Quest’anno l’Ariano Folk Festival non poteva avere conclusione migliore. In qualunque posto del mondo avvenga, un concerto di Vinicio Capossela è sempre un evento speciale. Il poeta della “terra dei coppoloni” fonde in sé una traccia onirica di stampo felliniano e la leggerezza svagata di certi personaggi di Michaux. Raramente un musicista fa venire in mente tante figure. Si potrebbe proseguire con John Fante e Buster Keaton. Nell’ambito musicale gli accostamenti più facili sono quelli con Tom Waits e Paolo Conte. In filigrana si possono intravedere Luigi Tenco o Gaber o altri artisti anteriori all’ondata dei cantautori anni settanta.La venatura balcanica della sua musica non è d’importazione ma gli è data dal suo dna di irpino d’oriente. Le atmosfere crepuscolari di alcune sue canzoni fanno pensare a certe vie di paese coi lampioni rotti. Le pantomime circensi del suo ultimo tour sembrano provenire direttamente dalla teatralità bizantina che ancora fiorisce nel Sud italiano. Vinicio è un artista grande perché ha dalla sua un enorme talento, ma anche una vita vera, la vita di un emigrante, di un poeta inquieto in cui s’intrecciano fili a volte lontani tra loro: Brecht e Breton bagnati nelle acque dell’Ofanto. E il concerto di Ariano sarà straordinario perché Vinicio avrà con sé la calitrana banda della posta e l’anarchico cantore Enzo Del Re. Facile immaginare una serata lentissima e vasta, fragorosa e poetica.Una bellissima serata irpina a cui non possono mancare tutti quelli che credono alla possibilità di uno sgangherato rinascimento per queste terre abitate da creature ombrose, dispettose, incapaci di mitezza e ammirazione. Capossela si avvicina sempre più all’Irpinia. Chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo a Cairano a fine giugno ha sentito quanto si vada facendo prepotente in lui la voglia di raccontare i nostri luoghi e le nostre storie. Il concerto di Ariano sarà festa enorme e non l’occasione di ruminare sulle nostre annose sventure, ma subito dopo bisognerà impegnarsi con coraggio e generosità se si vuole affermare la dignità delle nostre contrade. Questa estate non si può dire che sia stata segnata da manifestazioni significative sul fronte della difesa del territorio. La politica, a partire dai sindaci, continua a seguire la solita filosofia: piccoli paesi, piccola vita. Per sere e sere l’Irpinia è stata trasformata in una sorta di Cottolengo della musica. Una penosa sequela di concerti allestiti per fare da sfondo all’annoiato struscio di una piccola borghesia senza disperazione e senza sogni. Anche per questo bisogna andare ad Ariano. I ragazzi del Folk Festival fanno le cose in grande, uscendo sempre più dall’ambito strettamente musicale.Dopo aver scritto questo articolo vado a leggere i miei versi sul tricolle. E prima di me hanno letto Mariangela Gualtieri e Alexandra Petrova. Sono felice di avere affiancato l’attività della Comunità Provvisoria a quella del Folk Festival. L’Irpinia ha bisogno di connessioni, di sinergie, di reti. Lasciate pure che cadano i vecchi campanili, non servono più a niente.
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