La forza dei paradossi risiede in
questo: non sono contraddittori, ma ci fanno assistere alla genesi della
contraddizione. Il principio di contraddizione si applica al reale e al
possibile, ma non all’impossibile da cui deriva, cioè ai paradossi o, piuttosto,
a ciò che rappresentano i paradossi»
Strana figura
retorica il paradosso .”oltre…avanti”
la comune “opinione”…teme il “
buon senso” o la “reductio ad absurdum”. Gran maestro lo “spietato Zenone” esercitava a Velia la sua disputa filosofica col grande Parmenide sulla base del buon
senso e della dimostrazione pratica della sua impossibilità (”Il suono mi dà
vita e la freccia mi uccide” facendo
ricorso anche ad una logica formale superiore alla norma per superare le insidie ”l’ombra di tartaruga
per l’anima” nella corsa
improbabile di Achille “piè volece” e la Tartaruga “lentissima”. Il
paradosso scatta quando urge una forma superiore di conoscenza (è, peraltro,
questo uno degli insegnamenti maggiori di “maestri in paradossi” quali Pascal o
Kierkegaard che se ne sono costruiti un’affilatissima arma dialettica. Più
confacente al modo di vivere contraddittorio e logico della modernità è l’uso esistenziale di Valéry riguardo alla stessa vita come
“paradossale” modo di essere .Egli sceglie
la strada e la forma
della “composizione” …. come un’altra vita da vivere,
dopo quella dell’astrazione ,della dialettica, della metafisica e del paradosso.Un
solo esempio quale l’inserzione (seppure
essa sia stata animata da un sentimento di assoluta libertà) dei paradossi del
moto sia stato evento casuale o frutto di un movimento intellettuale repentino
(il caso dell’onda marina che scuote lo scafo della nave, richiamato da Valéry
stesso, è emblematico di un simile modo di pensare comune): i due “falsi”
modelli di moto sono il simbolo di ciò che blocca, ferma, impedisce la vita e
il pensiero in maniera definitiva e, come tali, sono proprio “quello che l’uomo
“non può” in quanto ne negano ogni
potenzialità ed ogni opportunità costitutivamente. “Tentare di vivere”
significa, forse, ritornare a pensare la totalità: con lentezza, con pazienza,
con la convinzione che non si raggiunge definitivamente l’obiettivo se
non costruendolo. Anche di questo, tuttavia, consiste l’avventura estetica.Ben
altri problemi crea l’uso del
“paradosso” nelle scienze positive e soprattutto in “politica”.La “politica politicata” degli
ultimi dieci anni italiani si potrebbero
definire un classico e un esempio
paradossale dello “spirito civico
e politico” della società italiana nel suo complesso.Si può ben applicare a noi
il famoso paradosso dei “due gelatai riguardo i comportamenti
politici dei partiti paolitici e degli elettori potenziali. “I due
gelatai” rappresentano le classiche colalizioni di “destra e di
sinistra” che epr avere più voti (vendere più gelati) tendono a spostarsi verso
“il centro” come si suol dire
sacrificando “le ali estreme” che
intimoriscono gli elettori
postprima repubblica.Un po’ di tagli ai principi e valori troppo
“ideologici e voilà …”un bel
programma politico verso innocue e rassicuranti “posizioni
centriste”.Inoltre sempre restando in
“metafora” che i bagnanti più estremi
della spiaggia , scoraggiati dalla troppa distanza, rinunciano al gelato stesso
astenendosi o scegliendo “una bibita fresca” piuttosto che il gelato. Messe in
sordina le pregiudiziali ideologiche e culturali delle dottrine politche della modernità e dei residui del “secolo breve, lo scontro politico oggi
non investe più i grandi principi della costruzione della società,in temini
“comunitari o immunitari” o in termini rouossoiani o hobbesiano sulle priorità
tra stato e società ma in base ai criteri e possibilità di godimento dei
benefici che il sistema produce e distribuisce. Non ci sono più nemici da
distruggere ma concorrenti da battere secondo regole virtualmente consensuali.
Si apre così la lotta per lo sfruttamento unilaterale delle "regole del
gioco". Il risultato non è la pacificazione sociale, ma la creazione di
conflitti più sofisticati.Il “paradosso” resta
una brillante figura e lettura retorica della realtà effettuale
mentre l'apoteosi del calcolo e del
comportamento strategico suppliscono una
riduzione della “politica ad ancella dell’economia” o anche a un rimedio
ultimo alla fase adulta o del tramonto della democrazia.Il comportamento strategico o
tattico si risolvono in una scelta tra le varie forme dei "giochi" o di altri modelli della "scelta
razionale" sociale e pubblica nel “marketing” del consenso e delle vendite.
In questa ottica si collocano i problemi della acquisizione dei "beni
pubblici", le strategie miste di cooperazione e conflitto tra capitale e
lavoro, le logiche di coalizione tra partiti che rimangono in competizione tra
loro solo per fini elettorali e e di
occupazione di “poteri” provvisori e a tempo..I nuclei centrali di questa
problematica sono colti dalla "teoria dei giochi" e dall'analisi del
"paradosso del voto", in una prospettiva teorica ma anche attraverso
esempi concreti. Di particolare interesse sono i problemi connessi al voto e
quindi alle incongruenze tra preferenze individuali e preferenze collettive,
che sorgono nella scelta elettorale. I teoremi del "paradosso del
voto" spiegano queste incongruenze, aiutandoci a capire il nesso esistente
tra la scelta sociale, decisione politica e autorità. Una nuova “scienza
politica” pratica e produttiva di consenso
non definitivo pensata da specialisti studiosi di scienze politiche e
sociali “neutre”, che intendono far a acquisire una prima, seria e critica conoscenza
di approcci che sono diventati correnti nelle scienze sociali ,aziendali ed
economiche internazionali..La paradossale
ascesa del mov 5 stelle
per
certi versi e le sue
caratteristiche di “paradosso
aziendalistico” ne è un esempio non
ancora del tutto analizzato e compreso…..
mauro
orlando
Nessun commento:
Posta un commento