ANTIFASCISMO TRA MEMORIA E STORIA
“ La memoria è una attività che esige autocontrollo oltre che severità, è materia ad alto rischio. Può destare la coscienza di un dormiente, ma anche alimentare odi insaziati quando il rammemorante si concentra sulla propria condizione di vittima. Può venire in aiuto rivelando quel che fino ad ieri era mal raccontato, e può essere adoperata infine come mezzo politico, per azzittire e sgominare un rivale” B. Spinelli ,Il sonno della memoria, Mondadori.
“ La memoria è una attività che esige autocontrollo oltre che severità, è materia ad alto rischio. Può destare la coscienza di un dormiente, ma anche alimentare odi insaziati quando il rammemorante si concentra sulla propria condizione di vittima. Può venire in aiuto rivelando quel che fino ad ieri era mal raccontato, e può essere adoperata infine come mezzo politico, per azzittire e sgominare un rivale” B. Spinelli ,Il sonno della memoria, Mondadori.
L’antifascismo non corrisponde a un orizzonte di valori che appartiene al passato, non è un abito vecchio e consunto, fuori moda da riporre ormai in soffitta.
Esso ,oggi, non è solo utile, ma serve alle nuove generazioni per garantire alla democrazia una fedeltà attiva , viva e profonda alle idee della Resistenza e una indiscussa adesione e difesa dei valori della Repubblica .
E’ responsabilità ed impegno di una concezione della cittadinanza attiva, consapevole e responsabile non permettere che la storia del Novecento e della nostra giovane democrazia costituzionale anneghi nella indifferenza, indistinzione e meno che meno nel “sonno della memoria”.
Giusto il monito di S. Luzzato a tutti i nuovi “custodi e sentinelle” della Carta Costituzionale nata dalla Resistenza antifascista :” Fascismo ed antifascismo si allontanano nel tempo. Le nuove generazioni sembrerebbe essere meno coinvolte da quello scontro di valori. Ma il futuro nasce dalla storia e non dalla cancellazione del passato. Un paese maturo può, forse deve, fare i conti con una memoria divisa.
Oggi non abbiamo bisogno di “memoria condivisa” ma di “storia condivisa” , in questo senso abbiamo più bisogno di storia che di memoria e nel rapporto necessario di una comunità con la sua storia, distinguere quanto riguarda la reminiscenza o le storie individuali e quanto alla memoria plurale.
Non ci è utile un : ‘revisionismo’ …”come manipolazione strumentale a sostegno delle posizioni dominanti nelle istituzioni…una funzione servile o mercenaria come adesione alle richieste provenienti dai nuovi poteri emergenti dalla società. Non come messa in questione delle nostre interpretazioni del passato (ciò che è sempre una componente fondamentale del lavoro dello storico) ma come manipolazione strumentale a sostegno dell’una o dell’altra posizione dominante nelle istituzioni, nei partiti e nel mondo del potere economico” (P. Prodi , Repubblica ,27 sett. 2004)
Noi non abbiamo comunque bisogno di “memoria condivisa” come “smemoratezza patteggiata “ o “ “comunione nella dimenticanza”.
Anche la nostra lacerata e combattuta storia civile e costituzionale non può essere diluita nell’indeterminatezza di una interpretazione storiografica ‘bipartisan’ che distribuisca equamente ragioni e torti, elogi e necrologi.
Il senso e il valore politico della nostra Costituzione perderebbe il suo significato simbolico di riferimento ideale ed etico e la sua necessaria e fondamentale funzione pattizia , scelta e condivisa, per definire e costruire una comunità sociale viva e proiettata in futuro di ulteriore sviluppo democratico.
La Storia, la nostra storia, è veramente maestra di vita proprio in quanto concede a noi, posteri ed assieme iniziatori, “beneficio di inventario”.
Il nostro inventario non può non partire dalla base ideale e storica dei primi dodici articoli dei “Principi fondamentali” della nostra Costituzione democratica e antifascista. Dove “democratico ed antifascista” non sono aggettivazione di fenomeni anagraficamente residuali o di zavorra ideologica o di senilità, di una mitologia della ritualità vuota , ma principi da praticare e difendere da tutti i piazzisti della storia e del giornalismo che quotidianamente ci propinano lezioni di relativismo storico e morale a buon mercato contro la irreversibile e ineluttabile crisi della forma-partito tradizionale, nel disagio per i limiti di efficienza della democrazia rappresentativa, nell’acquiescente e inelluttabile trionfo planetario di una ideologia capitalistica liberista e postmoderna.
Al di là dei suoi tempi , una democrazia è definita dalle sue forme e dai suoi contenuti noi ,come cittadini liberi, attivi e responsabili, noi facciamo una scelta di campo preferendo una democrazia parlamentare, pluralista e rappresentativa ad una populista, razzista e plebiscitaria. Queste nostre preferenze noi le leggiamo scritte e vive nella Costituzione italiana repubblicana ed antifascista.
Ben consapevoli – come ben ha scritto S.Luzzatto - che : “Chi ha avuto il privilegio di nascere libero non può, né deve calarsi nei panni di chi è stato schiavo dell’una o dell’altra utopia novecentesca. In compenso, farà bene a capire che neanche la più libera delle generazioni è libera del tutto, completamente separata da quelle che l’hanno preceduta e da quella che la seguiranno”.
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