martedì 19 luglio 2016



....amo i poeti.....
di mauro orlando


Amo nei poeti Il talento bizzarro, volatile, non catturabile ….. poeta e antipoeta, antinarratore da romanzo ma narratore per flasch quasi aforistici. Un poeta paesologico è , in modo ossimorico, “atopico”, “fuori luogo” e poco localizzabile e nello stesso tempo “incarnato” “ con le mani conficcate “ in una terra , con l’occhio della rana in un paesaggio non come incrostazione topografica ma con lo sguardo del cane randagio con anima leggera che educa l’occhio velato dalla inconsistenza effimera dei tanti…troppi prodotti letterari e fotografici. Un poeta deve saper essere crepuscolare e futurista per gioco , ironico e sarcastico non per cinismo ma per amore delle cosa e degli uomini senza prudenze e metodi. Un istinto letterario naturale che di fatto congiunge la leggerezza di Palazzeschi (futurista per gioco ma alquanto crepuscolare) e quella di Calvino (umoristico per prudenza e con metodo). Su analogie e differenze che si sanno coniugare in provvisori atti creativi che sanno essere nel contempo “ inno alla vita” e “difesa e tutela dal frastuono della vita” Una vita che la “modernità incivile,indebolita e nihilista” rende confusa e dispersiva dispersione, come caos che non riesce a farsi mito ma solo icona di un tempo volatile e inafferrabile.Una leggerezza che è equilibrio …. eros e danza come due donne dionisiache irrefrenabili nel gioco dei corpi in una tarantelle cilentana..Una leggerezza che sappia essere trasgressiva e rivoluzionaria e pacificatrice con la terra e con gli uomini che sono esclusi e emarginati dal flusso caotico di una storia antiumanistica.Una leggerezza che è stanchezza e piacere di vivere, cinica per amore delle debolezze umane e lirica speranza e la fiducia in un mondo migliore fuori dai panegirici dell’epica.. Si è dentro ed oltre il gioco postmoderno come nella ricerca nei sentieri del bosco della vita i suoi “chiaro scuri” crepuscolari più che “ i segnavie”filosofici pur scetticismo o criticismo della ragione. Il poeta lirico paesologico coltiva il tragico disincanto di chi osserva con sgomento la vertigine per gioco avverte 'il senso di un mondo precario, in bilico, in frantumi', mentre lampeggiano improvvisi bagliori 'd'un mondo pericolante' e insensato. Si potrebbe provvisoriamente concludere che “il sapere arreso” della paesologia ama destrutturare e criticare la società borghese in nome della vita fingendo di sorridere pur fiutando una fine d’epoca non inseguendo vecchi ideali e utope irrisolte ripartendo dalla ricerca concreta della “grande vita nei piccoli paesi” dei terremoti, degli abbandoni , delle crepe, dei dirupi , dei margini come terreno solido e creativo per far ripartire la vita come “comunitas” …”cum munis-dono”……e “immunizzarsi” dagli scoraggiatoti militanti, i piromani del rancore, i luminari della sfiducia che hanno avuto fin troppe occasioni in questi anni per rafforzare la loro egemonia morale sui territori dell'italia interna.Quelli che carlo levi chiamava i luigini ….. arruolati in ogni paese e girano con il lucchetto in mano per chiudere ogni spiraglio di novità” Una poesia militante e paesologica come ….” bisogno di una spinta rivoluzionaria e …. Casa aperta e libera della paeosologia, per avere un luogo dove ci possa essere una militanza felice, una militanza nuziale di politica e poesia”.F. Arminio.

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