Caro amici irpini , comunitari e provvisori.
Nel prescrivermi un “anno sabbatico” di distinzione e di distanza dalla esperienza nella “Comunità provvisoria” della ‘prima…seconda e terza ora’…..prima di tutto voglio esternarvi il mio naturale ed umano “affetto” maturato nei tanti incontri che abbiamo avuto e insieme il “rispetto” per il vostro impegno nelle iniziative ristrette ,allargate e pubbliche pensate e praticate per “abundantiam cordis” (per eccesso d’amore) per la nostra bella e cara terra d’Irpinia.Sono non a caso due sentimenti distinti ma essenziali nella originale esperienza culturale politica che abbiamo intrapresa nella nostra ,ainoi , non più giovane età e vita sentimentale,mentale e politica. E’ stato il “sentimento” ,non necessariamente contrapposto alla “ragione”, la peculiarità e l’anima di questa nuova esigenza di cultura politica che ci ha piacevolmente trascinato in questa straordinaria esperienza esistenziale,culturale e sociale .
Ognuno di noi ha dovuto fare delle scelte esigenti rispetto alla propria vita privata, intellettuale e professionale .Abbiamo dovuto correggere convinzioni inossidabili ,tradizioni di pensiero ,sintassi sgangherate e vocabolari inadeguati ,psicologie autistiche o altruistiche. Abbiamo dovuto fare “tabula rasa ” delle nostre sintassi e grammatiche, perché sentivamo che questa esperienza aveva una necessità ,impellenza, novità e originalità che obbligava a mettere in discussione prima di tutto noi stessi, le nostre accomodanti e pacificate pigrizie conoscitive , psicologiche e ontologiche. Abbiamo dovuto anche fare ameno delle nostre storie personali,affettive e identitarie e locali attenti anche a tenere a bada come l’auriga platonica i facili abbagli della ricerca identitaria di “radici” culturali che potessero diventare “etnicamente fondamentaliste e isolazionista ”. Le nostre care e vecchie categorie filosofiche e politiche si sono manifestate nella loro insufficienza sia per la comprensione del fenomeno culturale,sociale e politico che ci investiva e ci provocava ma soprattutto per interpretarne il senso e definirne la sua rappresentazione e la possibile pratica realizzativa. Educati ad una salutare diffidenza ( o sospetto) culturale e politica dell’individualismo moderno se pur filosoficamente profondo (Cartesio, Locke,Kant, Stuart Mill) e una predilezione per il pensiero che si faceva sogno,speranza ,utopia senza perdere il contatto con la terra e il mondo umano ,questa nuova esperienza culturale e sociale ci ha riaperto un quadro analitico meno assoluto,dottrinario e ideologico e più aperto al confronto e dialogicamente critico. Abbiamo scoperto la ricchezza di un individualismo “riflessivo” ,progressivo e attivo finalizzato a stimolare e consentire agli individui prima di tutto, di fare libere e critiche scelte per quanto riguarda la loro vita privata e pubblica per una cittadinanza attiva ,riflessiva e responsabile e la povertà pericolosa e reazionaria di un individualismo pigro ,regressivo e gregario. Ma questo per esperienza non ci bastava se il tutto non venisse coniugato con la categoria di “comunità” che avevamo accompagnato all’aggettivo ‘ provvisorio’ per evitare derive oggettivamente assolute, solide e autoritarie e prescrittive.Si è detto spesso anche tra di noi che le emozioni, le passioni, i sogni non possono costruire nuove identità collettive e nello stesso tempo in nome della ‘pratica’ si diffidava della stessa ‘razionalità’ marchiata da ‘intellettualismo’ tout court. L’esperienza di Cairano per praticare una intuizione ,una idea ,una esigenza , insieme la “paesologia” e la “comunità” come la risposta concreta a una psicologia ,cultura o politologia viziata da un errato privilegio esclusivo di una certa “razionalità” o di una astratta “tradizione”. Una sorta di astratta ed idealistica razionalità mista a un realismo opprimente o un pragmatismo vuoto e senz’anima rischia di fare dei brutti scherzi non solo ai nostri detrattori ma anche ad intelligenti analisti e praticanti presenti nella nostra esperienza esistenziale più che etica. Avevamo bisogno di una modestia e curiosità intellettuale e un orgoglio culturale che partisse da un risultato al di là e al di sopra delle nostre personali capacità e previsioni. Oggi sono costretto a scegliere di applicare una sorta di “esercizio del silenzio” o una sorta di salutare “presa di distanza” e attivo allontanamento dalla mischia, non per mancanza di argomentazioni o convinzioni , in rapporto allo sviluppo delle esigenze, non sempre legittime e rispettose, manifestatosi nell’arcipelago ,geograficamente e psicologicamente distinto, delle tante esperienze che generosamente continuano a cercare di animare una terra che sembra ricaduta in una sorta di maledizione divina . Comunque per il passato non ho fatto mancare la mia presenza umanamente e convivialmente attiva a tutti gli incontri e gli spazi delle comunità cittadine. Oggi pur contrariato e disamorato non voglio rinunciare alle tante e ricche esperienze umane che in taluni casi ha avuto risvolti amicali profondi e veri. Allo stesso modo con grande senso di unità concreta e responsabilità non ho mai fatto mancare l’espressione chiara e concreta delle nostre convinzioni nelle sedi deputate dei nostri incontri ,anche a rischio di qualche malevole incomprensione o di ingenerose accuse di “pedanteria e eccessi verbali’.Avevo ingenuamente cercato il senso della continuità delle nostre passate e future esperienze in una possibile esperienza anche di cittadinanza attiva e di radicamento nel territorio al di là delle espressioni e letture più immediate e politicista delle azioni ed esperienze pregresse ,miopi e dai “pensieri corti” delle società politica e dei suoi gruppi dirigenti passati ed attuali rifiutandoci comunque di accoccolarci silenziosi e fedeli sotto “le tavole imbandite” dai potenti di turno.Forse poteva essere anche l’occasione per mettere in discussione un nostro modo di pensare alla sinistra o un pensiero progressista “Abituata a guidare il popolo,scrive la Spinelli, la sinistra sembra essere incapace di mettersi in suo ascolto, ed è il motivo per cui ne è regolarmente sconcertata”Io ero e sono convinto che l’esperienza paesologica e comunitaria ” non è nata solo per essere compresa razionalmente o per essere vissuta e diretta se pur con competenza e intelligenza ma soprattutto per essere vissuti e praticata democraticamente in prima persona in modo critico, riflessivo, attivo,partecipato e responsabile.Non stanchiamoci di ricordare agli altri , ma anche a noi stessi, che non nasciamo o vogliamo essere, intellettualmenete astratti , ma neanche concretamente praticamente svuotati e come al solito supini e gregari alle scelte e alle agende dettate dai soliti noti. Pensavamo di essere carichi di originali stimoli e sane provocazioni intellettuali e istintive alle pigrizie della “cultura”tradizionale e alla pervicacia inamovibile dei tanti e diversificati ’poteri locali ‘ che pensano e praticano la “politica” sia quando, ingessata e autoreferenziale , smarrisce il senso dei suoi fondamenti e finalità alte e valoriali ,sia quando si fa pratica praticata e politicante o ‘potere’ , sia quando si fa ideologia, mito, metafisica o dottrina, dimenticando di essere soprattutto ricerca critica, scienza o attività dell’uomo e per l’uomo.E’ per questo che ho scelto di esternare questo mio sentimento di disaffezione e di limitazione dell’impegno e di presa di distanza da una esperienza che pure mi ha dato tanto umanamente ed intellettualemente.Avevo una speranza che anche in Irpinia col vento di nuove e antiche speranze si potesse pensare e praticare soprattutto le categorie moderne del pensiero democratico e la centralità della “ciitadinanza” insieme alla esigenza di ‘comunità’.“..La parola “cittadini” sta recuperando da qualche tempo una valenza che era andata smarrita. Camerati, compagni, amici, signore e signori, avevano sostituito un appellativo che si richiamava direttamente e semplicemente alla sovranità popolare senza distinzioni e appartenenze di classe, di censo di ideologie. Cittadini vuol dire abitanti della stessa città, ed estensivamente dello stesso paese, della stessa comunità; diritti e doveri di cittadinanza sono le leggi che tutti siamo tenuti a rispettare e tutti abbiamo titolo di formulare. Infine cittadino è colui che fa parte e si dà carico della ‘res publica’, delle sue costumanze, delle sue magistrature”.E. Scalfari.
Non viviamo di nostalgie regressive e consolatorie ma confidavamo nella nostra capacità e intelligenza di ricordare a noi e agli altri “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”
Con affetto e stima
mauro orlando
Nel prescrivermi un “anno sabbatico” di distinzione e di distanza dalla esperienza nella “Comunità provvisoria” della ‘prima…seconda e terza ora’…..prima di tutto voglio esternarvi il mio naturale ed umano “affetto” maturato nei tanti incontri che abbiamo avuto e insieme il “rispetto” per il vostro impegno nelle iniziative ristrette ,allargate e pubbliche pensate e praticate per “abundantiam cordis” (per eccesso d’amore) per la nostra bella e cara terra d’Irpinia.Sono non a caso due sentimenti distinti ma essenziali nella originale esperienza culturale politica che abbiamo intrapresa nella nostra ,ainoi , non più giovane età e vita sentimentale,mentale e politica. E’ stato il “sentimento” ,non necessariamente contrapposto alla “ragione”, la peculiarità e l’anima di questa nuova esigenza di cultura politica che ci ha piacevolmente trascinato in questa straordinaria esperienza esistenziale,culturale e sociale .
Ognuno di noi ha dovuto fare delle scelte esigenti rispetto alla propria vita privata, intellettuale e professionale .Abbiamo dovuto correggere convinzioni inossidabili ,tradizioni di pensiero ,sintassi sgangherate e vocabolari inadeguati ,psicologie autistiche o altruistiche. Abbiamo dovuto fare “tabula rasa ” delle nostre sintassi e grammatiche, perché sentivamo che questa esperienza aveva una necessità ,impellenza, novità e originalità che obbligava a mettere in discussione prima di tutto noi stessi, le nostre accomodanti e pacificate pigrizie conoscitive , psicologiche e ontologiche. Abbiamo dovuto anche fare ameno delle nostre storie personali,affettive e identitarie e locali attenti anche a tenere a bada come l’auriga platonica i facili abbagli della ricerca identitaria di “radici” culturali che potessero diventare “etnicamente fondamentaliste e isolazionista ”. Le nostre care e vecchie categorie filosofiche e politiche si sono manifestate nella loro insufficienza sia per la comprensione del fenomeno culturale,sociale e politico che ci investiva e ci provocava ma soprattutto per interpretarne il senso e definirne la sua rappresentazione e la possibile pratica realizzativa. Educati ad una salutare diffidenza ( o sospetto) culturale e politica dell’individualismo moderno se pur filosoficamente profondo (Cartesio, Locke,Kant, Stuart Mill) e una predilezione per il pensiero che si faceva sogno,speranza ,utopia senza perdere il contatto con la terra e il mondo umano ,questa nuova esperienza culturale e sociale ci ha riaperto un quadro analitico meno assoluto,dottrinario e ideologico e più aperto al confronto e dialogicamente critico. Abbiamo scoperto la ricchezza di un individualismo “riflessivo” ,progressivo e attivo finalizzato a stimolare e consentire agli individui prima di tutto, di fare libere e critiche scelte per quanto riguarda la loro vita privata e pubblica per una cittadinanza attiva ,riflessiva e responsabile e la povertà pericolosa e reazionaria di un individualismo pigro ,regressivo e gregario. Ma questo per esperienza non ci bastava se il tutto non venisse coniugato con la categoria di “comunità” che avevamo accompagnato all’aggettivo ‘ provvisorio’ per evitare derive oggettivamente assolute, solide e autoritarie e prescrittive.Si è detto spesso anche tra di noi che le emozioni, le passioni, i sogni non possono costruire nuove identità collettive e nello stesso tempo in nome della ‘pratica’ si diffidava della stessa ‘razionalità’ marchiata da ‘intellettualismo’ tout court. L’esperienza di Cairano per praticare una intuizione ,una idea ,una esigenza , insieme la “paesologia” e la “comunità” come la risposta concreta a una psicologia ,cultura o politologia viziata da un errato privilegio esclusivo di una certa “razionalità” o di una astratta “tradizione”. Una sorta di astratta ed idealistica razionalità mista a un realismo opprimente o un pragmatismo vuoto e senz’anima rischia di fare dei brutti scherzi non solo ai nostri detrattori ma anche ad intelligenti analisti e praticanti presenti nella nostra esperienza esistenziale più che etica. Avevamo bisogno di una modestia e curiosità intellettuale e un orgoglio culturale che partisse da un risultato al di là e al di sopra delle nostre personali capacità e previsioni. Oggi sono costretto a scegliere di applicare una sorta di “esercizio del silenzio” o una sorta di salutare “presa di distanza” e attivo allontanamento dalla mischia, non per mancanza di argomentazioni o convinzioni , in rapporto allo sviluppo delle esigenze, non sempre legittime e rispettose, manifestatosi nell’arcipelago ,geograficamente e psicologicamente distinto, delle tante esperienze che generosamente continuano a cercare di animare una terra che sembra ricaduta in una sorta di maledizione divina . Comunque per il passato non ho fatto mancare la mia presenza umanamente e convivialmente attiva a tutti gli incontri e gli spazi delle comunità cittadine. Oggi pur contrariato e disamorato non voglio rinunciare alle tante e ricche esperienze umane che in taluni casi ha avuto risvolti amicali profondi e veri. Allo stesso modo con grande senso di unità concreta e responsabilità non ho mai fatto mancare l’espressione chiara e concreta delle nostre convinzioni nelle sedi deputate dei nostri incontri ,anche a rischio di qualche malevole incomprensione o di ingenerose accuse di “pedanteria e eccessi verbali’.Avevo ingenuamente cercato il senso della continuità delle nostre passate e future esperienze in una possibile esperienza anche di cittadinanza attiva e di radicamento nel territorio al di là delle espressioni e letture più immediate e politicista delle azioni ed esperienze pregresse ,miopi e dai “pensieri corti” delle società politica e dei suoi gruppi dirigenti passati ed attuali rifiutandoci comunque di accoccolarci silenziosi e fedeli sotto “le tavole imbandite” dai potenti di turno.Forse poteva essere anche l’occasione per mettere in discussione un nostro modo di pensare alla sinistra o un pensiero progressista “Abituata a guidare il popolo,scrive la Spinelli, la sinistra sembra essere incapace di mettersi in suo ascolto, ed è il motivo per cui ne è regolarmente sconcertata”Io ero e sono convinto che l’esperienza paesologica e comunitaria ” non è nata solo per essere compresa razionalmente o per essere vissuta e diretta se pur con competenza e intelligenza ma soprattutto per essere vissuti e praticata democraticamente in prima persona in modo critico, riflessivo, attivo,partecipato e responsabile.Non stanchiamoci di ricordare agli altri , ma anche a noi stessi, che non nasciamo o vogliamo essere, intellettualmenete astratti , ma neanche concretamente praticamente svuotati e come al solito supini e gregari alle scelte e alle agende dettate dai soliti noti. Pensavamo di essere carichi di originali stimoli e sane provocazioni intellettuali e istintive alle pigrizie della “cultura”tradizionale e alla pervicacia inamovibile dei tanti e diversificati ’poteri locali ‘ che pensano e praticano la “politica” sia quando, ingessata e autoreferenziale , smarrisce il senso dei suoi fondamenti e finalità alte e valoriali ,sia quando si fa pratica praticata e politicante o ‘potere’ , sia quando si fa ideologia, mito, metafisica o dottrina, dimenticando di essere soprattutto ricerca critica, scienza o attività dell’uomo e per l’uomo.E’ per questo che ho scelto di esternare questo mio sentimento di disaffezione e di limitazione dell’impegno e di presa di distanza da una esperienza che pure mi ha dato tanto umanamente ed intellettualemente.Avevo una speranza che anche in Irpinia col vento di nuove e antiche speranze si potesse pensare e praticare soprattutto le categorie moderne del pensiero democratico e la centralità della “ciitadinanza” insieme alla esigenza di ‘comunità’.“..La parola “cittadini” sta recuperando da qualche tempo una valenza che era andata smarrita. Camerati, compagni, amici, signore e signori, avevano sostituito un appellativo che si richiamava direttamente e semplicemente alla sovranità popolare senza distinzioni e appartenenze di classe, di censo di ideologie. Cittadini vuol dire abitanti della stessa città, ed estensivamente dello stesso paese, della stessa comunità; diritti e doveri di cittadinanza sono le leggi che tutti siamo tenuti a rispettare e tutti abbiamo titolo di formulare. Infine cittadino è colui che fa parte e si dà carico della ‘res publica’, delle sue costumanze, delle sue magistrature”.E. Scalfari.
Non viviamo di nostalgie regressive e consolatorie ma confidavamo nella nostra capacità e intelligenza di ricordare a noi e agli altri “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”
Con affetto e stima
mauro orlando
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