"Ed è tutto un bel vedere...Non c'è casa che non abbia il suo bello sguardo, non c'è irpino che non possa dire: posseggo con lo sguardo vasti spazi di terra" (F. De Sanctis)
....un anniversario che vive nella nostra tenacia di usare il ricordo nell'impegno di una Irpinia della mente e del cuore nel presente e nel futuro......
un ricordo di Michele Zecca:
"Mi ricordo, ero lì, non quando ha tremato la terra, arrivai il ventiquattro nel primo pomeriggio, il terremoto, credetemi c’è stato veramente. sono rientrato dopo appena due giorni che ero partito per l’università, un poco scocciato perchè dalla televisione e dalla radio sembrava una cosa da poco. fù a causa di un mio amico, che mi ospitava, che doveva rientrare per forza aveva due sorelle sole. non ci fù modo di contattare i familiari il telefono squillava a vuoto. mentre io imprecavo, in quel paese, senza luce, con un polverone che faceva più notte la notte, con gente impazzita che pregava ed esortava la pietà di Dio, era sicuramente la fine del mondo, sentivano, tra una montagna che cascava e la gente che correva uno squillare dei telefoni all’unisono e tutto sembrava un film. drinn! drinn! drinn! drinn! questo mi è stato raccontato, non ero presente però il terremoto c’è stato per davvero. arrivato allora ho visto un disastro, e la gente, i miei amici, la mia famiglia e i conoscenti quando li ho incontrati e gli ho chieto le cose mi rispondevano come se fossero caduti da un altro pianeta, in quel momento, erano completamente assenti e vagavano, lungo le strade senza meta, avanti e indietro senza dirsi niente. non tutti però, perchè i ragazzi più svegli con una prontezza coraggiosa hanno estratto dalle macerie le persone, tutte, che erano rimaste incastrate, le case erano tutte danneggiate, molto, assai, quelle crollate del tutto poche, ed in particolare crollò la casa dove viveva il dottore, ma i ragazzi tirarono fuori tutti. e ancora oggi mi chiedo se hanno avuto abbastanza gratitudine. al mio paese morirono SOLO una ventina di persone. tutto intorno una tragedia molto più grande. mi ricordo un trattore, che il griorno ventiquattro (o era il venticinque) verso sera girava e distribuiva buste di latte. per tre giorni la gente era li, che non sapeva che fare. poi quando si stava in qualche modo organizzando, mio padre aveva appuntato il muratore per sistemare la casa che era crollata solo parzialmente, una cosa incredibile, all’improvviso, in prima pagine, televisioni, giornalisti, gente da tutto il mondo che volevadarci una mano e infine l’esercito. a questa sincera solidarietà degli italiani non ci eravamo veramente abituati, quelli sono, erano, i paesi delle rimesse, di emigrati, abitati da montanari che in qualche modo badavano al sodo. ma quella solidarietà era sincera, volevano aiutarci a risollevarci, volevano consolarci, avevano compassione e noi veramente volevamo solo, magari, che ci rifacessero le case. ma no! per forza hanno voluto portarci lo sviluppo perchè non era giusto che ci fosse tutta quell’immigrazione e che quele strade fossero così scalcagnate. insomma il terremoto era vero. dopo dodici anni, ero al nord, per lavoro, ero alla presentazione di un libro di un noto giornalista, l’inferno mi sembra, e li vidi le stesse facce, le stesse persone che quando portavano gli aiuti che ci abbracciavano ed emozionati ci consolavano, partecipi della nostra disperazione, erano li arrabbiati con noi, che volevano solo le case, e che veramente le avevamo anche costruite in buona parte, perchè eravamo dei LAZZARONI, imbroglioni meridionali con una rabbia forte pari alla compasssione del terremoto. allora, solo allora, ho capito che, noi terremotati, abbiamo avuto una funzione terapeutica, quei morti e quella solidarietà sono serviti per mettersi l’animo in pace, per sentirsi più umani. ecco noi che eravamo lì, siamo stati traditi. il terremoto è stato tradito. hanno ammazzato i nostri paesi. come dei vampiri hanno succhiato la linfa vitale e al posto delle macerie hanno lasciato dei paesi fantasmi. una volta in quei paesi si decideva e si viveva. oggi sono un’immensa periferia che vive, trascinandosi senza dentità, di quie pochi riflessi e delle poche risorse che possono venire dalle città. se l’italia fosse un unico organismo allora la campania sarebbe un sistema e salerno un organo e, infine, questi paesi un capillare, o un alveolo di cui si puo fare a meno, si può togliere o estirpare. però l’organo, il sistema e l’organismo ancora non si sono resi conto che se vengono estirpati tutti i capillari all’ora bisognerà amputare e tutto sarà compromesso. ed oggi che il ricordo del terremoto e meno commemorativo e lasciato alla memoria e al racconto dei singoli, sono contento di dare il mio contributo e dirvi che il terremoto c’è stato veramente e non è quello che vi hanno fatto credere.
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