martedì 31 ottobre 2017


Guardare la natura cercando la profonda unità nella diversità antropologica delle forme piacerebbe  che la “casa della paesologia” e Trevico diventasse l’occasione di una verifica esistenziale ed  anche “filosofica” della esperienza e del racconto  paesologico. Meditazione “filosofica” giustamente virgolettata per non incorrere  in pregiudiziali equivoci di supremazie  razionali ….maschera  delle egemonie autoritarie di forme  di metafisica  camuffata  anche quando “non si accontenti  più di interpretare il mondo e  di vagare in speculazioni astratte e  si dia da fare  per  di trasformare praticamente il mondo” (Heidegger).Ma  siamo ancora  nella pretesa di una “ermeneuitica “ che resta dentro  il viaggio  che “vuole cambiare il pensiero che …..si mette in cammino  verso ciò che è degno di essere pensato” (Idem).Siamo al paradosso  di una ricerca dell’oltrepassamento del pensiero razionale  ancora  nella metodologia della critrica-sospetto-accettazione-approfondimento. Un pensiero  certamente  non  supinamente  appiattito ad  una lettura che può intendersi come “liberale”, secondo la quale il rapporto fra individuo e comunità viene pensato come pendente in favore dell'individuo e di una sua rivendicazione di diritti in qualche modo inalienabili, e una lettura “olistica”, secondo la quale l'individuo viene schiacciato da una comunità che lo sussume e ne indica l'agire. La paesologia  è drastica  nei suoi postulati  e nelle sue finalità : non vuole essere  un sapere  del riscatto e del potere  nel gioco delle tipologie  borghesi del “potere….macro o micro” ma un sapere  connotato dall’aggettivazione sostanziale  della “resa”. La resa  non è la virtù degli ultimi, dei deboli, degli emarginati, proletari, contadini poveri ecc. Supera  con un taglio netto epistemico  le categorie  sociologiche, economiche  e politiche  classiche. La paesologia  ha una sua sostanza ermeneutica che non è la confusione “della notte hegeliana in cui tutte la vacche sono scure”  e  non rivendita una sua peculiarità interpretativa  e di racconto  della “grande vita  dei piccoli paesi” abbandonati, periferici, terremotati rispetto  al centro direzionale della razionalità  borghese-moderna-occidentale. Non cerca un spazio emergenziale di crisi per descrivere o denunciare  la crescente  omologazione delle strutture politiche, economiche, culturali e sociali del potere centrale  metropolitano e freddo.Non è nenche la risposta alternativa e rivoluzionaria dei perdenti, gli ultimi, gli abbandonati miranti ad un pensiero altro come riscatto  o ricerca di potere.Non sarà mai una nuova teoria per una diversa e universale“interpretazione o cambiamento” del mondo.Pensa  e sente il vivere in comune  ancora valido come motivazione, sentimento, passione , ma non come programma e meno che meno “uno statuto costituente”.Gli abitanti  e viventi dei piccoli paesi degli appennini   del mondo  e del nostro paese non sono  lo scarto economico del capitalismo finanziario ma sono  quelli che  vivono come valore  i margini  del sociale, gli azionisti inutili  non del pensiero, dei sentimenti e delle passioni. La vita  percettiva e pensata  dei territori  ancora  incontaminati e dei paesi  abbandonati  non è “debole, emarginata,oppressa” ma è ricca ,ardente, appassionata, viva  e attiva  nella sua  operosità e  lentezza.Ci van bene Marx o Heidegger   nella  richiesta di tenere  i piedi ben piantati nella terra  o ricordare  che questa terra  sia costantemente in movimento,in trasformazione, conflitto.Franco Arminio non ha la pretesa di descriverci in modo corretto, autentico e originale  questo nostro mondo riferimento vitale i conflitti  delle interpretazioni contro la conservazione delle norme , delle abitudini, dei valori , dei principi naturali o razionali.Il suo pensare  il prorio “io” con i pedi e le unghia conficcate nella terra in una tensione radicale progressiva opposto agli ordini  esistenti  macro e micro.E’ di fatto  un pensiero poetante che di fatto  va oltre  la descrizione oggettiva, l’intuizione estetizzante, la percezione scientista, la critica alla metafisica e alla filosofia astratta che riconosce come conseguenze  e non solo cause del  regime di soggezione e del dominio della cultura borghese moderna.Sapendo comunque  che le pretese universalistiche e  razionali della verità comunque si realizza e si pratica  nell’imposizione sulle differenze  e sulle identità individuali e territoriali.La paesologia non sarà mai per costituzione teoretica ed etica  disimpegnata, terza, contemplativa, neutrale ma  pratica. Provvisoria ed attiva per interessate, progettuali possibilità nella decentralizzazione  teoretica delle civiltà europee  e mondiali.Dagli scritti  di Franco  si ricava non in modo prescrittivo o dottrinale una visione una pratica oltre  l’individualismo e olismo come  due facce della stessa medaglia: la medaglia di un rapporto di potere, di una relazione asimmetrica dominata da una logica classista. Leva di questo rapporto   è intuito e rappresentato nella categoria  della “ singolarità” come concetto risultante dalla tensione interna a questo tipo di nesso. L'instabilità delle singolarità all'interno di questa relazione, vengono definite come un elemento costituito dalle “relazioni che le 'attraversano', con la loro instabilità essenziale”. L'utilizzo del termine singolarità “denota l'attenzione per un'individualità concreta” e per la sua “dimensione 'situazionale' […] soggetta al dinamismo e alla mutevolezza degli eventi, secondo un continuo movimento” verso e con “l’altro-da-sé” in relazione  ad un vissuto e un progetto comunitario  sotto la sferza  della “provviosrieta’” che evita incrostazioni  e derive autoritarie delle “èlites”. E’ costante  il   richiamo a un universo di discorso ben preciso, che cerca proprio di pensare l'individuo e il soggetto al di fuori di una sua ipostatizzazione statica ma in un continuo cambiamento  e dinamismo concettuale e concreto. I concetti di soggettivazione e individuazione, nonché di transindividuale, sono considerati appropriatamente. La soggettivazione e l'individuazione fanno riferimento al carattere dinamico e mobile della singolarità che non può essere sclerotizzata in forme che risultano astoriche, dogmatiche, chiuse; la transindividualità che dalla riflessione poetica  o letteraria  passa e arriva ai temi marxiani attraverso i racconti dei  sentimenti, delle percezioni, dei pensieri e delle passioni che  aiutano a descrivere il carattere di scambio continuo che il concetto di singolarità instaura fra gli individui: uno scambio “metastabile” e continuo che difficilmente può essere afferrato continue ,mutevoli “comunità provvisorie”....lingue ...storie...culture ha caratterizzato il vario romanticismo europeo...una natura vivere del lupo libero...autonomo...consapevole e rispettoso della natura come luogo privilegiato e rispettato..degno di essere vissuto e raccontato con parole poetiche

Nessun commento: