembra una cosa da attardati, da falliti. E quindi è proprio l’impresa giusta per i poeti, per gli artisti. I sindaci, i sindacalisti, i commercianti di ogni merce, dal pollame alla politica, non hanno molto senso in queste lotte. Oggi la democrazia possono pensarla veramente, possono praticarla veramente, solo quelli che non sono in linea con la dittatura di paglia impersonata da Berlusconi e dai suoi sodali di centro, di destra e di sinistra. La dittatura di paglia si ravviva ogni sera col telecomando, è un fuoco fatuo che lascia fredde le case in cui si accende. La dittatura rende normale l’idea che si producano tanti rifiuti, tratta il problema dei rifiuti come l’anomalia di una regione, mentre in realtà è il cancro di tutto il capitalismo. Noi nel nostro paese da quindici anni combattiamo contro una discarica per lasciare il vuoto che c’è intorno al nostro paese, e questo è un gesto che non sconfina, non emoziona nessuno lontano dal luogo in cui si svolge. Ormai il mondo è fatto di tanti pezzettini, vagoni sperduti su un binario morto da cui non parte e non arriva più nessuno. Il problema dei rifiuti non sarà mai risolto. Cambierà solo luoghi e forma. Invece dei cumuli in mezzo alle strade avremo le polveri sottili per aria. Diciamo che sarà spostato dalla sfera del tangibile. Con gli inceneritori che li bruciano o con le discariche che li coprono di terra, i rifiuti non spariscono, semplicemente marciscono nel suolo o si spandono nel cielo. È una vicenda grande allora, una vicenda che riguarda tutti e che ci riguarda sempre. La dittatura di paglia ha questa caratteristica: si fa amare da chi dovrebbe odiarla. Nelle assemblee, nelle manifestazioni che organizziamo nel nostro paese del sud facciamo qualcosa che non fanno nelle città, perché nelle città ormai l’indifferenza è l’unica passione condivisa, perché la politica è morta e i politici che vediamo ogni sera alla televisione sono i vermi che guizzano sul cadavere marcito della Repubblica.
Forse l’Italia può essere salvata solo dai luoghi più nascosti, dalle persone più appartate. L’Italia può essere salvata dalle Alpi e dall’Appennino, dalle pietre, dai sentieri, dai rovi, dai paesi affranti e sperduti, più che dalle autostrade, dai calciatori e dalle veline. Forse le assemblee di Bisaccia sono più letteratura che politica, forse viviamo in un luogo fuori dal mondo, oppure semplicemente a Bisaccia è il mondo a essere fuori luogo.

armin

Un commento di "affetto e condivisione"

“ Quando io adopero una parola,questa ha il significato che le voglio dare” Così il coniglio Humpty Dumty, in Alice nel paese delle meraviglie risponde ad Alice la quale protesta perché usa le parole in modo arbitrario: E quando cerca di convicerlo che non si può indicare con una parola qualcosa di diverso da ciò a cui si riferisce, il coniglio mette fine alla discussione ribattendo: “ Bisogna vedere chi comanda…ecco tutto”I poeti -come tu giustamente dici- insieme agli artisti sono quegli attardati che vannoancora al cuore delle parole e dei problemi da decrivere con le parole.La loro lingua , impaziente, poetica per urgenza, rapida a stringere in poche parole il giro largo degli avvenimenti ,dei racconti, del pensiero analitico e logico. Animata.E’profetica nel senso di caricare le sue parole di speranza sacrale . La lingua deve essere breve ed intensa,profonda,ansiosa di non perdere il punto cruciale ,interno e profondo. Incomprensibile nella sua superfice e difficile da cogliere da un orecchio poco attento o da un occhio distratto da tutti gli ?spettatori o consumatori? di quella che tu chiami “dittatura di paglia”.La lingua della poesia non può essere morta e convenzionale, ma viva densa e sempre sorprendente anche quando evoca e ricorda.E’ classica e antica assieme.Capire la lingua classica o antica è una propensione all’attenzione o una educazione all’attenzione come diceva Simone Weil. Curiosità onnivora e sopratutto conservare intransigenza aderente alla realtà e alle persone relai.La parola deve conservare la pregnanza simbolica ed evocativa del Natale e la discorsività espressa della epifania insieme alla tragedia intima della quaresima sapendo che c’è con la rinascita della Pasqua.Questo è il solo modo oggi di usare la parola nella politica perchè la politca come Ugolino ha mangiato le sue parole per sopravvivere.Solo ilpoeta oggi ,o l’artista, cura la ricerca quasi ossessiva del senso intimo e di grazia ,quasi teologico ed epifanico,delle parole evocative di sentimenti e delle cose che solo per i superficiali e i malevoli in essi vedono l’eterna difesa dell’”io” in una sorta di,’paradossale disumano sconsiderato oblio del ‘noi’, delle lotte sociali e politche in senso tradizionale.”Forse-tu scivi- l’Italia può essere salvata solo dai luoghi più nascosti, dalle persone più appartate”.Sono completamnete d’accordo con te a patto che tu togli il “forse”.

mauro orlando

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