..........il silenzio
Il termine
postmoderno è stato superato dai tempi.
Zygmunt Bauman parla di «società liquida», considerando il prefisso «post» come
una negazione, un’opposizione,invece che una continuità .Non condivido l’idea di società liquida, perché si
tratta di un’immagine metaforica, non sostanziale. Tuttavia preferisco parlare
di postmodernità, dato che l’epoca moderna è finita. A ben vedere, la parola
“epoca” significa in greco "parentesi", qualcosa che è destinato a
finire. Le grandi categorie elaborate dalla modernità nei tre secoli
precedenti: progressismo, razionalismo, individualismo sono di fatto superate e
quindi inutiulizzabili.Chi insiste e
persiste lo fa con un’ambiguità di
fondo:non vogliuono fare i conti conti col al modernità…in fondo ne sono affascinati e la vogliono salvare anche senza difenderla, inserendola in diverse locuzioni
che tradiscono questa volontà: ipermodernità, seconda modernità, modernità
tardiva o liquida. Invece parliamo di un’altra epoca, per questo è “post”.È comunque difficile liberarsi di
una definizione che ha avuto”grande fortuna”.Già Baudelaire ha usato il termine
modernità ma solo nel 1848, prima di allora si parlava di post-medievalità. Fra
cento anni si deciderà come chiamare il presente, ma per il momento mi sembra
giusto definirlo post, qualcosa che viene dopo la modernità.Nei momenti di
difficoltà la realtà che chiamiamo
“tramonto” ,”crisi” diviene sfuggente per il coro dei ben pensanti districarsi nella complessità del sociale accettando l’uso
improprio e facile degli “universali “ astratti e razionali o dei kantiani apriori o
trascendentali. Oggi la strada non solo psicologica ma epistemologica ci obbliga
riconciliarsi con “la tabula rasa cognitiva” e con “il silenzio” abbandonato alla
curiosità e al mistero. Le parole della
filosofia e della scienza non sono in
grado di cogliere il reale, perché esso è fatto della potenza dei sogni, di
fantasmagorie, di fantasie. Il reale è sfuggente, ineffabile e giunge a
conoscibilità solamente quando prende corpo negli oggetti del quotidiano, nel
"divino sociale" o nella “aletheia-verità” nascoste e da svelare . Ma
tentare di comprendere il ritorno del
"sacrale" attraverso l’analisi razionale o logica non basta a soddisfare
il bisogno collettivo di una comunione emozionale, di una condivisione e di un riconsoscimento e scomparsa nell' “altro”: l'altro della comunità, del cosmo,
della deità.Il
“ silenzio” , come scelta consapevole e
libera e non come imposizione ,favorisce
la rinascita della dimensione spirituale che una “certa modernità” ha soffocato
sotto la spinta del razionalismo della “res cogitans” piuttosto che “la raison du coeur “
pascaliana .Noi viviamo “le rovine della modernità” con l’occhio archeologico e
politico che guarda alle vie d’uscite e
al futuro possibile e effettuale . I
segni di questo passaggio d’epoca non sono evidenti, chiari e certi . E il
“conune”,il “sacro”, “il “sentimento”, l”emozione e passione “non
meccanicamente sostituiranno l’individuo prometeico, materialista e razionale.”Dopo
il rumore e la furia caratteristici dell’epoca moderna, in quella che chiamo la
società ufficiosa traspare un desiderio crescente per il silenzio. Esso è il
veicolo per tornare ai principi fondamentali di esistenza” Maffessoli.Il
postmoderno a questo punto è la
disponibilità a superare la visione
monolitica e solida di un materialismo
ideologico e antiumanistico che
ripropone il potere dello spirito contro
l’economicismo dominante. E la ricerca e un inizio di “silenzio” potrà essere un
tratto non definitivo della nuova epoca. “Questa tendenza la ritroviamo in
molte pratiche giovanili oggi sempre più diffuse come il ritiro, i
pellegrinaggi di vario genere, la preferenza per letture religiose e
filosofiche” Maffessoli.Il “mondo nuovo” è stato l’epoca della velocità,
frenesia, delle macchine che coprivano di rumori i momenti del raccoglimento e
del silenzio.Il silenzio si libera dalle catene
della sua “emarginazione” che Max Weber aveva considerato come momento
di “razionalizzazione generalizzata dell’esistenza” come “disincanti del
mondo”.La realtà sottomessa alla ragione e ogni cosa doveva dare la propria ragione
d’essere. Insomma tutto poteva essere detto e niente doveva restare immerso nel
mistero non come forza innegabile di conoscenze autentiche . Dopo
l’abbuffata razionalista in agenda resta
la voglia e il senso di cogliere il
reale nella sua interezza e la lingua primaditutto esige ripensare attraverso la lingua della
poesia ad una realtà rachitica e
superficiale promossa dall’economia,dalla tecnica , dalla politica, dal sociale. La ricerca e
l’esigenza dell Essere della
filosofia crea equivoci e fughe verso
nuove metafisiche come scienza.Ricominciamo a sostituire nei nostri stili di pensare,
sentire e vivere questa realtà impoverita con un “reale” gravido di miti, di
simboli e degli aspetti misteriosi ed emotivi dell’esistenza umana.Nel nostro
reale vitale, esistenziale ed attivo bisogna ritrovare primaditutto le parole che conducono alla parola
fondatrice, che nella tradizione è il “logos-verbum” nella sua dimensione ricca
e dinamica di “potenza e evento” che non si fanno necessariamente “ atto, forma
”.Ogni occasione di ritrovarsi in “comunità provvisorie” pone il problema
organizzativo che promuove “ liturgia,
ruoli e gerarchie”come importanza del
rituale che non ha bisogno necessariamente di essere compreso e
ipostatizzato ma vissuto come
esperienza di “cura di sé e degli
altri”. Una nuova e rinnovata “ritualità” come una sorta di drammaturgia dei
corpi individuali che sentono la necessità entropica e koinonica di sentirsi incastonati nel corpo collettivo non in modo
definito e solido.E questo senso che la parola “liturgia”, torna al suo senso non solo etimologico ma
naturale di “azione del popolo” , che la
teologia delle origini chiama corpo
mistico…nel senso di “sacro” non solo
come prfigurazione della “fine dei tempi” ma
ma del “profondo auitentico dei tempi” come “l’aura” nella
poesia.L’armonia tra silenzio,mistero,sacro
nella esperienza comunitaria comunitario
è un legame fondante e non separazione autistica individuale ecoreale .Il mito,
il mistero, il sacro è ciò che unisce
tra loro ogni esperienza di “iniziati” che tendono alla comunità e al cenobio .In
queste esperienze non è necessario che
l’unione, la koinonia, l’armonia , l’empatia, la comunione si esprima con le parole anche poetiche e
percettive , ma con un vissuto condiviso anche provvisoriamente . Il silenzio è
uno degli elementi strutturanti l’amore e dunque anche il legame comunitario.”C’è
comunione a partire da ciò che non si dice ma che si vive insieme- scrive
Maffessoli- La tradizione monastica ne è un esempio” . E’ proprio dell’Ordo
amoris medioevale che bisogna ripartire
per ricreare stati cominitari nel postmoderno che ci piace. Il nostro
desiderio anche smodato di sentirci legati agli altri nel senso che assume l’origine
di ogni religione come esigenza di
legare e legarsi agli altri in una provvisoria continuità che non
necessariamente si dà forma, statuto,
regole e organizzazione fissa.Con la
fine del moderno il legame con gli altri diventa costitutivo della persona che
prenderà il posto dell’individuo moderno proprietario e autistico.Viviamo non
più le grandi utopie del 900 finite nei “totalitarismi politici” avendo
abbandonato la “visionarietà dei sogni” oggi non ci resta che ripartire dai margini, dagli abbandoni,
dalle crepe, dalle frane del moderno per
superare l’allontanamento dal futuro e un vissuto tutto incenttrato in un
presente senza prospettive o vie di fuga o di uscite certe.Siamo costretti a
vivere le “ varie ed eventuali “utopie interstiziali” che non riguardano il
tempo lontano,desiderato o pensato, ma se consumano , bene o male , nel
presente politico, artistico, musicale, sportivo ,religioso.Il futuro è
diventato così incerto e deviante che
conviene neanche pensarlo ma dimenticarlo.Ogni
epoca, come anche la nostra, deve compiere il suo ciclo , e noi dobbiamo
viverla in modo attivo e consapevole nelle sue pause e nei suoi silenzi più che nelle babele delle sue parole.Non
rispondiamo alle parole rumorose e i pensieri corti di Salvini, di Maio o Trump
e sovrapporre le nostre alle loro voci inautentiche.Mi chiedo
spesso come esercizio consolatorio come chiameremo anche noi , trascorso il
tempo della nostra scelta di silenzio
paesologico , il tempo successivo a questo attuale. In fondo Baudelaire aveva, nel 1848, inaugurato
la modernità da cui si attendevano grandi prodigi e l’alba di una nuova
civiltà. Noi la nostra l’abbiamo bruciata in meno di un secolo e mezzo!Il
silenzio- quelle che non siamo e non vogliamo- permette di non pronunciare azzardi che
possono compromettere la realtà concreta e la nostra effettiva vita personale e
comunitaria nel suo svolgersi . Le parole invece sanno essere violente e creare
relazioni tutt’altro che pacifiche.E noi per cautelarci e darci un senso
abbiamo privilegiato le parole della “poesia” anche rispetto alla “filosofia” e
alla “teologia” politiche. Viviamo il concreto presente come “sognatori
pratici” ma in una dimensione guardinga,dubbiosa
e sospettosa privilegiando gli aspetti
emozionali anzichè razionali.
Forse questo ci permetterà di ritrovare lo spazio del “sacro” in una vita che non vuole essere mistica o ascetica ma attiva e sacra però al di fuori dalle chiese e dai precetti, che ci aiuti a reinterpretare i rapporti umani ed a ritrovare la nostra perduta sensibilità solidale.
Forse questo ci permetterà di ritrovare lo spazio del “sacro” in una vita che non vuole essere mistica o ascetica ma attiva e sacra però al di fuori dalle chiese e dai precetti, che ci aiuti a reinterpretare i rapporti umani ed a ritrovare la nostra perduta sensibilità solidale.
di mauro orlando
Nessun commento:
Posta un commento