sabato 31 maggio 2008

Ancora la bellezza di Vasco


Chi vive esteticamente non può dare della sua vita nessuna spiegazione soddisfacente, perchè egli vive sempre solo nel momento, ed ha una coscienza sempre relativa e limitata di se stesso"


S.A. Kierkegaard




Bello si può dire del concerto di Roma! Anzi meglio : "il bello" era presente e aleggiava al concerto di Roma.
E il "bello" è sincerità e autenticità sempre e comunque. Per questo è così presente nelle storie semplici puchè personali , naif , popolari ; per questo esiste nella canzone autobiografica,il canto dell'"io" e in quella d’autore, dove chi scrive ha vissuto in prima persona i sentimenti che esprime e le parole semplici e giuste che usa. La sincerità a lungo andare paga, sempre. La falsità, anche ben vestita perde.
Ma nessuna di queste cose presa isolatamente ci può dare la certezza del "bello". Non ce la danno neppure se prese insieme, alcune o tutte.
C’è qualcosa nel "bello" che non è una somma, un’alchimia di parti, una ricetta. C’è qualcosa che è come un soffio magico, un’anima che a volte è presente a volte no. E stranamente questo soffio si riconosce più di tante altre cose perché ha una concordanza primordiale con l’essere uomini di là di sovrastrutture,le bruttezze, i dolori, i pseudovalori o le mode. Bisogna però essere attentissimi a non lasciarselo sfuggire, questo soffio, perché intasati come siamo di fiction pseudo-sublimi, potremmo non riconoscerlo.
Essere tra gli 80.ooo a roma o a milano può essere l'occasione fisica e mentale di incontrare "il bello". Ma non è garantito per tutti poterlo gustare e vivere.

giovedì 29 maggio 2008

Una festa per la "scienza triste"


Si apre oggi a Trento ormai per la terza volta un festival dell'economia."E' un festival dedicato interamente alla scienza astratta dell'economia, che coinvolge una città intera e che vede la presenza di economisti da tutto il mondo che intervengono sui temi più disparati" .
Il tema è "Mercato e democrazia"
"Il fatto che esistano al mondo mercati senza democrazia - scrive Tito Boeri professore di economia e organizzatore del Festival - e che il mercato pulluli di organizzazioni non democratiche non significa che un’economia di mercato possa sopravvivere a lungo senza democrazia. La crescita economica, misurata nell’arco di decenni, sembra essere più forte nei regimi democratici che in quelli totalitari. Questi ultimi comportano maggiori fluttuazioni nel corso del tempo nei grandi aggregati economici (reddito, consumi, investimenti). E i regimi democratici, in genere, generano minori disparità di reddito delle dittature, ci consegnano società meno diseguali. Tutto questo permette che ci sia maggiore consenso attorno all’operato dei mercati.
La democrazia serve alla sopravvivenza di un’economia di mercato perché porta alla creazione di istituzioni che difendono i mercati dai suoi nemici e che rimediano ai fallimenti dei mercati. Senza queste istituzioni, sistemi di leggi, apparati chiamati ad applicarle, autorità di regolazione dei mercati, chi ha maggiore potere economico riuscirebbe a soffocare la concorrenza. Ha sempre la voglia matta di farlo e può trovare insospettabili alleati che lo sostengano nella sua azione di soffocamento dei mercati, magari tra le stesse organizzazioni dei lavoratori. Senza sistemi di protezione sociale adeguati, ad esempio, è difficile che il mercato trovi molti sostenitori, si creano margini di consenso per politici che chiedono di imporre dazi e tariffe. Difendono i monopoli ma possono essere ascoltati da lavoratori in ansia per un posto di lavoro minacciato dalla concorrenza internazionale"

La Storia e la Cronaca


Anche un poeta a volte sente la necessità umana di entrare nella cronaca con il rischio di essere frainteso : "Sono di sinistra, ma non le appartengo.Voglio avere la libertà di poter verificare sempre le mie scelte e quelle degli altri. Non temo l'arrivo dei barbari.Berlusconi ha una salda maggioranza e speriamo che la usi per modernizzare il paese.Se ci riuscisse, non farebbe una politca di destra o di sinistra, ma soltanto il bene di tutti"
Ma Francesco è sempre il poeta che scrive e canta una canzone bellissima,"La storia siamo noi", che per alternanze melodiche semplici e progressive,diventa suo malgrado 'canzone manifesto' di una condizione umana universale, non particolare. Ci canta non ci spiega che ,oltre, molto oltre il lavoro, la fabbrica, la miseria, il dolore proletario che pur non contemplati, "La Storia" dipana la storia stessa dell’uomo nei tempi, nei secoli e per il futuro. L’insolubilità apparente di armonia tra gli uomini diventa contingenza, casualità; come a dire: non si è mai trovato, per ora, il modo, il momento. L’accusa verso chi approfitta della storia a suo vantaggio diventa pietà e vergogna come a dire bisogna riscrivere il vocabolario tra la parola "vincere" e la parola "perdere".
Come? "Perdere" è momentanea, illusoria inferiorità rispetto a chi distorce la storia. "Vincere" è essere nella storia, nell’euforia e negli errori degli uomini, nel loro diritto ad ogni religione ed idea per essere liberi e artefici.
Vorrei continuare a sentire questi sentimenti caldi , queste passioni propulsive che non diventeranno mai cronaca da "vanity", ideologia partigiana, o dottrina prescrittiva,auoritaria o dogmatica.

martedì 27 maggio 2008

Quel che sogni sono affari tuoi

infatti: se ti svegli con un sogno impigliato nella memoria, e lo racconti a marito, figlio,amante, concubino, amica del cuore, insomma con chi condivide con te lo spazio del risveglio, ti appare evidente il suo disinteresse, vorrebbe sentirlo miracoloso e illuminante come lo senti tu, ma in realtà pensa ad altro. I sogni riguardano soltanto il sognatore ( inteso come colui che ha sognato, non come sinonimo di utopista e/o anima bella). Infatti: per attirare l’attenzione dell’interlocutore e poter condividere l’emozione, lo infili nel sogno. Tipo” C’era questo drago che mi buttava in faccia lingue di fuoco…e poi arrivi tu e lo spegni con uno schizzo di cocacola”. Lui ,per un attimo, si interessa, poi dice.”vado a fare un altro caffè e sparisce”. I sogni sono faccende intime, solipsistiche, non comunicabili. O ti paghi lo psicanalista.

Lidia Ravera Lavori in corso 19 Maggio 2008

Medea nella terra di Cogne


“ Ah se la nave Argo non avesse fatto il volo…alla terra colchica…La padrona mia , Medea non avrebbe navigato a Iolco, con l’animo sconvolto per l’amore per Giasone”. Così la ‘nutrice’ esprime la sua 'pietas' per Medea, assassina consapevole dei propri figli per amore e poi il Coro quando la protagonista preannuncia il suo proposito omicida: “per te, sfortunanta figlia di Creonte quanta pietà…”
“Oggi pietà l’è morta” per al nostra Medea di Cogne? Mentre i vecchi e nuovi carnefici cercano ancora varchi formali tra i faticosi e pelosi meccanismi della legge. L’indulto o la grazia ,la libertà condizionata o altro ….e le consumate ‘arpie’ forensi e televisive continuano a insozzare le distratte e rovinate coscienze di telespettattatori rincretiniti dall’insonnia e dalle paure "ad usum Delphini".
A me piacerebbe augurare ad Annamaria il diritto alla cittadinanza libera, viva e consapevole suffragata dal suo naturale “diritto materno” piuttosto che dal diritto formale dei prezzolati legulei repubblicani che gli fanno riconoscere la salute mentale..... come prova di colpevolezza.A me piacerebbe riconoscerle la libertà di intendere e di volere rispetto alla blindatura affettiva di un familismo patriarcale soffocante e di un sadomasochismo “pietoso” di una distratta e morbosa platea televisiva. Gli riconoscerei il suo sacrosanto "diritto di ascolto" non per continuare a recitare l' assurdo canovaccio di una linea difensiva , inchiodata sulla mancanza di indizi, di prove e sull“assenza di motivo “ per uccidere il figlio. Qualcuno si è chiesto con onestà intellettuale e morale: “quando mai una donna che quel figlio l’ha partorito e poi l’ha ucciso sarebbe in grado di darsene uno? E quando mai noi osservatori esterni, potremmo individuare una logica plausibile in un gesto simile?”
Medea ce ne suggerisce uno di alto valore etico e letterario. Ma Euripide può chiedere aiuto al‘mito’ e salva Medea e i suoi bambini con un carro inviatole dal Dio-Sole liberandoli dalla famiglia , dai vari 'Vespa' e dagli eventuali 'Taormina' e anche dalle indurite carcerate del braccio femminile di Bologna. Purtroppo noi abbiamo consumato tutti nostri miti e la nostra “pietas” religiosa ha ben altri sentieri “eticamente non negoziabili” da percorrere senza farsi distrarre da un caso “umano troppo umano”!

lunedì 26 maggio 2008



La mia tristezza da sempre è sapere di non aver avuto mai niente da chiedere a Mefistofele!.....ma neanche a Dio.

..............Eccomi qua..............



Francesco De Gregori


" L’"Io" è una misura strana della realtà e opera con regole tutte sue, che lo portano a riprodurre oggetti, suoni, colori, modi di dire, non in evoluzione schematica, precisa e diretta, ma dando priorità a ciò che colpisce di più la persona, l’artista, provocando sbalzi improvvisi di temi e terminologie delegate ad esprimerli senza troppa cura per l’intellegibilità immediata. Si pensi a come un bambino disegna una casa: non c’è proporzione di parti reali, ma privilegio per i particolari a cui la sua immaginazione annette maggior importanza (finestre grandi e sghimbesce, camini che fumano, porte aperte o chiuse, figure umane che sono alte come la casa). Questa istintività infantile è un po’ alla base di tutta la comunicazione poetica da Rimbaud, Van Gogh, Bela Bartok, Bergson in poi. Non è compito nostro spiegare come si è arrivati in pochi decenni a tale "espressionismo" pressochè totale. La storia, il pensiero, l’economia hanno influito pesantemente sulla nascita di tale comunicazione (decadente, incerta, dubbiosa, imperfetta); ma soprattutto c’è alla base una sorta di delusione per le scienze esatte, per l’ottimismo collettivo di conoscere e possedere il mondo: un ottimismo che si rivela sopravvalutato e incapace di dare spiegazioni plausibili (dall’Illuminismo al Positivismo). In questa storia dell'"Io" c'è la storia di Francesco De Gregori............ieri e oggi

L'eterno ritorno dell'eguale: Stato e Chiesa


«Abbiamo adunque con la Chiesa e con i preti noi Italiani questo primo obbligo, d’esser diventati sanza religione e cattivi; ma ne abbiamo ancora un maggiore, il quale è cagione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa nostra provincia divisa. E veramente alcuna provincia non fu mai unita o felice, se la non viene tutta alla ubbidienza d’una republica o d’uno principe, come è avvenuto alla Francia e alla Spagna. E la cagione che l’Italia non sia in quel medesimo termine, né abbia anch’ella o una repubblica o un principe che la governi, è solamente la Chiesa; perché avendovi abitato e tenuto imperio temporale, non è stata sí potente né di tal virtù che l’abbia potuto occupare il restante d’Italia e farsene principe; e non è stata, dall’altra parte, sí debile che, per paura di non perdere il dominio delle cose temporali, la non abbia potuto convocare uno potente che la difenda contra a quello che in Italia fusse diventato tropo potente»,
Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, I, 12.

Se la politica invoca Dio
Gustavo Zagrebelsky la Repubblica 30-05-2008

......Pubblichiamo alcune parti della lezione di per la serie "Elogio della politica" diretta da Ivano DionigiLe discussioni sul rapporto religione politica, non solo in Italia ma in generale nel mondo, sono contrassegnate da un atteggiamento che si potrebbe definire, con una contradictio in adiecto, come sociologia normativa. Si procede dalla descrizione delle condizioni de facto della società (sociologia) e da questa descrizione si ricavano conseguenze de iure (norme): da quello che succede a quello che è giusto che succeda.Si constata un intreccio crescente tra poteri pubblici e autorità religiose. Il primo chiede sostegno alle seconde e le seconde al primo, ciascuno per la propria utilità. I rispettivi confini si fanno evanescenti. La politica manifestamente cerca l´appoggio della religione e la religione l´appoggio della politica. La "secolarizzazione", il movimento storico che in cinque secoli ha portato l´Occidente a distinguere tra politica e religione e a fondare lo Stato su ragioni immanenti, non teologiche, sarebbe alla fine. Saremmo entrati cioè nell´epoca della "post-secolarizzazione". La ragione di questo rinnovato intreccio starebbe nel fallimento della pretesa della "ragione secolare" di fondare il governo dell´esistenza, la comprensione del suo significato e la sua salvaguardia su forze morali e scientifiche proprie, cioè esclusivamente umane. Questo fallimento dimostrerebbe l´insensatezza di quella pretesa. La parabola storica che, dall´umanesimo, cioè dalla centralità e signoria dell´essere umano nell´universo, ha condotto alla sovranità popolare si starebbe per concludere con un tracollo. A distanza di due secoli, dovremmo riconoscere che avevano ragione i critici della Rivoluzione, la rivoluzione che aveva preteso di rovesciare la base del potere, dalla grazia di Dio alla volontà popolare, e per questo fu considerata, non per metafora, opera del demonio. Da ciò deriverebbe la necessità di orientare di nuovo la vita politica al trascendente, tramite un rinnovato "appello al cielo". Dio e ciò che su Dio si appoggia nella storia, cioè religione e apparati chiesastici, siano chiamati, come deus ex machina, a superare l´impasse in cui, per il nostro orgoglio smisurato, ci saremmo cacciati. Da qui, la necessità di rivedere l´idea tramandata di laicità che abbiamo recepito dal passato e di adeguarla (ecco la "nuova laicità" di cui si parla) alle odierne condizioni delle nostre società.......

domenica 25 maggio 2008

Solo questo possiamo dire....


.....ciò che noi siamo e ciò che noi vogliamo.Ognuno di noi nella sua singolarità e responsabilità giuridica e politica. Mi stufa la politica politicante,detta e contraddetta,raccontata sempre,solo e comunque dagli/e/per gli "addetti ai lavori" che amano fare il contropelo ai propri colleghi, che vivono riflessi e appagati nei difetti e nelle malefatte degli altri, che la sanno sempre un tantino più lunga del suo vicino di casa o di banco, insomma non se ne può più di questo proliferare di "grilli parlanti" e di "servette di Tracia".

Solo questo possiamo dire :ciò che siamo ,pensiamo e vogliamo."Delle cose che non si conoscono non bisognerebbe parlare" . Possiamo solo con onestà e chiarezza ,raccontare i propri e personali tic culturali e politici, i propri sogni piccoli e grandi, i propri amori letterari o musicali e le proprie paure antropologiche pregresse o acquisite.Insomma esporre il proprio "io" in prima persona negli specchi passati e presenti della concreta realtà sociale senza spocchia ideologica e snobismi colti. E le domande e le risposte che mi piacerebbere ricevere evitino le retoriche populistiche e le argomentazioni colte ,i paralogismi da bar pieni di luoghi comuni, le metafisiche ,clericali o laiche, del senso e dello spirito pret-a-porter,le pacificazioni omologanti e le conflittualità estetizzanti e le coerenze pelose a principi mentali ed astratti....e mi raccantino tutto quello che rappresenta, in modo leggero o compulsivo gli aspetti autentici e concreti della propria persona sia quando sa vivere le proprie contraddizioni senza pretendere che diventino norme e criterio della vita degli altri sia quando con onestà sa ammettere le proprie sconfitte e limiti.

sabato 24 maggio 2008

...e allora: andiamo a cominciare!





"Mi auguro che vinca perché l'uomo con le promesse sappiamo benissimo quale forza trascinante possieda. Mantenerle però è un'altra cosa. Si può tingere le proprie sconfitte dei colori più vivaci, più seducenti, più belli ma le sconfitte vengono fuori e lui va incontro a delle grosse sconfitte".
Idro Montanelli

Poesia e bellezza

" Difficile immaginare la passione senza la poesia , come impensabile è credere che la poesia arrivi senza passione. Si possono scrivere parole, versi anche, senza poesia.
La passione è fiamma interiore che spinge la vita verso le vette più alte sfiorando l'altro versante, la caduta. La poesia è urgenza che cerca l'assoluto. Impossibile. Restano a noi il rigore e l'umiltà della tensione al mistero.
Nessun dubbio segna il corpo come la memoria di una passione.Non vi sono alberi solitari. Nessuna parole risponde alle convenienze del reale. Sia bugia o l'ombra di una verità, nessun cuore mente se la passione infiamma le sue ali.E' lì che la poesia si fà presenza....."
TAHAR BEN JELLOUN
Corriere 23 maggio2008






Poiesis: Poesia e arti nella città del fare


Poiesis, in greco antico, è “fare”. Fare le cose che si vedono e si toccano, le cose che “funzionano”, ma “fare” anche ciò che è semplice, intangibile, moto dello spirito: non è un caso che “poesia” abbia la stessa radice linguistica.

Ed è a questo “poiesis” che Fabriano, città del fare materiale, ma anche di insigni artisti, dedica tre giorni di musica, di teatro, di cinema, di poesia. Poiesis è l’impulso che spinge l’uomo a realizzare, costruire, creare, a vivere; è il fuoco dell’idea, il segno che cambia la vita.

Poiesis è l’abitazione artistica della città, nasce come una festa, con l’obiettivo di dar vita a Fabriano a tre giorni di percorsi culturali, artistici e poetici, ricerche musicali e cinematografiche, al fine di far scaturire la riflessione profonda e il senso del vivere insieme armonico e produttivo. Poeisis è passione e rosso.

Poiesis è anche poesia, cinema, arte e musica no stop fino a notte fonda.

venerdì 23 maggio 2008




I nostri due grandi problemi sono i rifiuti solidi urbani e i rifiuti solidi umani!



"L'abbinamento tra rifiuti urbani e rifiuti umani è un dato di fatto, con solidato dal tono e sempre più anche dalle parole dei politici impegnati sul fronte della "sicurezza". I primi i rifiuti urbani sono loscarto e il residuo non consumato dei nostri "consumi2 ,cioè di quello che ciascuno di noi compra tutti i giorni.I secondi, i rifiuti umani, sono lo scarto, il residuo non asimilato, dell'ininterrotto processo di di riorganizzazione e di riconfigurazione della società.Ma la "società" siamo noi e anche i rifiuti sociali sono un nostro prodotto"
Guido Viale
Repubblica 23 maggio 2008

giovedì 22 maggio 2008

Zingari

La nostra vera malattia

di Claudio Magris


"...oggi sono gli zingari ad occupare i titoli cubitali dei giornali con i reati compiuti da alcuni di loro ed altri a loro attribuiti, e con i violenti soprusi patiti da alcuni di essi.
In entrambi i casi, lo Stato - è solo lo Stato che ha il monopolio dell'uso della forza - ha da individuare e perseguire gli autori di atti delittuosi, il delinquente che ruba e molesta come il delinquente che getta le bombe Molotov negli anni settanta o contro i Rom oggi. Il nostro codice o meglio la nostra civiltà giuridica consentono di punire soltanto individui - rei di delitti accertati, la cui responsabilità è sempre personale - e mai gruppi o comunità poco importa se etniche ,sociali , politiche o religiose. Attentare a questo principio - prendendosla con gli zingari, gli ebrei o padani anzichè con un concreto colpevole colto con le mani nel sacco, sia egli nato a Timbuctù o ad Abbiategrasso - mina alla radice la universalità umana e in particolare la nostra civiltà, l'Occidente. Chi nega questo fondamento dell'umanità e del diritto è il vero barbaro, e non ci interessa donde arrivi, se dall'orto dietro casa nostra o da lontani deserti...."
Corriere ,26 maggio 2008



Libertà
Noi Zingari abbiamo una sola religione: la libertà.
In cambio di questa rinunciamo alla ricchezza,

al potere, alla scienza ed alla gloria.
Viviamo ogni giorno come se fosse l'ultimo.
Quando si muore si lascia tutto:

un miserabile carrozzone come un grande impero.
E noi crediamo che in quel momento

sia molto meglio essere stati Zingari che re.
Non pensiamo alla morte.
Non la temiamo, ecco tutto.
Il nostro segreto sta nel godere ogni giorno le piccole cose
che la vita ci offre e che gli altri uomini non sanno apprezzare:
una mattina di sole,

un bagno nella sorgente,
lo sguardo di qualcuno che ci ama.
E' difficile capire queste cose, lo so.
Zingari si nasce.
Ci piace camminare sotto le stelle.
Si raccontano strane cose sugli Zingari.
Si dice che leggono l'avvenire nelle stelle

e che possiedono il filtro dell'amore.
La gente non crede alle cose che non sa spiegarsi.
Noi invece non cerchiamo di spiegarci le cose in cui crediamo.
La nostra è una vita semplice, primitiva.
Ci basta avere per tetto il cielo,
un fuoco per scaldarci
e le nostre canzoni, quando siamo tristi.


martedì 20 maggio 2008

Napul'è ....'na carta sporca.


Nel ricordo di Troisi e nella speranza per Napoli e i "napoletani" vorremmo riscoprire il senso profondo della nostra terra con lo stesso ingenuo e ingegnoso incanto con cui Mario Ruoppolo scopre il senso della "metafora" per capire e vivere la propria vita e noi diventare tutti soggetti creativi, attivi e consapevoli pensando e offrendo per l'ennesima volta la nostra terra e la nostra città come metafora della bellezza e sopratutto come laboratorio di nuova cittadinanza. Ma ,per piacere, non fatela diventare il "set" delle vostre rappresentazioni televisive e governative .Vi ricordiamo che "la sceneggiata" l'abbiamo inventata noi per ridere e mettere in piazza sopratutto noi stessi e le nostre esagerazioni emotive e i nostri paradossi sentimentali e passionali.

domenica 18 maggio 2008

.....ma il cielo è comunque "azzurro"

[...] quando i ragazzini s’erano ormai stufati di giocare, un sabato, alcuni giovanotti più anziani si misero sotto la porta col pallone tra i piedi. Formarono un cerchio e cominciarono a fare del palleggio, colpendo la palla col collo del piede, in modo da farla scorrere raso terra, senza effetto, con dei bei colpetti secchi. Dopo un po’ erano tutti bagnati di sudore, ma non si volevano togliere le giacche della festa o i maglioni di lana azzurra con le strisce nere o gialle, a causa dell’aria tutta casuale e scherzosa con cui s’erano messi a giocare... [...] Tra i passaggi e gli stop si facevano due chiacchiere. “Ammazzete quanto sei moscio oggi, Alvà!” gridò un moro, coi capelli infracicati di brillantina. “‘E donne”, disse poi, facendo una rovesciata. “Vaffan...”, gli rispose Alvaro, con la sua faccia piena d’ossa, [...] Cercò di fare una finezza colpendo il pallone di tacco, ma fece un liscio, e il pallone rotolò lontano verso il Riccetto e gli altri che se ne stavano sbragati sull’erba zozza. Allora il Roscetto si alzò e senza fretta rilanciò il pallone verso i giovanotti. [...]


Maschere e paradossi




"Nella vita di ogni popolo democratico c'è un passaggio assai pericoloso, quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente dell'abitudine alla libertà.Arriva un momento in cui gli uomini non riescono più a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Non è raro vedere pochi uomini che parlano in nome di una folla assente e distratta e che agiscano in mezzo all'universale immobilità cambiando le leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi. Non si può fare a meno di rimanere stupefatti di vedere in quali mani indegne possa cadere anche un grande popolo".....( U. Eco)
....." Ci pensi bene il neostatista di Palazzo chigi. Noi ci auguriamo che la sua sopravvenuta saggezza gli porti consigli e gli dia la forza di far marciare i suoi alleati in accordo con lui anzichè lui in accordo con loro. In caso contrario la strada sarà tutta in salita e non sarebbe un bene per un paese che ha bisogno di crescere, crescere , crescere. Crescere sopratutto moralmente, signor, Presidente del Consiglio, perchè questa è diventata la nostra principale emergenza"
Eugenio Scalfari

venerdì 16 maggio 2008


" Ho opinioni contraddittorie, le più diverse credenze. E' che non penso mai, nè parlo, nè agisco.....Pensa ,parla ed agisce per me sempre qualche sogno nel quale mi incarno in quel momento"




Ferdinando Pessoa

sabato 10 maggio 2008

....a proposito di "Bellezza"

Vecchioni :la bellezza




Il riferimento letterario è a Morte a Venezia di T. Mann e alla trasposizione cinematografica di L. Visconti.

Questa canzone ha una doppia lettura del tema della bellezza.
"La prima lettura è che l'amore è universale e che non ci sono diffrenze di sesso e di età per l'amore.L'amore è partecipazione dolorosa,completa a qualche altra cosa.E fà male prima di fare bene al tuo cuore e alla tua anima.
La seconda annotazione è che tutti invecchiamo: E allora la nostra bellezza interna, quella che ci ha ingannato per tanto tempo come Dorian Gray, non la ritroviamo più e la rimpiangiamo"

Mahler :l'adagietto



Un libro è sempre un amico



" Nelle "origini del totalitarismo Hannah Harendt scriveva : "Capire significa guardare in faccia la realtà con attenzione senza idee preconcette, e all'occorrenza opporle resistenza qualunque sia o sia potuta essere quella realtà".Parlava dell'antisemitismo e della sua possibilità di trasformarsi in razzismo e xenofobia.
Ma come è possibile confondere una cultura politica con una semplice e insidiosa ideologia regressiva?
Come è possibile boicottare una espressione culturale di un qualsivoglia scrittore in nome di una presunta cultura di parte? "Un libro è un amico.Come tutti gli amici può non piacerci, può infastidirci o magari tenerci compagnia quando siamo in solitudine" (T. B. Jelloun)
Io non amo e diffido non solo chi pensa alla politica culturale rozzamente"bruciando libri" ma anche chi boicotta gli scrittori a un Salone del libro.
Sono i libri comunque e sempre gli strumenti per la chiarezza ,la resistenza e il dialogo franco ed aperto:Letti ,amati,criticati,discussi ma "nella nobiltà della creazione" e nel picere di condividerli comunque.

giovedì 8 maggio 2008

Ricominciamo dai ricordi.......e dai sentimenti.

Ricominciamo dai ricordi! Non è il momento delll'elaborazione del lutto o del disimpegno dalla politica che è la nostra vita nel cuore e nella ragione.Abbiamo solo un bisogno vitale di riprendere noi stessi ...per mano con dolcezza e leggerezza e con profondità.E nella parte più riposta del mio cuore ho ritrovato questa antica canzone di Roberto che a un suo concerto occasionale del lontano 1978 a Sirmione ha fatto nascere un amicizia ricca,profonda di passione e consolidata nel tempo.
E' tempo di passioni centripete e non centrifughe.Questa amicizia mi piace ,mi onora e mi gratifica e preferisco definirla con le sue parole che ha voluto regalarmi come dedica e in occasione della presentazione del suo "Il cielo capovolto".
" A Mauro
Nell'attesa o nel ricordo o nella speranza perenne di una donna che può esserci o non esserci o essere solo dentro di noi, colleghi nella memoria e nel domani, amici
Roberto vecchioni "


"Così a distanza d'anni aprì la mano
E aveva tre monete d'oro finto
Forse per questo non sorrise
Forse per questo non disse "ho vinto"
Richiuse il pugno, roba di un minuto
Per non sentirlo vuotoE mi manchi.
E la ragazza fece op-là? una sera
E fu un op-là? da rimanerci incinta
Vestì? di bianco ch'era primavera
E nella polaroid sorrise convinta
Fecero seguito invitati misti e dodici antipasti
E mi manchi, mi manchi, e mi manchi
E quando dodici anni fa uscì dal bagno
Gli disse "E' tardi, devo andare..."
Pensò? che si trattasse di un impegno
Non dodici anni senza ritornare
Da allora vinse quasi sempre tutto
E smise di pensare
E mi manchi, mi manchi, e mi manchi
Ma finchè? canto ti ho davanti
Gli anni sono solo dei momenti
Tu sei sempre stata qui davanti."