venerdì 12 marzo 2010

Elisir d'amore per ........la POLITICA

.....nella Babele della politica politicante e populista attuale bisogna avere il coraggio, l'umiltà e la spregiudicatezza di sfidare cognitivamnete,linguistaicamente e culturalmente la la sua deriva .....prima di tutto esrcitando il sacrosanto diritto al V O T O............





Toccata o fuga dalla “politica” ?
E’ da molti secoli che la filosofia ha sperimentato con insuccesso la sua attrazione o capacità di guidare la politica e di governare la città. La prima vittima fu Platone a Siracusa . Da sempre è ricorrente …la «tentazione di Siracusa» la sindrome ricorrente degli intellettuali di voler modificare la storia, intervenire nel governo della città e consigliare la politica, alternandosi ciclicamente alla sindrome opposta, che potremmo battezzare «tentazione di San Casciano», ovvero la località, denominata 1'«Albergaccio», in cui si rifugiò Machiavelli dopo le scottature della sua esperienza politica. Tutti gli intellettuali delusi dalla politica inseguono un loro Albergaccio in cui vivere, come la fine di un incubo o l'inizio di una sdegnosa solitudine, il loro disincanto politico e magari il loro operoso rientro nell'attività intellettuale.Lo stesso ragionamento si potrebbe fare per un poeta ,un letterato o un intellettuale in genere.
Il dramma del filosofo o del poeta in politica, al servizio della città, aveva del resto dilaniato Platone, facendolo cadere in una insolubile contraddizione: se il fine del vero saggio non è il potere ma la personale realizzazione spirituale (l'eudemonia), perché egli deve volgersi al governo della città? E' possibile governare bene la polis sapendo che ci sono cose superiori che meritano le nostre energie e la nostra attenzione? E' possibile usare con saggezza e mantenere con fermezza il potere, pur non nutrendo alcuna vera passione per il potere, anzi un sottile disprezzo? Si può insomma costringere il saggio a governare la città suo malgrado o perlomeno a consigliare chi governa? Con l'aggravante che, spesso non si tratta nemmeno di governare e di produrre opere per la città ma di spendere le proprie risorse in procedure insensate e avvilenti, dedicando gran parte del proprio tempo e dei propri buoni uffici per pararsi le spalle dai nemici e dagli amici. I mezzi divorano i fini. Un doppio scacco: rinunciare alla filosofia o alla poesia per governare e a governare per sopravvivere politicamente.Noi nella “Comunità provvisoria” stiamo tendando e realizzando un mo do altro di pensare e vivere la filosofia,la poesia ,la cultura in genere e soprattutto la POLITICA.
Abbiamo concretamente sperimentato di persona che la politica può esser in grado di esprimere la nostra ‘individualità’ nella comunità sottraendoci alle appartenenze strumentali, al rifiuto, o al nascondimento , alla visibilità e alla comunicazione con gli altri ,privilegiando e reclamando prima di tutto il rispetto e la non manomissione oligarchica ,autoritaria e personalistica dei diritti fondamentali del nostro agire politico.
Ma tutto non è ancora perso . E allora perché la politica ,ancora una volta, si possa rivelare capace di farci esprimerci nella nostra più intima individualità sociale ,lo si può desumere proprio prendendo in esame e nella giusta e relativa considerazione l’atto politico per eccellenza, l’essenza dell’atto politico : il voto.
Bisogna ammettere che oggi, drammatizzando un po’ il tutto, gran parte della politica fluisce sul voto e rifluisce a partire dal voto. Il voto è nonostante tutto l’elemento fondativo della politica.E’ molte chiacchiere e sofisticherie, agitazione passionale, movimento ancestrale, ma è là , nel voto, che tutto viene ripresentato nella sua forma politica nel segreto della cabina e della propria coscienza politica. Ebbene se questo è vero – e questo è l’unica cosa cui ci metto la mano- allora facciamo che il voto debba o riesca ad esprimere veramente tutto noi stessi , i nostri progetti concreti ,i nostri sogni e le nostre idee democratiche .
Nel seggio elettorale è la politica, o meglio il nostro vero io che la politica, appunto, pretende di esprimere che deve emergere .Nell’atto del voto, si stabilisce un nesso essenziale tra la politica e ciò che ciascuno di noi è al di là dei legami amicali o familistici ma per il bene comune collettivo. Per questo ritorno a dire: la politica esiste per quello che è, con tutta la sua potenza e i suoi limiti, prima di tutto perché mette in gioco noi stessi, sempre e comunque.
Quindi è ciascuno di noi che anche con il suo voto la crea o la ricrea, la fortifica e ogni volta la rilancia e gli dà senso. Anche nella sue forme concrete inadeguate, inattuali o degenerate.
mauro orlando

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