Cecilia Chieffo.
Caro mio Paese dove sei finito?Eri una cosa di vita , di bellezza, una musica dolce nel mio ricordo d’infanzia. Un paese a cui bastava pochissimo per essere gioioso. Una piazzetta, dove ho giocato, dove ho stretto amicizie che durano ancora oggi, dove ho affrontato i primi problemi della vita discutendone con gli altri. E poi lo scivolo al parco giochi, le feste, i veglioni, la gioventù sulla rotonda e i fiori più belli nei prati. Altri tempi, ma non un secolo fa! Purtroppo prendo tutte le cose troppo sul serio e queste cose devo dirle; lo sai perché? Mi raccontano che eri troppo bello! Io ci credo ma voglio anche credere che non hai smarrito la tua anima, la tua storia perché questa impronta singolare del tuo essere non può svanire così. È un po’ come un negozio di prodotti tipici e artigianali nei confronti di un ipermercato. E’ la particolarità che ti contraddistingue. La mia vita è sempre stata piena di queste tue particolarità: il dialetto, simile ma differente a quello dei paesi vicini; la gente, spesso identificata con soprannomi incredibili; la campagna che ci circonda; e via via le sagre, la festa di paese e l’estate. E queste sicurezze unite all’oratorio, la scuola, la pizza con gli amici e soprattutto a tanta, tanta umanità hanno fatto di me quella che sono: una ragazza che ama la vita e il suo paese. E ora un sogno: quel sogno che ci fa sognare e non sognare, dormire ad occhi aperti, pensare e non pensare, guardare l’orizzonte che è irraggiungibile, e continuare a camminare perché tu possa riprendere lo splendore di un tempo!
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