domenica 28 febbraio 2010

Elisir d'amore per ........le stagioni dell'amore

comincio a baciarti
e vedo che le stelle
si spostano nel cielo
e tutto il cielo diventa un lenzuolo scuro
su cui luccica il tuo corpo.
ti bacio ancora
ti bacio la bocca
le braccia
ti bacio le mani che escono dal letto
fuori nell’aria chiarissima
dove tu noi sei.

di franco arminio


...Il corpo è ciò che pone l’uomo in contatto con il mondo. Vorrei ribadire che, secondo la filosofia contemporanea, l’uomo non ha un corpo, ma è un corpo. Seguendo questa concezione, corpo ed anima non sono separati. Pure ammettendo che tale separazione ci sia, il corpo può fungere da veicolo per la crescita e per la grandezza dell’anima

venerdì 26 febbraio 2010

Elisir d'amore per .....la P A E S O L O G I A


Ogni giornata

di franco arminio


qui ogni giornata è una campagna
di russia.
enorme. bianca. senza un’ora piana.
qui si può solamente scrivere
la bella copia
del non vivere.



Ci sono giorni in cui sento che è impossibile scrivere versi. Non c’è musica nella testa, non c’è ritmo. Il respiro nasce da luoghi sparsi, la vita è un peso sullo stomaco, niente di più. In giorni come questi la scrittura prende necessariamente la via della prosa. Per lunghi anni ho conosciuto la fermentazione che trasforma la testa in una fabbrica di versi. Adesso sono sempre più frequenti le giornate in cui mi è possibile solo la prosa. Sono le giornate in cui vado nei paesi e mi affido a loro, uso i luoghi come pinze per tirare fuori le parole infilzate nel mio corpo. La paesologia non è una nuova disciplina, non è una scienza, è semplicemente la scrittura che viene dopo aver bagnato il corpo nella luce di un luogo. È una scrittura che viene da fuori e che passa dentro solo per tornare fuori.
La paesologia è il mio modo di non arrendermi all’universale sfiatamento degli esseri e delle cose. Una forma di resistenza dunque, morale e civile, una resistenza mestamente privata ma non per questo priva di una sua venatura politica. Al paesologo non bisogna chiedere cosa fare per impedire la morte dei paesi, ma come usare questa morte per dare un senso alla nostra, per renderla meno insignificante. Qui ormai non è in gioco la lietezza e neppure sorti magnifiche, in gioco è la capacità di dare un colore più vivo alla propria fine e a quella delle cose che ci circondano. In certi paesi le giornate sono fatte solo di epiloghi, ogni persona, ogni avvenimento sembra ruotare intorno alla dismissione, alla resa, al fallimento. Forse c’è un solo modo per non cadere nella disperazione: svolgere una serena obiezione all’esistente, immaginare che dai paesi più vuoti può venire uno sguardo che risana, perché quando si è in pochi nessun cuore è acqua piovana.

giovedì 25 febbraio 2010

Elisir d'amore per .......Nadia Campana



di Donato Salzarulo
Guardiamo dalla cima del monte
il filo di calma che è nato
del mio petto tu conti ogni grano
e ogni cuore si prende di colpo
il suo tempo: un amore
è tornato e si è accorto
il suo disco ci copre.
Adesso tu devi guardarmi
per quella collana di si
nella mia pelle che apre
la piana la strada
e i fondi della notte
i centesimi della sete.
(Nadia Campana, Verso la mente, Crocetti, Milano 1990)

di donato salzarulo

Nadia Campana è nata a Cesena nel 1954 ed è morta sui­cida a Milano nel 1985. Ha tradotto Emily Dickinson (Le stanze di alabastro, Feltrinelli 1983). Una raccolta di brevi saggi e riflessioni sulla letteratura è in corso di pubblica­zione dalla Editrice Polena di Milano.

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mercoledì 24 febbraio 2010

Elisi d'amore per ..........l'animo sereno.


" Quid voles ,hic est ,est Ulubris......nisi deficias animo aequo" Orazio

Temporalità – transitorietà – impermanenza

Ripercorrendo le Lettere, mi accorgo che a margine di diversi passi, qua e là, ho annotato la parola “impermanenza” alternandola spesso con l’espressione “tutto passa, tutto vola”.
Suggestioni inconsce, subliminali intuizioni, reminiscenze di stratificati studi e letture? Posso solo dire che, come un motivo ricorrente dotato di vita propria, questa “idea” mi risuonava nella mente e mi faceva palpitare ogni volta che mi imbattevo in espressioni/situazioni stimolanti.
Anni fa la stessa “idea-sentimento” ha preso forma in questi miei versi :
“Tutto si muove ed ogni cosa
è inconfutabilmente statica.
Disperata stagione senza tempo,
senza patos e memoria”.
In breve: Tutto passa. Ogni cosa nell’universo vive e non vive. C’è il divenire e il suo contrario. Ma vediamo, attraverso qualche brano, cosa dice in proposito il Nostro: “Morte è non essere. Lo so bene da un bel po’ di tempo.
Prima non c’ero, dopo non ci sarò”.
La vita è un continuo divenire:
“Nessuno di noi è al mattino quello stesso che era il giorno prima”.
Questi concetti – frutto di spiccata sensibilità/intuizione o formulazione teorica e dottrinaria – sono ricorrenti nelle Epistulae ed esplodono, spesso, in accenti accorati, desolatamente nichilisti: “La natura dissolve tutto ciò che ha messo insieme e tutto ciò che ha dissolto lo ricompone”.
O ancora: “L’abisso profondo del tempo ci sommergerà”.

Ho già steso questi appunti quando, per caso, ho la fortuna di leggere le note curate dal caro amico prof. Simone Saglia, di Desenzano del Garda, per la sua traduzione dall’inglese dei Wessex Poems di Hardy.
Vi trovo interessanti e documentate riflessioni sul principio della temporalità –transitorietà e su quello buddista dell’impermanenza, con richiami a pensatori dell’età classica e contemporanea.
Secondo il principio buddista dell’impermanenza la nostra realtà quotidiana e tutta la vita cosmica sono un continuo divenire; la distinzione fra eternità e divenire non esiste, perché l’eternità è il fluire infinito dei tempi.
È per me, questa, una conferma che in Seneca, se non proprio sotto forma di elaborazione razionale, c’erano già in nuce, a livello intuitivo/emotivo/esperienziale, i semi e i prodromi del concetto di impermanenza/transitorietà.
Sono illuminanti, in tal senso, per la loro universalità, i seguenti passi:
“In questo universo nulla si estingue, ma alternativamente declina e risorge.
Tale è anche il corso delle stelle.
Tutti i punti che esse hanno passato li raggiungeranno di nuovo”.
E, in uno slancio emotivo più amaro: “Tutti noi abbiamo un eguale numero di antenati, ma di nessuno l’origine risale al di là della memoria di uomo”.



Appunti sulle Lettere a Lucilio di Seneca
a cura di Tonino Capaldo

Anima e corpo

La contrapposizione fra l’anima e il corpo, la superiorità della prima sul secondo risultano palesi, oltre che da ben costruite argomentazioni logico/filosofiche, anche da un uso appropriato ed efficace del lessico (verba sunt substantia rerum).
Il corpo (con le sue malattie, debolezze, tentazioni) è un ostacolo, un nemico da battere nella incessante ricerca del bene e della saggezza.
Bisogna, sì, amarlo, trattarlo con cura (sempre con misura!), ma - precisa e ammonisce Seneca – non si deve mai essere o diventare suoi schiavi.
I vari modi per definire il corpo umano, il ricorso a suoni duri, aspri, ostici anche a livello grafico/onomatopeico implicano chiaramente un giudizio morale di disprezzo e di condanna, nonché uno stimolo sempre appassionato a superare le limitazioni e i condizionamenti della materia.
In altri termini, demarcazioni semantiche e notazioni simbolico/metaforiche contrassegnano insieme i confini fra il bene e il male.
Da una parte troviamo, infatti, l’anima, la parte migliore (pars melior) dell’uomo, fatta di sostanza impalpabile, aerea (ex tenuissimo constat) ed eterna; dall’altra parte il corpo, peso e castigo dell’animo/a (pondus ac poena animi), catena gettata intorno alla libertà dell’uomo (vinclum libertati hominis circumdatum), dannosa dimora (obnoxium domicilium), corpiciattolo mortale e fragile (corpusculum mortale et fragile), elemento deteriore (res deterior).



A conclusione della lettura delle
Lettere morali a Lucilio, di Seneca

Poesia

* * *

Con animo sereno

Leggo l’ultima lettera, pervaso
di meraviglia e di stupore nuovo
per le cose più semplici,
dall’intimo profondo
smarrite in ogni dove
e infine ritrovate.

E mi colpisce come il primo giorno,
quando s’aprono gli occhi
su tante cose intorno,
la bellezza del vero, dell’ignoto.
Colloquio senza fine,
senza confini o veli,
chimerica illusione;
e la ragione altera,
che di niente si appaga,
che superba si leva
su ogni cosa e indaga.

Rivedo uno ad uno
gli aneliti, i pensieri, le alte vette
o gli abissi dell’essere e del nulla
attinti dalla mente, in tanti anni
volati come un soffio,
tutta la vita un punto.

Amico venerando,
ritrovato per buona o mala sorte,
a tempo ormai scaduto
d’una corsa infinita, non finita,
ho perso tanto sonno per seguirti,
ma non me ne rammarico,
perché da te ho imparato
che si può stare svegli ed esser morti,
che nulla ci appartiene,
che quanto più si vive men si vive
se non si vive bene,
in pace con se stessi,
in pace con la specie degli umani,
impavidi di fronte alle sventure,
agli acciacchi, ai malanni, alla miseria;
e che imparar si deve,
quando viene quell’ora ineluttabile
a partire con animo sereno.

In questo breve viaggio,
trascorso insieme a te,
s’è dilatato il tempo,
una luce diffusa ha rischiarato
il buio della mente;
le malattie dell’anima e del corpo,
a guisa di vapore,
si sono diradate.

Per tutte le ore liete,
per ogni cosa bella che m’hai dato,
per come m’hai guidato
per i sentieri impervi della mente,
o saggio amico, grazie!
Con animo sereno.


Tonino Capaldo


Elisir d'amore per ......l'elogio della risata"

.....neanche una risata li seppellirà !!!!!!!!



Arstofane con le sue commedia graffianti sul potere voleva rivelare con leggerezza "di che lacrime grondi e di che sangue" il potere politico corrotto e corruttore in un epoca di crisi e da 'basso impero' e a noi oggi ci consiglia di non essere "il solito fiero e rassicurante moralista di sinistra" che flagella col sol riso o il sarcasmo la corruzione diffusa tra i suoi contemporanei.Non basta a noi e fa il gioco paradossalmente di chi è il responsabile dei tanti misfatti e delitti contro la cosa pubblica.
Dopo l'invito bonario e fiducioso di Montanelli che da intelligente uomo di destra ci consigliava che il 'virus Berlusconi' bisogna sperimentarlo per alimentare gli anticorpi e evetualmente debellarlo.......siamo oramai legittimamente amareggiati ma consapevoli che nell’Italia di oggi sia impossibile recitare la parte del grande artista o intellettuale ,o uomo politico, senza riprodurre in sé le contraddizioni di un’epoca la quale sperimenta per la prima volta che cosa significhi di nuova una guerra combattuta in nome di opposte nuove ideologie massmediologiche ciniche e amorali, la lotta per il potere tra i partiti non partiti, le tentazioni del cesarismo o di nuove forme di autoritarismo economico o mediatico, la tensione crescente tra nuova cultura e tradizione,fra serità e pressapochismo,della tirannia populista e la dannazione della chiacchiera, fra lusso e povertà, fra moralità e moralismo e amoralità.
Oggi non ci resta che l'ironia leggera e profonda contro il satireggiare volgare e caciarone o il ragionamento pensoso e leggero che riscopre anche il criterio storicistico di Hegel che ci permettesse di liberare il giudizio storico da quello morale solo a patto di non necessariamente esprimere solo giudizi astratti ma anche solo un racconto libero e utentico sulle nostre esperienze esistenziali e politiche .
mauro orlando

lunedì 22 febbraio 2010

Elisir d'amore per ........un "amico fragile".




Voglia di un ricordo.


I vecchi amici ci lasciano,
quasi tutti,
con discreto pudore e......
una coda di dolore
E' nella natura delle cose
mi dice
chi sa di scienza.
Nuovi giovani amici verranno
e riempiranno, ancora,
piazze di rabbia , musica e gioia,
intrecciando nuove leggere catene
per sentirsi legati ,
assieme ,
a due per due.
…..Anche per non farci sentire
più inutilmente soli.
Cosa canteremo per te
questa sera?
Amico fragile
che ci hai lasciati
in un sorriso strozzato.
Noi continuiamo a cantare
Vecchie canzoni
che non schiudono più balconi innamorati
oramai da un secolo
per mancanza di voce e di cuore.
Siamo gli ultimi dei moicani
che cantano
con parole intrise
di musica,bellezza e silenzio,
ancora il fremito umano
di una dolce nostalgia,
e il triste piacere
di un desiderio di presenza lontana.
Oh , la tristezza dolce e frizzante
di un ridente ricordo!
Cosa mi canterai tu,
nuovo caro amico di una sera,
di questa religiosa sera
di una infinita primavera dell'anima?
La prima canzone
Che si affaccia nella mente e nei ricordi,
vecchia,non importa, ma calda .
Per svegliare
la mia stanca nostalgia
può bastare anche con una vecchia
non brutta canzone!
Dammi un attimo di distratta e leggera eternità !
Ho una dannata voglia
di rivedere fugace un ammiccante sorriso
e una voce accordata a immaginare un canto.
Canta una canzone dolce nella melodia
chiara di luce ,di colori e di ricordi!
Ci sono nubi, stasera
davanti a una sfacciata e insidiosa luna piena
e sirene alla mia sottile solitudine .
Una dolce brezza,profumata di sfrontato rosmarino
gioca con petali di musica e parole
sciroccate di mediterraneo,
riempia il doloroso e freddo vuoto padano
di una dolce,calda e vitale mancanza.


mauro orlando

venerdì 19 febbraio 2010

Elisir d'amore per ........la "squola dei clowns"

di Nanosecondo

Come ho già ricordato in altre occasioni il nome Clown deriva dall’inglese “colono” (lo zotico . l’inurbano, insomma il contadino). La sua storia si perde nella notte dei tempi.
In un viaggio che ho fatto in Egitto nel 2000 a.c., su un isoletta nel lago di Assuan, ho incontrato un Deo, si chiamava NanoBes. Figuratevi anche lui aveva uno strano arnese e mi dissi: “bella la tua moto del tempo … ma la mia è più potente” l’ho rincontrato un sacco di volte anche qui in giro per l’irpinia.
Teneva un garages del tempio di Philae
A Grottaminarda nel primo seminario di paesologgia vi ho parlato di “infiniti spazi” poetici e di immaginifici spazi dell’anima nel momento che ci si guarda a specchio negli occhi, o come fa Franco in giro per i paesi, guardando semplicemente un cane, una panchina, un vecchio e semmai parlando con loro nel tentativo di “fuga” da un vuoto e solitudine infinita, ma come anche si può osservare la realtà e vedere tante altre cose immaginifiche.
Ora io sto vedendo al confine con tra oriente ed occidente, tra Campania, Puglia e Basilicata, si li proprio vicino a Cairano, una possibilità di “esplorare” un mondo da un punto di vista diverso: con gli occhi del clown all’interno del proprio contesto sociale e rurale............


di mercuzio
........Anche il nostro "clown" …scoperto ’in interiore homini’ una volta individuato la sua autentica identità sarà come all’inizio costretto a porsi le domande classiche della filosofia : chi sono ,dove sono e chi sono gli altri e che senso voglio dare alla mia vita presente e futura.Le risposte non saranno facili e definitive . ‘Rinascere’ dopo le peregrinazioni o emigrazioni letterarie nelle corti e nei teatri di tutto il mondo non è scontato e il "ritorno" nei "piccoli paesi" degli appennini del mondo può alleviare o rimediare alla nostalgia e riproporre lo stesso affascinante viaggio che la "paesologia" letteraria cerca di delineare e definire ma anche spingerci verso possibili delusioni e ulteriori esperienze di solitudine estetizzante e cinica o di autosufficienza appartata e antipolitica. Si sa dopo tutto il percorso del pensiero filosofico e letterario del nostro occidente che l'identità autentica scaturita dalla domanda primaria del "conosci te stesso"e “racconta il tuo io” è una premessa gratificante e indispensabile ma non definitiva e bastevole. Si sa anche che la conoscenza sociologica, antropologica e culturale del territorio su cui si intende restare , ritornare e operare (civiltà contadina o urbana ) e il suo sapere accumulato letterariamente e storicamente possono essere utili e nobili strumenti ma anche spingerci nei vecchi e chiusi labirinti del sapere come liberazione sociale o incentivo al potere personale o agli abusati .Si può anche finire a ricoprire in patria e nel mondo ruoli e “clichè” professionali anche con compiti di protagonismo culturale e riscatto sociale .Il vero problema in ultima analisi resta il senso che si vuol dare a questo ritorno identitario e clownesco nella realtà dei "piccoli paesi"dell'abbandono (economico ,sociale e psicologico),dei “terremoti” interiori con ferite profonde e mai rimarginate, delle solitudini doloranti e silenziosi delle emarginazioni storico-politiche, delle quotidianità ipocondriache,ciniche o rancorose e quant’altro Franco ci racconta meravigliosamente. Prima di una “squola” bisognerebbe fare una opera di “descolarizzazione” di tutti i clichè e le ‘maschere’ che la storia della clowneria ha accumulato e imposto, con croste ossificate e grumi gelatinosi, allo spirito leggero,ridente e danzante che Nietzsche aveva individuato nella categoria del “dionisiaco” non come stato mentale e conoscitivo ma come stato emozionale e sapienziale. E poi , solamente poi, cominciare a ragionare del come questo “clown” rinato si ripresenta nei bar, nella case contadine, nelle piazze ,nella varie ‘chiese’, musei ecc. e allora come saggiamente dicevano i nostri pratici antenati latini “ rem tene , verba sequentur”……conosci il senso delle cose da fare …. gli argomenti e i comportamenti verranno……

giovedì 18 febbraio 2010

Elisir d'amore per .........i 50 anni di un amico.


....oggi Franco Arminio compie cinquant'anni........
A U G U R I !



Una lettera immaginaria sulla "paesologia" come viatico per una lunga amicizia e un lavoro proficuo per la nostra terra d'Irpinia.......

“La paesologia è l’illusione di trovare anime mute, anime sconvolte dal clamore di un attimo qualsiasi e non dagli spettacolini del tubo catodico o del pianeta google.”Quanto lavoro ancora bisogna fare soprattutto sulle nostre coscienze vittime e carnefici di una libertà in “una società di oppressi.La libertà positiva è la libertà come autonomia …..pimaditutto libertà “di”e “per”più difficile della praticata libertà “da” .Anche da tutte le nuove situazioni di sudditanza che tu così efficacemente descrivi.Io avvertivo da tempo le tue stesse preoccupate sensazioni riguardo il degrado o l’uso degradato che si fa delle parole.Anch’io ho dichiarato guerra ma ho scelto per me il classico campo di battaglia che meglio conosco:la mia turbata e esacerbata anima. Tu hai scelto un campo più vasto,ricco ma anche più insidioso.Io mentalmente avevo limitato il senso ermeneuitico della tua analisi a ciò che dinamicamente si sviluppa nel nostro Blog e nella intera Comunità provvisoria ( o almeno in quello che ognuno di noi pensa di essa).Ho notato spesso ….”guerre di parole”, la “pratica della maldicenza” ad uso interno ed autoreferenziale e del “vittimismo e lamenti “su bersagli prossimi senza fini degni. Ecco allora …. e ne sono convinto che bisogna darsi obiettivi limitati ma definiti …..per ora “La paesologia è in guerra con le parole, è in guerra con le astrazioni.” Concentriamoci sulla tua diagnosi…”Io so che la parola ormai è come infiammata, non è più il distillato verbale della carne, non è la meraviglia con cui possiamo dire il mondo, ma un’affezione, una sorta di tubercolosi elettronica che ci fa tossire nell’aria verbi inutili e aggettivi che non spiegano niente. È una malattia che cresce consumandosi, più parliamo e più la nostra mente diventa un luogo intossicato”.Ma noi che sentiamo l’urgenza liquida del pensiero e il richiamo solido di una realtà ‘effettuale’ abbiamo il dovere di soppesare e chiarire bene prima di tutto a noi stesso la necessità di una ‘terapia’ e il suo senso nel nostro territorio e con i nostri uomini con le loro storie non sempre libere ed encomiabili. Perchè a noi non basta “il mondo”(“astrazione”) perché abbiamo scelto per amore “una terra” come esercizio di pensiero,di azione e di vita che per ora chiamiamo “Comunità provvisoria” con diritto di interpretazione e di definizione.Paesi insomma “che sono rattrappiti o quelli che crescendosi si sono perduti” e “ forme di esistenza in cui qualcuno sappia dare un filo di beatitudine al proprio fallimento”.Con un avvertimento che ci viene dalla favola filosofica della Volpe e del Riccio….La volpe rappresenta quelli che perseguono molti fini spesso disgiunti e contraddittori…è comunque pluralista e libera.Il Riccio riferisce tutto ad una visione unica e centrale ,onnicomprensiva col rischio del fondamentalismo,del fanatismo e della chiusura. La volpe sa molte cose ma il Riccio ne sa una grande!Monismo o pluralismo …..questo è il problema. Il monismo crea problemi che il pluralismo comunque cerca di evitare……E’ meglio seguire le volpi …sapendo che mentono bene e diffidare sospettare del Riccio anche quando si veste di democrazia e di tolleranza.Ma in fin dei conti il problema non ci riguarda ……..noi siamo “Lupi” e abbiamo ben altre e profonde qualità consapevoli di tutti i difetti che tu ben descrivi ed affronti nei tuoi scritti anche come avvertimento per la nostra vita personale e pubblica.I tuoi scritti non sono solo un dovere verso te stesso e “puro dstillato di carne” ma un obbligo affettuoso , amichevole e politico verso di noi..E non possiamo che ringraziartene comunque……
mauro orlando

mercoledì 17 febbraio 2010

Elisir d'amore per ......il "vivere" prima del "fare".

In piazza i vecchi stanno chini
senza dolcezza o ira.
Il giorno porge il fondo
e si ritira.
Tutti (….)
stanno chiusi nell’armadio
e portano in giro
una controfigura,
un sosia deprimente,
un lampadario
(…..)
Al mio paese si è vivi fino a sei anni
e dopo gli ottanta.
di franco arminio



-Abbiamo perso l’amico, si dice in questo secolo. .

-No, il nemico, dice una voce, sul finire di questo stesso secolo.

Ed entrambi parlano del politico, ecco quel che vorremmo ricordare

Noi lavoriamo per pensare ad un nuovo tipo di comunità. Non una comunità anacoretica di quelli che amano allontanarsi, di singolarità solitarie con vocazioni a ritirarsi in una sorta di slegamento sociale senza appartenenze e legami. Non siamo per una ‘singolarità” qualunque in nome di una identità comune al di la della forma in cui essa sia modulata. .La esperienza della Comunità provvisoria, di Cairano, la ricerca conoscitiva della “paesologia” rispecchia lo spirito leggero,provvisorio,creativo, che vuole espressamente evitare finalità,modelli,formalismi già consumati nel passato.” Un luogo per chi ha due minuti tra le dita per sè”.Un luogo dove si possa comunicare e “conversare non sotto il peso delle nostre parole e dove si possa passeggiare con la naturalezza e la leggerezza di un passero sopra il ramo” .Dove viviamo la vita e …noi che ci conficchiamo in essa istante per istante”…Nell’impazzare ‘ideologico’ dell’uomo del fare come il ‘passepartout’ di tutte le pigrizie,le lentezze,arretratezze di un umanesimo che confligge con una idea di modernità che ci vede non solo sospettosi ma contrariati e resistenti.

La nostra parola magica e ….è inoperosità comunitaria . Se abbiamo scelto la parola «comunità», ci accorgiamo che essa è riconducibile, in definitiva, ad un duplice senso: ciò che è in comune ed essere-in-comune.. L’essere-in-comune rappresenta la modalità di esistenza del libero individuo che partecipa direttamente, insieme agli altri, a ciò che è in comune. . L’essere-in-comune è appunto riferito ai componenti della comunità. Ma gli stessi componenti, sebbene fondamentali per l’esistenza della comunità, possono essere gli artefici di un ribaltamento dialettico un cambiamento di visione che li deve condurre da una modalità disgregativa a una aggregativa. È una dimensione plurale della comunità in cui la “molteplicità” fa intravedere una dimensione in cui la persona non è separata dalla vita, o da se stessa, ma coincide con essa in un sinolo inscindibile di forma e forza, di esterno e d’interno, in cui il soggetto è finalmente norma a se stesso e non deve nulla ad istanze trascendentali o trascendenti. In altre parole, un unicum, o singolarità, che coniuga il singolare e il plurale nella stessa persona.. Ed ecco allora il paradigma o la categoria originale e diversa della provvisorietà e ….della inoperosità. L’improduttivo spazio e tempo dell’inoperoso non è delimitabile da un opaco dispositivo di miscelazione di desideri arcani, pulsioni di fuga, resistenze inerziali, eremitaggi esistenziali, silenzi e rifiuti assoluti, immobilismi estremi. Volendo far uso di un lessico più squisitamente filosofico, possiamo peculiarmente qualificare l’inoperoso come la prevalenza dello stare dell’essere sul divenire dell’essere: esso è il sottrarsi giocato contro l’esporsi. In tal senso, è la faccia speculare del potere: l’abbandono simmetrico alla cattura.Noi vorremmo scongiurare l’abbandono delle emigrazioni,le fughe nella propria autosufficienza intellettuale o sociale,la cattura nelle neoideologie postmoderne del “fare” come variabile indipendente della producibilità umana universale e necessaria.Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessabili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche. Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva . L’inespresso e l’inarticolato non necessariamente devono essere letti nell’ottica sublimato, modificato e riprodotto. Attenti e sospettosi che anche l’inoperosità può essere trasformata in mercato operoso che mette in scena il fantasmagorico teatro della fruizione consumistica dell’inespresso. Che l’inerzialità, l’inespressività e l’inappagabilità dei desideri possono diventano sempre riproducibili, attraverso sequenze/figure immaginifiche: replicanti che si spacciano per mutanti. In queste condizioni inedite e nuove rifiutarsi di pensare che non v’è alcuna speranza di poter ingabbiare anche l’inoperosità nel ciclo o della salvezza o nell’orizzonte della linea di fuga.Amche per questo scriviamo in questo Blog e ci prepariamo per Cairano! Primun vivere deinde …….philosofare e ….. fare!
mauro orlando

domenica 14 febbraio 2010

Elisir d'amore per .......il carnevale di MONTEMARANO ( AV)

....il carnevale di Montemarano non è solo la riproposizione permissiva in epoca cristiana dello scontro tra dionisiaco e apollineo..........la musica e il rito si ritrovano in una forma di riproposizione simbolica,rituale e mitica della passione calda e 'umana,troppo umana' contrapposta a una razionalità presente, superficiale ,caotica e fredda



L’incanto e il trascinamento del ritmo nella sua eterna e sfrenata ripetizione non è un modello teorico e mentale , ma piuttosto una sfida o una prova a vivere fuori dal disegno tracciato dall’idea di progresso all’infinito o di una quotidianeità sconcertante e superficiale. E quando lo sguardo rivolto al futuro , al sogno e alle passioni si riduce, forte nasce da un lato l’ insistenza sul presente, ben rappresentato dal battito ritmato dei piedi …su questa terribile terra, quando un’altra non è promessa, dall’altro il bisogno di tornare indietro, al passato anzi a quel primitivo ritmo del corpo che, custodendo la prima origine del tempo, apre la speranza di un altro futuro.
In questa operazione regressiva,dionisica,infantile, dove nella regressione c’è anche il valore positivo della possibilità di una rifondazione del mondo, prepotenti si fanno avanti quelle domande che non chiedono la soluzione dei problemi ma la loro vivibilità, perché l'impotenza ola sfiducia neppure avvertita come tale, ha già bruciato tutto lo spazio dell’attesa di una possibile o dovuta risposta. E perciò nella cadenza del ritmo più primitivo si rivive, nel ventre della folla, quella prima esperienza nel ventre materno come preaparazione ad una nuova vita non solo auspicata ma necessaria.........

Elisir d'amore per .........C A I R A N O 7 X


....il viaggio verso Cairano continua anche quest'anno!
Un viaggio nei "piccoli paesi" di tutti gli 'appennini' del mondo non solo culturale,simbolico,emozionale ma sopratutto "politico".......



Come ci prepariamo a questo nuovo appuntamento a Cairano? E perchè Cairano per i comunitari non è una sagra o una gita fuori porta ma un momento essenziale per la declinazione dei vari spiriti vitali della ” paesologia”. La comunità provvisoria si ritrova,si confrontra …si verifica nei suoi sentimenti e idee culturali e politiche sapendo che le parole e gli aggettivi si sono logorati e consumati col rischio di perdere senso e concretezza.Anche la “politica” viene reclusa in una pratica di pensieri corti e freddi costringendo l’individuo nella difficile scelta tra solitudine e comunità o ad una evaporazione in una mera possibilità o fuga metafisica o religiosa.La “politica” è la prima forma di cura di sè e degli altri.La democrazia moderna ci ha educati ad avere poche passioni politiche e sentimenti personali e individuali perchè di esse ha poco bisogno. L’individualismo è l’elemento connotativo della democrazia moderna purchè sia distinto dall’egoismo in relazione al pensare, al vivere e all’agire politico e non a quello etico.L’egoismo è un difetto dell’uomo, indipendentemente dalla forma di società o comunità,l’individualismo è un difetto del cittadino, peculiare alla società democratica.L’egoismo è morale,l’individualismo è politico.Lamentarsi,recriminare è della sfera etica dell ‘egoismo’, analizzare,razionalizzare è della sfera della politica e dell’individuo democratico.La confusione dei due piani non fa bene all’individuo e meno che meno alla democrazia.Non confondere disposizioni e vizi della mente e farli diventare vizi del ‘cuore’ non aiuta nei momenti più doloranti.
Un atteggiamento ‘egoistico’ della politica e della cultura denota un’attitudine privativa rispetto alla politica e alla cultura . E’ far coincidere il ritiro del cittadino dallo spazio pubblico sentito come una prigione o spazio di offesa con un risentimento ‘egoistico’ e quindi morale.La passione politica è solo degli antichi non solo per “gli intossicati della Grecia”.Per i moderni c’è solo la possibilità di una ‘libertà ragionevole’ , discussa, confrontata……praticata.Una ‘libertà’ privata da poter salvaguardare anche a rischio di una perdita di potere personale.Perchè comunque di potere si tratta anche quando lo si esercita con tutte le buone intenzioni e qualità personali.La libertà individuale moderna è comunque “un piacere della riflessione” quella degli antichi “un piacere dell’azione”.Un uomo antico poteva permettersi di abbandonare il suo territorio e i suoi concittadini , un moderno lo può fare a rischi di rimetterci in ‘libertà’ e identità.Noi moderni non siamo stati capaci di mettere fuori dalla ‘politica’ la sfera privata degli interessi economici e politici,delle relazioni personali,familiari ed amicali e quando la politica ci disillude subiamo uno scacco totale e non riusciamo a uscrne differenziando i piani etici da quelli politici.
Questa è la contraddizione che è alla base della democrazia o politca moderna da cui non possiama o uscirne se non distinguendo i due piani e trovando i rimedi giusti ed appropriati.
Il discorso è molto complesso e difficile …….ma mi urgeva dentro e comunque ho voluto esprimerlo in un momento difficile per una pratica libera e democratica del nostro Blog,per una continuità creativa delle elaborazioni e idee nella Comunità provvisoria e per una esistenziale e “politica” esperienza del viaggio a Cairano.Un viaggio che recuperi la sua dimensione simbolica e sentimentale senza impigrirsi o imprigionarsi in una visione strettamente razionale e operativa che ci rassicuri nelle nostre insicurezze verso l’imprevedibile e la paura del confronto e degli altri. La paura delle esperienze mitiche o simboliche chiudono le esperienze del dialogo e di interlocuzione e le esigenze di comunità non solo come rimedio al collasso o prolasso della parola .Un viatico e un augurio a tutti noi che ci saremo con ….”leggerezza”, “rapidità”, “esattezza”,”visibilità” e “molteplicità”…..come ci suggeriva Italo Calvino.Cerchiamo di essere compassionevoli e solidali….. la nostra mente si nutre di complicazioni e esclusioni e il nostro cuore di aperture ed incontri……siccome non posso sperare in un ‘buon Dio’ spero molto in Cairano e tutti noi.
mauro orlando

martedì 9 febbraio 2010

Elisir d'amore per ........la "Sicilia e......ccctania"

.....due modi "paesologici" di raccontare e cantare una terra di nascita.....

di Luca Sessa

Cccatania è un posto bellissimo. È una città dove vivrei. Ha tutto. Luna-park. Ha curiosità, germe di nuovo, sapere, raffinatezza di secoli e millenni, trascorsi nel crogiolo ardente dell’Etna. Ha vulcano. Dentro e fuori. Ha generosità, ha gente che non si risparmia. Ha eterodossia e gran conformismo. Ha panorami e lacerazioni. Ha germe, virus. Ha poesia emopoietica del reale. Ha rughe scavate e pelle liscia morena. Ha l’antico che ci vive. Ha irrefrenabile indomabile impeto e pia innocente moderazione. Ha la lentezza e il vortice del magma, simile a quello che ho vissuto. Ha il vento, e un blu del mare sempre diverso alle diverse ore. Un riconforto. La costa lavica vi ci affonda.

Cccatania è una vita che si muove, un ciclo vitale rappresentato, non consente fotografie, solo fotogrammi. Il signore che, baffetto fino e occhiali scuri, passa la mattina seduto di lato sulla sedia dell’atelier a piano terra del sarto, lato ombra. Il volto scavato del pescatore che grida per vendere i suoi pesci nello splendido mercato all’antica marina. Il tramonto rosa dietro l’etna fra palme. La signora araba con bambino che parla affianco a me mentre musica indiana allieta. La protervia di chi, dentro il club selecto, esclude chi sta fuori. La squisitezza nei particolari, anche ordinando una granita. È un moto permanente mentre si sta fermi, in cima ad accumulato palpabile o immateriale. È incanto duro.

È una città in degrado e sana, corrosiva e salubre.

È una città industriale, ma quando torni a casa sfrecciando in moto sul lungomare ti coglie improvviso un profumo di fico.

È una città di avanguardie, ma è tanta rappresentazione di storia e bellezza sedimentate.

Solo Napoli e la Sicilia radunano la raffinatezza di contaminazioni millenarie. In entrambi i casi vissute sotto la potenza e l’incertezza di un vulcano. Cccatania è un posto dove è sorta molta modernità, ma è un posto molto antico, come è facile dire dalla quantità di costumi a slip e acconciature maschili, dai modi visibili, dalla piazza di Zafferana Etnea piena di innocenza la sera, dalla fauna e stelle marine giusto sotto la costa, dalla fiorita retorica degli abitanti di classe alta, dalle facce e voci degli altri, quelli di classe bassa, da questa stessa bipartizione.

Cccatania è un posto di gente schietta o barocca, o che riesce ad essere schietta anche fra le forme elevate a fine ultimo. È un posto di gente moderata, timorata. Non è un posto di assassini, sebbene qualcuno ci muoia davvero de vez en cuando.

Cccatania è un posto pieno zeppo di energia. I locals dicono che è effetto del magnetismo del vulcano, che accelera i metabolismi. Sarà anche per questo allora che ci si abboffa tanto, che i banconi dei bar-rosticceria-pasticceria-caffetteria-gelateria sono sempre così strabordanti di offerta sempre fresca, recién hecha. Come Napoli o la zona Flegrea, Cccatania ha energia da vendere che invece regala o brucia, rapida. Al mercato del pesce la compravi a blocchi interi, gratis.

Elisir d'amore per ......."il porco letterario"

IL "PORCO" LETTERARIO è l'occasione per stare insieme una domenica in un paese dell'Irpinia d'Oriente che è Aquilonia. L'incontro è previsto per le dieci dinanzi alla sede del Municipio, poi andremo a visitare il bellissimo Museo Etnografico città della Memoria e la Badia di San Vito nel cui piazzale trova posto una stupefacente quercia. Poi ci trasferiemo in campagna per ammirare gli asini, i pony, le pecore, le capre, etc allo stato brado. Infine ci rintaneremo in un ristorante e degusteremo dei piatti tipici a base di carne di miale, per coloro che non mangiano carne, proporremo un menù vegetariano. Ovviamente la tavola sarà allietata da uno squisito Aglianico. E dalla simpatia dei partecipanti. Vi aspettiamo numerosi.

sarà una giornata letteraria, comunitaria, rupestre, tribale, country _ POESIA, MUSICA, TEATRO, MEDITAZIONE sposeranno il culto appenninico della festa del maiale. Il ‘porco letterario’ si terrà DOMENICA 7 FEBBRAIO 2010 nella masseria di Aquilonia: non si può mancare. Non si potranno usare macchine fotografiche, solo memoria / la sezione ‘poesia’ sarà rigorosamente dialettale.






Un incontro “a tavola” per la Comunità provvisoria è anche ….. l’esperienza e il tentaivo di nutrire e coltivare il terreno per l’amicizia come pure la capacità di confrontarsi l’un l’altro in un mutuo impegno per rinnovare radici e “koinè”. L’esperienza origianale di questo nostro “viaggio” in noi stessi attraverso le terre d’Irpinia è sopratutto un pellegrinaggio assieme ad amici. Il filosofo Ilic si chiedeva: “Come posso io vivere in un mondo nel quale sono nato, il mondo in cui sperimento sempre più di essere come racchiuso in una specie di prigione? Come posso essere onesto con tutti quelli che stanno davanti a me? Come posso mantenere uno spazio aperto quando mi trovo in faccia e sotto lo sguardo dell’altro mentre l’altro si scopre di fronte a me e nel mio sguardo?” Usando questi questi interrogativi solo per una critica della modernità e della tecnologia e degli stili di vita dei “non-luoghi” delle città e dellemetropoli non ci permette di elaborare o raggiungere una nuova coerenza e chiarezza: il dono ,la cura ,la curiosità e la sorpresa costituiti dall’altro ,anche se nostro conterraneo per nascita o scelta,possono solo apparire quando questo spazio è aperto,libero e amicale. L’immediatezza, l’intimità e la libertà dell’incontro con l’altro può essere ostacolata e anche resa impossibile dagli eccessi di ‘razionalità’ come coerenza a principi astratti e convinzioni prescittive che possono diventare strumenti non-conviviali ma ma egocentrici e egoisti.Noi dobbiamo ‘paesologicamente ‘ combattere tutti gli schermi culturali,ideali ed etici che separano il “te” da “me”.
Noi coltiviamo il sospetto,il dubbio verso uomini o istituzioni come critica del loro potere o poteri di distruggere la nostra capacità o volontà di vivere dignitosamente l’uno con l’altro. Noi curiamo il sapere sopratutto “come cura di sè e degli altri” non come “ricerca o scienza per la gente” condotta nelle università e nelle scuole che stimola ad un “riscatto” come creazione di nuovi poteri sopraffatori ma alla “scienza della gente” che aiuta e promuove comunità e non potere alternativo. Tale ricerca, condotta da soli o in piccoli gruppi, ha un’attinenza diretta con chi vi si è impegnato. Essa deve ricercare i momnti di incontri che consentono la conversazione amichevole e conviviale……. “conversazione attorno alla tavola”. Cosa vi è meglio di una tavola per consentire agli ospiti e all’ospitante di sedersi generosamente uno di fronte all’altro in una ricerca comune o comunitaria ? La tavola rappresenta un’occasione per l’incontro di amici impegnati in serie ricerche su temi che hanno un’influenza diretta su come vivere, sull’impegno quotidiano, sulle pratiche “garbate e gioiose” nei diversi campi di intervento sociale. Si tratta per me di una ricerca anche “filosofica” in compagnia di amici che implica una critica di ogni cosa che possa rendere la vita non-filosofica nel senso di stimolare un pensare che “castra e sterilizza il cuore e indebolisce le sensibilità etiche”Ma sopratutto che mortifica o sottovaluta il sentimento e l’esperienza dell’amicizia come una pratica permanente che promuove e coltiva una credibilità reciproca, il rispetto, l’impegno nella “cura di sè e degli altri” anche nei nostri territori tanto belli e tanto offesi.
Per me anche questo può diventare momento “paesologico” se evitiamo i paraocchi e ci leberiamo degli steccati che quotidianamente ci vengono riproposti e giudichiamogli altri con la convinzione che ….”omnia munda mundis”……tutto è puro per i puri…..
in amicizia
mauro orlando

http://www.flickr.com/photos/verderosa/sets/72157623380505042/show/

sabato 6 febbraio 2010

Elisir d'amore per ......la " paesologia" vs la "paesanologia"

Scopo di questo scritto è tracciare le linee culturali essenziali che hanno portato alla creazione della “forma chiusa” canzone napoletana classica, o più precisamente “popolaresca” per differenziarla dalla “popolare”.In senso molto lato può chiarire un retro pensiero che sta nelle nostre discussioni sul tema della “paesologia” e la “paesonologia”. Facendo i necessari distinguo la “paesologia” sta al “popolare” come “la paesonologia” sta al “popolaresco”.


Ritorniamo alla “canzone napoletana”…..

Una problema preliminare è stabilire che Napoli è stata una capitale di un Regno da circa tre secoli. E un altro aspetto importante è stabilire che tutte le dinastie regnanti , e i Borboni in ultimo, erano sempre stati in piena sintonia con il popolo napoletano e non solo per furbizia o demagogia o per “populismo”. Il Re è col popolo mentre i Borghesi essendo “rivoluzionari” avevano privilegiato le ‘èlites’ a discapito del popolo. Dalla cultura sia della Rivoluzione francese che dei “moti insurrezionali “ del Risorgimento italiano si evince questa dicotomia o allontanamento dal popolo anche a Napoli da parte della borghesia economica e politica.

Questa città ,magnifica e straordinaria ha avuto sempre una forza centripeta particolarissima. Ha sempre aggregato tutto il “contado”. Napoli è sempre stata una “nazione” non chiusa in se stessa. Ha saputo mettere insieme ,aggregare, mischiare , contaminare tutto quello che gli stava intono o vicino attraverso quel fenomeno sociologico e culturale che è sintetizzabile nella “categoria “ della “napoletanità”.

Ma fatto unico e peculiare: c’è una interpretazione del “popolare” e del “colto” nella canzone, nella musica e nella scrittura che forma un “tutt’uno”. C’è una perfetta identità tra popolo e “regime”, nel senso di chi comanda lo fa non solo dal punto di vista politico ma soprattutto psicologico e culturale. Fenomeno che non si verificherà nel resto d’Italia. Facciamo un esempio banalissimo : i Gonzaga a Mantova o gli Estensi a Ferrara. C’una sostanziale differenza tra la canzone, le serenate ,gli strambotti, i racconti che nascono nel popolo e quelli che nascono per e nella Corte scritte da e per letterati e cortigiani. A Napoli già la sua prima forma di espressione musicale,“la villanella”( che poi si svilupperà in tutto il mondo) sarà già una canzone essenzialmente espressione di “cultura “ e di “natura” con un connubio straordinario tra cultura “bassa” e “alta” o “ colta

Perché avviene questo? Perché Napoli ha una canzone “nazional-popolare “già dal 1500. De Mauro ,che è un grandissimo cultore e conoscitore della musica e della canzone italiana, la definisce “canzone di scambio”. Sono due i tipi di melodie, di canzoni, di “racconti in musica”, che nascono nella storia d’Italia. La “canzone d’uso” e “la canzone di scambio”. La “canzone d’uso” è quella che nasce in un posto definito e si canta solo in quel posto particolare. Una “canzone d’uso” è per esempio “la taranta” che nasce nella penisola sorrentina ed ivi resta perché rispecchia in pieno quel particolare territorio e quelle determinate tradizioni antropologiche e culturali. Diventava impensabile che una tale “accezione culturale” avesse rilevanza e si trasmettesse in altri territori anche vicini , nemmeno in Abruzzo o nelle Marche. La canzone napoletana, invece, nasce già con una vocazione universale come “canzone di scambio” Perché già con la “villanella napoletana” si parte dai sentimenti più elementari, naturali e cosmici che possono esistere e che sono di tutt’Italia e non solo dei napoletani.

La canzone napoletana è la perfetta rappresentazione a livello naturale, personale , politico ,popolare di quelli che sono i rapporti più originali e più universali ed eterni tra un uomo e una donna. Per fare una esempio, nella canzone medioevale ,pur importante, dei “trovatori” ,questo non c’è. La canzone dei “trovatori” è una canzone colta, coltissima. Il rapporto tra uomo e donna è di grande “stilnovismo”, di attenzione idealistica all’amore per la donna. Non c’è niente di fisico, tutto è centrato su un sentimento quasi religioso che esenta dal poter anche solo osar pensare di toccare ,sfiorare o solo guardare una “madonna”. Nella canzone del medioevo, quella colta e quella popolare, o c’è la rabbia popolarreggiante, rozza e laida o il rimando continuo ad una donna eterna, angelica da mettere sul piedistallo. Nella canzone napoletana si scende dal piedistallo e si esce dal laido. Si rappresenta la vita quale realmente è, nei vicoli ,nei posti quotidiani della vita normale, nei quartieri popolari, dove le occasioni di incontro tra un ragazzo e una ragazza erano rari e difficili.

La canzone prima è naturale poi diventa popolare infine popolaresca. La canzone popolare mette le parole alla musica naturale usando le parole primarie dell’esistenza e della vita. La fatica per il lavoro, il pensiero della donna che ti fa soffrire, il pensiero del cibo che non c’è, la lontananza e la nostalgia delle persone amate. Perché cantiamo e non parliamo o scriviamo soltanto? Ma cantare è molto di più, perchè ci dà una certezza che il nostro dolore urlato con rabbia così forte che o qualcosa nella natura o perfino un Dio ci ascolteranno. Più la gridiamo e la ripetiamo più c’è possibilità di un ascolto.

Ma il nodo è nel momento in cui la canzone naturale diventa popolare .Quindi è necessario chiarire il passaggio fondamentale da popolare a popolaresca che è il processo che rende la canzone napoletana unica nel suo genere. La canzone popolaresca è l’imitazione della canzone popolare. Quando la canzone popolaresca imita in profondità ,senza perderne i valori ,la canzone popolare fa una operazione culturale di grande importanza. Quello che hanno fatto Ferdinando Russo e Salvatore Di Giacomo nella canzone napoletana dopo la crisi dell’unità d’Italia risanando finalmente il rapporto tra borghesia e popolo in quella meravigliosa festa che è “Piedigrotta”. E’ praticamente un “festival” di un popolo e di una nazione che si riuniva intorno ad una grotta in una festa di origine pagana. Cosa succedeva che ognuno scriveva una canzone per questa occasione e gli autori ( artigiani e popolani ma napoletani ) le offrivano ai musicisti per partecipare a questa gara in rappresentanza di un quartiere .Nascevano quindi come canzoni popolaresche prima dal testo e poi dalla melodia. Da questa esperienza di festa popolare e religiosa si capisce allora che cos’è la canzone napoletana. E’ una liberazione , un esorcismo, uno sfrenato buttar fuori tutto quello che hai dentro in cui corrisponde agli altri perfettamente: E’ la natura e la cultura che si mischia perfettamente. E’ come una festa psicanalitica, ma a livello popolare. I napoletani dopo questa sbronza, questa sbornia di canzoni, che non erano parole sole ma canzoni, si sentivano felici. Queste canzoni parlavano di “sé stessi”, delle loro paure ,insicurezze, delle gioie straordinarie.

Purtroppo quando la canzone popolaresca napoletana imiterà sé stessa e non la popolare, entrerà in crisi. La più grande canzone napoletana è quando si realizza il connubio ,che non vale solo per la canzone ma anche per la vita, tra il naturale e l’intelligenza culturale. La cultura è fatta di tante cose ma per traslato dalle piccole e particolari interessi assumono un sentimento generale che rispecchia i valori profondi e universali della vita di ognuno di noi.

mauro orlando


giovedì 4 febbraio 2010

Elisir d'amore per .......una doverosae civile dissociazione

.....i bambini palestinesi sentitamente ringraziano il Presidente Silvio Berlusconi......per le sue ipocriti e diplomatiche parole di "solidarietà" per le loro sofferenze e morti.....tra amenità 'bauscia' varie:
"Il muro di Betlemme? Non me ne sono accorto, stavo prendendo appunti e riordinando le idee sulle cose che dovevo dire al presidente Abu Mazen. So di deluderla, me ne scuso". Silvio Berlusconi a una giornalista, 3 febbraio

....ci tengo a precisare : NON PARLAVA IN MIO NOME !
mauro orlando




di Massimo Gramellini

Ma come farà a essere israeliano con gli israeliani e palestinese coi palestinesi? Ad affermare, davanti a Netanyahu, che bombardare Gaza fu «una reazione giusta» e due ore dopo, davanti ad Abu Mazen, che le vittime di Gaza sono paragonabili a quelle della Shoah? Zelig si limitava a cambiare faccia, a seconda dell’interlocutore da compiacere. Ma questo è un uomo in grado di cancellare il tempo e lo spazio. Riesce a stare con il pilota dell’aereo che sgancia le bombe e nel rifugio sotterraneo con i bombardati. In contemporanea, e dispensando a entrambi parole di comprensione. Nella sua vita precedente insegnava ai venditori di pubblicità a essere concavi coi convessi e convessi coi concavi. Una volta li sfidò a salutare cinquanta clienti, trovando un complimento per tutti. Solo stringendo la mano al cinquantesimo, un uomo brutto e sgradevole, rimase perplesso. Poi gli disse: «Ma che bella stretta di mano ha lei!».

Molti hanno letto quei manuali americani che insegnano a infinocchiare il prossimo in 47 lezioni. Ma solo lui ha il fegato di applicarne il precetto fondamentale: credere sempre a quel che dici, anche quando è il contrario di quel che hai appena detto. Una tecnica che evidentemente funziona persino con le vecchie volpi mediorientali. Come farà? Vorrei tanto chiederglielo, se non fosse che lui nel frattempo si è già spostato nella basilica della Natività, a Betlemme, dove sta raccontando ai frati una barzelletta sulla Madonna che avrebbe preferito una femminuccia. A quel punto mi arrendo.

mercoledì 3 febbraio 2010

Elisir d'amore per .......i fotogrammi di una fanciullezza dell'anima.


".....Lo stare, il dimorare, l'immorare in un luogo unico, lo vedo d'altronde come semplice residuo di quella realtà contadina nella quale pochissimi, a meno che non fossero costretti da necessità di migrazione o fame o guerra, si muovevano. Si andava a fare il viaggio di nozze (qui da noi) magari fino a Treviso o a Venezia, e ciò quando già si era abbastanza in su nella gerarchia sociale.

Credo di aver ereditato certi pattern comportamentali da questo mondo contadino perché non sento un gran desiderio di muovermi, fermo restando che potrei amare svisceratamente qualunque luogo del mondo, perché la natura è sempre ricca di meraviglie, di paesi e di paesaggi capaci di ogni diversa seduzione, e di luoghi degni di viverci, e di "essere sognati".

Ma, penso, il rapporto con il luogo e con la terra deve essere feroce ed esclusivo, come un innamoramento, altrimenti non possiamo capire niente né di noi, né della terra né dell'ambiente, né dell'universo. Ho già avuto modo di parlare di alienazione turistica. C'é gente che viene portata di qua e di là come sacchi di patate, mentre occorrerebbe quel voyage o grand tour che era possibile fino a tempi abbastanza recenti, una grande avventura di formazione spirituale che durava mesi o anni (però soltanto per pochi privilegiati). ....." Andrea Zanzotto



Aspettano ancora i mietitori a sera

Distese dorate di grano
immemori del tempo
in un pulviscolo di sole,
bionde fanciulle supine
immemori del tempo
in un paradiso di luce.

In qualche remoto angolo del mondo
o della memoria
col miraggio del fresco negli occhi
la pelle la bocca riarsa
la falce sulla spalla
aspettano ancora i mietitori a sera
nella piazza accaldata dal solleone
qualcuno o qualcosa
cui vendere la vita.

Fotogrammi ingialliti
nitidi sfocati
di una fanciullezza
che appena ieri vociava festosa.

Tonino Capaldo
Luglio 1988

Elisir d'amore per .....una canzone "paesologica"

di mauro orlando

…..anche una semplice canzone ,espressione di un “io” lirico che ’canta’ in musica e parole le emozioni e il senso profondo di vivere le persone amate e le cose semplici nell’incanto di un mondo di bellezza,rabbia e amore e riuscire nel sogno a vedere migrare sole,luna e stelle ,respirare “aria di sale e maggese, “gli aromi della salvia e rosmarino”, “le strisce delle lumache nei loro gusci, capire tutti gli sguardi dietro agli scuri,…..e altro ancora ….tra ”delfini vaganti nel verde del mare tranquillo” dell’appennino irpino di Cairano, o tosco-emiliano di Pàvana o anche dei piccoli borghi montani del Tiibet o delle Ande……chiusi negli enigmi del silenzio e della bellezza……


Vorrei – Francesco Guccini

Vorrei conoscer l’ odore del tuo paese,
camminare di casa nel tuo giardino,
respirare nell’ aria sale e maggese,
gli aromi della tua salvia e del rosmarino.
Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero
parlando con me del tempo e dei giorni andati,
vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero,
come se amici fossimo sempre stati.
Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci
e i ciuffi di parietaria attaccati ai muri,
le strisce delle lumache nei loro gusci,
capire tutti gli sguardi dietro agli scuri

e lo vorrei
perchè non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei ed io…

Vorrei con te da solo sempre viaggiare,
scoprire quello che intorno c’è da scoprire
per raccontarti e poi farmi raccontare
il senso d’ un rabbuiarsi e del tuo gioire;
vorrei tornare nei posti dove son stato,
spiegarti di quanto tutto sia poi diverso
e per farmi da te spiegare cos’è cambiato
e quale sapore nuovo abbia l’ universo.
Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona
o il mare di una remota spiaggia cubana
o un greppe dell’ Appennino dove risuona
fra gli alberi un’ usata e semplice tramontana

e lo vorrei
perchè non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei ed io…

Vorrei restare per sempre in un posto solo
per ascoltare il suono del tuo parlare
e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo
impliciti dentro al semplice tuo camminare
e restare in silenzio al suono della tua voce
o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso
dimenticando il tempo troppo veloce
o nascondere in due sciocchezze che son commosso.
Vorrei cantare il canto delle tue mani,
giocare con te un eterno gioco proibito
che l’ oggi restasse oggi senza domani
o domani potesse tendere all’ infinito

e lo vorrei
perchè non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei ed io…

martedì 2 febbraio 2010

Elisir d'amore per ........la verità a prescindere....

quante volte ci siamo posti la domanda civile e penale:
"Da dove vengono tutti quei soldi..... caduti dal cielo!?
Il povero e ingenuo produttore (Silvio Orlando) non dormiva sonni tranquilli al solo pensiero di farsi la domanda e minimamente pensava di abbozzaread pur minima ed ovvia risposta.
Oggi cominciano ad affiorare risposte non nelle sedi 'nemiche'giornalistiche ma in sede ufficiali e giudiziarie.
".....dagli imprenditori mafiosi Antonino e Salvatore Buscemi e Francesco Bonura e il solito Dell'Utri Sen. e socio politico-economico niente meno che dell'attuale Presidente del Consiglio italiano.Ma l'Avv . di Berlusconi immediatamente ....per amore solo per amore, ci assicura che queste notizie e dichiarazioni sono "prive di fondamento" e sulla "onorabilità"delle sue ministeriali parole possiamo contare e possiamo metter non una ma due mani......"Ghedini è un uomo d'onore " avrebbe fatto dire Shakespeare ad Antonio sul cadavere eccellente del suo amico-nemico Cesare. Ma quella se pur tragica era una finzione poetica .Oggi siamo nella realtà ...incresciosa ,non piacevole ma pur semre realtà .E noi sappiamo bene che così va il mondo negli "arcana imperi" anzi così va il mondo nell'italia berlusconizzata.E' un film già visto e come andrà a finire tutti lo sappiamo anche se facciamo molta fatica ad accettarlo.....