mercoledì 2 gennaio 2019

“Merita il nome di sapere soltanto ciò che conferisce il giusto ordine all’anima” Sandro Biral 

“NOSTALGIA”

La “nostalgia” è di diritto, una qualità o uno stato d’animo benvenuto nel viaggio immaginifico alla ricerca del nostro “io”….classico e moderno” .E come essa non è uno stato patologico ed eccezionale,una malattia del corpo e dello spirito, non la si definisce solo per “mancanza” .
Non è un “ospite inquietante” della nostra vita quotidiana ma ne rappresenta la parte più intima, nascosta, appartata e meditativa.
Come la malinconia non è asociale ma ha con la società un rapporto selettivo,biunivoco ed aristocratico anche se possono sembrare fattualmente e concettualmente incompatibili.
La nostra vita ha bisogno come l’aria che respira di questi momenti appartati, meditativi e silenziosi per scoprire la profondità del suo essere un insieme di “io” singolari-plurali lontano dai rumori di fondo della superficialità insidiosa e omologante della società .E’ “ lo scarto originario che separa l’esistenza della comunità dalla sua essenza”.
E’ un limite che la nostra vita a vocazione comunitaria si pone da non dover varcare per non perdersi .La malinconia ci aiuta a tenere assieme con dolore e sofferenza l’essere e il niente della nostra esistenza individuale che mina dall’interno l’appartenenza e la condivisione ad una comunità né riduttiva né semplificata.
La malinconia da sempre ci insegna in questa nostra esigenza di comunità che il limite non è eliminabile e che la comunità non è identificabile con se stessa , con tutta se stessa o se stessa come un tutto, con il rischio di una forma di tipo totalitaria come ideologicamente abbiamo sperimentato per tutto il Novecento.

Dobbiamo evitare alla comunità di annientarsi nel tentativo di preservarsi o di liberarsi dal suo ‘niente’ ma aiutarla a scoprire in questi momenti di intimità che l’assale il suo carattere costitutivamente e costituzionalmente malinconico. Il nostro pensare non può liberarsi mai del tutto dalle sue sue tonalità malinconiche pena la sua immobilità e afasia .Ha la necessità di riconoscere la sua duplice declinazione – quella , negativa , della ‘tristizia’, dell’acedia e quella ,positiva, della consapevolezza profonda della finitezza, situandole una nella sfera dello “inautentico” , dell’improprio e l’altra in quella dell’esistenza ‘autentica e propria’.

Recuperare ed attivare al sua esigenza e il suo senso di “quiete”, “silenzio”, “gioia” di assumere e riconoscere il limite , la finitezza come la nostra condizione più propria anche se nella sofferenza e nel dolore.
Scriveva Heidegger“ ogni agire creativo ha luogo nella malinconia….” .questo ci porta a pensare che l’incompiutezza e la finitezza non è il limite del pensare comunitario ma esattamente il suo senso, essendo “l’essere-solo un modo difettivo “ delle esistenza umana.
La comunità non è né un origine ,né un fine né una fine, né un presupposto, né una destinazione, ma la condizione, insieme singolare e plurale, della nostra esistenza finita. Non è solo un spazio liminare e definito da subire,da preservare o da allargare ma un luogo comune che ci è destinato e ci accomuna.
E il pensiero della malinconia tocca il punto aldilà del quale non sappiamo e non dobbiamo andare ma anche lo spazio vitale in cui vivere nella “gioa e nel dolore” la nostra esistenza autentica. La malinconia permette all’essere di esserci è un momento autentico, fortemente individuale che pone l’essere in relazione con se stesso e il mondo.
Heidegger parla della relazione fenomenologica come cura:”nel rapporto tra l’uomo e le cose è un prendersi cura delle cose, così il rapporto tra l’uomo e gli altri è un avere cura degli altri.”
Quando si riflette su se stessi e sulle cose del mondo inizia forse, quel barlume di comprensione umana.

Mauro Orlando

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