giovedì 31 dicembre 2009

Elisir d'amore per .....la "paesologia"

......ancora a Farheneit Franco Arminio in viaggio verso l'incontro di Grottaminarda (av) sulla " PAESOLOGIA "....




ANZIANI

Per me, andare in certi paesi è come visitare un reparto di geriatria all’aria aperta. I vecchi sulle panchine, le vecchie sulle sedie e sugli scalini davanti alle case, sono persone che hanno già regolato i conti con l’aldiquà e adesso stanno espletando le pratiche per l’aldilà.
In certi paesi del Sud la gente diventa decrepita, sembra che la vecchiaia sia un pozzo senza fondo. Eppure gli anziani che abbiamo ora sono gli ultimi in circolazione. Hanno tratti forti, facce lungamente esposte alla fatica, al freddo e al sole. I giovani di adesso, quando saranno vecchi non avranno queste facce, questi corpi contorti dall’artrosi, questo modo di conversare che non è mai concitato, che è un parlare senza animosità, lento, lievemente ipnotico, circolare. Un parlare appreso quando vivere in un paese significava stare con gli altri e sentirsi insieme agli altri. Forse le cose stanno così: una volta si era tristi tutti insieme, adesso ognuno è triste per conto suo. Ora si esce a prendere un poco di luce, per la vecchia abitudine di stare in mezzo agli altri, ma non c’è più nessuno. I giovani si muovono nelle macchine, sono indaffarati o comunque cercano di mostrarsi indaffarati.
Gli anziani sono gli ultimi relitti rimasti a galla di una civiltà che affonda nella marea del consumo. Hanno tutti una lingua, uno stile, non sono mai sgraziati, sono innocenti. Non era così quando erano giovani.
La civiltà contadina era una civiltà offesa e per questo non sempre capace di gentilezze e di garbo. I vecchi e le vecchie che vediamo adesso con la loro aria smarrita, sono stati genitori oppressivi, si sono concessi e hanno concesso poco.
Abbiate cura di andare in giro. Non rimanete fermi come uno straccio sotto il ferro da stiro. Andate nei paesi e provate ad ascoltare gli anziani, a far loro compagnia.
Provate a praticare una nuova forma di turismo, il turismo della clemenza. Facilmente vi potrà capitare di essere trattenuti per un braccio da un anziano che ancora vi vuole parlare, perché oggi per loro il male più grande è non trovare ascolto, non poter raccontare una vita che era epica anche quando era banale.
Andate a vedere la ragnatela delle rughe, gli occhi su cui campeggiano le grandi impalcature della morte. La vita non è uno show televisivo e gli anziani sono qui a ricordarci la gloria e la miseria di stare al mondo.

comunitaprovvisoria

mercoledì 30 dicembre 2009

Elisir d'amore per .......un 2010 di speranza e di poesia

io sono immerso in una aurora comunitaria
non mi bastano più "i chiari di bosco"
in un autunno berlusconiano...
un'aurora poetica
di presa in cura dei piccoli paesi
degli appennini del mondo
con il sapere dell'ascolto e del silenzio
alla ricerca di una vita
di volti e luoghi
luoghi esposti e segreti
che raccolgano amori feriti .....o compressi.
"Incipit vita nova"
in un vivere poetico
alla ricerca delle parole non scritte
nell'ascolto della parola del gemito
del sussurro ....del destino
delle parole che non torneranno mai
a raccontarci il pensiero che partì
nella frammentazione dell'attenzione
e nell'icompiutezza di ogni sentimento
e ancora una volta ci mettiamo in ascolto......nelvento.....

Elisir d'amore per .........l' APPENNINO

.......sulla strada del convegno sulla "PAESOLOGIA"
Franco Arminio a Farheneit parla di "Appennino" e i suoi "piccoli paesi"....





APPENNINO

La parola di oggi è Appennino. L’Italia ha una lunghissima colonna dorsale: montagne, altipiani, colline, schiene di terra che si abbassano verso il mare, in cui ogni paese è una vertebra isolata. È un’Italia alta e tortuosa, ogni paese ti sembra vicino ma per arrivarci devi fare ancora cento curve.
Questa colonna sta perdendo poco a poco la sua linfa. La gente sceglie di abitare nelle città e, quando sceglie i paesi, ha sempre cura che siano comodi e pianeggianti. Nessuno vuole stare nei luoghi più impervi, quelli dove gli inverni sono lunghi e senza turismo.
L’Appennino è l’Italia che avevamo e che rischiamo di perdere per sempre. La gente ci ha vissuto per millenni consumando quel poco che bastava a sostentarsi.
Eppure io guardo all’Appennino come alla vera cassaforte dei paesi, una cassaforte piena di monete fuoricorso. Ci sono zone in cui il paesaggio è ancora incontaminato ed è come deve essere: solitario e sprecato.
Cosa augurarsi per queste terre? Più che chiedere politiche d’incentivazione, verrebbe voglia di incentivare l’esodo, in maniera tale che tornino le selve, che la natura riassorba le folli smanie cementizie che non hanno edificato niente di bello e che non hanno portato reddito.
Una nazione con un filo di montagne disposto in tutta la sua lunghezza dovrebbe ricordarsi più spesso di questa sua geografia.
È curioso che le nostre montagne, vere e proprie palestre all’aria aperta, siano frequentate più dagli stranieri che dagli italiani.
Io credo che sia arrivato il tempo di considerare l’Appennino come il luogo in cui si raccoglie la forza del passato e quella del nostro futuro.
Dalla Liguria alla Calabria, adesso, è tutta una storia di frane e spopolamento, di vecchi dismessi e di scuole che chiudono, di paesi allungati, deformati dal valzer delle betoniere.
Forse questo è il momento di invertire questa storia, di considerare che anche in un piccolo paese è possibile una grande vita.

Elisir d'amore per.......un anno che se ne va!

......vorrei chiudere l'anno 'orribilis' 2009 facendo il pieno di parole e canzoni d'amore
.......tutte le forme d'amore......

".....col nostro sangue
con le nostre lacrime
facevamo le rose
che brillavano un momento al sole del mattino
...le abbiamo sfiorite
sotto il sole tra i rovi...
........e così dimenticammo le rose"
dino campana .....




.......e alda merini

Non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all' orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

martedì 29 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........la democrazia contro la tirannia e il dispotismo

In senso generale la politica è sempre realistica,perché il suo oggetto,il suo problema, il materiale delle sue riflessioni, è la complessità della vita associata. Sotto il profilo pratico la politica, nei suoi interventi ,nelle sue costruzioni non può mai prescindere da elementi di sagacia e di astuzia, di prudente accortezza, e di attento governo dei conflitti, di verosimile calcolo dei rapporti di forza. Parlare di "un partito dell'amore" e del regalo natalizio di una tessera di partito è invece la "banalità" della politica ad esclusivo uso personale che può portare al dispotismo mediatico o ad una moderna tirannia della maggiornaza..........



.....Dalla mentalità docile, o meglio servile, prende le mosse anche la storia del dispotismo che si svolge parallela a quella della tirannia. Aristotele definisce infatti il dispotismo come una forma di monarchia in cui il monarca governa per il suo interesse su popoli schiavi per natura che "sottostanno al dominio dispotico senza ritrosia". A differenza della tirannide, il dispotismo è dunque legittimo e non è vissuto come governo oppressivo o violento.
Esso ha inoltre una caratteristica geografica destinata a diventare nei secoli parte integrante del concetto: mentre la tirannia è un male sopportato dai Greci, il dispotismo è proprio dei barbari e dell'Oriente.
Machiavelli parlando della monarchia in cui uno è signore e "li altri sono sua servi" cita quale esempio "la monarchia del Turco".
Montesquieu, dopo aver definito dispotico quel governo in cui uno solo, senza legge e senza regola, trascina tutto secondo la sua volontà e il suo capriccio, senza divisione dei poteri e con il sostegno della religione, cita anch'egli la monarchia dei turchi. Fondato sull'ansia ossia il senso d'insicurezza; o sul terrore, l'angoscia violenta e paralizzante, il dispotismo vive se non è costretto a sottoporsi a regole e limiti.
Ma fin quando si conserva nella sua forma tipica esso fa di un popolo una moltitudine di schiavi politici simili agli schiavi domestici. Sulla scia di Montesquieu il dispotismo diventa nel pensiero politico del Settecento l'antitesi della libertà perché presuppone e incoraggia la mentalità servile e dunque distrugge, con lo strumento della paura, la stessa radice morale e interiore del vivere libero.
Con l'eccezione, gravida di conseguenze, dell'idea giacobina di un dispotismo della libertà che Marat formula su Le Moniteur del 6 aprile 1793: "è con la violenza che bisogna realizzare la libertà, ed è giunto il momento di organizzare il dispotismo temporaneo della libertà per distruggere il dispotismo del re".
Paradossalmente, con l'affermazione dei regimi politici liberali e democratici che avrebbe dovuto rappresentare la vittoria sul dispotismo, la storia del concetto si arricchisce di contributi nuovi e inquietanti: Benjamin Constant mette in guardia contro "il dispotismo dei moderni" che prende forma di un potere oppressivo esercitato questa volta "con l'autorità e a nome di tutti"; Alexis de Tocqueville individua nella società democratica un dispotismo "di nuova specie", un "potere immenso e tutelare" che "avvilisce gli uomini senza tormentarli"; John Stuart Mill denuncia il dispotismo dell'opinione pubblica che manipola le idee e, diversamente dalla tirannia, non opera solo sulle azioni ma anche sulla mente.
Nonostante la sua indubbia novità nella storia dei regimi politici, il totalitarismo che ha dominato la scena del Novecento ha in comune con il dispotismo la capacità di estendere il dominio fino alla coscienza: il suddito docile è tale non perché non può ribellarsi ma perché non vuole ribellarsi e addirittura si identifica nel capo.
C'è da chiedersi perché tirannia e dispotismo non sono più parole chiave del nostro linguaggio politico, vista la continuità storica che i due studi mettono in evidenza. Fra le varie risposte possibili la più inquietante è che le forme contemporanee della tirannide e del dispotismo del nostro tempo sono diventate talmente scaltre da cancellare i nomi che le descrivono e al tempo stesso le condannano senza appello quali modi perversi di dominio.

Elisir d'amore per ....un importante incontro.

...questa settimana a Fahereneit (RAI 3) Franco Arminio legge testi comunitari per prepararci alll'incontro di Grottaminarda (AV) del 9 gennaio 2010 sul tema della "PAESOLOGIA".....



DESOLAZIONE

Il vecchio alfabeto del paese ha perso ogni lettera. Dalla a di asino alla z di zappa, passando per la m di mulo, per p di pecora, per la c di contadino. Il nuovo alfabeto sembra cominciare dalla lettera d, dalla desolazione.
I paesi lasciati dai loro abitanti non restano vuoti, vengono invasi dalla desolazione. La senti appena arrivi, la senti se fai la scelta di andare in un giorno qualsiasi, non quando c’è la festa del patrono, non ad agosto, quando il paese si abbiglia come villaggio turistico. La desolazione è una cosa nuova per i paesi. Prima c’era la miseria. Arrivavi e vedevi case fatiscenti, strade di polvere o di fango a seconda della stagione, vedevi bambini che giocavano tra la merda degli asini e dei maiali, i vecchi con le coppole e le mantelle, le donne con gli scialli, un mondo assai simile a quello mirabilmente descritto da Carlo Levi. E questa visione è durata per millenni, praticamente fino alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso. Poi la modernizzazione, la rottamazione della civiltà contadina ha fatto posto a una modernità posticcia. In questo passaggio è andata via la miseria materiale ed è arrivata la miseria spirituale. Il paese non è più povero, ma è abitato da gente rancorosa, maldicente, abituata a fallire la propria vita e a far fallire la vita degli altri. È arrivata la stagione dei disertori, di quelli che non sapendo andarsene lontano hanno deciso di voltare le spalle al paese e di farsi la casa in periferia. Così quando arrivi al centro sei dentro un curioso effetto vuoto. Oggi i paesi hanno il buco al centro. La gente abita l’orlo dove è più facile farsi la casa grande, dove puoi arrivare nel tuo domicilio senza scendere dalla macchina. Un paese oggi è un luogo che ha più case che abitanti e questo è il principale motivo della desolazione. È una desolazione particolare, capace di infonderti anche un lieve senso di beatitudine se hai i sensi spalancati e capisci che in un paese c’è sempre tanto per chi ha due minuti di vita tra le dita, uno per sé e l’altro per il mondo, per chi sente l’urgenza di allontanarsi da tutto e di avvicinarsi a tutto. Un’osservazione intensa e clemente del mondo esterno produce benefici effetti sul tuo spirito. Vai per vedere un paese, ma alla fine è il paese che ti vede, dice qualcosa di te che non sa dirti nessuno.

Franco Arminio

Elisir d'amore per ......l'incontro del 9 gen di "paesologia" a Grottaminarda (av)

Franco Arminio di contadini oggi parla a fahereneit.

l’appuntamento continua con altri voci paesologiche ogni giorno alle quattro fino a venerdì.


Ogni tanto per vecchiaia muore qualcuno

che non cercava potere né vittoria

e questa era finissima cultura.

Ogni paese era una tela di eroi,

la miseria per cui lavoravano oscurava

la grandezza di ciò che davano.






Qualche tempo fa ero in una scuola di Candela, un paese in provincia di Foggia dove c’è tanta terra ed è tutta coltivata a grano. Chiesi ai ragazzi chi di loro fosse figlio di contadino. Nessuno alzò la mano. In quella scuola i figli di contadini c’erano, ma forse si vergognavano, è una parola che non piace, è legata a una storia di grandi fatiche e di piccoli guadagni. Non a caso oggi molti [Continua...] di quelli che lavorano in campagna amano definirsi imprenditori agricoli. La parola imprenditore evoca l’idea di grandi profitti anche se in agricoltura questi profitti sono sempre più una chimera. L’Italia non è più un paese di contadini, lo si dice spesso ed è una grave inesattezza. I contadini ci sono ancora, c’è ancora chi lavora la terra nonostante decenni di politiche che hanno messo al centro del nostro modello di sviluppo l’automobile al posto dell’albero, il cemento al posto della zolla di terra. Adesso che questo modello di sviluppo è palesemente e forse irrimediabilmente in crisi, sarebbe il caso di rimettere in circolazione la parola contadino e di assegnare ad essa un nuovo prestigio. Curiosamente sono i ricchi i più accesi fautori del ritorno alla terra, sono quelli che meno hanno vissuto i disagi della campagna a farsi venire la fregola di fare l’olio o il vino, anche se spesso si limitano a mettere il loro nome sulle bottiglie e mandano nei campi i giovani extracomunitari. Il segnale è comunque incoraggiante. L’Italia non ha più molto suolo agricolo. E’ tutto un brulicare di case, capannoni, officine. E’ il momento di usare la gomma più che la matita, ridare alla terra spazio e respiro. Sogno un mondo che sappia coniugare il computer e il pero selvatico, in cui le persone sappiano potare un albero e navigare in internet. Intanto si tratta di difendere con le unghie e con i denti quelli che alla campagna ancora si dedicano. Altro che calciatori, politici e veline, bisogna dare onore a chi sta nelle stalle, nelle vigne, a chi semina, a chi raccoglie le olive e le castagne. Bisogna organizzare una campagna pubblicitaria non per un prodotto ma per chi lo produce. Altro che mulino bianco, fateci vedere lo sterco e il fango, fateci vedere i contadini.

comunitaprovvisoria

28 Dicembre 2009

venerdì 25 dicembre 2009

Elisir d'amore per ......la " paesologia"


cari amici in preparazione del seminario di grottaminarda (10 gennaio)vi propongo questi quattro testi. vi informo anche che per tutta la prossima settimana sarò ospite a fahereneit con un vocabolario di paesologia. l’appuntamento è in diretta alle ore 16 da lunedì a venerdì.
franco arminio



1
.

Scrivo sperando che le parole producano un’alterazione della loro stessa natura e si facciano lievito, carne, corpo, fiato che posso respirare insieme agli altri. Faccio questo parlando della paura della morte (niente di più privato, niente di più comune) e dell’agonia dei paesi. Parlo di questa terra-carne che continua a ferirmi, parlo di questo muro contro cui ogni giorno sbatto la testa.

Le strade, le piazze che attraverso sono camere ardenti. Raccolgo ormai da anni il lamento funebre sul paese che non c’è più. Sono il cronista di un funerale senza fine, perché la salma del paese non si può inumare. Anzi, assisto a varie operazioni di maquillage dell’abbandono, di restauro della cenere. Ogni giorno faccio l’autopsia dal vivo, come se vivere fosse solo un modo di esplorare la morte della vita.

2.

Per vivere in un paese devi dismettere ogni arroganza. Non importa se la nascondi o la fai fluire. L’arroganza si sente, agisce come un acido che corrode i tuoi legami con gli altri. Il paese è una creatura che ti chiede misericordia. Devi sentirti come un cane bastonato. Non devi sentirti uno che ha qualcosa da insegnare, uno che vuole cambiare la sua vita e quella degli altri. Il paese ti chiede di amare quello che sei e quello che il paese è. Non devi fare altro.

Sono infinitamente stupidi i cittadini che quando arrivano in un paese fanno sempre la solita domanda: ma qui di cosa si vive? È la domanda di chi pensa di essere in piedi, in sella al cavallo del mondo e di poter andare alla conquista di chissà che. Il paese, se accogli la sua lingua, ti dice che sei un cane, che devi dismettere l’arroganza di chi pensa di essere il padrone della terra.

Il paese è una creatura che sgretola qualunque narcisismo, per questo le vetrine sono sempre un po’ fuori posto (il paese è una creatura intimamente puberale e se gli metti il doppiopetto diventa ridicolo).

L’uomo che va in giro per i paesi, il paesologo, in realtà è un cane, ha il punto di vista del cane. La sua è una scrittura sgretolata, ha la postura accasciata di chi è stato colpito da un male fraternamente incurabile e non può che congedarsi dalla letteratura come prova titanica di un autore che pretende di spiegare il mondo.

Non ci si arrende solo rispetto all’idea di inseguire il mito dello sviluppo, ci si arrende all’idea di essere qualcosa o qualcuno. Per uscire dall’autismo corale ci vogliono posture nuove. È tempo di tornare a una fisiologia meno velleitaria, a un quieto vagabondare nel mondo che gira, nell’aria che non sta mai ferma, nella polvere in cui luccichiamo ad occhi aperti insieme al sole e alle stelle.

mercoledì 23 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........una "festa" che continua......


« Se la musica è l'alimento dell'amore, seguitate a suonare,
datemene senza risparmio, così che, ormai sazio,
il mio appetito se ne ammali, e muoia.”
W.Shakespeare

La festa di Cairano rispecchia lo spirito leggero,provvisorio,creativo che vuole espressamente evitare finalità,modelli,formalismi già consumati nel passato.” Un luogo per chi ha due minuti tra le dita per sè”.Un luogo dove si possa comunicare e “conversare non sotto il peso delle nostre parole e dove si possa passeggiare con la naturalezza e la leggerezza di un passero sopra il ramo” .Dove viviamo la vita e …noi che ci conficchiamo in essa istante per istante”…Ho preso in prestito le parole leggere e profonde di Franco per dare il senso di “ciò che non siamo e non vogliamo”. Cairano è uno spazio aperto di libertà,di possibilità,di occasioni, di identità singolari ed autentiche,di espressioni ,di doni,di atti e pensieri politici nelo spirito del confronto e dell’incontro ‘in comune’. “Nessun vento è favorevole per chi non conosce il porto”. Scriveva Seneca in età precristiana se pur per definire una etica soprattutto umana e lontano dalle prescrizioni cristiane.
Una “Festa” per noi non è un ‘porto’ in cui stabilire preventivamente e prospetticamente ciò che è possibile fare e non fare in essa,ma sapendo che ciò che si fa e si dice può essere disfatto, reso inoperoso e provvisorio,liberato,sospeso e sopratutto liberato da un “progetto” rigido e strutturato e economicamente definito,non contrapposto alle logiche egli scopi dei giorni “feriali”,operosi e produttivi. E’ un fare e un non fare come caso estremo di sospensione. Non ci sono fini, strenne,regali,oggetti d’uso e di scambio .Bisogna ridare senso alla categoria di “festosità” sganciata dalla ritualità,dalla ripetitività,dalla progettualità come attributo del pensare,dell’agire e del vivere.Recuperare la perdita del senso e la voglia di ‘festosità’ per non rischiare di danzare senza la musica.Una festa che non diventi progetto razionale e necessariamente ‘ingessato’ ma neanche che sia ‘liquido’,'mitico’o ’sacro’.




1) Blue: il benvenutohttp://www.youtube.com/watch?v=IrhYuS1tqnQ

2) Flame Turns Blue: l'urlo dalla rupehttp://www.youtube.com/watch?v=1U8Zx1vTt0U

3) Il tramonto: la maliconconiahttp://www.youtube.com/watch?v=n-y7YL6U8ug

4) il vento: la gioiahttp://www.youtube.com/watch?v=6lVBJsdDCDY

5) La pietra: i ricordi del passatohttp://www.youtube.com/watch?v=ozHnLkTcT24

Elisir d'amore per .....l'incontro sulla "PAESOLOGIA"


sabato 9 GENNAIO 2010
la COMUNITA’ PROVVISORIA terrà il 1° SEMINARIO di PAESOLOGIA nel Castello di Grottaminarda (avellino), uscita sulla A16 Napoli-Bari.
Il convegno durerà l’intero giorno. Pranzeremo assieme, all’una.
Interventi (con auspicabili video – foto – sonorità) da contenere in max. 11 minuti. Finora hanno confermato la loro partecipazione con intervento 22 comunitari (vedere i commenti). Il termine di scadenza delle prenotazioni è il 27 dicembre.
Leggi il seguito di questo post »


...appunti di preparazione per l'incontro sulla "paesologia".
“E’ stato un lusinghiero e ricco incontro di persone disponibili a giocare la loro personale vita mentale e concreta nella possibile declinazione di due categorie apparentemente contrastanti ,locale e globale che tanto ci inquieta e ci disorienta.” Andrea ,particolarmente ispirato e costruttivo, ha delineato non solo la grammatica e il lessico rinnovato per una possibile nuova esperienza culturale ma assieme alla necessità di ristabilire un rapporto di tipo nuovo con una realtà meridionale sociologicamente e psicologicamente immutata in un contesto di modernizzazione “con sviluppo e senza progresso” e una mondializzazione non solo economica ma soprattutto antropologica. La “paesologia” come intuizione da definire e sviluppare potrebbe essere uno strumento conoscitivo originale e nuovo.Tutto dipenderà dall’uso che ne vorremmo fare per il futuro di noi e dei nostri territori……Una persona che ha intenzione di vivere e pensare un territorio del sud ha la necessità di rivendicare alla base della sua ricerca di funzionalità intellettuale e esistenziale non solo retaggi e ricchezze culturali pregresse in modo consolatorio o di orgoglio identitario.Oggi bisogna rivendicare la categoria della “marginalità” e “fragilità”come capacità e possibilità di autenticità e originalità di stare e vivere contemporaneamente il mondo nel suo piccolo e nel suo grande. Si può vivere non con il vecchio schema della schizofrenia una bella esperienza emotiva e culturale a Castelbaronia e il giorno dopo visitare una importante mostra alla Tate Gallery di Londra e una settimana dopo partecipare ad un convegno a Bombay sulle nuove tecnologie informatiche e il futuro delle economia mondiale.Lo spazio concettuale libero e liquido tra centro-margine-periferia si è aperto incondizionatamente e ci permette di verificare nei fatti e non solo nella volontà le idee ma soprattutto la nostra disponibilità e capacità di attivare volontà e strumenti per condividere “comunitariamente” anche le nostre individuali solitudini, introversioni, umori caldi e freddi, inquietudini e sogni .Non in una sorta di sopravvalutazione con sovrappesi culturali e professionali di sé stessi che ci costringe a costruire muri e barriere intolleranti non solo psicologiche per rifiutare o accettare gli ‘altri’. Sapendo che stare insieme può essere anche una sofferenza ,un esercizio faticoso di ridurre frammentazioni e chiusure e alleggerire pesantezze conoscitive e rigidità dottrinarie .Per iniziare questo nuovo viaggio di prospettiva necessita anche un viaggio nelle nostre storie mentali costruite su un eccesso di sviluppo accumulativi di saperi e un eccesso di ‘criticismo’ sedimentato o ossifificato nelle nostre diaspore migratorie. “Siamo emigrati male e spesso ritorniamo peggio”. Ci siamo costruiti intellettualmente e professionalmente con una idea di acculturazione e sapere come possibile strumento per acquisire potere e riscatto su un diffidenza e non fiducia verso gli altri in termini sociali e politico.Cultura e sapere non è acquisire potere ma proprio una possibile possibilità di depotenziamento del potere e del sapere stesso.Con una tale idea di acquisizione di conoscenze,abilità, sapere come strumento di possibili poteri e riscatti anche la categoria economica e sociale di ‘disoccupazione’ nei piccoli e grandi paesi

del sud e del nord del mondo può acquisire slancio progressivo e ideativo e riscatto individuale nella propria vita mentale e politica nei luoghi che ci è dato vivere hic et nunc. Dato per acquisito che la politica politicista va dunque sempre sospettata e criticata nella sua rigidità e illiberalità costitutiva e istituzionale ma sopratutta perché educa a coltivare pensieri corti e relazioni corte.Dobbiamo ricostruire una “società civile” di nuovo conio e funzione non seguendo i canoni e le categorie politologiche classiche e moderne che la mettono necessariamente e unicamente con la “società politica” in una sorta di separatezza e superiorità solo concettuale. La differenza tra società civile e società politica è che una obbliga a pensieri lunghi e di prospettiva la seconda educa a pensieri corti e regressivi ingessati nelle istituzioni.Noi abbiamo bisogno di mettere in campo con modestia e presunzione “pensieri e relazioni lunghe sapendo però che vivere insieme agli altri e confrontarsi non è mai stato perfetto,idilliaco,edenico.Bisogna diffidare chi ci ripropone “paradisi perduti” e chi ci lusinga con utopie di comunità utopiche e mitiche. Bisogna accettare le complessità e difficoltà nei possibili spazi di amori ,di sogni, di odi,di controversie, di rancori, di rimorsi , sempre disposti al rischio ma con “gesti eroici”ed autentici anche di intelligenze confuse ,provvisorie o smarrite mai dogmatiche e prescrittive. Massima vitalità anche in possibili massime disperazioni”.
Mauro Orlando

martedì 22 dicembre 2009

Elisir d'amore per .......il rifiuto della 'bugia'......

“C’è un’enorme distanza fra l’alterazione della verità determinata dalla ragion di Stato e le bugie sui comportamenti privati. Quando un potente è accusato di dire delle menzogne o è in grado di giustificarsi, o domanda scusa al popolo, o si dimette”







Proprio straordinario il passo in cui Collodi descrive il processo a Pinocchio nella città di Acchiappa-citrulli:

Pinocchio “Preso allora dalla disperazione, tornò di corsa in città e andò difilato in tribunale, per denunziare al giudice i due malandrini, che lo avevano derubato.
Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d’oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo d’una flussione d’occhi, che lo tormentava da parecchi anni.
Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l’iniqua frode, di cui era stato vittima; dètte il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finí chiedendo giustizia.
Il giudice lo ascoltò con molta benignità; prese vivissima parte al racconto: s’intenerí, si commosse: e quando il burattino non ebbe piú nulla da dire, allungò la mano e sonò il campanello.
A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi.
Allora il giudice, accennando Pinocchio ai giandarmi, disse loro:
— Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque, e mettetelo subito in prigione. —
Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di princisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparono la bocca e lo condussero in gattabuia.
E lí v’ebbe a rimanere quattro mesi: quattro lunghissimi mesi: e vi sarebbe rimasto anche di piú se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli, avendo riportato una bella vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e di velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte anche le carceri e mandati fuori tutti i malandrini.
— Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch’io — disse Pinocchio al carceriere.
— Voi no, — rispose il carceriere — perché voi non siete del bel numero…
— Domando scusa; — replicò Pinocchio — sono un malandrino anch’io.
— In questo caso avete mille ragioni — disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprí le porte della prigione e lo lasciò scappare.”

Elisir d'amore per .......uno "SCACCO A DIO"

"...Sembra quasi che lo facciono per farmidispetto, gli uomini:arrivati a un certo punto è come se incidessero un'altra linea della vita sulla mano. No non parlo di peccati, quelli son minuzie: dico il corso del loro destino. E' come se in una immaginaria scacchiera non accettassero più le diagonali di un alfiere, i salti di un cavallo, le rette di una torre.E spacciano questa falsa libertà per uno scacco a me, uno scacco a Dio. Ecco cosa mi tormenta e cosa voglio capire: dove ho sbagliato"

da : ROBERTO VECCHIONI, SCACCO A DIO, EINAUDI




E se un giorno Dio, in piena crisi esistenziale, si travestisse da pittore del Rinascimento o da chitarrista rock, da trapezista o da cortigiana, per cercare di comprendere gli uomini, quelle sue creature ribelli che ormai gli sembra di non capire più? Cosi infatti si presenta il Creatore davanti a Teliqalipukt, il "suo primo consigliere", una specie di angelo mandato sulla terra con lo scopo di seguire gli uomini per poterli poi raccontare ai "piccoli immortali, i suoi allievi". E proprio a lui Dio chiede di spiegarglieli, gli uomini, lui che li ha conosciuti da vicino. Inizia così una sorta di "terapia" in cui Teliqalipukt (vecchia conoscenza dei lettori di Roberto Vecchioni), di seduta in seduta, si fa cantastorie per Dio. Da Catullo a JFK, passando per Shakespeare e Federico II, i protagonisti dei racconti - che danno forma a un unico romanzo - sono accomunati dalla volontà di ribellarsi a un destino che appare già segnato. E così scopriamo che Oscar Wilde dopo anni di carcere vive sotto falso nome nel nord della Francia; che il matematico Evariste Galois muore in duello non a causa di una donna ma per il risultato sconvolgente delle sue ricerche; che sir Alec Guinness si converte dopo uno strano colloquio in una chiesa durante le riprese del film in cui veste i panni di padre Brown; che il campione del mondo di scacchi Capablanca non ha perso il suo titolo come credevamo...

Elisir d'amore per ....."il piccolo principe che non credeva nella morte"

...per tutti quelli che fanno canzoni e non vengono capiti..



Il mito per noi non è un insieme elegante e codificato di figure e finzioni, né l’allegorizzazione di una verità storica o morale, e neppure è una produzione della parte più buia dell’anima, quella che con la parola contemporanea chiamiamo inconscio.Il mito, è prima di tutto il deposito delle forme inconfutabili, atemporali..., splendide che gli uomini hanno dato ai loro sogni, alle loro solitudini, ai loro silenzi, alle loro aspirazioni e speranze, alle loro conoscenze dell’universo ......anche il ricordo leggero e piano di un poeta semplice della canzone " il piccolo principe che non credeva nella morte",complicato e ombroso nella vita solitaria,complicata e amara ......Luigi Tenco." Un giovane angelo che girava senza spada"....Non gli abbiamo fatto allora un monumento per dimenticarlo in fretta ma gi abbiamo riservato religiosamente un piccolo spazio segreto , perenne e intimo nel nostro cuore di adoloscenti non pentiti che non avrebbero mai pensato o sopportato una vecchiaia banale e volgare come quella che ci costringono a vivere oggi ...senza dubbi e sopetti....passioni ed ideali.....Neanche oggi nel ricordo ci legheranno le mani per "un applauso più forte"e non vogliamo neanche sapere chi lo acciso e perchè.......

Elisir d'amore per ........CAIRANO 7X

L’incontro di ieri sera ad Avellino sulle varie attività dei gruppi che lavorano per Cairano 7X.....mi è piaciuto solo quando mi ha permesso di evocare i sentimenti orgogliosi e pretenziosi che la esperienza della Comunità provvisoria ha avuto ed ha in senso originale ed autentico di fare cultura e politica nelle terre d’Irpinia e nel mondo dei “piccoli paesi” d’Italia e del mondo.A tale proposito mi piace ripetere “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo” alcune considerazioni che scrivevo dopo l’incontro di Catelbaronia con andrea e franco……




vado per stralci già scritti:

“E’ stato un lusinghiero e ricco incontro di persone disponibili a giocare la loro personale vita mentale e concreta nella possibile declinazione di due categorie apparentemente contrastanti ,locale e globale che tanto ci inquieta e ci disorienta.” Andrea ,particolarmente ispirato e costruttivo, ha delineato non solo la grammatica e il lessico rinnovato per una possibile nuova esperienza culturale ma assieme alla necessità di ristabilire un rapporto di tipo nuovo con una realtà meridionale sociologicamente e psicologicamente immutata in un contesto di modernizzazione “con sviluppo e senza progresso” e una mondializzazione non solo economica ma soprattutto antropologica. La “paesologia” come intuizione da definire e sviluppare potrebbe essere uno strumento conoscitivo originale e nuovo.Tutto dipenderà dall’uso che ne vorremmo fare per il futuro di noi e dei nostri territori……Una persona che ha intenzione di vivere e pensare un territorio del sud ha la necessità di rivendicare alla base della sua ricerca di funzionalità intellettuale e esistenziale non solo retaggi e ricchezze culturali pregresse in modo consolatorio o di orgoglio identitario.Oggi bisogna rivendicare la categoria della “marginalità” e “fragilità”come capacità e possibilità di autenticità e originalità di stare e vivere contemporaneamente il mondo nel suo piccolo e nel suo grande. Si può vivere non con il vecchio schema della schizofrenia una bella esperienza emotiva e culturale a Castelbaronia e il giorno dopo visitare una importante mostra alla Tate Gallery di Londra e una settimana dopo partecipare ad un convegno a Bombay sulle nuove tecnologie informatiche e il futuro delle economia mondiale.Lo spazio concettuale libero e liquido tra centro-margine-periferia si è aperto incondizionatamente e ci permette di verificare nei fatti e non solo nella volontà le idee ma soprattutto la nostra disponibilità e capacità di attivare volontà e strumenti per condividere “comunitariamente” anche le nostre individuali solitudini, introversioni, umori caldi e freddi, inquietudini e sogni .Non in una sorta di sopravvalutazione con sovrappesi culturali e professionali di sé stessi che ci costringe a costruire muri e barriere intolleranti non solo psicologiche per rifiutare o accettare gli ‘altri’. Sapendo che stare insieme può essere anche una sofferenza ,un esercizio faticoso di ridurre frammentazioni e chiusure e alleggerire pesantezze conoscitive e rigidità dottrinarie .Per iniziare questo nuovo viaggio di prospettiva necessita anche un viaggio nelle nostre storie mentali costruite su un eccesso di sviluppo accumulativi di saperi e un eccesso di ‘criticismo’ sedimentato o ossifificato nelle nostre diaspore migratorie. “Siamo emigrati male e spesso ritorniamo peggio”. Ci siamo costruiti intellettualmente e professionalmente con una idea di acculturazione e sapere come possibile strumento per acquisire potere e riscatto su un diffidenza e non fiducia verso gli altri in termini sociali e politico.Cultura e sapere non è acquisire potere ma proprio una possibile possibilità di depotenziamento del potere e del sapere stesso.Con una tale idea di acquisizione di conoscenze,abilità, sapere come strumento di possibili poteri e riscatti anche la categoria economica e sociale di ‘disoccupazione’ nei piccoli e grandi paesi

del sud e del nord del mondo può acquisire slancio progressivo e ideativo e riscatto individuale nella propria vita mentale e politica nei luoghi che ci è dato vivere hic et nunc. Dato per acquisito che la politica politicista va dunque sempre sospettata e criticata nella sua rigidità e illiberalità costitutiva e istituzionale ma sopratutta perché educa a coltivare pensieri corti e relazioni corte.Dobbiamo ricostruire una “società civile” di nuovo conio e funzione non seguendo i canoni e le categorie politologiche classiche e moderne che la mettono necessariamente e unicamente con la “società politica” in una sorta di separatezza e superiorità solo concettuale. La differenza tra società civile e società politica è che una obbliga a pensieri lunghi e di prospettiva la seconda educa a pensieri corti e regressivi ingessati nelle istituzioni.Noi abbiamo bisogno di mettere in campo con modestia e presunzione “pensieri e relazioni lunghe sapendo però che vivere insieme agli altri e confrontarsi non è mai stato perfetto,idilliaco,edenico.Bisogna diffidare chi ci ripropone “paradisi perduti” e chi ci lusinga con utopie di comunità utopiche e mitiche. Bisogna accettare le complessità e difficoltà nei possibili spazi di amori ,di sogni, di odi,di controversie, di rancori, di rimorsi , sempre disposti al rischio ma con “gesti eroici”ed autentici anche di intelligenze confuse ,provvisorie o smarrite mai dogmatiche e prescrittive. Massima vitalità anche in possibili massime disperazioni”.
……Mi dispiace io per certi versi sto curando ” una mente premoderna e prepolitica” lenta ,liquida e la più leggera possibile e in certi discussioni mi sento estraneo e fuori luogo.Invece mi sono sentito a mio agio nello spirito comunitario a Cairano, in certe serate a Bisaccia di quest’estate e in tante altre occasioni che mi piace ricordare evoglia di ripetere………

Mauro Orlando

lunedì 21 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........un rispetto della verità.....


“ La Fininvest ha qualcosa come trentotto holding, di cui sedici occulte. Furono fatte nescere da una banca di Palermo a Milano, la Banca Rasini, la banca di Cosa Nostra a Milano. E a Milano hanno preso un meneghino per rappresentare i loro interessi. La verità è che se cade Berlusconi cade tutto il Polo e al Nord si prende tutto la Lega. Ma non lo faranno cadere. E’ un figliuolo di buona donna, ma è il loro figlio di buona donna. , e per questo lo tengono in piedi”
Umberto Bossi a La Padania, 27 ottobre 1998
Pensieri reconditi di SB.........dagli amici di oggi mi guarda Dio ....dai nemici mi guardo Io......



Non essere un solito fiero e rassicurante moralista di sinistra che flagella col sol riso o il sarcasmo la corruzione o la maldicenza del potere diffusa tra i suoi contemporanei.
Oggi bisogna essere consapevoli che nell’Italia sia impossibile recitare la parte del grande artista o intellettuale ,o uomo politico, senza riprodurre in sé le contraddizioni di un’epoca la quale sperimenta per la prima volta che cosa significasse di nuova una guerra combattuta in nome di opposte nuove ideologie,di nuovi strumenti massmediologici, la lotta per il potere tra i partiti, le tentazioni del cesarismo o di nuove forme di autoritarismo economico o mediatico, la tensione crescente tra nuova cultura e tradizione, fra lusso e povertà, indiscriminatamente. I nuovi poveri che amano e votano per i nuovi ricchi senza timore di essere sfruttati o almeno strumentalizzati ad usum Delphini.E ai pochi intellettuali liberi come i "radicali" in natura non gli resta che :
Ribadire il criterio di Hegel che ci permette di liberare il giudizio storico da quello morale solo a patto di non necessariamente esprimere giudizi ma solo un racconto.

domenica 20 dicembre 2009

Elisir d'amore per ......" un'altra poesia "

mi prende una furia di scuotere
la neve finta posata sui rami.
è autunno e inverno qui da molti secoli,
la primavera venne quando non c’era nessuno,
quando il toro e il lupo
correvano liberi sulle vuote alture.
io ti so figlia di questo tempo antico
che con te rinviene,
eccolo, è già il pane
delle nostre cene.
franco arminio


Voglio dedicare questa bella e vecchia canzone di un vecchio amico ,Roberto, ad un nuovo amico ,Franco ,che come AR nella loro "voglia di annientarsi ,darsi e basta poesia" continuano testardi a "ribaltare le parole,invertire il senso fino allo sputo....per cercare un'altra poesia" nel racconto impietoso e amorevole di un amore sofferente e attivo per la propria terra dolorante,ferita e abbandonata e per tutti "i piccoli paesi" del mondo che conservano intatto nella loro triste e ripetitiva esistenza il senso ultimo e essenziale della vita autentica e dei piccoli gesti ,giocata sulla fedeltà , l'appartenenza e legami ad un tessuto identitario socio-culturale come simbolo e mai come mito o dottrina.Questo conservato o roinnovato sguardo o ascolto, franco ,lo chiama "paesologia" ed ognuno di noi dà il compito attivo e consapevole di attivarlo prima nel suo cuore facendo una violenza al dominio della propria razionalità costruita su paradigmi "forti" e "fondativi". Ci invita amorevolmente e drasticamente ad educarci alla "mezza luce" ai "chiari di boschi" piuttosto che ai comodi,sfarzosi e autoritari "lumi" della ragione...... per visitare e prendersi cura dei nostri piccoli paesi che conserviamo nel cuore e nel sangue......

venerdì 18 dicembre 2009

Elisir d'amore per .......la paesologia.....

L'altra sera ad Avellino abbiamo assistito alla proiezione del documentario "Di mestiere faccio il paesologo" .Il racconto visivo di Franco Arminio dello spirito che la Comunità provvisoria... sta cercando di ricreare per assistere e curare i piccoli paesi della Irpinia d'oriente nel loro prologo-epilogo cimiteriale e desolante ...non come becchini pietosi e compassionevoli ma come animatori di vita presente e futura.La paesologia non è una scienza ,un metodo,ma una "sfida cognitiva" che non vuol cambiare questo mondo abbandonato(anche il benevolo :" trasformiamoli in luoghi della gioia e della rinascita") ma cambiare il nostro sguardo per vederlo, la nostra mente per pensarlo ma sopratutto il nostro sentimento per poterlo visitare,vivere ed abitare anche nel suo solitario e inquietante silenzio e nella sua incontaminata e profonda bellezza.......altro è il tema e la pedagogia di Blade Runner



.......Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare... navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tut...
Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare... navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire...

giovedì 17 dicembre 2009

Elisir d'amore per .....la "terra madre".

......Terra madre......




......la terra è il luogo del nostro abitare autentico e profondo come l'avevano pensata la meglio Heidegger, Hegel o lo stesso Platone.....un esserci esistenziale ,individuale-plurale nel sogno dell'amore,della cura e anche del sogno...

Elisir d'amore per ........la "paesologia".

Incontro nazionale sulla " Paesologia" a Grottaminarda il 9 gennaio 2010




......appunti per un contributo.....

Intorno all'architettura, conta ancora quello che diceva Heidegger a proposito del "costruire", vale a dire che "il costruire non è soltanto mezzo e via per l'abitare...è già in sé stesso un abitare”



Il mondo ci circonda nella sua totalità. Possiamo guardarlo secondo diverse prospettive, non mai tutto insieme, come se stessimo fuori del mondo e il mondo fosse un oggetto. Il mondo nella sua totalità non è un oggetto di osservazione. E' lo stesso orizzonte dentro cui possiamo guardare aspetti del mondo, cioè tanti mondi diversi: il mondo del cielo stellato osservato dalla terra, il mondo della natura terrestre, nel suo fuoco, da questo o da quel punto di vista, il mondo dei viventi, il mondo della società, il nostro mondo interno, e così via. Ogni mondo è un mondo particolare e richiede un suo punto di vista. Ad ogni cambiamento di prospettiva dobbiamo abituarci a vivere, comprendere e interpretare nuovi mondi. L'adattamento dell'uomo, e già del bambino, richiede, non solo da un punto di vista storico e sociale, ma anche da un punto di vista individuale, che egli esca continuamente da mondi già noti e rassicuranti ed entri in mondi nuovi e talvolta inquietanti. Il passaggio dall'infanzia all'età adulta non è che un avvicendarsi e stratificarsi di mondi diversi: da quello familiare e parentale a quello sociale, a quello interculturale. La città moderna ne è forse l'esempio più efficace. E' non solo confusione e omologazione, ma anche molteplicità e sovrapposizione di tanti mondi possibili. Ma la domanda a questo punto è la seguente: per caso molteplicità e sovrapposizione non rischiano di diventare solo confusione e omologazione, se non riusciamo a renderci conto che i tanti mondi fanno parte precisamente del mondo nella sua totalità? Ma che cos'è il mondo nella sua totalità? Possiamo conoscerlo comprenderlo e interpretarlo al modo dei tanti mondi da cui è costituito? Oppure comprensione e interpretazione sono in questo caso qualcosa di diverso?

La questione di base è come abitare la terra. E l’analisi del “come”, della “terra” e delle “abitare” è quanto c’è di più interessante e impegnarsi in un lavoro anche teorico oltre che un approccio esistenziale o politico . Riguardo all’“abitare” bisogna riconoscere un debito con la teorizzazione di Heidegger al riguardo, al punto che la questione diventa quella di leggere Heidegger con occhi meno condizionati e preconcetti. La radice di abitare è quella del verbo avere. Avere la terra. Possedere la terra. Dominare la terra. Padroneggiare la terra. Controllare la terra. Tenere la terra. Prendere la terra. Occupare la terra. Appropriarsi della terra. Ognuno s’accorge di questo. Di fatto bisogna riconoscere che l’ordine sociale espelle la natura in cui esso originariamente si è costituito. Tale trionfo dell’artificio e della tecnica coincide con il dominio quasi assoluto dell’intelligenza meccanizzata sugli enti intramondani? O questo trionfo è dovuto anche alla delega che la filosofia o il pensiero in generale ha concesso alla tecnica,fino al punto paradossale e tragico di nasconde la mano dell’uomo che ha trasformato i forni da pane in forni crematori degli umani? La filosofia e il pensiero umano hanno ancora il compito precipuo di espandersi nel tempo e nello spazio che agiscono sulla terra?Per paralre di una formulazione alta e profondo sulla “terra” dobbiamo parlare di Heidegger e Schmitt. Occorre intendere che l’abitare la terra di Heidegger, come quello di Schmitt è nel circolo. L’uno sprona e l’altro frena, il tempo. E nessuno vanifica l’ipotesi del cerchio magico e ipnotico. La contemporaneità con gli inevitabili strascici del moderno e la tirannia del postmoderno tecnologico con gli echi mai sopiti del classico ci impone un orizzonte del pensiero,dove gli strumenti della ragione sono coniugati assieme quelli della passione.Perchè come ricorda la poetessa Marina Cveteva, “ Il pensiero è una freccia. Il sentimento –un cerchio”.
mauro orlando

mercoledì 16 dicembre 2009

Elisir d'amoreper ........L A P A E S O L O G I A

Giovedì 16 DICEMBRE, AD AVELLINO, TEATRO PARTENIO, ORE 20.00

PROIEZIONE IN ANTEPRIMA NAZIONALE DEL FILM DI ANDREA D’AMBROSIO SULLA PAESOLOGIA.
dal titolo "Di mestiere faccio il paesologo"







LETTERA SULLA PAESOLOGIA

Agli amici della Comunità Provvisoria (a tutti)

Dopo cinque libri da me interamente dedicati all’argomento forse è arrivato il momento in cui io tenti di riassumere in poche parole che cos’è la paesologia.
La prima cosa che mi viene da dire è che la paesologia è una disciplina fondata sulla terra e sulla carne. La carne di chi osserva, la terra che è osservata. Una forma d’attenzione fluttuante, in cui l’osservatore e l’oggetto dell’osservazione arrivano spesso a cambiare ruolo. E allora è la terra a guardare la carne, è la terra a indagare gli umori di chi la guarda.
Ci vuole un’idea di sé scucita dagli abitini classici e rassicuranti dell’ego cartesiano. Noi siamo materia esposta alle intemperie esattamente come un albero, come una casa cantoniera. Non siamo una fortezza da cui spiare l’infantile disastro del mondo, non siamo adulti riparati dagli spifferi che vengono dal basso, gli spifferi dell’infanzia e del thànatos.
Ieri un amico architetto mi diceva che lui vorrebbe qualificarsi come paesologo. Mi diceva che l’ottica paesologia contiene in sé tutto quello che lui fa e non gli dà molto piacere definirsi architetto. È lo stesso motivo per cui non mi sento a mio agio a sentirmi definire scrittore o anche poeta. Mi sembrano parole che parlano di esperienze troppo diverse. Che senso ha che qualcuno mi definisca allo stesso modo di Moccia? Con la paesologia io me ne vado da un’altra parte, definisco un territorio fatto di volpi e di poiane, di lampioni rotti, di cani randagi, di gatti, di vecchi sulle panchine, di vecchine che girano per strada con una busta in mano. Questo territorio è la goccia di sangue sotto il vetrino. Ma non c’è bisogno di microscopio. La vista è dilatata dall’ansia, dal tremore di stare nel cratere del proprio corpo, un cratere che trema, trema da sempre.
La paesologia non è una nuova scienza umana, è una forma d’attenzione verso il fuori, attenzione intensa perché provvisoria, perché il paesologo parte dagli abissi del suo corpo e ci torna continuamente. Il suo guardare è un mettersi in bilico sulla propria presunta inesistenza, un tentativo perenne di venire al mondo che pare non riesca mai a compiersi del tutto. Ma in questo sporgersi si avverte la grazia, il vorticare confuso delle cose che stanno fuori, la distesa immensa delle creature deposte nel lieto inferno della terra tonda.
Per me oggi non ha senso essere scrittori, sociologi, architetti. Non ha senso neppure definirsi umani. Siamo chiamati ad ascoltare l’aria e l’aria ci dice che i nostri saperi sono chiodi di gesso a cui non possiamo appendere niente. La paesologia è una disciplina inerme ma non arresa. Non partecipa alle marcette e alla marchette accademiche. Allinea dettagli, avanza, indietreggia, inciampa e forse è con questo inciampare che riesce a essere più dentro, più vicina alle cose.
Il paesologo non ha in programma la salvezza dei paesi, non tutela i campanili, i dialetti, le manfrine del rancore, la fregola delle confidenze e dello stare vicini. A volte combatte, s’indigna, chiede tutela per gli esseri e le cose che stanno in alto, lontane dai vaneggiamenti delle pianure, ma questo filo di ardore subito s’intreccia al filo della mestizia. Va nei paesi a pescare lo sconforto e si ritrova tra le mani un poco di beatitudine: può essere uno scalino, una casa nuova o antica, può essere la visione di un castello o di un albero di noci, può essere una piazza vuota o un vicolo col ronzio di un televisore. La paesologia non dà ricette per curare, ma si prende cura di guardare, di aggirarsi senza meta, di indugiare o anche di andare via alla svelta. Non ci sono regole, questionari da riempire, non c’è un formulario da approntare. Si esce, si esce per poche ore oltre la prigione domestica, oltre la prigione della propria professione, si và nei luoghi più nascosti e affranti e sempre si trova qualcosa, ci si riempie perché il mondo ha senso solo dov’è più vuoto, il mondo è sopportabile solo nelle sue fessure, negli spazi trascurati, nei luoghi dove il rullo del consumare e del produrre ha trovato qualche sasso che non si lascia sbriciolare.
Non sarà sempre così. La paesologia è una scienza a tempo. Non poteva esistere cento anni fa e non potrà esistere fra cento anni. Fra un secolo i paesi avranno una piega più chiara, saranno morti o saranno vivi e vegeti e allora non avranno più questo crepuscolo che li rende così particolari. Si è aperta una piccola finestra e da questa finestra il paese ci fa vedere il delirio e la gloria di stare al mondo
Andate nei paesi allora, andate dove non c’è nessuno in giro. Abbiate cura di credere alla bellezza sprecata del paesaggio, portate il vostro fiato alle sperdute fontanelle del respiro.

di franco arminio

martedì 15 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........una democrazia senza violenze.


Splendido pezzo di Cristiano Reboldi che condivido e pubblico!La violenza è sempre una scelta che va rifiutata culturalmente sia come mezzo che come fine in politica come nei rapporti umani tout court.Fermo restando in democrazia il diritto-dovere di rilevare tutte le forme di violenza che l'uomo sa mettere in opera nei suoi comportamenti pubblici e privati evitando di stabilire gerachie di tutto qualità e quantità. A conclusione mi piace citare un pezzo di Tucidide sulla democrazia ad Atene:".....Ad Atene noi rettamente riflettiamo e apertamente giudichiamo sugli affari privati e pubblici, convinti che i discorsi non nuocciono all'operare, ma ad esso nuoce piuttosto il passare ai fatti, prima di aver chiarite nei discorsi le idee. Poiché noi abbiamo questo pregio singolare, di essere insieme al sommo ardimentosi e riflessivi in tutto quanto intraprendiamo; diversi perciò dagli altri nei quali l'ignoranza genera audacia e la ponderazione lentezza".




....Il gesto è rapido: un fendere l’aria quasi impercettibile, talmente veloce da eludere la ripresa televisiva.
Sfugge al vorace occhio della telecamera, quella pronta a cogliere ogni dettaglio di quella “surrealtà” che ha sostituito la “vita che si vive davvero”, fissa sul piano medio della fluorescenza televisiva per lucidarne la patina, amplificarne l’apparenza sovrapponendo i fragili fogli della finzione per dargli spessore, per farne sostanza.
Ma il gesto non visto, improvviso, colpisce nel segno.
L’uomo colpito porta le mani al volto, indietreggia, barcolla fino a che mani energiche lo sostengono, lo raccolgono prima che si accartocci e lo mettono in salvo, nascondendolo, seguendo una innata pietà alla vergogna che dà la vista del dolore fisico.
Intorno, l’urlo della folla rompe il freddo e s’aggroviglia in corpi tesi nel lanciarsi verso il punto in cui sembra inghiottirsi l’aggressore.
Lo spettacolo, per un istante, sembra finito.
Ma non è così.
Una telecamera riprende il volto ferito dell’uomo, oltre il finestrino dell’auto. Attraversa il riflesso del vetro e indugia sullo smarrimento cereo di quel viso stravolto. Sembra non alberghi alcun pensiero oltre quel vetro ma questa, forse, è solo un’illusione.
Ci si aspetta che l’auto parta e sfrecci via ora che anche il “terrorista” è stato bloccato.
Ma non è così.
La portiera dell’auto si riapre e l’uomo si aggrappa e si solleva, rivolgendo il suo sguardo alla folla.
Non sorride, non urla, non aizza il “suo” popolo.
Semplicemente rimane lì a guardare e a lasciarsi guardare. C’è qualcosa di solenne in questo mostrarsi. O forse c’è qualcosa di inquietante in questa esibizione?
Il volto pallido è coperto da una maschera di sangue; traspare l’incredulità e il dolore ma non si muove, come non volesse privare la “surrealtà” di quel fotogramma sofferente.
Niente esiste davvero se non si vede; l’ha detto lui.
L’inquadratura stringe il campo quasi assecondando il desiderio del suo mentore e riconsegna il ritratto di un guerrigliero colpito in battaglia che annuncia il proprio martirio. Nessuno in quel momento ricorda quale battaglia, combattuta con quali mezzi e per quali fini. Vede solo il guerrigliero.
Ma non è così.
È un’immagine forte e anche se gli occhi faticano a guardarlo, non sanno staccarsi da quella trasfigurazione mediatica.
Per quanto forte però, non c’entra niente con le parole dette sino a poco prima, con i fatti, gli interessi, gli obiettivi … nel senso che non cambia niente, quel volto sfigurato.
Il gesto folle di un folle è il gesto folle di un folle.
Non c’è odio. È altro che si respira. Si respira fatica, disperazione, disorientamento, impotenza e casomai rabbia e non odio. E la rabbia è una cosa diversa dall’odio: è la reazione alla propria impotenza, al proprio grido inascoltato, all’indifferenza verso ogni diritto che si sente negato.
Il fatto che lo si chiami odio è perché non si è capaci, o non si vuole ascoltare quella rabbia.
Non cambia niente, quel volto sfigurato.
Tranne che chi dileggia il confronto civile, il rispetto delle regole, la libertà di esprimere il proprio pensiero (senza essere considerati nemici o criminali) rischia di pagarne per primo il prezzo; magari proprio nel momento in cui intende esercitare il diritto di dirlo, il proprio pensiero.
Non cambia niente, quel volto sfigurato.
Tranne il senso di disorientamento che provoca ogni gesto di violenza e il senso di solidarietà che provo verso ogni uomo vittima di una violenza. È bene ricordare che dietro quella maschera patetica, insopportabile e talvolta odiosa c’è un uomo che pensa il contrario di quello che penso ma lo deve poter dire ed io potergli ribattere con tutta la mia forza il mio no.
Io me lo sono ricordato …
Che se lo ricordi anche lui.
Cristiano

lunedì 14 dicembre 2009

Elisir d'amore per ......una Italia seria ,normale e non violenta.


“ Ti prego, o Apollo, signore della luce e della ragione, ascoltami, e dissolvi tutto ciò che è oscuro ed irrazionale…..Lascia che la luce illumini Atene, la mia città.O tenebrosa Melpomene, Musa della tragedia, dammi il tuo sostegno affinche possa raccontare nel giusto modo questa tetra vicenda di veleno occulto e gesta disperate.”Margaret Doody, Aristotele e i veleni di Atene.


.....Narcisismo, follia e potere nella nostra povera Italia.....
.....l'Italia il 'bel paese' che riesce a vivere le tragedie come farse e viceversa che sa vivere la violenza politica , individuale e pubblica ,comunque sempre condannabili, o nella usuale "retorica democratica" o con uno spropositato miopismo partigiano e uso dell'opportunismo e della malafede nel novero di "un machiavellismo" provinciale e strapaesano......e anche un certo e malposto "elogio della pazzia" nelle sue forme narcisistiche di potere o di esaparato e irresponsabile gesto individuale di debolezza e isolamento sociale si riescono a viverli come " la notte in cui tutte le vacche sono nere".

“ Andatevene tutti via , che cosa c’è di tanto interessante in un pazzo ? ”
La follia può essere una trincea contro una “ragione folle”.Una ragione da identificare con lucidità con le ragioni del potere, con la legge del più forte che non consente a chi subisce l’oppressione di poter opprimere il più debole di lui".
LU XUN , Diario di un pazzo


.....l'attuale Presidente del Consiglio ci piace nella sua veste iconografica da "guitto e narciso" piuttosto che in quella melodrammatica e 'insanguinata' di ieri sera......comunque gli auguriamo una pronta guarigione fisica e morale.........

domenica 13 dicembre 2009

Elisir d'amore per .......per il"Natale"

.....si avvicinano le fetività natalizie e ognuno di noi dà fondo al suo scrigno di sacro e viene coinvolto in esperienze alimentate da ricordi,fantasie,sogni e speranze che ha accumulato per l'intero anno per affrontare "gli inverni del nostro scontento" che gli "irresponsabili" della politica nazionale stanno preparando per noi........

Ho sempre pensato al Natale con la pascaliana “duttilità di pensiero che si adatta nello stesso tempo alle diverse parti amabili di ciò che ama” che “va fino al cuore”. Dove il “coeur” ha già trovato il suo spazio ridimensionando la “raison”.
Con questo spirito faccio gli auguri a tutti, credenti ,diversamente credenti e non credenti, con le parole di R. M. Rilke alla madre per il Natale :
“Assapora con cuore aperto, la grande solennità e lascia che le sue mani soavi ti sollevino il cuore da ogni cura. Chi ha fiducia è forte e quest’ora silente di Natale è una di quelle che possono dare forza, perché è carica di prodigio e carica di mistero. E si deve essere soltanto abbastanza silenziosi e soli e pazienti per accogliere in sé la grazia di una tale ora, che in molti non penetra perché in loro c’è tanto rumore e niente ordine”
Buone feste
mauro orlando

sabato 12 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........la vita-per-la-morte.

" I libri sulla morte hanno arricchito il mio vocabolario, ma non il mio coraggio” Montaigne



La morte improvvisa e tragica di un amico ripropone alla mia mente un esercizio sul problema della morte e l'angoscia e la puara per essa.
La morte è la maggiore angoscia, e al tempo stesso ,la rappresentazione centrale dell’angoscia.
.... è l’inconoscibile assoluto, in quanto nega l’essenza stessa delle essere pensante, di modo che pensare alla morte è come pensare il nulla e non pensare a nulla è dunque non pensare......
......La morte uccide il pensiero, e solo nell’angoscia l’uomo realizza la sua morte...
......La morte è inconcepibile,refrattaria al pensiero e tuttavia irrecusabile e innegabile.....
.....Anche nell’angoscia,anche attraverso l’angoscia, la morte resta impensabile .Aver vissuto l’angoscia non permette di pensarla come un fatto posibile e reale.....ma come dover pensare al nulla finale e al nulla iniziale....
......Il nulla ha sfidato il pensiero occidentale.....
....“non sarebbe opportuno cercare di individuare il confine in cui la vita tocca la morte ,o meglio in cui la vita e la morte si intersecano, piuttosto che affannarci intorno al pensiero della morte ? “ (Eraclito o la tragedia antica, o Rilke)
Unica certaezza, speranza,auspicio è che l'uomo... è l’essere che sa la propria morte :la porta dentro di sé come un germoglio,una paura, una angoscia ,un vizio o ....una liberazione o conclusione di una vita conclusa e felice......

uno zibaldone di considerazioni non sempre corrette sul tema della morte e non sulla esperienza del morire che non ci è dato raccontare....
mauro orlando

giovedì 10 dicembre 2009

Elisir d'amore per ......un amico-compagno.

......se passeggiate in solitudine sulle colline dell'Irpinia e incontrate un'aquila solitaria e leggera ....pensate al mio amico Mario e lui vi farà feste e moine.......









Ad un compagno amico (Mario Capozzi)


Solo la voce dei poeti
sa trasformare in canto,
anche il soffio di una gioia
o il grido strozzato di un dolore
che prende cuore e gola.
Una poetessa ,
a me cara,
ha scritto che
solo il genio muore per se stesso
e chiede di essere sepolto
entro memorie deboli.
Ma noi siamo stati uomini,
testardamente uomini,
umilmente e
perennemente uomini.
Uomini buoni e giusti.
…..e a volte Dio
uccide i buoni e i giusti
perché non ama
essere superato
in bontà e giustizia.
Di una sola cosa sono sicuro,
che se dovrà assolverti,
non potrà farlo
per insufficienza di prove,
meno che meno,
per non aver commesso il fatto
o peggio per prescrizione.
La tua vita è stata
soprattutto:
commettere fatti e …
vivere e inventare sogni
non solo per bambini.
ma per adulti con riserva
che non hannomai messo nel conto
la vecchiaia.....
Amo pensare
in questo giorno
di tristezza e rabbia
ad un tuo testamento
con le parole leggere
della poetessa a me cara:
“Se mai scomparissi
preso da morte snella nel peso
e ossequiosa
dei miei sorridenti travagli;
da una morte come pura deriva
a cui posso ancorare
ogni divieto
e dare senso ai rifiuti.
Costruite per me
il più completo , dolce,allegro e colorato
canto di pace,
chè nel mondo ,alla fine,
non seppi,
devo umanamente ammetterlo,
ritrovarmi con lei, sereno, nel giorno del giudizio,
sempre per troppo amore
del mondo e degli uomini.
Io non sono originato,
ma balzai prepotente
dalle trame del buio
per allacciarmi ad ogni confusione,
per riempire infiniti mondi
di infantili, leggere e colorate fantasie.
Per amare gli uomini
rubando
…… persino i loro dolori.
Interpretando ,con passione,
sempre da protagonista convinto,
le loro piccole e grandi contraddizioni.
Comunque …..
Se mai scomparissi anche nel ricordo.
Non lasciatemi solo,
blanditemi ,almeno, come folle.

mauro orlando

lunedì 7 dicembre 2009

Elisir d'amore per ......un ritorno di festa

Il ritorno in Irpinia ....
La festa
di San Nicola e i falò della festa contadina e delle sue anime sempre in volo per il mondo in ricordo della perduta dionisiaca cornice di un tempo ancora grande e di una bella compagnia
Un ritorno in Irpinia .......la leggerezza di un falco innamorato della sua eroica solitudine che gioca il suo orgoglio tra le pale e il vento freddo e limpido del "formicoso" nel tramonto che prepara sempre nuovi voli e antichi inizi e tempi liquidi e improbabili e.....voli,sogni,fantasie e bellezze gravide di futuro per una terra e piccoli paesi delpassato e del domani che sono visioni e speranze di anime contadine nel cuore.....passaggi di tempo spietato come gli occhi della memoria e poi il futuro per mille e mille anni ancora in furori ,rancori,tristezze e inganni e..........
....un desiderio inappagabile di non vedermi di spalla ancora .....partire .

Elisir d'amore per ........una nuova "PASSIONE"

CANIO LOGUERCIO
MATERA TEATRO DEI SASSI 18 DICEMBRE21.00
PASSIONE CONCERTINO AL SANGUE DI CANZONI D'AMORE SUSSURRATE

INFO: 0835.33.09.26
http://www.teatrodeisassi.it/



ROMA ESC 20 DICEMBREdalle 18.00
via dei Volsci 20
intervento in
POESIATOTALE!
a cura di Nanni Balestrini, Sara Davidovics, Tommaso Ottonieri
una produzione Critical Book & Wine ed ESCargot

http://www.escatelier.net/

NAPOLI MUSEO MADRE 21 DICEMBRE20.00
CANZONI SUSSURRATE PER "CAMPIONI D'ARTE 33 OPERE PER UN PROGETTO SOCIALE"

INFO: 081.195.65.258 - 331.57.86.997
http://www.museomadre.it/ http://www.fondazionecannavaroferrara.it/ http://www.fabbricadellearti.com/
http://www.facebook.com/event.php?eid=190502068386#/event.php?eid=190502068386&ref=mf
organizzazione e ufficio stampa marialuisa giordano : 338 35 00 177 : retropalco@alice.it
Myspace: www.myspace.com/caniologuercio
Facebook: http://wwwfacebook.com/canio.loguercio

domenica 6 dicembre 2009

Elisir d'amore per ......una 'abbuffata' di democrazia


.......il " NO B DAY " un inno alla gioia e alla democrazia di cittadini liberi,consapevoli,responsabili ed attivi


A Proposito della malattia del cittadino Berlusconi

“Vedo ,cittadino Berlusconi,
che sei riuscito a trasformare in virtù
la tua smania, in salute la tua malattia.
Ecco un uomo che ha tutto- oltre il decente-
ma vuole avere di più. Ecco una persona
che ogni mattina dovrebbe svegliarsi e dire :
che culo,grazie, che culo, grazie
e temere soltanto che l’invidia degli dei
arrivi a porre fine alla sua fortuna.
Ma quest’uomo vuole quadrare a suo modo
gli inncerti conti con il destino :
perfino l’invidia appartiene a lui, e agli dei
spetta soltanto temerla.la coltiva
tra i marmi a pecchi dei suoi settanta cessi
la cuoce al piccolo fuoco che gli scava il cuore
perché vuole che TUTTI lo amini,vuole
che nessuno, dentro e fuori il suo regno
possa trascurare di considerarlo
il migliore,l’esemplare ottimate
il padre augurabile ad ogni figlio
il figlio desiderato da ogni madre
il marito preferibile da ogni moglie
l’amante spiritoso, il buon compagno di gozzoviglie
una specie di dio autoconvocato..........
........Sappi , cittadino Berlusconi
che i miei difetti sono meno dannosi
delle tue qualità.Ma non ho l’intenzione
(pur avendone l’occasione)
di dirlo ai quattro venti : perché già dicendolo
e dunque proponendomi come persona da imitare
violerei i presupposti stessi del mio valore
che richede, per essere tale
imbarazzo,altosenso del ridicolo
e come unico progetto importante
lavorare di meno per garantire ai miei figli
quel me stesso libero da obbligo
che solo può riuscirgli padre.
E accade ancora, cittadino Berlusconi,
che l’imbarazzo che frena i timidi
i rispettosi, i pigri, i metitabondi,
coloro che non pensano di essere il Motore
oggi sembri rassegnato timore
perché non è spendibile sulla piazza centrale
quanto la tua rumorosa propaganda.
Ma intanto rimangono a circondarti
soltanto gli smaniosi e gli incontentabili
i fanti servizievoli per mestiere, i santi
della compravendita,i faccendieri malati
di fretta,tutti coloro che non hanno preso
abbastanza impegni con se stessi
e ne hanno presi troppo con la professione.

Noi invece non ci avrai sicuramente
e sottovaluti, per giunta, sottovaluti di molto
quella forma silenziosa di solidarietà
che unisce tutti gli scopritori di misura
tutti i portatori di gentilezza
scuotitori di testa davanti all’arbitrio
portatori di pazienza davanti all’ossessione
di pudore davanti all’esagerazione.
Noi ci riconosciami con uno sguardo
mentre a te,per sapere di chi ti puoi fidare,
serve un applauso.
Ci credi distratti, e noi stessi
ci crediamo troppo dediti alla nostra salute
per rovinarci il fegato e l’umore
( o la reputazione, nel caso si vada in televisione)
contardicendo la tua scadente furia.
Ma sappi, cittadino Berlusconi, sappilo bene,
che in ogni casa abita almeno un allegro fannullone
in ogni ufficio un bevitore-conversatore
in ogni famiglia qualcuno che invita a non prendersela
in ogni automobile un guidatore divertito
in ogni piscina nuota un ozioso
e in ogni albergo scende un appagato
e tutto questo prima di quanto tu creda
smomterà pezzo per pezzo la tua torre delirante
e fara di te oggetto di compassione........”
Michele Serra



sabato 5 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........una "festa" della democrazia.


....Oggi a ROMA per una "festa"del sogno,della bellezza, della democrazia....
I sogni fanno parte del nostro mondo interiore... e sono spesso il nostro rifugio... dove siamo veramente padroni delle nostre emozioni, senza mai doversi scusare con nessuno.


giovedì 3 dicembre 2009

Elisir d'amore per ........un trialogo.....immaginifico tra Mercuzio , Nanosecondo e una Girina......


leggi tutto.....
L'angelo Mercurzio, Ranosecondo toccato al piede destro nello stagno da una Girina...
Nanosecondo: Ah Mercù.......Uaooo …che spaventoooo!!! Mi so sentito una vocedal profondo ....dello stagno mentre stavo cercando di spiccare il volo. Tenevo ancora il piede ….ops...la zampa nello stagno che mi so sentito grattare ....c'era una Girina Principessa che mi dava la voce ...Nanoooosss , Nanoooossss, ma con tutto il frastuono di parole che abbiamo fatto l'ultima volta non la sentivo.....
Principessa Girina: uffiiiiiii!!!!! che mal di testa m'è venuto... non si può leggere di questi due.. ah! Nanosssss!!! Ma, sto Mercuzio ti sta portando su una brutta strada.. mi sembrate due che si fanno le pippo ..ops pardò non è mio costume questo linguaggio ..ma me lo avete tirato.Mi sembrate di quelli che stanno nelle bolle di sapone e guardano da sopra a sotto il mondo e non si bagnano mai dentro all'acqua schifettosa dei fiumi...e degli stagni come il mio... dai retta a me Nanosss che sono una semplice Girina , certo sono la Principessa del mio stagno e dagli occhi giganti nuoto a fior d'acqua per vedere tutte le bellezze del mondo ingigantite ancora di più... e poi che vuoi dare retta ad un Angelo.. che ne sa lui Mercurzio del mondo se lo può vedere solo dall'alto e non ne può sentire le puzze e i profumi...e non può neppure provare emozioni ..... ma che vuole sapere lui della via migliore.. quanto mai si è sporcato le scarpe nella cacca come a noi... e poi tutto sto casino che state facendo su sto eros... ma chi è??? Conoscevo uno che cantava belli canzoni...ma è il cantante? E, poi sa che ti dico?Nella mia umiltà di Girina se non era per una attacco canterino di erosite.. neppure tuo padre, che faceva l'autista di camion, avrebbe trovato un pò di tempo per erosiggare tua madre e generare a te? L'eros serve a vita stess.. a fà girare il mondo .. e ci fà sentire feliciperchè ...tinimmo nu scopo vero chill e nun fa fenisc mai a vita... a me la vita me pare assai più semplice... nu cerchio.. ca tutto gira e tutto fa capì.. ma solo doppo che lu tiemp è passat e tien a capacità e capì...ma primm de stu mumento puoi sapè tutte le leggi dei massimisistemi ma a vita tua non la cambi... la vita l'ha viv pà putè capì... parola e nu girino ca ra sott'acqua vi ossersa.... io sto sotto, tu stai miezzz e l'angelo sta ncopp... ognuno stu munno o vere da na prospettiva diversa... e forse pure stu fatt fa part ra magnificenza da vita...
Mercurzio : Nanos non ti sembra di esagerare in generosità e imperizia. O forse vuoi coinvolrgermi nei tuoi ‘giochi’ tra la follia e il sogno.Io vi conosco voi clowns….voi giacate confondere la realtà coi fantasmi e quando la mente umana non è più capace di governare le sue stesse creazioni o sentimenti ,tirate fuori il sogno e vi sembra di scoprire nuove verità..Cominciamo anche a parlare o voler dialogare con "gli anfibi". Sono mostri mal riusciti al Mio padrone e signore “aliquando etiam bonus dormitat Deus!” .Non mi passa neanche per l'anticamere del cervello di cominciare un dialogo con "una girina" se pur principessa della sua specie comunque infima. E poi le volgarità, le parolacce postribolari o dastagno.Voi umani con questa mania della democrazia state facendo delle enormi confusioni e danni."Dalle stelle ....agli stagni" e mi si parla di emozioni anche da parte di animali malnati e ambigui. Essi non hanno pensiero ma provano solo sensazioni e pertanto parlagli o dialogare (dia-logos) di Eros ..sapere....potere è come pretendere di mettere "margheritas ante porcos".E' non solo inutile perdita di tempo ma può rivelarsi dannoso anche per voi clowns e la vostra già difficile identità e incompresa funzione tra gli uomini “normali”.