lunedì 18 novembre 2019
giovedì 25 aprile 2019
domenica 4 settembre 2016
Quando comincia l'inverno...ricomincia il ritorno nei nostri scontenti.. caro....amico Eitan.... mi mancano i tuoi abbracci fragorosi.... ....i morti reincontrano i vivi lasciati sugli altari e sui muri di casa o negli angoli sempre più bui del nostro cuore inquieto ...i libri muti di polvere riprendono a sperare di non finire ingloriosi e arresi sulle bancarelle della Caritas e noi .....rientriamo nella casa-prigione delle città-non -luogo dove il tempo lo scandisce il lavoro nella sua frenesia produttiva .Torniamo a parlare ai nostri spettri personali e segreti di notte sulle mura solitarie della sempre più "marcia Danimarca" e lasciamo agli alberi perdere le foglie sulle colline magiche delle nostre speranze senza paura del ciclo naturale delle cose ..de rerum natura. ....panta rei.... nell'eterno ritorno del diverso negli orizzoni infiniti del mare .... .....restituiamo il silenzio a Trevico ...ce lo ridarà ....non temere...con gli interessi alla primavera che verrà ... e avrà i nostri occhi vivi come " la morte".... ora....conserviamo nel cuore poeta i colori del buio.. la luce diversa di albe e tramonti .....i furori e i tremori dei chiari di bosco. ...il rumore di passi invecchiati nell' amore e il fruscio lento di foglie morte ....in una bella canzone francese. .....la panchina e l'ombra del tiglio della libertà .. un libro abbandonato in cerca di un segreto d' amore.... nei nostri piccoli paesi abbiamo saggi e inoperosi contadini e artigiani della bellezza.... nei nostri piccoli paesi dalla grande vita... uomini antichi e donne silenziose lavorano e aspettano l'assenza... i ritorni ....la lontananza dei suoi figlioli prodighi amanti d'avventure e di obblighi di lavoro ....ogni anno...ritorniamo nelle case di bambole in un universo senz'amore per una necessità imposta nel tempo e nello spazio del ciclo innaturale e civile delle cose .... torniamo vittime di un destino cinico e baro a intrattenere fantasmi che ci aspettano ... nella dolorante solitudine urbana.... .....la malinconia dolorosa fa male ma lascia il mondo come e dove è ....e poi lo riprende in primavera con il desiderio e torniamo a farci guardare dalle crepe sui muri del tempo perduto .. ....in fondo alle crepe ...sai c'è un vento dolce di morte e di passato consumato che soffia leggero e piano a primavera e fa germogliare una primula vagante nel seme ....sui muri scalcinati di fresco ... lasciamo che i morti ci guardino dalle crepe anche all'aperto nei prati e nei boschi... tra i sentieri interrotti da radure sognanti ....la vita in fondo è solo una anomalia della morte .....è una frana...un precipizio...un dirupo ....un terremoto ....un paese che chiude in casa la vita... nella casa in città -non luoghi di ricordi muti attaccati ai muri ....o chiusi nell'armadio e nel cassetto segreto dello scrittoio abbandonato... imbavagliati con la vita tra caotici passaggi sentimentali tra un sesso freddo e varipinte bugie e un bicchiere sempre vuoto bevuto troppo in fretta ...aspettando che finisca l'inverno ....di questo ti parlavo in sogno questa notte ...mio caro amico Eitan.... su quella panchina deserta di Aliano mettevi il dito sulla bocca per avventori distratti e sibilavi il silenzio e....premuroso di affetti e prodigo di carezze alle mie balorde e incomprensibili parole rispondevi con un fragoroso.... ....No No No No ! e mi sorridevi abbracciandomi.... di spalla.... cercando con gli occhi la tua cara Silvia....
venerdì 29 marzo 2019
Ho visto… caro Nanos… che alla tua non tenera età e
con tutte le tue complesse e controverse esperienze nelle terre dei bradisismi,
vulcanismi e fuochi vari sei ancora colpito dal sentimento di paura degli orchi
e dell’uomo nero o del “bau,bau” cattivo come per un bambino. La paura è la
cifra connotativa della vostra umanità e della vostra mortalità ed è la fonte di
tutta la vostra evoluzione naturale e culturale nel tempo e nello spazio del
mondo occidentale che vi è stato assegnato geograficamente in comodato d’uso.
Siete vissuti per millenni nello “stato di natura”…..il cosi detto Eden dei
cattolici… Uno stato di natura “dove non c’era un potere comunemente temuto”.
Qui gli uomini vivevano “senz’altra sicurezza, se non
quella che dà loro la propria forza e la propria sagacia.“ In tale condizione non v’ha luogo ad industrie,
poiché il frutto di esse sarebbe incerto ; e per conseguenza non vi è
agricoltura, non navigazione….né v’è conoscenza della superficie terrestre, né
del tempo, né delle arti, delle lettere e del vivere sociale ; e , quel che è
peggio di tutto, domina il continuo timore e il pericolo di una morte violenta
; e la vita dell’uomo è solitaria, povera, lurida, brutale e corta “ Queste
sono la drammatiche considerazioni da cui partiva il grande filosofo T. Hobbes
per giustificare come necessario per allontanare il sentimento della “ paura”
che intrappolava l’uomo moderno intenzionato a organizzare la “modernità” con
le sue gioie e dolori….con le sue croci e delizie!
Che cosa vuoi che
sia lo stato e la funzione sociale e culturale di un povero diavolo come “un
clown” negli epigoni e tramonto della stessa epoca che doveva essere di
“magnifiche sorti e progressive”. Il sentimento e la cognizione dello “stato di
paura” sono la vostra ultima ancora di salvezza
cognitiva, artistica e politica per uscire dallo stato di minorità in cui vi
siete cacciati dopo aver secolarizzato il sacro, irriso la religiosità e
rottamato tutte le impalcature metafisiche dentro cui potervi baloccare per
“secula seculorum”.
E adesso vi tocca ricominciare daccapo come sempre
nella storia della vostra umanità indecisa a tutto! Tornare all’esperienza di paura come “sfida cognitiva e
politica” in cui si è trovato il vostro fratello Hobbes ,oggi , è oltremodo
difficile .Il suo fu un caso biograficamente drammatico. L’aneddoto di essere
nato da un parto prematuro alla notizia dell’arrivo dell’invincibile armata di
Filippo II, il 5 aprile 1588, sottolinea che il tema della paura non sarebbe
stato solamente un motivo psicologico di peso rilevante della sua vita, ma
sarebbe divenuto tema teorico centrale della sua filosofia materialistica dell’uomo
e della politica vissuta nel contesto della storia drammatica del proprio
tempo, travagliato da contese politiche e religiose gravissime. Per lui – e per
voi- queste vicende drammatiche sono addirittura l’esemplificazione convincente
di quella situazione di guerra generalizzata e permanente, ”omnium contra
omnes”…. di tutti contro tutti, che costituisce lo stato prepolitico e
premoderno dell’umanità.
Pensate di vivere oggi in una situazione culturale,
sociale e politica meno drammatica e complessa di quella del ‘600? Siete
obbligati a tornare al punto “quo ante” e scegliere se essere considerarsi
esseri naturali o esseri razionali. Lascia stare tutte le tue fantasie sulla
creatività, il sogno, l’immaginazione e lo stato di naturalezza perduta e balle
varie. Una volta stabilito che la natura – e quindi anche l’uomo perché organismo naturale – va spiegata partendo
dai fenomeni, e non dalle cause…. Hobbes punta
alla variazione del metodo che da deduttivo puro, si fa parzialmente induttivo,
mentre l’interpretazione materialistico-meccanicistica del reale permane in
tutta la sua rigorosa pregnanza. Parlo “latino rum” per le
persone semplici come quelli della tua banda clownesca “in interiore homini
”che cercano il “clown disarmato….fanciullino… dentro di voi”.
Qui il nostro “Mast” ….. come dicono a Napoli….ci ha
insegnato che “per aspera ad astra” si va sulle stelle per sentieri difficili e
faticosi! Cosa che per voi inoperosi e oziosi è ancora più
difficile! Dopo aver considerato i fenomeni fisici riguardanti l’universo, la
terra, i venti, le maree, ecc., Hobbes passa a esaminare la fisiologia della sensazione,
mantenendo invariato il punto di vista e il tipo di spiegazione: la sensazione è prodotta dal moto, che si
comunica dall’oggetto esterno al senso e che, proseguendo poi fino al cervello,
provoca il costituirsi dell’immagine, non distinguendo l’immagine sensibile dal
concetto o dall’idea.
La
stessa teoria hobbesiana delle passioni è strettamente legata alla fisiologia
meccanicistica : il movimento che nel cervello ha suscitato un’immagine, passa
poi, al cuore, ove si incontra con il movimento vitale, cioè il movimento di
conservazione del meccanismo umano ; se i due modi concordano si crea un
sentimento di piacere, in caso contrario si ha un dolore, e questi sentimenti
dopo ripetute esperienze, generano a loro volta sentimenti di appetito o di
avversione nei confronti degli oggetti esterni.
Mi raccomando lascia stare tutte le astruserie neuro
psicopatologiche che intasano la tua testa! Tutte le passioni si generano
attraverso il contrasto o la combinazione di questi sentimenti, riducendo ogni
moto dell’animo umano alla comune matrice egoistica della conservazione di sé,
che trova nel sentimento della propria potenza la sua garanzia migliore. È chiaro ed evidente che la filo-antropologia
hobbesiana, mettendo in evidenza i tratti
di una concezione dell’uomo come meccanismo, in cui anche i pensieri e i moti
dell’animo si riducono a movimenti di corpi estesi lascia ben poco campo al
libero arbitrio, vale a dire alla libertà umana metafisicamente intesa come
possibilità della volontà di autodeterminarsi nella scelta e meno che meno alle
fanfaluche che confondono la testa dei “sognatori pratici”!
Questo nella modernità all’ultimo stadio della vostra
ultima esperienza terrena ma è da molto lontano che dovreste partire per capire
il vostro stato di perenne infermità , fragilità e confusione quando nell’ “età
dell’oro” del sentire-pensare greco. Avete improvvidamente esorcizzato ed eliminato il senso del “tragico” della vostra
vita mentale e fisica relegandolo allo spettacolo pubblico e al nascondimento
delle maschere nel teatro.
Ma gli scrittori-poeti tragici comunque vi servivano
con semplicità la pappina da cui poter almeno riconoscere il suo senso
attraverso racconti semplificati nelle scene. Diventa, oggi,
molto difficile per voi post metafisici, postmoderni, postpolitca,
postdemocratici…..post razionali ….insomma sempre postumi al tempo che vi è
dato vivere…..rintracciare i semi e le radici antropologiche che avete perduto
nel corso della vostra storia secolare: la forza dell’Eros con il dionisiaco in
conflitto con il senso del tragico con l’apollineo.
Difficile
oggi rinvenire nella “sanità” dei Greci l’accoglienza della visione dell’orrore
e assurdità dell’esistenza, e l’inclusione dell’oscura ed abissale sapienza
tragica nascosta nel mito della volontà di potenza titanico-barbarica… La
cosiddetta “salute mentale e corporale” implica tutto questo e si fa carico
d’una proprietà guaritrice, che le deriva dal binomio artistico
(apollineo-dionisiaco), pura espressione di quella gioia metafisica del
tragico, di quella teodicea dell’arte “ nella quale tutto l’esistente è reso
divino, non importa se sia buono o cattivo ”.
Ma, c’è una buona notizia, per la vostra categoria
“professionale” di portatori di gioia e sorrisi e insieme di “virtude e
conoscenza”! Il rappresentante ideale di questa manifestazione artistica, che
solo il Greco poteva creare, è il Satiro, un finto essere naturale inserito in
un finto stato di natura, la tragedia, dove l’Olimpo degli dei ha trovato
verosimilmente dimora. “ Il satiro – scrive Nietzsche…. un umano troppo umano finito per destino nella
follia …. coreuta dionisiaco vive in una realtà
religiosamente riconosciuta, sotto la sanzione del mito e del culto. Che con
lui cominci la tragedia, che in lui parli la saggezza dionisiaca della
tragedia, è per noi qui un fenomeno tanto sorprendente quanto lo è generalmente
la nascita della tragedia dal coro.
Forse
acquisiamo un punto di partenza per la nostra considerazione se pongo
l’affermazione che il Satiro, il finto essere naturale, rispetto all’uomo
civile sta nello stesso rapporto che la musica dionisiaca alla civiltà. ”Oggi
viviamo un epoca in cui le stesse “tragedie possono ripetersi solo in farse” in
cui avete a tal punto indebolito il vostro “io” da non sapere più come uscire
dalle reti, dalle bottiglie e dai labirinti che vi siete costruiti in nome
della vostra completa libertà.
Siete capaci di vivere e raccontare di voi solo in
forme espressive e comunicative “in un linguaggio abbellito di varie specie di
abbellimenti, ma ciascuno a suo luogo nelle parti diverse; in forma drammatica
e non narrativa; la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e
terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l’animo da siffatte passioni”
Terapie senza pallottole….corpi ospedalizzati chimicamente sedotti e sedati.
Seduzione e chimica ricetta esplosiva! Non vi resta che piangere …. Pietà e
terrore sono sentimenti suscitati e concessi dalla “intrinseca composizione dei
fatti” là dove non s’incontra più un
personaggio nobile, mitico ed esemplare come Edipo o tragico per onore come
Aiace….. che compiono un’azione colpevole inconsapevolmente, che costituisce
per entrambi il nodo, ossia gli eventi che si prendono come principio della
tragedia sino alla mutazione da uno stato di infelicità ad uno di felicità e
viceversa.
Lo scioglimento, invece, è la parte della tragedia che
intercorre dall’inizio della mutazione citata sopra fin verso la fine, o
catarsi, intesa come reazione emotiva di coloro che, scossi da pietà e terrore,
all’ascolto dei canti sacri del coro tragico “si trovano nelle condizioni di
chi è stato risanato e purificato”. Niente catarsi e purificazione come esito
salutare delle nostre terapie ma anche evitare il piangersi addosso di quest’ umanità prometeica che ha scelto
perennemente la rupe per il sadico piacere di farsi mangiare il fegato
dall’aquila divina!
Ha scritto Martin Heidegger: «Ogni grande cosa può
avere solo un grande inizio. Il suo inizio è sempre la cosa più grande… Tale è
la filosofia dei Greci». Parole suggestive, che non solo esprimono un ammirato
riconoscimento dello straordinario valore del pensiero antico, ma offrono pure
un’indicazione preziosa per chiunque desideri avvicinarsi alla ricerca
filosofica, nella crisi e nel tramonto della nostra civiltà occidentale….
un’indicazione che potremmo sintetizzare così: chi vuole capire la filosofia
studi innanzitutto e soprattutto il pensiero classico……la paura fa parte
essenziale della “tragicità” della vita umana e mortale e può rappresentare un
momento importante della vita mentale e fisica di un uomo. Altro problema si
presenta sul proscenio della postmodernità e il tema del “fraintendimento”
nella comunicazione individuale e sociale. Nella “babele” dei linguaggi, nella rete digitale o network sociali…. il
fraintendimento può gettare una luce inattesa sulla natura della percezione.
…la percezione del discorso…della comunicazione. Viviamo nel mondo delle
percezioni non sempre controllate. le percezioni
sono spesse esatte pur sé veloci e istantanee nella loro costruzione.
Ciò che ci circonda ….i nostri desideri… esperienze.
…aspettative ..consce o inconsce possono condeterminare il fraintendimento per
motivi cerebrali nella pratica o nella decodifica fonologia selettiva o
immediata . Nel discorso della comunicazione, più che nel linguaggio musicale
che aprirebbe un discorso a parte. …il linguaggio verbale deve essere
decodificato o interpretato anche attraverso altri sistemi fisiologici del
cervello….compresi o oltre quelli che riguardano la memoria semantica ….la
grammatica e la sintassi. La comunicazione è aperta….inventiva. .improvvisata…complessa ….ricca di ambiguità e
significati. Possiede una libertà espressiva e fonetica che rende la
comunicazione infinitamente flessibile e adattabile…. ed esposta e vulnerabile
al fraintendimento non necessariamente di tipo auto selettivo.
Freud aveva intuito il senso dei lapsus e
fraintendimenti. .. .ma aveva sottovalutato il fatto che i desideri .. le
paure. ..i loro motivi…e cause …i conflitti di non sono sempre consapevoli o
rimovibili dalla coscienza e spesso non dipendono solo da motivazioni inconsce.
…sottovalutando i meccanismi neurali. ..come la natura aperta imprevedibile e
personale del linguaggio stesso …di sabotare il significato quando . ..genera
fraintendimenti irrilevanti sia per contesto che per motivazioni inconsce. E
poi c’è un certo gusto personale per il fraintendimento
quando riguardano i nostri interessi ed esperienze
personali che ci creano piacere e divertimento nel gioco che non è
necessariamente cinismo o misantropo. prendere fischi per fiaschi non
sempre e riprovevoli eticamente o filosoficamente o furbizia interessata e
strumentale come per il “polùtropos” multiforme Ulisse.
L’angelo Mercuzio,
….il facilitatore!
"àrista paesològika"
...lo specchio stregato della " modernità incivile" e la "politica" dei nani convinti di tenere la strada dei giganti....è rotto!Il mondo che Hegel voleva stringere nel labirinto del razionale è frantumato e scaldato.Siamo in piena bufera in un bicchier d'acqua....nella torre di Babele si parla una sola lingua ..la nave senza nocchier in gran tempesta....l'Italia non è "donna di provincia ma gran bordello" .Il passato smemorizzato selettivamente non si riconosce in un presente assolutamente sdraiato su sé stesso.Le grotte di Matera per i bambini caciaroni e coatti sono uguali alle grotte dei mostri a Fantasiland....e i mostri veri sono i genitori che li accompagnano.L'ansia e la paura hanno invaso la privacy e le case sono piccoli castelli medioevali blindati contro i barbari sempre alle porte.Non si capisce ...si riflette ma ci si adatta al flusso virtuale .Ho paura ...ergo sum....e Dio si è stancato anche di morire....tanto gli uomini non riconoscono la lingua del "tragico" ma del " farsesco" e non riconoscono negli altri che sbarcano né Antigone,Edipo,Ulisse o Enea....ma neanche in Pulcinella o Arlecchino .Stranieri e intrusi a casa loro!Qualcuno parla di un " innominabile attuale" e viene etichettato come " intellettuale snob e comunista" e scrive solo per le vecchie ...rottamare " elites" .E le previsioni e i sondaggi quotidiani elettorali si impennano a destra!
Il potere non ha un suo stile ma li usa tutti in una " sintesi a priori" informe,grezza e strafottente...in nome del " popolo sovrano"!Il re travicello si traveste con felpe e divise e...non si diverte!
mercuzio
venerdì 8 marzo 2019
.
8 marzo...
..nel giorno in cui ricordiamo le donne in modo simbolico con
una "festa" che dovrebbe essere quotidiana....ripubblico questo mio
tributo alla " bellezza" di una giovane " paesologa" che ha
scelto di cercare la " bellezza" anche fuori di sè....nei silenzi
pieni di ricordi degli anziani sulle panchine dei piccoli paesi....nelle donne
" angelo della casa" e " madre natura"....nelle "
giovine donne" che bruciano il mondo con i loro occhi ancora sessuati nei
sogni.... nella donna che incarna un senso particolare di "bellezza"
come " arkè panton-principio del tutto" ...nello spirito della "
festa" leggera e carnale di Saffo:
"Venite al tempio sacro delle vergini
dove più grato è il bosco e sulle are
fuma l'incenso.
Qui fresca l'acqua mormora tra i rami
dei meli: il luogo è all'ombra di roseti,
dallo stormire delle foglie nasce
profonda quiete.
Qui il prato ove meriggiano i cavalli
è tutto fiori della primavera
e gli aneti vi odorano soavi.
E qui con impeto, dominatrice,
versa Afrodite nelle tazze d'oro
chiaro vino celeste con la gioia".
Un augurio di bellezza
Portare sul proprio volto la bellezza ci espone ad un giudizio
personalizzato e diretto.... della " portatrice sana"..... a volte
improvvido..superficiale e strumentale....un erotizzazione del bello è fatto
naturale e formale ...sebbene temperato dai sensi della distanza e di una etica
neutrale invecchiata deerotizzato per un coinvolgimento meno immediato con ciò
che si contempla..si ammira..... oltre o fuori dal desiderio del " bello
naturale"....ci si maschera con un giudizio universale e necessario senza
fini utilitaristici...e carnali..la carne e il corpo morboso peccato di una
cultura misogena sotto le vesti religiose....dobbiamo tornare ai tempi del mito
profano che non prescrive ma conforta.....la bellezza di un nudo di donna di
Fidia ...
i tragici nudi del Caravaggio e quelli eroticamente mediterranei di
Picasso...classica o moderna...bellezza materialideale....
Saffo...donna a tutto tondo... diceva che la persona bella è " quella che
si ama" amore relativo ad un "oggetto del desiderio " nella
condivisione reale ...anima e corpo...
..la bellezza ha una sua individualità e soggettività unica e irripetibile e
per essere apprezzata va riconosciuta non come " parvenza sensibile
dell'idea di bellezza "(hegel) o si può nascondere dietro ad un
"rifiuto del sensibile passeggero per un ideale intelligibile costante e
impegnativo "...oggi non possiamo " separarci dalla bellezza"
con una poesia o una finzione fotografica di maniera o con libertinaggio di
parole da invecchiati nel priapismo del ricordo o delle aspirazioni impossibili
e inibite....il bello.. è la riscoperta dell' altro-da sè ....anche nel corpo e
volto erotico....ma nella sua autentica individualità bella di sintesi tra
forma materiale superficiale e identità interiore profonda tutta da svelare ...conoscere
per vivere concretamente....e quotidianamente
martedì 5 marzo 2019
….quello che più mi
manca è la sua " intelligenza
sensibile...emotiva....naturale...umana....diretta ....quasi animale" il
resto è cronaca...a volte "storia" con la minuscola....la nostra
storia di vita è fatta di bellezza...bontà e giustizia e l'uso di parole
...èkon lègon..è quello .della " poiesis" del "fare
vivendo" più che di " sophia" .."pensare vivendo " .
meno della "doxa-opinione" del "dire il niente" che non mi
riguarda!
Divagazioni su Pasolini
Franco Arminio
Pasolini ha vissuto in
un tempo in cui ancora si poteva agire.Si può agire anche adesso, ma spesso
sono azioni virtuali, azioni che ti lasciano nella gabbia del tuo corpo e non
riesci a uscire.Pasolini che vuole aprire gli occhi è dunque un uomo che soffre
perché gli uomini dagli occhi chiusi, gli uomini dallo sguardo basso non
vogliono cambiare postura.Pasolini e i molli. L’eterna mollezza italica. Ci si
può ridere quando si svolge in un bar, diventa pericolosa quando agisce sul
piano della storia. Pasolini aveva uno spirito greco, una pulsione balcanica in
una nazione che è tutto un formicolio di mezze misure, di cattiverie senza
talento, di generosi che non ti danno niente.Sempre in Italia a un certo punto
ti ritrovi al punto di Pasolini. Hai intorno a te un’umanità a basso voltaggio.
Più lavori e più sei denigrato. Nessuno sopporta l’eroismo, il martirio. I
devoti della miseria spirituale non ti perdonano la tua inquietudine. Ti dicono
narciso, egoista, ti attribuiscono calcoli dove hai slanci, ti fanno furbo come
loro, non capiscono il furore, lo scambiano per arrivismo.
Pasolini e l’Italia che
non vuole cambiare e però non accetta di essere limpida, secca. L’Italia umida,
corrotta. L’Italia ingrata coi suoi spiriti irregolari. L’Italia che non ama
l’eresia, il coraggio. L’Italia che ama i facili e non capisce i semplici.
Pasolini era una fiamma. Portava la verità nel corpo. Era un batticuore in giro
per il mondo. Lui amava se amava, soffriva se soffriva, guardava se guardava.
Parola e azione, studiare ed esporsi, giocarsi la vita, non giocare con la
vita. Osare, esagerare, rompersi piuttosto che estinguersi.Ora siamo
nell’Italia degli estinti, solfatara del rancore. Ai tempi di Pasolini la
parola grande e la parola piccola erano ancora ben distinte. Adesso tutto è
sulla stessa tavola digitale, il sonetto e l’ingiuria sgraziata, il cuore
limpido e quello opaco. Pasolini non ha cambiato l’Italia ma ha dato una pista
per chi vuole stare alla larga dai compromessi. I suoi nemici invincibili erano
gli epigoni di Ponzio Pilato. Li vediamo al lavoro ogni giorno. Possono perfino
amare Pasolini, ma in fondo vogliono uccidere il suo spirito ogni volta che si
ripresenta in altre figure. Il delitto di Ostia in qualche modo continua.
Pasolini è insopportabile. Questa è una nazione col respiro corto, col respiro
furbo. Odia gli innocenti, odia il sacro. E lo sterminio che Pasolini aveva
intravisto non si ferma in nessuna giornata. La coalizione dei mediocri tiene
il suo rogo sempre acceso, basta un cenno di poesia e sei condannato, non hai
diritto a svolgere le tue indagini sulle umane inquietudini, devi limitarti
alla melina, alla pozzanghera.Il gioco è scambiare la lotta per lamento.
L’amore indicibile per i corpi diventa immorale. La violenza del non saper
bruciare, i tutori del gelo. Pasolini di nuvole e di vento contro il mondo
chiesa, il mondo chiuso. La luce, il buio, le cose nette. Lui sapeva e ora
sappiamo anche noi. Il tempo che ci resta non può essere speso assieme ai
molli. Amare quello che non è molle: il volo degli uccelli, il ramo da cui
escono le foglie, le cose mirabili che ancora riescono agli umani.
sabato 2 marzo 2019
“Notte salva"….” nuda vita” e “nuttata populista”.
Nel corso di questa
“nuttata populista” siamo a
rischio di una “catastrofe” politica senza precedenti? Non credo che ci siano le motivazioni soggettive ed oggettive per
ritenere oggi probabile o
possibile una catastrofe politica o biopolitica . Tuttavia la necessità
ossessiva di chiedersi oggi come
politica, filosofia, medicina e giurisprudenza siano giunte a occuparsi quasi
esclusivamente della mera esistenza non
è ancora approdat in dottrina ad forma
completa e definita a cui adeguarsi o
sottrarsi. Oggi nella politologia
filosofica si torna a interrogarsi sul
"semplicemente vivente" un
frammento di una ricerca ed uno studio
che comunque andrebbe iniziato.
"Per chi intraprenda una ricerca genealogica sul concetto di
"vita" nella nostra cultura – annota ad esempio Agamben -, una delle prime e piu' istruttive
osservazioni e' che esso non viene mai definito come tale. Cio' che resta cosi'
indeterminato viene pero' di volta in volta articolato e diviso attraverso una
serie di cesure e di opposizioni che lo investono di una funzione strategica
decisiva in ambiti cosi' apparentemente lontani come la filosofia, la teologia,
la politica e, soltanto piu' tardi, la medicina e la biologia. Tutto avviene,
cioe', come se, nella nostra cultura, la vita fosse cio' che non puo' essere
definito ma che, proprio per questo, deve essere incessantemente articolato e
diviso" . Questo "mysterium disiunctionis": la distinzione fra
vita umana e vita animale risulta essere la prestazione essenziale
dell'ontologia, non una "innocua disciplina accademica, ma l'operazione in
ogni senso fondamentale in cui si attua l'antropogenesi, il diventar umano del
vivente" . Questa la complessa
situazione nel campo della più
accerditata ricerca scentifica-filosofica.De “senso comune “ nella vita reale e
concreta del cosidetto uomo della strada non è dato discutere e meno che meno
approfondire per non essere
immediatamente licenziato con una
“cinica alzata di spalla” o da un epiteto ricorrente e liquidatorio “ elites anacronistica …snob e
comunista “ tout cour come massima
offesa discriminante.Per una sorta di rivalsa intellettuale noi ci interstardiamo a seguire la strada
percorsa e da percorrere da una analisi
critica che richiede attenzione e
metodo ai più refrattari al
pensiero analitico come risorsa della cultura occidentale.L'umanita' e',
nell'ambito del vivente - secondo Heidegger -, l'apertura del mondo chiuso
dell'animale, la latenza che interrompe il precipitare delle funzioni vitali
verso i loro scopi, la comparsa della possibilita' nell'universo delle
determinazioni. Agamben suggerisce di partire
dalla categoria dell' “aperto” . Anche l'animale partecipa alla
dimensione dell'aperto. Ma non in quanto tale: differentemente dalla pietra,
l'animale si apre solo agli elementi del suo proprio mondo, nel quale non
esistono che gli strumenti della sua sopravvivenza e senza possibilita' di
entrare in relazione riflessiva con essi. Tuttavia, mentre il filosofo tedesco distingue radicalmente la
"poverta' di mondo" dell'animale dall'apertura dell'umano, Agamben
sottolinea la relazione intima che intercorre fra loro. Con gli elementi del
proprio mondo l'animale stabilisce una relazione intensa, ed essa e' appunto
l'apertura colta come "scuotimento essenziale" che percorre tutto il
vivente. E' solo un cenno, in Heidegger, ma Agamben lo approfondisce e lo
affina, quasi giocandolo contro il maestro: non e' rimarcando una alterita'
incomunicabile che l'umanita' si conosce veramente come tale, ma nell'entrare
in relazione originaria con l'apertura. Cio' che e' proprio di tutto il
vivente, l'apertura, diventa contrassegno dell'umanita' quando essa afferra
nell'apertura la sua improprieta', la sua mancanza di un rango specifico. Una
vita umana o una vita animale va
comunque parametrata a una "nuda vita", una vita separata
da se stessa. I campi di concentramento
nazisti erano stati un mostruoso e tragico esperimento per isolare” la nuda vita”, ovvero
per separare la vita umana dalla vita in-umana, per escludere gli ebrei, gli
zingari, gli omosessuali (la cui vita era "indegna di essere
vissuta") dalla vita umana Una
analoga macchina antropologica si
mette in campo con la selvaggia e superficiale
propaganda leghista o populista
nella variante 5 stelle con assecondare
il “senso comune” coinvolta nella paura
del “diverso” in senso lato.L'espressione "nuda vita, proviene da una
intuizione del saggio giovanile di Walter Benjamin che si
intratteneva sul concetto generale di violenza
e la ricerca di una via d’uscita
dalla dicotomia umanità-animalità come
orizzonte di senso umano. E’ il rapporto
fra uomo e natura, e fra natura e storia che bisogna ripartire come
ha intuito la ricerca e la vita activa della “paesologia” come scienza arresa ma in continua ricerca del senso della vita dove
la vita è stata relegata e abbandonata
dalla “modernità incivile “. “I
piccoli paesi “ immersi nella natura
e nei suoi paesaggi non pensa non è immersa
nella notte hegeleiana che "non
aspetta alcun giorno, e quindi nemmeno alcun giorno del giudizio",
proponendo come strumento di liberazione, inaspettatamente, l'appagamento
esistenziale in una vita activa in un mondo
rallentato e pigro ma ricco di vitalità nuda e
pura: "un elemento che sembra appartenere integralmente alla natura e che,
invece, la eccede da ogni parte" . In una sorta di gnosticismo dai valori
rovesciati, dove al mondo terreno viene attribuita ogni beatitudine, si prefigura
una natura creaturale che non attende pero' alcuna salvezza, perche' postuma al
naufragio (oppure al compimento) della redenzione cristiana e del progresso
emancipatore. Agamben stesso per rievocare
la intuizione benjaminiana ha fatto riferimento a un quadro del
Tiziano,”Ninfa e pastore”. Parla di un
"enigmatico paysage moralisé immerso in un'atmosfera che e' insieme di
stremata sensualita' e di sommessa malinconia". Il paesaggio circostante
e' cupo, le due figure sono in ozio, stese su una pelle di pantera,
tradizionale simbolo della lussuria, in relazione insieme promiscua e remota.
"Nell'appagamento, gli amanti, che hanno perduto il loro mistero,
contemplano una natura umana resa perfettamente inoperosa" , lo spazio che
essi abitano sembra offrire una forma visiva a quella sospensione delle
necessità naturali, a quello iato che l'umano deve aprire verso l'animale
rischiandosi in esso, e dimorandovi, per afferrare la propria umanita',
frenando la tentazione di tracciare nuovi confini. "La "notte
salva" e' il nome di questa natura restituita a se stessa, la cui cifra,
secondo un altro frammento benjaminiano, e' la caducita' e il cui ritmo e' la
beatitudine" .
lunedì 18 febbraio 2019
Lettera aperta a un cittadino attuale ...umano troppo umano
Ho visto… caro concittadino umano troppo umano … che
alla tua non tenera età e con tutte le tue complesse e controverse esperienze
nelle terre dei bradisismi, vulcanismi e fuochi vari sei ancora colpito dal
sentimento di paura degli orchi e dell’uomo nero o del “bau,bau” cattivo come
per un bambino. La paura è la cifra connotativa della vostra umanità e della
vostra mortalità ed è la fonte di tutta la vostra evoluzione naturale e
culturale nel tempo e nello spazio del mondo occidentale che vi è stato assegnato
geograficamente in comodato d’uso. Siete vissuti per millenni nello “stato di
natura”…..il cosi detto Eden dei cattolici… Uno stato di natura “dove non c’era
un potere comunemente temuto”.
Qui gli uomini vivevano “senz’altra sicurezza, se non
quella che dà loro la propria forza e la propria sagacia.“ In tale condizione non v’ha luogo ad industrie,
poiché il frutto di esse sarebbe incerto ; e per conseguenza non vi è
agricoltura, non navigazione….né v’è conoscenza della superficie terrestre, né
del tempo, né delle arti, delle lettere e del vivere sociale ; e , quel che è
peggio di tutto, domina il continuo timore e il pericolo di una morte violenta
; e la vita dell’uomo è solitaria, povera, lurida, brutale e corta “ Queste
sono la drammatiche considerazioni da cui partiva il grande filosofo T. Hobbes
per giustificare come necessario per allontanare il sentimento della “ paura”
che intrappolava l’uomo moderno intenzionato a organizzare la “modernità” con
le sue gioie e dolori….con le sue croci e delizie!
Che cosa vuoi che
sia lo stato e la funzione sociale e culturale di un povero diavolo come “un
semplice cittadino …umano troppo umano ”
negli epigoni e tramonto della stessa epoca che doveva essere di “magnifiche
sorti e progressive”. Il sentimento e la cognizione dello “stato di
paura” sono la vostra ultima ancora di salvezza
cognitiva, artistica e politica per uscire dallo stato di minorità in cui vi
siete cacciati dopo aver secolarizzato il sacro, irriso la religiosità e
rottamato tutte le impalcature metafisiche dentro cui potervi baloccare per
“secula seculorum”.
E adesso vi tocca ricominciare daccapo come sempre
nella storia della vostra umanità indecisa a tutto! Tornare all’esperienza di paura come “sfida cognitiva e
politica” in cui si è trovato il vostro fratello Hobbes ,oggi , è oltremodo
difficile .Il suo fu un caso biograficamente drammatico. L’aneddoto di essere
nato da un parto prematuro alla notizia dell’arrivo dell’invincibile armata di
Filippo II, il 5 aprile 1588, sottolinea che il tema della paura non sarebbe
stato solamente un motivo psicologico di peso rilevante della sua vita, ma
sarebbe divenuto tema teorico centrale della sua filosofia materialistica
dell’uomo e della politica vissuta nel contesto della storia drammatica del
proprio tempo, travagliato da contese politiche e religiose gravissime. Per lui
– e per voi- queste vicende drammatiche sono addirittura l’esemplificazione
convincente di quella situazione di guerra generalizzata e permanente, ”omnium
contra omnes”…. di tutti contro tutti, che costituisce lo stato prepolitico e
premoderno dell’umanità.
Pensate di vivere oggi in una situazione culturale,
sociale e politica meno drammatica e complessa di quella del ‘600? Siete
obbligati a tornare al punto “quo ante” e scegliere se essere considerarsi
esseri naturali o esseri razionali. Lascia stare tutte le tue fantasie sulla
creatività, il sogno, l’immaginazione, l’arte
e lo stato di naturalezza perduta e balle varie. Una volta stabilito che
la natura – e quindi anche l’uomo perché organismo
naturale – va spiegata partendo dai fenomeni, e non dalle cause…. Hobbes punta alla variazione del metodo che da
deduttivo puro, si fa parzialmente induttivo, mentre l’interpretazione
materialistico-meccanicistica del reale permane in tutta la sua rigorosa
pregnanza. Parlo “latinorum” per le persone semplici
come quelli della tua banda o tribù “in
interiore homini ” alla perenne e ciclica ricerca del “ disarmato….fanciullino…
dentro di voi”.
Qui il nostro “ Dio o Mast ” ….. come dicono a Napoli….ci ha insegnato
che i mortali dopo
la famosa prova della mela la vita è dura ….“per aspera ad astra” si va
sulle stelle per sentieri difficili e faticosi! Cosa che per quelli come voi
che avete scelto per motivi culturali epolitici di essere inoperosi e oziosi è ancora più difficile! Dopo aver considerato i
fenomeni fisici riguardanti l’universo, la terra, i venti, le
maree, ecc., Hobbes passa a esaminare la
fisiologia della sensazione, mantenendo invariato il punto di vista e il tipo
di spiegazione: la sensazione è prodotta dal moto, che si
comunica dall’oggetto esterno al senso e che, proseguendo poi fino al cervello,
provoca il costituirsi dell’immagine, non distinguendo l’immagine sensibile dal
concetto o dall’idea.
La
stessa teoria hobbesiana delle passioni è strettamente legata alla fisiologia
meccanicistica : il movimento che nel cervello ha suscitato un’immagine, passa
poi, al cuore, ove si incontra con il movimento vitale, cioè il movimento di
conservazione del meccanismo umano ; se i due modi concordano si crea un
sentimento di piacere, in caso contrario si ha un dolore, e questi sentimenti
dopo ripetute esperienze, generano a loro volta sentimenti di appetito o di
avversione nei confronti degli oggetti esterni.
Mi raccomando lascia stare tutte le astruserie neuro
psicopatologiche che intasano la tua testa! Tutte le passioni si generano
attraverso il contrasto o la combinazione di questi sentimenti, riducendo ogni
moto dell’animo umano alla comune matrice egoistica della conservazione di sé,
che trova nel sentimento della propria potenza la sua garanzia migliore. È chiaro ed evidente che la filo-antropologia
hobbesiana, mettendo in evidenza i tratti
di una concezione dell’uomo come meccanismo, in cui anche i pensieri e i moti
dell’animo si riducono a movimenti di corpi estesi lascia ben poco campo al
libero arbitrio, vale a dire alla libertà umana metafisicamente intesa come
possibilità della volontà di autodeterminarsi nella scelta e meno che meno alle
fanfaluche che confondono la testa dei “sognatori pratici”!
Questo nella modernità all’ultimo stadio della vostra
ultima esperienza terrena ma è da molto lontano che dovreste partire per capire
il vostro stato di perenne infermità , fragilità e confusione quando nell’ “età
dell’oro” del sentire-pensare greco. Avete improvvidamente esorcizzato ed eliminato il senso del “tragico” della vostra
vita mentale e fisica relegandolo allo spettacolo pubblico e al nascondimento
delle maschere nel teatro.
Ma gli scrittori-poeti tragici comunque vi servivano
con semplicità la pappina da cui poter almeno riconoscere il suo senso
attraverso racconti semplificati nelle scene. Diventa, oggi,
molto difficile per voi post metafisici, postmoderni, postpolitca,
postdemocratici…..post razionali ….insomma sempre postumi al tempo che vi è
dato vivere…..rintracciare i semi e le radici antropologiche che avete perduto
nel corso della vostra storia secolare: la forza dell’Eros con il dionisiaco in
conflitto con il senso del tragico con l’apollineo.
Difficile
oggi rinvenire nella “sanità” dei Greci l’accoglienza della visione dell’orrore
e assurdità dell’esistenza, e l’inclusione dell’oscura ed abissale sapienza
tragica nascosta nel mito della volontà di potenza titanico-barbarica… La
cosiddetta “salute mentale e corporale” implica tutto questo e si fa carico
d’una proprietà guaritrice, che le deriva dal binomio artistico
(apollineo-dionisiaco), pura espressione di quella gioia metafisica del
tragico, di quella teodicea dell’arte “ nella quale tutto l’esistente è reso
divino, non importa se sia buono o cattivo ”.
Ma, c’è una buona notizia, per la vostra categoria
“professionale” di ricercatori di felicità ,gioia e sorrisi in terra e insieme di “virtude e conoscenza”! Il
rappresentante ideale di questa manifestazione artistica, che solo il Greco
poteva creare, è il Satiro, un finto essere naturale inserito in un finto stato
di natura, la tragedia, dove l’Olimpo degli dei ha trovato verosimilmente
dimora. “ Il satiro – scrive Nietzsche…. un umano
troppo umano finito per destino nella follia …. coreuta
dionisiaco vive in una realtà religiosamente riconosciuta, sotto la sanzione
del mito e del culto. Che con lui cominci la tragedia, che in lui parli la
saggezza dionisiaca della tragedia, è per noi qui un fenomeno tanto
sorprendente quanto lo è generalmente la nascita della tragedia dal coro.
Forse
acquisiamo un punto di partenza per la nostra considerazione se pongo
l’affermazione che il Satiro, il finto essere naturale, rispetto all’uomo
civile sta nello stesso rapporto che la musica dionisiaca alla civiltà. ”Oggi
viviamo un epoca in cui le stesse “tragedie possono ripetersi solo in farse” in
cui avete a tal punto indebolito il vostro “io” da non sapere più come uscire
dalle reti, dalle bottiglie e dai labirinti che vi siete costruiti in nome
della vostra completa libertà.
Siete capaci di vivere e raccontare di voi solo in
forme espressive e comunicative “in un linguaggio abbellito di varie specie di
abbellimenti, ma ciascuno a suo luogo nelle parti diverse; in forma drammatica
e non narrativa; la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e
terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l’animo da siffatte passioni”
Terapie senza pallottole….corpi ospedalizzati chimicamente sedotti e sedati.
Seduzione e chimica ricetta esplosiva! Non vi resta che piangere …. Pietà e
terrore sono sentimenti suscitati e concessi dalla “intrinseca composizione dei
fatti” là dove non s’incontra più un
personaggio nobile, mitico ed esemplare come Edipo o tragico per onore come
Aiace….. che compiono un’azione colpevole inconsapevolmente, che costituisce
per entrambi il nodo, ossia gli eventi che si prendono come principio della
tragedia sino alla mutazione da uno stato di infelicità ad uno di felicità e
viceversa.
Lo scioglimento, invece, è la parte della tragedia che
intercorre dall’inizio della mutazione citata sopra fin verso la fine, o
catarsi, intesa come reazione emotiva di coloro che, scossi da pietà e terrore,
all’ascolto dei canti sacri del coro tragico “si trovano nelle condizioni di
chi è stato risanato e purificato”. Niente catarsi e purificazione come esito
salutare delle nostre terapie ma anche evitare il piangersi addosso di quest’ umanità prometeica che ha scelto
perennemente la rupe per il sadico piacere di farsi mangiare il fegato
dall’aquila divina!
Ha scritto Martin Heidegger: «Ogni grande cosa può
avere solo un grande inizio. Il suo inizio è sempre la cosa più grande… Tale è
la filosofia dei Greci». Parole suggestive, che non solo esprimono un ammirato
riconoscimento dello straordinario valore del pensiero antico, ma offrono pure
un’indicazione preziosa per chiunque desideri avvicinarsi alla ricerca
filosofica, nella crisi e nel tramonto della nostra civiltà occidentale….
un’indicazione che potremmo sintetizzare così: chi vuole capire la filosofia
studi innanzitutto e soprattutto il pensiero classico……la paura fa parte
essenziale della “tragicità” della vita umana e mortale e può rappresentare un
momento importante della vita mentale e fisica di un uomo. Altro problema si
presenta sul proscenio della postmodernità e il tema del “fraintendimento”
nella comunicazione individuale e sociale. Nella “babele” dei linguaggi, nella rete digitale o network sociali…. il
fraintendimento può gettare una luce inattesa sulla natura della percezione.
…la percezione del discorso…della comunicazione. Viviamo nel mondo delle
percezioni non sempre controllate. le percezioni
sono spesse esatte pur sé veloci e istantanee nella loro costruzione.
Ciò che ci circonda ….i nostri desideri… esperienze.
…aspettative ..consce o inconsce possono condeterminare il fraintendimento per
motivi cerebrali nella pratica o nella decodifica fonologia selettiva o
immediata . Nel discorso della comunicazione, più che nel linguaggio musicale
che aprirebbe un discorso a parte. …il linguaggio verbale deve essere
decodificato o interpretato anche attraverso altri sistemi fisiologici del
cervello….compresi o oltre quelli che riguardano la memoria semantica ….la
grammatica e la sintassi. La comunicazione è aperta….inventiva. .improvvisata…complessa ….ricca di ambiguità e
significati. Possiede una libertà espressiva e fonetica che rende la
comunicazione infinitamente flessibile e adattabile…. ed esposta e vulnerabile
al fraintendimento non necessariamente di tipo auto selettivo.
Freud aveva intuito il senso dei lapsus e
fraintendimenti. .. .ma aveva sottovalutato il fatto che i desideri .. le
paure. ..i loro motivi…e cause …i conflitti di non sono sempre consapevoli o
rimovibili dalla coscienza e spesso non dipendono solo da motivazioni inconsce.
…sottovalutando i meccanismi neurali. ..come la natura aperta imprevedibile e
personale del linguaggio stesso …di sabotare il significato quando . ..genera
fraintendimenti irrilevanti sia per contesto che per motivazioni inconsce. E
poi c’è un certo gusto personale per il fraintendimento
quando riguardano i nostri interessi ed esperienze
personali che ci creano piacere e divertimento nel gioco che non è
necessariamente cinismo o misantropo. prendere fischi per fiaschi non
sempre e riprovevoli eticamente o filosoficamente o furbizia interessata e
strumentale come per il “polùtropos” multiforme Ulisse.
L’angelo Mercuzio,
….il facilitatore!
mercoledì 13 febbraio 2019
Dalla scoperta della radura, uno spiazzo illuminato, aperto
nella foresta, fuga dal mondo immagine
esistenziale della libertà e possibilità umana di vivere la solitudine nella
luce…La luce può cadere infatti nella “radura”, nel suo spazio aperto, e
lasciarvi avvenire il gioco di chiaro e scuro. Ma giammai è la luce a creare
per prima la radura, bensì quella, la luce, presuppone questa, la radura…..cinismo
raffinato e pensiero poetante! Scriveva La Rochefoucauld “ chi vive senza follie ,non è così savio quanto crede”.
Sacrosanta verità per demarcare un
confine tra vita normale subita e vita impegnata per scelta a saper
affrontare “venti fortissimi e nevicate”. Un lento e inconsapevole morire
per un “un cuore gelato sotto il cappotto” parla di noi
quando accettiamo
supinamente di smarrire
il gusto e il senso di una
esperienza comunitaria rassegnati alla insensibilità del senso comune, alla
rassegnazione del “così va il mondo”, alla connivenza con l’insensatezza della
banalità, alla ingenua o consapevole disponibilità a farsi complice di qualunque cosa a qualunque prezzo. Uno
spettro inquietante si aggira come un
“venticello” per le nostre terre sopraffacendo
la nobilitata e propulsiva “ipocondria”
dei tempi delle “crisi e riproduzione tecnica della creatività artistica” : il
cinismo. Il cinico contemporaneo non ha
come punto di arrivo la classica botte di Diogene ma una ordinata e
riconosciuta carriera e successo fatti
di “classifiche…auditel…mi piace…etc.” spesso segnati da frustrazione, rassegnazione
e avvilimento morale. Il ‘cinicus’ antico era una forma estrema di affermazione
della dignità, una riproposizione coerente
di distanza dalle pochezze umane e dai pressappochismi e interessi
pratici, della cura di una estrema padronanza e sovranità su se stesso e i propri difetti pubblici e attivazione del governo dei
propri demoni interiori negativi come la “razionale auriga”
platonica. Il neocinico cura e ostenta
una “falsa coscienza illuminata” con un discreto vocabolario polimorfo e una forma malcelata di “disincanto” che li rende molto efficienti
e accettati sul piano pratico. Qualcuno
autorevolmente in modo cattivo ha
scritto che il neocinico è “ un caso limite di melanconico che riesce a
controllare i suoi sintomi depressivi conservando una certa capacità di
lavorare” che mal sopporta “avvisi ai naviganti” disinteressati o venati
di ironia e peggio di benevole
commiserazione perché “intellettuali e
…quindi inutili”. In letteratura esiste un “cinismo classico “ ( va da Kafka a
Proust passando per Pessoa e Borghes )
che ci regala una morale con sottofondi carsici
fatti di libertà ed autonomia
e non semplici “coperte di linus” come alibi
pseudopsicologici ma soprattutto con il compito “etico” di
riscaldare quotidianamente, profondamente e
continuamente la nostra mente
infreddolita, liquida e debole. Nella
“pòlis” greca il primo atto cinico
contro la costruzione di “una comunità” libera e consapevole,
avvenne con un atto violento
formalmente e simbolicamente reale e tragico .La restaurata democrazia ateniese aveva bisogno
della condanna a morte di Socrate nel 399 a.c. e la promozione sul campo degli “Antistene,Diogene di Sinope,Cratete e
Ipparchia” come fatto consequenziale , illuminante e normalizzante. Con
quell’atto si condannava la ragione, il
sogno, il sentimento,la fantasia,la democrazia
che presume farsi “comunità” di
un sapere non commerciale e
commerciabile che ha solo il compito di difendersi
per smascherare, responsabilità, inadempienze , ostilità, rancori latenti e combattere quelle palesi e praticate. Le ragioni del cuore non possono mai entrare
in un orizzonte limitato che gli è estraneo per statuto. Non vive di
pensieri corti, di rapporti di forza,
della pratica o l’ aspirazione dei
poteri a tutti i livelli. Ritornando in
metafora : “sbagliare strada” affrontare un ”vento fortissimo e una nevicata” è
ancora parte possibile e integrante del vivere
umano. Ma evitare sempre e
comunque ”Il cuore gelato sotto il
cappotto” che è il vero e tragico morire
sia personale che pubblico anche della limitata vita ….umana troppo umana …..
Mauro Orlando
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