martedì 19 agosto 2008

Una voce "festosa"....in Irpinia



ll romanzo del Formicoso è arrivato al capitolo Capossela. Il grande artista dell’Irpinia d’oriente(madre di Andretta, padre di Calitri) appartiene a questa terra più di tanti altri politicanti che hanno rappresentato l’Irpinia in maniera non sempre felice. Caposella ha vissuto poco in queste zone ma porta già nell’andatura il dna di questa terra. Da lontano si guarda a questi posti come luoghi arretrati. Il guaio è che anche molti politici locali hanno un’idea piccola di questi posti, assumendo il pensiero che altri hanno di noi. Capossela è l’emblema di un sud internazionale, meridiano e balcanico. Un sud che porta le tracce della lunga domininazione bizantina. Un sud contadino, pensoso, riflessivo, ma anche istrionico, teatrale, una teatralità ben diversa da quella impersonata dal presidente spazzino. Difendere il Formicoso dalla discarica per me non significa solo evitare i rifiuti, significa evitare la completa omologazione di questo paesaggio all’italia dei capannoni e delle officina, l’Italia imbrattata dalle merci, dal mito di una crescita che affrancandoci dalla miseria materiale ci ha messo dentro una brutale miseria spirituale. Non so come andrà il romanzo del Formicoso, ma è un romanzo collettivo e questo è già importante nell’era autismo corale. Viviamo in un momento in cui è difficile destinarsi a qualcuno, a qualcosa. Per me l’oltraggio alla mia terra costuisce l’occasione per stare vicino a una comunità che sembra portare la sventura come stemma araldico. Ed ecco che dopo la lunga ferita dell’emigrazione si è passati alla ferita della ricostruzione ed ora in questa pensosa staffetta arriva la prospettiva della discarica, una prospettiva che dura da quindici anni. Siamo di fronte ad un vero e proprio caso di mobbing. Personalmente ho speso migliaia di ore della mia vita in assemblee e manifestazioni varie. Ho visto passare commissari, ministri, assessori, ma noi siamo sempre qui. Non difendiamo un campanile, ma un’idea del sud e dell’Italia, difendiamo un idea del mondo. Difendiamo il silenzio e la luce, la gloria degli spazi aperti, la gloria di stare sulla terra sapendo che non ci sono altri luoghi. Trovo culturalmente meschina l’dea di ubicare le discariche nei luoghi incontaminati. Invece di una radicale messa in discussione di un modello esistenziale che ci porta ad accumulare una mostruosa quantità d’immondizia, i nostri governanti nazionali e regionali danno vita a scelte ubicate nella logica degli interessi personali o di qualle amico potente. Siamo alla solita storia di un sud che aspetta dall’esterno la soluzione dei suoi problemi. Non è il caso qui di entrare nello specifico delle alternative alla gestione dei rifiuti che noi proponiamo. Il nostro è prima di tutto un esercizio di salute civile. Vogliamo affermare nell’appennino, nel midollo dell’Italia scorre ancora una linfa, anche se drenata, prosciugata da decenni in cui la cultura urbana ha imposto a tutto il paese le suce scelte. La Regione Campania deve uscire dall’emergenza rifiuti senza scaricare le contraddizioni di tutto un sistema sui più deboli. I paesini dell’interno non sono cestini vuoti da riempire, ma luoghi in cui per millenni si è costruita una civiltà povera ma dignitosa. Possiamo anche pulire i marciapiedi cittadini dall’immondizia, ma c’è sporicizia più grande che quella della illegalità diffusa. La mia terra e la terra di Capossela vuole restare in Campania solo se in una regione come la nostra è ancora possibile credere alla poesia e alla bellezza. Noi non pensiamo che questi luoghi sono retrovia del mondo e ci battiamo ogni giorno contro chi, qui altrove, ci vuole incorniciare nel ruolo di chi deve inseguire le corse degli altri. Vogliamo camminare col nostro passo. E se la ferita ci fa zoppicare allora vorrà dire che è il caso di volare.
armin

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