“E così avvenne il sacco di Roma, avvertito dai suoi cittadini come evento epocale, segno della prossima fine del mondo o della punizione che Dio infliggeva alla capitale del paganesimo.”Cala il sipario e termina lo spettacolo nell’anfiteatro ma il narratore rimane ancora lì, immobile, e attende il verdetto del pubblico; il suo corpo è chinato, i suoi occhi volgono a terra, verso il mosaico, le sue mani, raccolte dietro la schiena, tremano. Il segnale dalla platea tarda ad arrivare e gravato sul capo dal peso di tanto turbamento, affronta la risalita con la schiena a pezzi. Le scale sono vuote: non applaudono, non esultano, non si emozionano. Preso da tanta angoscia, ritorna dov’è il leggio, riapre il libro e controlla il finale dell’opera per sincerarsi di non aver trascurato nulla o per lo meno di trovare il bianco dopo la nota dei ringraziamenti. Ripercorre la storia da lui narrata: il re Alarico, i Visigoti nelle mura di Roma assediata, le malattie infettive che mietevano vittime. Tutto quadrava, eccetto l’assenza tombale del pubblico. Ripone la maschera teatrale sul viso: la vergogna lo surclassa.
Roberto Romano, S. Angelo dei Lombardi
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