mercoledì 30 giugno 2010

Elisir d'amore per .......il dopo Cairano 7x .....




In questi ultimi anni ho conosciuto un’altra irpinia non astratta,ideale o Irpinia d’oriente nel suo ‘ethos’ o nella sua anima profonda. L’ho scoperta “sul campo” tra i suoi uomini migliori ma in ‘carne ed ossa’ nella esperienza particolare di “Cairano 7x” e negli spazi del Blog “Comunità provvisoria”. L’esigenza era “comunitaria” : un tentativo di recuperare un racconto collettivo di nuovo tipo né Paradisi perduti , palestra per la nostra nostalgia senile né ‘summa di ogni spirito’ e di ‘fantasticherie’ distorte o malposte ma relazioni tra uomini diversi ,vari ed eventuali che facilitano i rapporti tra di loro circoscrivendo uno spazio in cui si attenuino, senza poterli però esaurire o neutralizzare, e mediano i rischi di imprevedibilità connaturati alla multilateralità costitutiva della società e delle nostre esperienze personali di vita e di professione. E lo fanno solo agendo nel solco di un’ulteriore differenziazione.. Noi “comunitari provvisori” irpini a fatica stiamo rappresentando uno spazio di libertà e di democrazia che cerca di agire come dissolvente delle fissità e delle rigidità; fluidifica i rapporti tra i soggetti senza necessariamente ridefinirli in uno spazio rappresentativo e generale mitico o ideale. Siamo convinti con modestia che l’intelletto sia sempre in ritardo sulla vita. La frammentazione, il dis-ordine, l’antagonismo,il dialogo,il conflitto che quest’ultima esprime può essere ordinato, pensato, solo in forma metonimica,mai prescittiva e assoluta. La stessa necessità del richiamo a un passato, una cultura, un territorio specifico (Irpinia d’oriente) a persone in carne ed ossa , può essere revocata o evocata muovendo dal presupposto che la serie dei possibili viene orientata e «chiusa» solo a partire dal presente (sempre momentaneo e casuale) che lo cristallizza in propria premessa metodologica mai mitica,etnica,reazionaria. Cercare forme liquide di ’autoconservazione non è infatti «rigida mancanza di problemi e immobilità interna», quanto piuttosto «somma di processi immanenti» «difesa di un equilibrio continuamente minacciato», «riconquista di un equilibrio spesso perduto», «consapevole e inconsapevole preparazione di mezzi per lo scopo, mai realizzato di per sé» Il contrasto,il nomadismo, il conflitto (pòlemos dinamico contrapposto a pòlis staitico)– in tutta la vasta gamma della loro fenomenologia di passioni apparentemente dissociative (dalla gelosia all’antipatia, dalla concorrenza alla lotta, dall’odio privato all’antagonismo politico) – devono esprimere e rappresentare la correlazione energetica tra istanze dissociative ed istanze associative che ognuno di noi porta dentro il suo dna e le sue ‘accumulazioni culturali’ raggrumate e rigide. Il perseguimento di scopi soggettivi non è opposto alla realizzazione di effetti generali ed oggettivi, per il semplice fatto che l’oggettività è sempre un effetto di condensazione del soggettivo. Non cerchiamo di irrigidire in istituzioni o ‘stati’ anche solo mentali attraverso un apparente concretizzazione o formalizzazione dello stato di natura immaginato da Hobbes, essa non richiede alcuna istituzione esteriore che ne neutralizzi gli effetti dirompenti,liberi e conflittuali ma rappresenta di per sé stessa un intreccio di incontri,umori, concetti,opinioni, sentimenti ,idee per cui i concorrenti in lotta tra loro sono obbligati a focalizzarsi sul volere, sul sentire e sul pensare di altri uomini,piuttosto che al suo ombelico psicologico o culturale. Sempre convinti che il conflitto è cifra dell’intensità dell’unità della relazione sociale e culturale. Tanto più ricca, fluida e conflittuale la vita che lavora dall’interno le sintesi formali come “la comunità provvisora “ o altro, tanto più alta la possibilità che la loro produzione mantenga inalterata la struttura temporale e provvisoria che le caratterizza dall’interno e che il sistema generale dei rapporti individuali , sociali e culturali per così dire, evolva in fluidità e leggerezza. Nessuna «unità superiore» può essere pensata (o concedersi all’immaginazione ) definitiva o assoluta in un presente, per così dire, che non è mai perfettamente contemporaneo a sé stesso. E questo significa che ogni equilibrio è fluido e ogni sintesi aperta. Rispetto a ciò che è, a ciò che è stato, e a ciò che sarà. Un conflitto (pòlemos)non come esercizio retorico o metodologico, di esodo , narcisistico e autoreferenziale che non precede o persegue la sua neutralizzazione, ma che deve essere letto come l’asse principale di temporalizzazione di ogni formalizzazione provvisoria del legame tra gli uomini. Neanche un “itinerario turistico o folcloristico”, “contrabbando della verità” ecc.ecc. ma neanche “presunzione di verità” ,riproposizione di comode,ingessate e vecchie forme di conflitto (destra-sinistra, Nord-Sud, vecchio-nuovo, moderno-antico, nomadismo- stanzialità,ecc) e un richiamo solo formale alla consapevolezza e la libertà sempre e solo propria e non degli altri. Anche questo ha circolato nella parte più profonda della mia testa che ha comunque bisogno di essere raccontato e poi discusso.
mauro orlando

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