lunedì 15 marzo 2010

Elisir d'amore per ........il nostro " NOSTOS".

....." i comunitari provvisori" stanziali con sogni e viandanti con nostalgia si stanno preparando ansiosi al "nostos" annuale a Cairano....riempiono i loro zaini delle esperienze,gli amori, i dolori ,i sogni vissuti per il mondo e alimentano non in segreto o in solitudine segreto la nostalia ...anzi raccontano a tutti quelli che incontrano di questa loro "itaca" del cuore e delle serate magiche a parlare e ridere di sè, alle sfide col vento sulla rupe per vivere il tramonto in leggerezza e ad aspettare l'alba in speranza......e nel frattempo rinnovano la loro memoria rileggendo "vento forte tra Lacedonia e Candela" o " Nevica ed ho le prove" della indomita sentinella Franco Arminio che ha scelto di restare sul posto a preparare la bacinella d'acqua per lavare i nostri piedi impolverati e stanchi ,a tenerci in caldo la minestra e il buon vino e ad alimentare "le braci" della nostra passione per "i piccoli paesi......dalla grande vita"......




vivere in un paese rotto

Che cosa lo ha indotto principalmente a scrivere questo suo ultimo libro, Nevica e ho le prove? E, inoltre, le chiedo: questo volume va contato a pagine o ad anni?

Per me scrivere è una necessità. Non scrivo per fare un libro, ma per provare a rendere sopportabile il luogo in cui vivo, per avere la sensazione che il mio tempo non passi invano. Scrivo a oltranza e sicuramente questo mio ultimo libro andrebbe contato più ad anni che a pagine. I primi nuclei di scrittura sono della metà degli anni ottanta, gli ultimi li ho scritti durante la correzione delle bozze. Per me scrivere molto spesso è riscrivere, montare e rimontare. Questo libro viene dal fallimento di altri libri che non riuscivano a prendere forma. Un lavoro senza requie, nell’ossessione di cercare una forma nuova, lontana dai format usuali della scrittura da intrattenimento.

Pensa che Bisaccia, il paese in cui vive da sempre, sia una buona metafora dell’Italia o della vita?E, qualunque sia la sua risposta, può precisare il perché?

Io sono un paesologo, non un paesanologo. Guardo i paesi come si guarda una goccia di sangue sotto il vetrino. Non mi interessa tanto appurare la salute o la malattia di un paese. Mi interessa cogliere la salute o la malattia di quel particolare paese che si chiama mondo. Direi che quasi sempre il responso della goccia di sangue induce verso la malattia. Posso chiamarla sfinimento o autismo corale, è sempre comunque il paese a fornirmi la cellula da analizzare, perché in paese le cose si vedono meglio, sono più uniche, più distinte. Ho avuto la fortuna e la sfortuna di nascere in un paese rotto. Ho avuto la forza di restarci dentro, non per viverci, ma per capire la rottura del mondo. Direi che la forza del mio lavoro sta tutta qui, in questa fedeltà al paesaggio, in questa terra-carne che è allo stesso tempo la cosa a cui tendo e la cosa da cui fuggo. Dalla frizione di questi due moti opposti nasce la mia scrittura.

Ha mai pensato di andare a vivere altrove?

No, non ci ho mai pensato. Ultimamente sto spesso lontano dall’Irpinia, ma è solo una lontananza fisica. Il mio paesaggio me lo porto sempre dietro e pure il mio vento. Qualche volta mi dico che a questo punto per me sarebbe tutto più facile andare a vivere altrove, ma il guaio è che questo altrove andrebbe cercato in luoghi in cui il mio lavoro non avrebbe senso. Penso a certi posti dell’America Latina o del Caucaso o dell’Africa. Se invece penso all’Italia e all’Europa non mi viene in mente nessun luogo. Mi pare che il nostro continente e i suoi abitanti siano una cosa sfinita.

E quindi?

E quindi resto in Irpinia, e quindi continuo a girare per questi paesi. La novità rispetto al passato è che non sono più da solo. Questa terra mi ha letteralmente straziato. Non ho mai ricevuto l’affetto a cui ambivo, il vento è stato perennemente contrario, ma questo ha dato una connotazione lievemente epica alle mie giornate. Io dalla vita mi aspetto l’intensità più che le moine. Mi piace capire più che divertirmi. E per questo sono rimasto qui, perché questa terra mi è parso uno straordinario laboratorio per capire come va il mondo. Chi vuole divertirsi, chi vuole dimenticare se stesso, è meglio che vada altrove. Qui deve restare chi è invaghito di sentimenti improduttivi, chi crede alla poesia più che all’efficienza.

Ma l’Irpinia non è tutta come lei la descrive?

È vero, in fondo io vivo in un’ Irpinia immaginaria. Non sono un sociologo, non provo a fare ritratti attendibili. Io scrivo col mio corpo e con gli umori che mi passano nel corpo. Le mie sono visioni di uno spaventato che tende a percepire lo sfregio più che il fregio. Non pretendo di indicare la strada a nessuno. Questo è il lavoro che faccio nei libri, il lavoro di scrittura. Poi c’è la dimensione politica e quella è un’altra storia.

E che storia è?

È la storia, per esempio, della battaglia contro la discarica sul Formicoso. Più di quindici anni di battaglia spesi senza mai abbassare la guardia. Sull’argomento scrissi un articolo già nel 1994. Non spetta a me attribuirmi meriti e demeriti, ma quello che ognuno ha fatto per quella bellissima altura è sotto gli occhi di tutti. Ovviamente la battaglia per il Formicoso non è un caso isolata, si inscrive in un ardore civile che si è sempre intrecciato agli interessi più squisitamente letterari. Ho pubblicato più di mille articoli a partire dall’inizio degli anni ottanta. A fine anno ne raccoglierò una parte in un volume. Li sto scegliendo proprio in questi giorni e sono impressionato dall’ostinazione con cui ho raccontato quello che di volta in volta questa terra mi suggeriva. La nota prevalente è lo sdegno, ma negli ultimi anni compare anche un’apertura alle bellezze dei nostri luoghi e anche un tono più fiducioso. È la fiducia che mi viene da esperienze come quella della Comunità Provvisoria o di Cairano 7x.

Può spiegare brevemente il senso di queste due esperienze?

La Comunità Provvisoria è innanzitutto un blog collettivo. È un’esperienza che ho creato insieme un gruppo di persone contattate una per una e che in molti casi non si conoscevano tra loro. Insomma una vera e propria invenzione. Adesso io sono uno dei tanti, adesso c’è un gruppo molto vasto in una terra di individui da sempre protesi più a dividersi che a unirsi. Facciamo tante cose, ma sicuramente la più importante è proprio Cairano 7x. Abbiamo inventato un evento culturale che non ha uguali in Italia e lo abbiamo fatto grazie a Franco Dragone, un cairanese emigrato in Belgio, sicuramente l’irpino più conosciuto a livello mondiale. Spiegare quel che accadrà a Cairano tra il 20 e il 28 giugno non è facile. Si fa prima a venire e a vedere. Il programma di quest’anno fa tesoro di tutte le cose belle già fatte l’anno scorso e ne aggiunge molte altre. Sarà una settimana ricchissima. Chi ama il cinema, la fotografia, la poesia, chi ama l’archeologia, l’ architettura sostenibile, il cibo, chi ama conversare, chi ama svestirsi dei suoi panni abituali farebbe bene a fare un salto a Cairano.

Sento un Arminio dagli accenti insolitamente entusiasti?

Lei crede che avrei potuto scrivere tutto quello che ho scritto senza una grande provvista di entusiasmo? Io sono un recriminatore, sono uno che si lamenta, ma nel fondo di me conservo la carica di un adolescente che sfida il mondo

Posso farle una domanda sulle prossime elezioni, posso chiederle un parere?

Non sto seguendo nulla. L’unica cosa che vedo sono le facce dei candidati. Mi pare che la politica si sia ridotta a una galleria fotografica. Non ho avuto nessuna esitazione nel rifiutare le proposte di candidatura che mi sono state avanzate. Oggi per me la politica è la Comunità Provvisoria e Cairano 7x. Magari verrà un tempo in cui mi tornerà la voglia di gettarmi nella mischia, ma adesso mi sento più vivo nel fare quello che faccio.

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