mercoledì 13 agosto 2008

Una voce "di ritorno".......in Irpinia.



La ‘nuova Irpinia ‘ dentro di noi.

Oggi tra gli analisti del territorio in modo tradizionale o tra i “paesologhi” in modo paradossale si parla di “non luoghi”riferendosi a spazi metropolitani privi di identità e di memoria ma soprattutto scarsi di relazioni.Dove vive una “collettività senza festa” e si soffre la “solitudine senza l’isolamento”. Si vive in un epoca del “tempo veloce, accelerato”.Il futuro è sempre più alle nostre spalle, in soggezione ad un presente che ci sommerge e ci virtualizza .E persino la storia è diventata un fatto mediatico.Il futuro non solo sembra senza senso e fine ma ci carica sopratutto di ‘paure’ e nel suo orizzonte esclude le categorie di ‘progetto’ e ‘speranza’.Paure economiche, sociali,ecologiche e perfino ‘metafisiche’ dove le Chiese si limitano a cercare convertibili o arruolabili alle giuste o ideologiche cause.L’avvenire è rubato soprattutto ai più giovani. Con la fine delle ideologie che pure ci rassicuravano, oltre che impigrirci intellettualemte ci viene imposto prepotentemente ancora una volta una nuova e complessa concezione di individuo e della sua libertà.Le diseguaglianze economiche ,la precarizzazione del lavoro, l’aumento dei costi e dei bisogni ci sta portando drammaticamente alla società postborghese senza passare da una “rivoluzione proletaria”( di cui non si sente la necessità) o semplicemente umanistica. Una nuova rivoluzione scientifica e tecnologica toglie potere e crea esclusione in quelli che non si ritrovano in questi poli.La rivoluzione informatica aiuta e favorisce i meglio tecnologizzati e i già informati o i ‘giàformati’.
All’interno di questro quadro analitico e concettuale con originalità e profondità si pongono le proposte e le provocazioni culturali di Franco Armino e il suo già citato libro “Vento forte tra Lacedonia e Candela” (Ed Laterza).Era necessario ritornarci dopo una lettura più meditata e analitica non per una ulteriore recensione ma per rilevare la sua originalità di proporre categorie conoscitive, antropologiche e politche che ci possono essere utili non solo per capire il nostro territorio irpino ,ma sopratutto noi e per un possibile e necessario.progetto di cambiamento di noi e delle nostre comunità.
Il nostro “io” occidentale e moderno è costretto a cimentarsi con i pieni dei poteri economici e culturali a cui ci eravamo abituati dall’Illuminismo in poi. La sua ragione si fa “luce” e si fà ‘compassionevole’ e ‘fraterna’ in un colloquio doloroso e difficile con le “ombre”, con l’assenza, col mistero, con il sacro, con gli esclusi , gli sconfitti con i luoghi abbandonati o lontani. Il suo compito precipuo e costruttivo è non solo capire e dare un nome alle cose e alle persone ma di suggerire altro.Creare aspettative e possibilità è già costruire presente e precostituire futuro.Ripropone una caratura politica molto complicata,complessa e sottile che va al di là del sociologismo astratto e il meridionalismo di maniera se pur nobile. Scrivendo ciò io non penso alle “sufficienti spallucce” o alle comode pigrizie di una certa intellettualità meridionale, cittadina o periferica, ma anche ai circoli sociologici e intellettuali,a destra come a sinistra, che imperversano nel “profondo Nord” arrovellati sul nuovo primato della “questione settentrionale” che fanno tabula rasa con spocchia e leggerezza anche del possibile “bambino insieme all’acqua sporca”.Tuttavia non è il suo “stile” se pur nuovo e personale che mi interessa rilevare all’nterno di una moderna e possibile collocazione o riscrittura del quadro letterario del Novecento italiano ed europeo con riferimento alla letteratura antiretorica ,alla cultura ‘flaneur’, o quella ‘vociana’ dei ‘frammnti’ più che a quella ‘crepuscolare’ o ‘afuturista’ o ‘simbolista’ .Insomma mi interessa questo superamento ,filosofico direi, dell’Illuminismo non ideologico e dottrinale dove il rifiuto delle “magnifiche sorti e progressive”, delle utopie astratte e delle speranze nel futuro ci impone una idea più che di recupero o di salvezza delle persone ,delle cose e della natura, di amore di esse ma non più per il loro possibile futuro ma per il loro presente reale e per il passato che non passa e non ritorna.Puntando soprattutto a far crescere una capacità personale di guardare le cose e amarle disinteressatamente in sè stesse e per sé stesse.Una riproposizione vitale della’modernità’ non necessariamente contrapposta alla ‘antichità’ ma nella sua capacità intelletuuale ed umana di vivere l’antico,il tradizionale, il periferico,l’emarginato, l’escluso.l’altro da sé insomma.Curando una massima consonanza,intimità con i luoghi, le cose e le persone insieme alla massima lontananza e alterità. E se tutto ciò vi sembra poco, irrilevante e inutile per un vero e nuovo “inizio” non solo per l’Irpinia con i suoi atavici e nuovi problemi e tabu ma anche per cominciare a definire nuove categorie mentali per una nuova agenda culturale e politca dell’intera ’intera comunità nazionale , fate a meno di leggere questo prezioso libretto.Ma poi per piacere non continuate a flagellarvi e meno che meno a lamentarvi della solita corrotta e inadeguata masnada dei politici locali e nazionali.

Mauro Orlando

http://www.mauroorlando.it/

Pubblicato in Buongiornoirpinia del 15 agosto'08

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