conversazioni
di franco arminio
era molto che non parlavano di dio.
forse a parlarne c’erano altri
e c’ero io, forse eravamo
umanamente comprensivi
del nostro non comprendere
e in tutto questo eravamo compresi
da qualcuno, forse dalla sedie
su cui stavamo seduti,
dai quadri alle pareti, fermi più di noi
e
muti.
La poesia ha il privilegio e lo schermo di essere intellettualmente apolide e libera e non abita la contraddizione ” umana,troppo umana” della scelta tra l’ideale della Bellezza e del significato del Reale , tra la centralità dell'uomo o della sovranità di Dio. Il poeta vive l’esperienza della possibilità dell’estraneità o sudditanza dell’uomo alla Terra fidando e usando il potere del linguaggio e si permette di irridere la ragione quando si fà atratta ed autoritaria e di portare pur il silenzio della natura e della morte alla trasparenza della parola e al formalismo mortuario del significato. La poesia di oggi, resa esperta, dalla più recente storia, della catastrofe dell’umano e dallo scacco della ragione, cerca altro nelle macerie del linguaggio ,del sentimento,delle passioni e delle idee: non nuovi ‘significati’, ma un più antico suono,non l'armonia dell'universo ma il silenzio dello spirito e il respiro del corpo. Accostandosi premurosamente alla natura e driblando con estro la Verità, questa poesia ridà alla parola significante il peso e l’umore della terra, delle erbe, delle pietre, degli animali e anche dell'uomo. Una “ragione poetante” , alleggerita dalla egemonia della logica pura , dello scientismo dissacrante e matrialistico o delle metafisiche camuffate da fedi militanti, ha appreso, e ci ha appreso che, oltre lo stare-insieme nella 'polis', v’è, anche per l’uomo, la possibilità di un più
aperto, ospitale stare-accanto nella 'comunità', anche nell’esperienza del sacro e non adagiarsi comodamente seduta su “sedie” immobili e ‘ferme’ o peggio “mute” e appese decorative come “quadri alle pareti” .
di franco arminio
era molto che non parlavano di dio.
forse a parlarne c’erano altri
e c’ero io, forse eravamo
umanamente comprensivi
del nostro non comprendere
e in tutto questo eravamo compresi
da qualcuno, forse dalla sedie
su cui stavamo seduti,
dai quadri alle pareti, fermi più di noi
e
muti.
La poesia ha il privilegio e lo schermo di essere intellettualmente apolide e libera e non abita la contraddizione ” umana,troppo umana” della scelta tra l’ideale della Bellezza e del significato del Reale , tra la centralità dell'uomo o della sovranità di Dio. Il poeta vive l’esperienza della possibilità dell’estraneità o sudditanza dell’uomo alla Terra fidando e usando il potere del linguaggio e si permette di irridere la ragione quando si fà atratta ed autoritaria e di portare pur il silenzio della natura e della morte alla trasparenza della parola e al formalismo mortuario del significato. La poesia di oggi, resa esperta, dalla più recente storia, della catastrofe dell’umano e dallo scacco della ragione, cerca altro nelle macerie del linguaggio ,del sentimento,delle passioni e delle idee: non nuovi ‘significati’, ma un più antico suono,non l'armonia dell'universo ma il silenzio dello spirito e il respiro del corpo. Accostandosi premurosamente alla natura e driblando con estro la Verità, questa poesia ridà alla parola significante il peso e l’umore della terra, delle erbe, delle pietre, degli animali e anche dell'uomo. Una “ragione poetante” , alleggerita dalla egemonia della logica pura , dello scientismo dissacrante e matrialistico o delle metafisiche camuffate da fedi militanti, ha appreso, e ci ha appreso che, oltre lo stare-insieme nella 'polis', v’è, anche per l’uomo, la possibilità di un più
aperto, ospitale stare-accanto nella 'comunità', anche nell’esperienza del sacro e non adagiarsi comodamente seduta su “sedie” immobili e ‘ferme’ o peggio “mute” e appese decorative come “quadri alle pareti” .
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