in piazza zio giovanni stamattina
era solo,
sono entrato all’edicola
e mi è sembrato che non potevo restarci
senza udire qualche zizzania.
sono salito sul comune e mi hanno detto
che domani si farà quella cosa che non si fa
da vent’anni.
all’uscita di scuola le maestre sono tristi.
il terremoto è una cosa che accade ogni tanto,
è una cosa che sapete, come il fatto
che in questi giorni fa buio presto.
zio giovanni a quest’ora sta mangiando
l’edicola è chiusa, mio figlio
si è messo davanti al televisore.
intanto una parlamentare ha orgogliosamente
rettificato il numero dei morti
e un ministro ha annunciato che
i castelli devono diventare alberghi.
questa poesia non può illustrare i vent’anni
che abbiamo passato a parlare di terremoto
ed è come le cose che si scrivono sui giornali
e quelle che si dicono alla televisione
o nelle case. non c’è scampo, e non c’è niente
da celebrare. il fiato è corto.
la vita e la morte si celebrano da sole
ogni giorno
e quasi mai hanno bisogno del nostro apporto.
franco arminio
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