martedì 23 marzo 2010

Elisir d'amore per .........il "folletto ...paesologico"


....Un "folletto" si aggira per l'Europa e per l'Irpinia......la "paeologia"!



Nelle società sviluppate ed avanzate dell’occidente europeo e nordamericano un nuovo "spettro" o “folletto” si aggira incontrollato in Europa: la paesologia con la sua carica esistenziale, cognitiva e poetica di un sapere intellettualmente personalizzato ma plurale e comunitario nel rispetto e amore per il proprio territorio .
Una rivoluzione , prima di tutto, linguistica che per ora tocca il vocabolario politico e non preoccupa le “cittadelle” consolidate ma affannate dei poteri politici locali e comincia a risistemare i vocabolari dei professionisti della comunicazione, inossidabilmente stabili o a condizionare le loro capacità descrittive o interpretative delle comunità locali,provinciali e regionali sia in senso sociologico ma soprattutto culturale- politico.
Nelle attuali società di massa “affluenti e/o nonsviluppate”, urbane e non , alfabetizzate e culturalizzate, si vanno delineando due diverse forme di "individualismo" uno pigro ,regressivo e gregario, un altro attivo, progressivo, riflessivo e critico .
Per continuare seriamente a confrontarsi con la nostra cultura europea, scriveva acutamente Nicola Matteucci:"Contro l’individualismo, rappresentato da John Locke, Adam Smith,Edmund Burke, Immanuel Kant, Jeremy Bentham e John Stuart Mill, che sosteneva un governo limitato, per consentire agli individui di fare libere scelte per quanto riguardava la loro vita, c’è sempre un progetto "collettivista" che si è incarnato nel tempo in modi diversi". Il collettivismo è stato un miraggio insidioso per la storia tragica del secolo passato…. Mentre il richiamo alla “comunità” conferisce ben altro spessore e senso fuori dagli equivoci e delle ritualità.
L’originalità e la sua pericolosità "nonostante o soprattutto" è la scelta di lambire solo i temi come: la funzione dei partiti e della politica, del Parlamento e dei poteri costituzionali e nello stesso tempo non chiudersi nella “torre d’avorio” della disputa filosofica,politologica e costituzionale astratta ma partire dalle esigenze soggettive della pratica della politica vissuta come fatto esistenziale costruita quotidianamente su sentimento e passione come categorie antiche e pragmaticità e responsabilità come categorie moderne.
Le "vecchie categorie" interpretative non solo si dimostrano non sufficienti alla comprensione del fenomeno in atto ma soprattutto non ne colgono o descrivono il senso vero, profondo, completo e concreto.
E anche nei più avveduti ed intelligenti giornalisti, intellettuali e politici si è fatta e si fa molta fatica a smaltire le zavorre sociologiche e ideologiche per tentare di promuovere una nuova grammatica e soprattutto una sintassi di una tale esperienza.
Non si può parlare del classico “movimento” ecologico e sociale di riscatto o di conservazione come momento storicamente determinato nella dialettica della democrazia rappresentativa tra società politica e società civile né tantomeno una forma permanente e originale di democrazia diretta.
Non si presta al classico richiamo alla "ragione" contro il pericolo delle "emozioni" da parte della politologia più accorta e professionalizzata che fa scrivere a Giuseppe De Rita . "L’emozione populista che si aggira in Europa richiama al dovere di ricordare un’antica banale verità: che un corpo sociale caldo ha bisogno di testa fredda, più precisamente ha bisogno di corrette dinamiche istituzionali"… "le emozioni non possono costruire nuove identità collettive" ma soprattutto viene "il dubbio che il fenomeno non serva al complessivo sviluppo della società".
Il termine Comunità provvisoria pervaso anche da una sua carica creativa, poetica e calvinianamente leggera e ludica non nasce da una sorta di agonismo retorico o contrapposizione dottrinale al vecchio armamentario lessicale della politica, mutuato dalla cultura razionalistico-militare da Machiavelli ed Hobbes in contrapposizione al comunitarismo utopico di Rousseau che s’imbottiglia nell’ illuminismo ideologico della rivoluzione francese fino alle varie declinazioni del rivoluzionarismo radicale, anarchico o marxista.
Parole sconcertanti e semplici : “la paesologia è una disciplina fondata sulla terra e sulla carne. La carne di chi osserva, la terra che è osservata. Una forma d’attenzione fluttuante, in cui l’osservatore e l’oggetto dell’osservazione arrivano spesso a cambiare ruolo. E allora è la terra a guardare la carne, è la terra a indagare gli umori di chi la guarda”.F. Arminio.
Difficili e pericolosi i tentativi di spiegare e incasellare queste parole e soprattutto queste esperienze individuali e comunitarie con le vecchie categorie sociologiche e politiche. Fra non molto necessariamente si cercherà di esorcizzarli, criminalizzarli,personalizzarli, interpretarli o strumentalizzarli per fini non sempre legittimi o degni . Il gioco è già cominciato per ora in qualche retrobottega di qualche redazione provinciale ma continuerà con ben altri e consistenti protagonisti e mezzi.
E dunque di che si tratta?..... di un movimento tutto politico , di semplice esercizio o espressione intellettuale o letterario, di un fenomeno sociale sociologicamente ciclico nella sua fisiologia di “stato nascente” ? Cosa formano ,tutti insieme, quelle donne e quegli uomini che in un certo giorno si incontrano, camminano gli uni accanto agli altri, condividono emozioni simili- rabbia,speranza ,gioia, e infine si lasciano, forse con un nuovo appuntamento? Non credo che si possa parlare di un popolo che cerca uno Stato per un territorio e una storia pregressa, né una parte illuminata della società in cerca di nuove forme rappresentative della politica con proposte pragmatiche ed ideali assieme più nobili e coerenti. Niente di tutto ciò e anche tutto di tutto ciò ….non per amore del paradosso ,delle litote o degli ossimori. Ma quelli innumerevoli ,occasionali e provvisori migliaia di soggetti non costituiscono neanche una "massa"- anzi per certi versi ne sono l’antitesi e il rifiuto. E non è del tutto adeguato, infine il termine di "moltitudine" avendo costruite le prorie sensibilità proprie nella considerazione negativa delle Cattedrali dei “non-luoghi” che la modernità commerciale europea ci sta imponendo come sviluppo e progresso. Proporrei in questo caso di spendere e sottolineare il nome di "comunità…perché nulla più della comunità…rimanda a un "essere singolare plurale" tenuto insieme da un impegno reciproco nei confronti di ciò che non è di nessuno perché è appunto di tutti fuori dagli equivoci economicistici e commerciali. E poi perché tale impegno si dirige precisamente e di fatto contro tutte le forme odiose di "immunità" per coloro che di quella "res comune" pretendono di appropriarsi e rappresentare nei modi più prepotenti, abituali e inamovibili occupando soprattutto istituzioni e poteri.
Questa esperienza esistenziale culturale politica assieme ,tuttavia, non è nata per essere "compresa" o studiata dall’esterno nelle redazioni dei giornali, o nelle Università , in modo razionalmente passivo e immunitario ma per essere vissuta in prima persona in modo istintivamente e responsabilmente attivo. E’ questa la sua originalità, autenticità ,pericolosità e la sua carica dirompente nel rapporto o nel confronto con le altre forme del pensiero e della pratica politica nello sviluppo delle moderne democrazie occidentali ,europee e non solo . Non nasce impolitica ,apolitica o antipartitica ‘a prescindere’ ma è carico di “pensieri lunghi” e di originali stimoli e di sane provocazioni intellettuali ,cognitive ,poetiche,istintive e passionali alla cultura,al sapere e ,perché no, alla politica ingessata nei “pensieri corti” e autoreferenziale che ha perso il senso dei suoi fondamenti sia quando si fa pratica praticata ,politica politicante o peggio ideologia, mito o metafisica e dottrina , dimenticando di essere sopratutto ricerca , scienza o attività dell’uomo e per l’uomo.
Mauro Orlando

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