I nostri paesi sono aperti, ci si arriva senza passare dai caselli. Si parcheggia senza pagare. Ti puoi sedere dove vuoi, ti puoi anche stendere su una panchina. I paesi hanno il vuoto al centro, sono come uccelli imbalsamati, hanno perso le viscere. Vuoti dentro e col piumaggio impolverato. È una cosa che si sente bene e dolorosamente proprio adesso, a settembre, adesso che è di colpo si è fermata la girandola estiva. I paesi sono aperti, ma le case restano chiuse. La bulimia edilizia che ha trasformato ormai anche l’Irpinia in una città diffusa ti sbatte prepotentemente in faccia più infissi che mandibole, pochi occhi e molte finestre. Così vanno le cose in quest’epoca sciagurata. Ma portare il broncio alla propria epoca non va mai bene. E poi, se non si può sovvertire il senso della corrente, comunque c’è sempre spazio, come diceva Calvino, per cercare nell’inferno ciò che inferno non è, e farlo crescere e durare. Tra le tante persone che ho conosciuto in Irpinia in questi ultimi tempi, persone che si muovono in quest’ottica, c’è sicuramente Vittorio Iannino, un architetto di Lapio, discendente da una da una famiglia con una lunga tradizione di artigiani del teatro. Vittorio sta facendo una cosa inusuale in questa terra: apre la sua casa e la mette a disposizione per eventi culturali. Indicatemi un solo politico di qualsiasi schieramento che in questi decenni abbia mai fatto una cosa del genere. Indicatemi un ricco imprenditore che abbia aperto il suo palazzo. Vittorio ha trasformato la sua casa in un piccolo teatro. Lì si è parlato di cinema, lì Canio Loguercio ha cantato le sue canzoni appassionate, Antonello Matarazzo ha mostrato i suoi video, io ho letto le mie “Cartoline dai morti”. Ed è lì che ritorno domenica 13 settembre per presentare in anteprima il mio ultimo libro (Nevica e ho le prove, Laterza editore). Curiosamente un libro di “cronache dal paese della cicuta” viene accolto in un luogo di attenzione e dolcezza, nella mite e collinare Lapio, in un’Irpinia assai lontana dalle asprezze climatiche e umorali dell’Irpinia d’oriente. Penso che sia arrivato il momento di portare allo scoperto il bene e quelli che lo fanno. Il mio libro è una sorta di catalogo di fallimenti, un deposito di anime sbadatamente vive. È arrivato il momento di vivere con più attenzione, con più clemenza. È arrivato il momento di capire che l’Irpinia ha belle intelligenze e cuori generosi al di là della polvere dei soliti noti. Vittorio Iannino, aprendo la sua casa al mio libro, mi dice, insieme ad altri piccoli segnali, che non tutto è perduto. Mi dice e ci dice che i cinici e gli indifferenti hanno gli anni contati. Sta arrivando qualcosa che ci guarisce, ma non guardate lontano, sta arrivando dal vento delle alture, dalla pianta dei nostri piedi.
Franco Arminio per IL MATTNO 10.9.09
Che bella sensibilità decidere come viatico ad un lavoro letterario che comunque costa fatica oltre che gioa partire dalla casa e dalla famigli di un amico .E che amico!
Mi verrebbe voglia di prendere un aereo ed esserci.Ma c’è di mezzo una mia propensione alla immobilità….ma come sono combattuto!
Comunque se sentirete un ‘venticello’, un profumo o qualsivoglia segnale indecifrabile e incomprensibile, come una bella ed evocativa canzone di De gregori…pensate ad un ’spiritello’ comunitario e provvisorio che non si sente a suo agio nelle limitatezze spazio-tomporali dei suoi ozi padani.
mauro
Nessun commento:
Posta un commento