venerdì 4 settembre 2009

Elisir d'amore per ......povera patria.



......mi sento sempre più estraneo in questo paese in balia delle psicotiche esuberanze sessuali di un vecchio signore che non sa e non vuole invecchiare con decoro.Mi sono riletto d'un fiato "Edipo a Colono" mi ha ancora emozionato ma non mi è servito!Mi dà fastidio non solo la distanza da quelli che non mi interessano enon mi hanno mai interssato ma anche la differenza di fuso orario con le persone che mi sono care e che stimo.
Sento la morsa dell'affievolirsi della volonta di un investimento per un futuro possibile ma anche la ricerca di un senso o un significato legato al presente.
E oggi più che mai i miei sguardi sono più attratti dal gomitolo che le Parche tengono in mano che del filo che resta da essere filato o peggio dal capo d'abbigliamento da realizzare.Mi accorgo che non mi appaga neanche una bella trovata letteraria classica o una moderna.
Vedo la storia del mio paese come una fila di candele, e quelle che si spegono quotidianamente sono sempre di più e il peggio che non riesco a vedere che quelle spente.E sedimentare le loro perdite e il lutto conseguente pesa come un macigno che non riesco a portare su e giù,per gioco o necessità, come Sisifo maledicendo i destino 'cinico e baro'..Sopravvivere agli altri alimenta sempre più la nostra solitudine,lo sconforto e a volte anche la paura e non basta la memoria a tamponare le ferite che quatidianamente si aprono con dolore sottile ma profondo.
La rassegnazione o l'abitudine al peggio è il sentimento che questa melma che quotidianamente ci viene spruzzata in faccia senza pudori vorrebbe inoculare nel nostro sangue in altri tempi abituato ad altre lotte ....."autrefois amoreuse del lutte".
Ricominciamo dagli amici che sono un prezioso deposito di noi stessi e poi dalle nostre comunità d'origine che abbandonate per incuria dal Potere di sempre oggi possono rappresentare un nuovo inizio per un nuovo viaggio e un nuovo posibile futuro.E allora forse anche la solitudine,la tristezza e il dolore di oggi possono accompagnare questa nuova e difficile avventura accettando di piangere anche le lacrime non piante in passato anche e sopratutto per rispetto di noi stessi.
mauro orlando

sofocle, edipo a colono, vv.1585 sgg.Corifeo (chiede della morte di Edipo):

In che modo? Per intervento divino? Senza soffrire?

Nunzio:Proprio di questo c'è di che stupirsi. Si allontanò di qui [...] quando raggiunse la soglia scoscesa che si sprofonda con gradini di bronzo negli abissi della terra, a uno dei molti sentieri che di lì si diramano [...] stando a mezza via fra la cavità e la pietra di Torico [...] si pose a sedere, si liberò dei suoi squallidi cenci [...] si levò verso di lui alta e improvvisa la luce di qualcuno. E' il dio che in più modi lo chiama. [...]Dopo esserci allontanati ci girammo e vedemmo che lui non c'era più in nessun luogo. Di quale morte sia scomparso nessuno può dire tranne Teseo. Se n'è andato senza eco di singhiozzi, senza spasmo di malattia in un prodigio unico al mondo.

Interviene un deus ex machina e la tragedia si conclude con l'apoteosi di edipo.

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