…la tragedia di Tiresia
….E’ da sei mesi che non ascolto
i telegiornali e meno che meno le trasmissioni di
approfondimenti politici di tutte le tv nazionali. Una disintossicazione
necessaria e utile anche se pericolosa per la democrazia. Viviamo un tempo dell’improvvisazione e del pressapochismo politico e informativo e
non era questo che nelle nostre passate esperienze avevamo immaginato .Ma più grave è la “involuzione antropologica” che si è metastatizzata
nell’intera società. Siamo noi a non capire o sono gli altri a non spiegare e
forse ad improvvisare essi stessi ? A livello conoscitivo e di ricerca avevamo
immaginato scenari complessi ma comunque governabili dalla “politica” oltre “lo stato pura di natura” hobbesiana senza cambio di “sovranità
e rappresentanza”. Oggi viviamo in modo
nebuloso un mondo sociale in cui i corpi si
materializzano nelle piazze
e nelle strade in modo
occasionale e provvisorio.Parlo di corpo e non di mente perché tutto sembra inconsapevole
e irriflessivo. Si partecipa senza decisioni autonome e senza domande o
pretese. La convocazione avviene in modo occasionale e temporaneo attraverso quella realtà dematerializzata che
è la Rete, dove lo spazio è abolito, il
tempo reso istantaneo e le persone fanno la loro comparsa con la vicaria
complicità di quel loro sosia che è l´alter ego digitale. Certo c´è una bella
discontinuità tra l´agorà antica, dove le parole erano accompagnate dai gesti,
i gesti dagli sguardi, e gli sguardi, tradendo le intenzioni, potevano
smascherare il mai risolto gioco tra menzogna e verità. Una bella differenza
anche dalle grandi “manifestazioni di massa”
degli anni 70/80. Ma se guardiamo le cose più da vicino questa
discontinuità si riduce, se è vero che il modo occidentale di pensare, nelle
sue espressioni matematiche e filosofiche, ha preso avvio proprio dal rifiuto
della percezione sensibile rispetto al pensiero logico .La “res cogitans e la
res extensa” cartesiana aveva portato
all’illuminismo e alla grande rivoluzione francese.Il Novecento poi ha cercato di “destrutturare” il
tutto ha subito l’esperienze
di due rivoluzioni totalitarie .La seconda metà del 900 con la democrazia restaurata si è inaugurato quel pensiero immateriale che trova la sua
articolazione nei costrutti della mente, che consentono di approdare a quella
realtà considerata perfetta, perché liberata dai limiti della materia. Non a
caso, scriveva Platone: «Ci avvicineremo
tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo». E 2000 anni dopo,
Cartesio, inaugurando il metodo scientifico, scriveva: “Dato che i sensi a
volte ci ingannano, volli supporre che nessuna cosa fosse tal quale i sensi ce
la fanno percepire, perché non conosciamo i corpi per il fatto che li vediamo o
li tocchiamo, ma per il fatto che li concepiamo per mezzo del pensiero”.Se
questa è la tradizione del pensiero occidentale, che ha preso avvio nell´agorà
greca dove si insegnava a prescindere dai limiti della materia, quindi dai
corpi e dai sensi, c´è perfetta continuità tra l´iperuranio platonico,
l´astrazione matematica, il cogito cartesiano e la realtà virtuale, capace di
dare, nella comunicazione dematerializzata, l´effetto della realtà materiale
senza i condizionamenti della materia. La diffusione del telelavoro, la
cibernetica come pensiero, l´osservazione di realtà altrimenti inosservabili
proprie della biologia molecolare e della genetica, fino al sesso virtuale con
partner virtuali, o l´ideazione di una “second life” rispetto a quella
insoddisfacente che ci capita di vivere hanno fatto dell´agorà virtuale
qualcosa di più potente e di non meno reale dell´antica agorà materiale. Ma ciò
che è davvero sorprendente è che l´agorà virtuale trae spunto proprio dal tipo
di pensiero che nell´antica agorà greca è stato inaugurato come paradosso e con
altri fini . Protagonisti della società virtuale sono i giovani, che nella
società reale nessuno convocava , nessuno chiamava per nome. Trascurati dal mondo adulto, essi
hanno carsicamente inaugurato piazze dove si incontravano, e dove il mondo
adulto, che li ha esclusi, con qualche difficoltà ha avuto ed ha possibilità di
accesso. Il loro comunicare, chiamarsi e
convocarsi per via telematica ha segnalato una modalità di socializzazione e di scambi
relazionali non ancora abbastanza considerato dal mondo adulto, che sotto
questo profilo appare arcaico, sordo e cieco. E in questa segnalazione sembra
ci sia la configurazione del futuro, che solo chi è
giovane è in grado di progettare e sognare. Nella proiezione del futuro ci sono
i segni del cambiamento e noi non riusciamo non solo ad intercettare ma a
capire o contrastare . Si tratta di un cambiamento che è radicale perché
avviene in un linguaggio, quello virtuale, che un potere troppo vecchio nelle
sue abitudini mentali e nei suoi schemi percettivi non solo fatica a capire, ma
neppure ne scorge la forza e la potenza. Perché è potenza comunicare senza i
limiti dello spazio, senza le attese del tempo, senza la grevità dei corpi,
senza l´ingombro della materia. E proprio qui può nascere quello spiraglio di
speranza che giustamente i vecchi saggi preventivavano per i giovani non nella
concessione generosa del mondo adulto.
Il futuro i giovani non lo hanno atteso o lo attendono più dagli adulti. Con la loro
piazza virtuale semplicemente se lo sono preso….per farne cosa non ancora lo sanno ma sicuramente non per
accontentare o ingraziarsi gli adulti.
Tiresia
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