Guardare la natura cercando la profonda unità nella diversità antropologica delle forme piacerebbe  che la “casa della paesologia” e Trevico
diventasse l’occasione di una verifica esistenziale ed  anche “filosofica” della esperienza e del
racconto  paesologico. Meditazione
“filosofica” giustamente virgolettata per non incorrere  in pregiudiziali equivoci di supremazie  razionali ….maschera  delle egemonie autoritarie di forme  di metafisica 
camuffata  anche quando “non si
accontenti  più di interpretare il mondo
e  di vagare in speculazioni astratte
e  si dia da fare  per  di
trasformare praticamente il mondo” (Heidegger).Ma  siamo ancora  nella pretesa di una “ermeneuitica “ che resta
dentro  il viaggio  che “vuole cambiare il pensiero che …..si
mette in cammino  verso ciò che è degno
di essere pensato” (Idem).Siamo al paradosso 
di una ricerca dell’oltrepassamento del pensiero razionale  ancora 
nella metodologia della critrica-sospetto-accettazione-approfondimento. Un
pensiero  certamente  non 
supinamente  appiattito ad  una lettura che può intendersi come
“liberale”, secondo la quale il rapporto fra individuo e comunità viene pensato
come pendente in favore dell'individuo e di una sua rivendicazione di diritti
in qualche modo inalienabili, e una lettura “olistica”, secondo la quale
l'individuo viene schiacciato da una comunità che lo sussume e ne indica
l'agire. La paesologia  è drastica  nei suoi postulati  e nelle sue finalità : non vuole essere  un sapere 
del riscatto e del potere  nel
gioco delle tipologie  borghesi del
“potere….macro o micro” ma un sapere 
connotato dall’aggettivazione sostanziale  della “resa”. La resa  non è la virtù degli ultimi, dei deboli,
degli emarginati, proletari, contadini poveri ecc. Supera  con un taglio netto epistemico  le categorie 
sociologiche, economiche  e
politiche  classiche. La paesologia  ha una sua sostanza ermeneutica che non è la
confusione “della notte hegeliana in cui tutte la vacche sono scure”  e  non
rivendita una sua peculiarità interpretativa 
e di racconto  della “grande
vita  dei piccoli paesi” abbandonati,
periferici, terremotati rispetto  al
centro direzionale della razionalità 
borghese-moderna-occidentale. Non cerca un spazio emergenziale di crisi
per descrivere o denunciare  la
crescente  omologazione delle strutture
politiche, economiche, culturali e sociali del potere centrale  metropolitano e freddo.Non è nenche la
risposta alternativa e rivoluzionaria dei perdenti, gli ultimi, gli abbandonati
miranti ad un pensiero altro come riscatto 
o ricerca di potere.Non sarà mai una nuova teoria per una diversa e
universale“interpretazione o cambiamento” del mondo.Pensa  e sente il vivere in comune  ancora valido come motivazione, sentimento,
passione , ma non come programma e meno che meno “uno statuto costituente”.Gli
abitanti  e viventi dei piccoli paesi
degli appennini   del mondo  e del nostro paese non sono  lo scarto economico del capitalismo
finanziario ma sono  quelli che  vivono come valore  i margini 
del sociale, gli azionisti inutili 
non del pensiero, dei sentimenti e delle passioni. La vita  percettiva e pensata  dei territori 
ancora  incontaminati e dei
paesi  abbandonati  non è “debole, emarginata,oppressa” ma è ricca
,ardente, appassionata, viva  e
attiva  nella sua  operosità e 
lentezza.Ci van bene Marx o Heidegger  
nella  richiesta di tenere  i piedi ben piantati nella terra  o ricordare 
che questa terra  sia
costantemente in movimento,in trasformazione, conflitto.Franco Arminio non ha
la pretesa di descriverci in modo corretto, autentico e originale  questo nostro mondo riferimento vitale i
conflitti  delle interpretazioni contro
la conservazione delle norme , delle abitudini, dei valori , dei principi
naturali o razionali.Il suo pensare  il
prorio “io” con i pedi e le unghia conficcate nella terra in una tensione
radicale progressiva opposto agli ordini 
esistenti  macro e micro.E’ di
fatto  un pensiero poetante che di
fatto  va oltre  la descrizione oggettiva, l’intuizione
estetizzante, la percezione scientista, la critica alla metafisica e alla
filosofia astratta che riconosce come conseguenze  e non solo cause del  regime di soggezione e del dominio della
cultura borghese moderna.Sapendo comunque 
che le pretese universalistiche e 
razionali della verità comunque si realizza e si pratica  nell’imposizione sulle differenze  e sulle identità individuali e territoriali.La
paesologia non sarà mai per costituzione teoretica ed etica  disimpegnata, terza, contemplativa, neutrale
ma  pratica. Provvisoria ed attiva per
interessate, progettuali possibilità nella decentralizzazione  teoretica delle civiltà europee  e mondiali.Dagli scritti  di Franco 
si ricava non in modo prescrittivo o dottrinale una visione una pratica
oltre  l’individualismo e olismo come  due facce della stessa medaglia: la medaglia
di un rapporto di potere, di una relazione asimmetrica dominata da una logica
classista. Leva di questo rapporto   è intuito e rappresentato nella categoria  della “ singolarità” come concetto risultante
dalla tensione interna a questo tipo di nesso. L'instabilità delle singolarità
all'interno di questa relazione, vengono definite come un elemento costituito
dalle “relazioni che le 'attraversano', con la loro instabilità essenziale”.
L'utilizzo del termine singolarità “denota l'attenzione per un'individualità
concreta” e per la sua “dimensione 'situazionale' […] soggetta al dinamismo e
alla mutevolezza degli eventi, secondo un continuo movimento” verso e con
“l’altro-da-sé” in relazione  ad un
vissuto e un progetto comunitario  sotto
la sferza  della “provviosrieta’” che
evita incrostazioni  e derive autoritarie
delle “èlites”. E’ costante  il   richiamo a un universo di discorso ben
preciso, che cerca proprio di pensare l'individuo e il soggetto al di fuori di
una sua ipostatizzazione statica ma in un continuo cambiamento  e dinamismo concettuale e concreto. I
concetti di soggettivazione e individuazione, nonché di transindividuale, sono
considerati appropriatamente. La soggettivazione e l'individuazione fanno
riferimento al carattere dinamico e mobile della singolarità che non può essere
sclerotizzata in forme che risultano astoriche, dogmatiche, chiuse; la
transindividualità che dalla riflessione poetica  o letteraria  passa e arriva ai temi marxiani attraverso i
racconti dei  sentimenti, delle
percezioni, dei pensieri e delle passioni che  aiutano a descrivere il carattere di scambio
continuo che il concetto di singolarità instaura fra gli individui: uno scambio
“metastabile” e continuo che difficilmente può essere afferrato continue
,mutevoli “comunità provvisorie”....lingue ...storie...culture ha caratterizzato il vario romanticismo europeo...una natura vivere del lupo libero...autonomo...consapevole e rispettoso della natura come luogo privilegiato e rispettato..degno di essere vissuto e raccontato con parole poetiche
martedì 31 ottobre 2017
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