con la "carovana nomade".....
21-28 giugno
Wittgentein ci dice che quello che sembra una certezza ,è “uno sfondo ereditato” qualcosa che abbiamo imparato.E anche di “noi”,gli oggetti ,le persone non sono realtà inoppugnabili ma spressioni di regole grammaticali ( linguaggio) che abbiamo appreso e che ora ci circondono come una seconda pelle.Come l’acqua per i pesci,come l’aria per noi , la cultura ci forma e ci conforma.Gli idealisti sostenevano che la realtà non è tale ma è una proiezione della mente o le cose devono tornare al loro posto,quello che il senso comune, le certezze intuitive e indiscutibili, assegnano ontologicamente?
Da tempo abbiamo imparato che a una parola corrisponde una parola,, che al racconto di un’azione corrisponde un’azione,ad una espressione del volto un moto dell’animo.Queste sono le nostre regole grammaticali.La grande verità è che “lo sfondo ereditato” è una struttura provvisoria,storica e quindi soggetto agli accidenti della storia o delle storie individuali.Le nostre regole grammaticali e sintattiche,cioè il mondo che ci informa e conforma, è soggetto al continuo cambiamento perché è una costruzione umana e come tale non ha nulla di fondamentale che permane.Va ridiscussa quindi l’intera antropologia.La nostra identità è sì una seconda pelle e la cultura è sì l’orizzonte di senso in cui fiduciosamente ci muoviamo senza farci fin troppe domande, ma anche che essa è un vestito che può essere cambiato e la nostra cultura è un orizzonte che può mutare.Il vestito,cioè l’identità, è indispensabile ma non bisogna prenderlo troppo sul serio.
Quello che conta è non perdere il centro in se stessi.E’ quello che ci permette di continuare a vivere o sopravvivere nel deserto della storia cercando di scoprire “i difficili segnavie” tra le precarie e mutabili rotte dei carovanieri viandanti nella storia o nelle storie.In una realtà che non ha strade segnate,definitive e sicure ( se ne vedi una è sicuramente o possibilmente un “miraggio”,l’uomo è sempre più un nomade o un viandante che è sicuro solo di stare in quel posto in quel preciso momento.Il suo è movimento puntuale , da un punto a quello immediatamente successivo .Il problema è non farsi prendere dalle vertigini dello spazio liscio o dalla paura della solitudine.
Educarsi a vivere senza mappe dal momento che il contesto sociale non è più in grado di dare senso alle nostre azioni.
Siamo come carovane nomadi che si muovono su un terreno liscio, e non dobbiamo lasciarci ingannare dagli orizzonti in movimento, senza enfatizzare il vestito che indossiamo, non lasciarci sopraffare dalla disperazione,quando manca l’acqua o l’oasi non corrispobnde alle indicazione della mappa o delle speranze..Vivere senza mappe è alienante solo per chi è educato a vivere di mappe e finalismi o verità eteronome.Sicuramente è un vivere con un senso di povertà antropologica e può essere faticoso ma è sicuramente meglio dell’iperattivismo dei nuovi mutanti o delle pigrizie immobilizzanti dei soparvvisuti alle mitologie ,alle metafisiche o peggio alle teologie astratte ed autoritarie.
Da tempo abbiamo imparato che a una parola corrisponde una parola,, che al racconto di un’azione corrisponde un’azione,ad una espressione del volto un moto dell’animo.Queste sono le nostre regole grammaticali.La grande verità è che “lo sfondo ereditato” è una struttura provvisoria,storica e quindi soggetto agli accidenti della storia o delle storie individuali.Le nostre regole grammaticali e sintattiche,cioè il mondo che ci informa e conforma, è soggetto al continuo cambiamento perché è una costruzione umana e come tale non ha nulla di fondamentale che permane.Va ridiscussa quindi l’intera antropologia.La nostra identità è sì una seconda pelle e la cultura è sì l’orizzonte di senso in cui fiduciosamente ci muoviamo senza farci fin troppe domande, ma anche che essa è un vestito che può essere cambiato e la nostra cultura è un orizzonte che può mutare.Il vestito,cioè l’identità, è indispensabile ma non bisogna prenderlo troppo sul serio.
Quello che conta è non perdere il centro in se stessi.E’ quello che ci permette di continuare a vivere o sopravvivere nel deserto della storia cercando di scoprire “i difficili segnavie” tra le precarie e mutabili rotte dei carovanieri viandanti nella storia o nelle storie.In una realtà che non ha strade segnate,definitive e sicure ( se ne vedi una è sicuramente o possibilmente un “miraggio”,l’uomo è sempre più un nomade o un viandante che è sicuro solo di stare in quel posto in quel preciso momento.Il suo è movimento puntuale , da un punto a quello immediatamente successivo .Il problema è non farsi prendere dalle vertigini dello spazio liscio o dalla paura della solitudine.
Educarsi a vivere senza mappe dal momento che il contesto sociale non è più in grado di dare senso alle nostre azioni.
Siamo come carovane nomadi che si muovono su un terreno liscio, e non dobbiamo lasciarci ingannare dagli orizzonti in movimento, senza enfatizzare il vestito che indossiamo, non lasciarci sopraffare dalla disperazione,quando manca l’acqua o l’oasi non corrispobnde alle indicazione della mappa o delle speranze..Vivere senza mappe è alienante solo per chi è educato a vivere di mappe e finalismi o verità eteronome.Sicuramente è un vivere con un senso di povertà antropologica e può essere faticoso ma è sicuramente meglio dell’iperattivismo dei nuovi mutanti o delle pigrizie immobilizzanti dei soparvvisuti alle mitologie ,alle metafisiche o peggio alle teologie astratte ed autoritarie.
.............è con questo spirito che abbaiamo intrapreso questo viaggio immaginifico e concreto verso C A I R A N O........
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