domenica 13 giugno 2010

Elisir d'amore per ....Cairano 7x......oltre la "bellezza"

Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d’angoscia
che non si dissolve.
Allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
Di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
Ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose di amore.
di alda merini




Viviamo tempi in cui si sperimenta sino in fondo l’assenza della bellezza. Tuttavia non posiamo permetterci il lusso di trasformarla in un ideale utopico o mitico che la configurerebbe come il sintomo dolente di un assenza o il privilegio intimo o aristocratico di spiriti eletti, mentre il vuoto da essa lasciata viene occupato insistentemente dal brutto o dal kitsh.
La nostra esperienza di Cairano 7x ci ha dato la possibilità di scoprire e vivere la bellezza! Nelle sue strade ,sui suoi pendii si può aggirare e incontrare ‘il fantasma o gli spettri della bellezza’ non solo come fatto evocativo o onirico.A patto che la sua perdita possa costituire per noi una necessità incontravertibile di rincontrarla o reinventarla in un recupero razionale del nostro legame con i territori d’origine e le persone umili che ce lo hanno conservato. Nella consapevolezza che una ragione senza ‘nostos’,che non conosce ritorno, non ci deve ostacolare o vietare di riprendere e ritrovare anche il mito che è la sua scaturigine ma soprattutto il luogo della sua destinazione ultima.
“ Si tratta di un modello di razionalità che ha perduto con la propria provenienza alcune delle sue prerogative adattandosi ad un cammino che ne dimezza l’efficacia, facendola valere univocamente sul piano concettuale (o estetico)” (F. Vercellone)
Dobbiamo rieducarci alla possibilità di tornare ad “abitare” i luoghi, le persone ,le cose e i significati dell’esistenza ricercando e vivendo una condizione che ci permette di sottrarci allo ‘spaesamento’ moderno o tardo-moderno.Riprendere anche la parola che non disconosce il valore simbolico ed evocativo del silenzio. Ritrovare nella complessità delle nostre vite quotidiane le modalità “seminaturali” di una comprensione intuitiva , consapevole e inoperosa dei contesti e dei luoghi della nostra provenienza senza rinunciare necessariamente alla ricchezza culturale acquisita che abbiamo tradotto nel termine “complessità, “operosità”.
Su questa base la conoscenza stessa che si fa sentimento, pensiero e vita assume un’attitudine attiva e quindi ‘politica’ in cui l’apprendimento stesso e il piacerei esso, si traduce nella pratica in una azione intersoggettivamente condivisa e produttiva . Esso ci prepara e ci dispone a prefiguare una idea di intersoggetività, di comunità, in breve di abitabilità del mondo ,del territorio e degli uomini che in esso viviamo.
Questo era nelle possibilità di tutti quelli che sono stati spettatori attivi e attori a Cairano…… architetti, archeologi, musici, cantanti, poeti, filosofi, narratori, cuochi, fotografi, registi…. ….e un barbiere…un posturologo, un medico umanista e altri luminari di discipline inusuali…. Alcuni l’hanno vista o intravista, altri l’hanno sentita in una voce ,altri,distratti si sono persi nel rincorrere i propri preconcetti o risentimenti e si sono persi nei propri labirinti mentali e passionali.
Abbiamo ascoltato sopratutto gli “ artisti –come scriveva Platone- impegnati in una professione che ha come caratteristica distintiva la ricerca dell’essenziale” Cosa c’è di più essenziale per gli uomini della “bellezza”?
La compiutezza formale e sostanziale che va sotto il nome di bellezza costituisce, in questa prospettiva, il principio ultimo del nostro orientamento nel mondo. Senza la bellezza, in breve, non saremmo in grado di interpretare il mondo e……. meno che meno di viverlo con consapevolezza e piacere per cambiarlo.
Mauro Orlando

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