Costruire “communitas” non “immunitas”
La democrazia in cui viviamo è un sistema costruito secondo una logica "immunitaria", che rende cioè immuni i suoi membri dal pericolo di contaminarsi con tutto ciò che vi è di esterno, di estraneo? Siamo tutti, per natura, lanciati in una corsa all'affermazione di sé che vive il rapporto con l'altro come un ostacolo o, al più, come uno strumento?Domande queste fondamentali per poter continuare a pensare e praticare la nostra esperienza nella/ e/ per la Comunità provvisoria.Discorso preliminare è quello di evitare ‘pensieri deboli’,’praticismi agnostici ’,’antintellettualismo strapaesano’, ‘pigrizie e parassitismi mentali”, “sagre del luogo comune” ecc. Per tornare a noi ,la nostra esperienza ha la necessità di affermare l'originarietà della relazione, della comunità, scardinando l'immagine che abbiamo di noi stessi come individui che si costruiscono prima ed indipendentemente dalla relazione con l'altro. Agiscono immunitariamente – scrive il filosofo Roberto Esposito-“ da una parte …. tutti gli apparati istituzionali, a partire dallo Stato, dalle forme giuridiche. Dall'altro, tutte le organizzazioni territoriali, le comunità etniche identificate da un elemento comune, sia esso il territorio, la lingua, la religione, la cultura. Questi gruppi, culturalmente o territorialmente definiti, tendono a chiudersi, ad immunizzarsi rispetto all'esterno”.
Il problema quindi non nasce insieme allo scontro locale-globale ma le categorie mentali della nostra cultura occidentale sin dalla polis greca ad oggi si è accresciuta la paura dell'altro e con essa l'esigenza di sicurezza, la spinta a proteggersi da pericoli reali o apparenti. Oggi la paura è paura dell’emigrato come “specchio scomodo” del nostro sentici sradicati, periferici, esuli,incompresi …scomodi.
Scrive ancora Esposito: “ Si instaura una dialettica speculare tra sé e l'altro, dove l'altro assume i caratteri del sé e dunque ci rispecchia, e ci ricorda la nostra stessa alterità. Il sè, infatti, porta dentro questo carattere di perenne sradicamento, come diceva Simon Weil, che nella modernità ha cercato di cancellare con una dialettica distruttiva di sè e dell'altro.
L’esperienza comunitaria diventa in questo caso importante teoreticamente importante a livello individuale come rieducazione dello sguardo,della mente e del cuore aperti verso l’altro come persona e come territorio (paesologia) e socialmente e politicamente pensando alla “comunità” come lo spazio e l’occasione della “ relazione come origine” che non deve scomparire ma essere praticata. Si tratta di tornare ad essere consapevoli della necessità di rafforzare e praticare tale natura comunitaria contro tutti quelli che vogliono iniettarci il veleno dell’immunità ricreandoci ‘ nobili radici’ improbabili a copertura delle nostre paure probabili. Credo sia necessaria continuare nell’esperienza e nel tentativo di una svolta culturale dove “i morti seppelliscono i morti” e curare a fatica un sentimento e una idea di identità non con la faccia rivolta al passato non più come realtà chiuso dentro un recinto di una ‘pòlis’ che ci impone fondamenti di ‘stanzialità’ ma che ci costringa all’apertura .alla socialità di una ‘motilità’ difficile ma ricca emotivamente e socialmente nella cifra della molteplicità e delle differenze. Si tratta di partire da una ridefinizione e una pratica del soggetto, dell'identità, del corpo individuale e comunitario. In realtà noi siamo un costrutto che si evolve continuamente nel rapporto con l'ambiente, e non esiste dunque una autentica identità bloccata in sé né dalle radici e nemmanco dal suo sviluppo storico .E in questo modo che ci mettiamo sulla strada anche di una idea e pratica della libertà propulsiva (altruista e plurale nella insicurezza) e non reazionaria ( auto padrona e auto protetta nella sicurezza).E’ la relazione l’origine dell’esitenza e della molteplicità e pluralità di ciò che cresce in comune
“L'antitesi che la modernità ha costruito tra libertà e comunità- scrive Esposito- è il segno dell'immunizzazione di un'idea che era all'origine dotata di un senso molto più ampio. La libertà è nel comune” …….o è altro che non deve interessarci. . Ben al di là della contingente polemica politica con tutte le forme di ‘leghismo strapaesano’, chiarire che non ci interessa il vero obiettivo dei conservatori e reazionari ruspanti o di allevamento: riconoscere in ciò che è diverso, per il solo fatto di essere tale, una minaccia di contaminazione, dalla quale occorra proteggersi preventivamente.
mauro orlando
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