"……E subito riprendo
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare"
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare"
“Troppo da dire, e oggi non ne ho la forza….”. nell’aria c’è il segno che la mia generazione finisce. In questi ultimi tempi avevo scelto di essere “ un pensatore dell’avvenimento …non
dell’attimo fuggente “. Una differenza
sempre nomade, anarchica e in eccesso, la folgorazione prodotta da una parola, da due occhi di donna….una
carezza non richiesta e ….si apriva la possibilità di un nuovo
pensiero , una curiosità …un filo di nuove Arianne . Avevo maestri
“genealogisti nietzschiano”…”adoratori heideggeriani”….”delusi felici”.nelle refrattarietà e diffidenze spesso mostrate
dalla filosofia accademica, in particolare italiana, che invece di approfittare
di quella “perversione del buon senso” inaugurata da “pensatori di riporto” che
arrivavano dalla Francia :Deluze, Guattari, Foucault.... ha preferito in molti
casi adoperarne la lezione come un quadro eccentrico e difficilmente
sistemabile. I contributi disseminati e inaggirabili al pensiero di Spinoza,
Leibniz, Kant, Nietzsche, Freud, Bergson, tra gli altri, corrispondono a una
pratica da coltivare ancora con convinzione e generosità.Abbiamo con fatica
trovato risposte sempre provvisorie alle
tante domande inevase nei “labirinti
illogici” del Novecento.Abbiamo scelto non
“la fuga e il suo elogio” dichiarandoci
“innocenti fino a prova contraria”
o “i meno colpevoli” per il fatto
di fare filosofia, come “vita activa” perché lo spazio frequentato è stato
della massima ampiezza e occasione di
banalizzazione e perdita. Dalla scienza
al cinema e la letteratura, dalla psicoanalisi all’arte, la dirompenza di un pensiero leggero …liquido al massimo ci costringeva a un ripensamento e a un’invenzione …per
prova ed errori …di alcune categorie critiche con continui “ tagli” nella
storia delle idee.Gli anni ’80 come
residui ideologici dei “magnifici anni ‘70’ oltre la molteplicità sovversiva
negli anni feroci e vitali dei movimenti, lo schizo e la macchina desiderante,
e ancora il divenire stesso di «corpi senza organi», si puntellano di
deterritorializzazioni e paradossi cercando
ossessivamente “una logica del senso”
come possibile risposta allo
scardinamento stesso della dialettica formale
e materiale per assumere nuove
coppie concettuali, radicali forme di rovesciamento simultaneo del senso
comune. E restava sempre inevasa la
domanda “Che cos’è la filosofia?”
avendo anche esaurito la domanda “a cosa serve la filosofia ?”. La filosofia
infatti come “l’arte di formare,
di inventare, di fabbricare concetti”
non bastava neanche se le
risposte si limitassero ad accogliere la domanda; era necessario anche che essa
stabilisse un’ora, un’occasione, le circostanze, i paesaggi e i personaggi, le
condizioni e le incognite della questione”. Alla fine risultava sempre un po’ stravagante porsi un quesito simile
dopo anni di pratica filosofica e
arrivare alla conclusione che che questo
“mestiere del pensare” poteva essere
utile solo quando la vecchiaia dona non
un’eterna giovinezza ma al contrario “una libertà sovrana”, quando cioè si
manifesta lo stato di grazia tra la vita e la morte.E alla fine …stravaganza
delle stravaganze …. Abbiamo cominciato anche il “gioco” del “penultimo” per non affrontare il gioco dell’ “ultimo” reale
che ci incalzava con “i suoi occhi cattivi” e non riuscivamo neanche a
richiedere una “ultima partita a scacchi” nelle fredde notti
nordiche di Bergman o delle “poesie sapienziali “ sugli “inizi”
troppo lontani nel tempo che si stava esaurendo . E allora accettare la realtà
tragica di Edipo a Colono con lo stato d’animo dell’Épuisè-esausto che non è la
fuga,la rinuncia, l’ipostasi e quant’altro. Una postura per “Il viaggio finale” non ultimo in cui
tempo e spazio si creano, si contraggono e si erodono.Una stanchezza di vivere
…in cui l’esausto non può più realizzare ma
possibilizzare. Non una nuova maschera
ma una figura dell’esausto come ulteriore trama, affettiva e di
significati, per un protagonismo con un’andatura simile a una minuziosa
macchina desiderante in cui “tutto si
divide, ma in se stesso”.E’ nell’esausto, in questa forma in cui ad esaurirsi
non sono solo le forze ma il possibile, che si attraversa la penultima
sovversione, quella per cui le idee, le cose, le immagini, non smettono di
estenuarsi. Per arrivare ai corpi, alla chiusura di ogni immaginazione del
possibile che è la propria morte. Si è stati stanchi di qualcosa, oggi invece, è il presente a raccontarci che si è esausti
di niente. Come durante una notte insonne, quando “le due mani e la testa fanno
un mucchietto” per dire che forse non va bene eppure si resta così,
insopportabilmente seduti “a spiare il colpo che ci raddrizzerà per l’ultima
volta e ci stenderà per sempre”….come un personaggio di Samuel Beckett nel
“penultimo spettacolo” della propria vita
nel reale…..
mauro orlando
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