lunedì 27 ottobre 2008



Cittadini non si nasce, si diventa
(leggere tutto)

Michael Walzer*, La Stampa





Immaginate un paese moderno, come il mio e come il vostro, che sia diviso in materia culturale, religiosa, ideologica ed economica. \ Che tipo di educazione civica dovrebbero fornire le scuole statali e le università di questo paese? Voglio concentrarmi qui solo su questioni concernenti l’educazione politica. Che cosa devono sapere gli studenti che voteranno alle «nostre» elezioni, dove il riferimento del pronome è semplicemente l’insieme dei cittadini adulti?Ci sono, credo, tre requisiti curriculari di importanza critica, che valgono tanto per le scuole pubbliche quanto per quelle religiose.Il primo requisito probabilmente può essere meglio soddisfatto al livello delle scuole superiori, perché implica qualcosa di simile a quanto si usava chiamare «educazione civica». Gli studenti hanno bisogno di imparare una scienza politica pratica della democrazia; hanno bisogno di un corso dove si studino il funzionamento quotidiano dei ministeri di governo, delle assemblee rappresentative, delle corti, dei partiti, dei movimenti sociali e così via. Questa è la parte meno controversa dell’educazione democratica. Ciò nonostante, v’è un importante lavoro educativo da fare qui: insegnare agli studenti a pensare se stessi come futuri partecipanti nell’attività politica, non meramente come spettatori bene informati. E siccome lo spettacolo è spesso tutt’altro che edificante e invitante, gli insegnanti devono evidenziare come il sistema democratico non sia mai chiuso, il suo carattere non sia mai deciso una volta per tutte. Nonostante tutte le rigidezze burocratiche, ci sono sempre delle opportunità per persone con idee nuove o diverse. Gli studenti dovrebbero essere incoraggiati a sperimentare le dottrine politiche, e si dovrebbe insegnare loro come discuterle davanti ai loro pari e all’interno di specifici ambiti istituzionali.Secondo, gli studenti hanno bisogno di studiare la storia delle istituzioni e delle pratiche democratiche dall’antica Grecia in avanti, e parallelamente devono imparare e misurarsi con la preferenza di vari gruppi religiosi per forme di governo non democratiche. Forse insegnanti in scuole con molti studenti cattolici, ebrei o musulmani cercheranno modi per naturalizzare la democrazia all’interno di tradizioni che sono state nei fatti ostili ad essa, ma io sarei per favorire un confronto onesto con le forme di governo - di re o preti o saggi religiosi - preferite dalla religione. Dopo tutto, la democrazia è una cultura della critica e del dissenso. Ci sono vari modi per aiutare gli studenti a sentirsi a casa propria in una società democratica, e la pretesa che tutti ci abbiamo da sempre vissuto non è necessariamente la migliore. Certamente non è il modo più onesto, e i giovani generalmente riconoscono e rifuggono la disonestà. Ciò detto, non penso che sia sbagliato raccontare la storia cattolica, ebrea o musulmana in una versione che metta in rilievo i possibili punti di accesso ad un’intesa democratica. Ma si deve anche raccontare la storia greca e soffermarsi sui momenti genuinamente formativi nella storia della democrazia. ...............

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