lunedì 8 ottobre 2018


Riace : un'occasione di rivitalizzazione e compassione.
di mauro orlando


Una delle benefiche conseguenze della postmodernità è il processo che ha visto imputata la ragione occidentale, costretta a un’autoanalisi critica e relativizzante dei suoi fondamenti e rilettura storica del suo tragico e ricco Novecento. La compressione spazio-temporale operata dalla globalizzazione degli ultimi decenni del "secolo breve"ha significato per tutto l’Occidente un processo inedito di avvicinamento di mondi lontani e di costrizione alla convivenza con altre culture e forme di razionalità prima ignorate.L'italia per la sua esposizione geografica come cerniera con l'Africa tutta e la sua centripeta posizione culturale e religiosa ne è stata coinvolta nel bene e nel male che ogni fenomeno di tale portata tracsina con sè come un fiume in piena che rompe argini e territori non protetti.Oggi che l’altro, il lontano, non è più facilmente eludibile, la negoziazione tra valori spesso considerati diseguali prorompe sulla scena. Lo vediamo non solo nelle turbolenze interne,nelle incomprensioni tra umori ,paure e idee ma anche sull’altra sponda mediterranea..... strozzata da una "modernità disegualee incivile".Riace cosa vuole rappresentare nel suo aspetto simbolico, utopistico, reale in questa situazione complessa, conflittuale e ricca di opportunità o di misfatti umanitari al limite del genocidio naturale e politico.Anche per noi nati nel mito e nella scelta consapevole del "progresso" dall'Illuminismo in poi è tempo di scelte dolorose ma radicali.Tertium non datur .....accoglienza o rifiuto.
Installarsi non ingenuamente in un orizzonte multiculturale significa disfarsi dell’ideologia dell’equidistanza, accogliere col beneficio del dubbio ogni pensiero della comunicazione simmetrica. Intavolare discussioni alla pari; postulare veli dell’ignoranza à la Rawls per riprodurre il terreno della razionalità universale, è una strategia non sempre attuabile. Il rischio è che i tavoli siano sbilenchi, i veli fin troppo sottili, che dietro tali artifizi del dialogo si mascheri il dominio di una sottaciuta rigidità, un universalismo tanto piú etnocentrico quanto piú ambizioso nell’ergersi a paradigma “non negoziabile”.
Invece pluralismo significa anzitutto riconoscimento di asimmetria, differenza, conflitto, opacità irriducibili. Qui la condizione, qui anche la sfida. La reductio delle differenze non è detto che sia operazione utile e feconda.In particolare per gli uomini del mediterraneo nostrano e del sud dei sud dell''Europa fredda ,la voce del pensiero “mediterraneo” ha la necessità naturale e scelta culturale di considerare tutto questo risorse irrinunciabili per la nostra vita civile, emotiva e culturale oltre che politica . La nostra terra meridiana è stata ed è crocevia di svariate culture, da sempre luogo di incontro/scontro tra civiltà, il mare nostrum che collega Europa a Paesi arabi e mediorientali ed è di fatto il laboratorio ideale per situarsi nel nuovo spazio di gioco inaugurato dalla contemporaneità.E' quindi un obbligo morale e politico e salvezza intellettuale essere con "Riace" è la sua "bella utopia"in via di realizzazione anche accettando tutti gli scogli malevoli e pigri che il pensiero corto della politica politicante mette in campo per esprimere la propria pochezza umanitaria e la volgarità delle proprie argomentazioni etnofobiche e razziste.

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