lunedì 3 dicembre 2012
Elisir d'amore per .....la poesia.....
mercoledì 26 settembre 2012
Elisir d'amore per ........i chiari di bosco....
domenica 16 settembre 2012
Elisir d'amore .........per un ricordo...
La nostra anima della memoria è diventata “vintage”?E’ giusto ancorarci a situazione ricche di passioni calde ed oggetti del passato del sentimento come forma rassicurante di una dimensione dell’anima politica perduta non trovando appa...gamento e continuità nel presente. Il “vintage” non è ricordo ….. è una forma possibile di vivere o organizzare la nostalgia? Il passato si presta ad essere riempito di cose ideali dal momento che il presente è bulimico di momenti fondanti,di toppe pregresse di senso. Ci si abitua a d un parossismo del pensiero che cerca se stesso e sfinisce per trovarsi dappertutto in una canzone,un oggetto,un vecchio quaderno d i appunti e quant’altro. “tutte le storie ne contengono una –scriveva Kundera- che non è stata ancora raccontata e che probabilmente non verrà raccontata mai”. Il senso mitico dell’infanzia,di Babbo natale e del gioco come forma del mondo…era il tempo degli Dei di Eraclito che giocavano con gli elementi con la natura e a dadi con gli uomini. Oggi al mitologia possibile delle origini può essere l’antidoto ad un tempo che ci sfugge tra le dita e che non riusciamo a fermare e capire.Non abbiamo più radure che ci permettono di pender fiato nei nostri viaggi parossistici e superficiali in un presente complesso,complicato inafferrabile come Proteo. Mito è parola-racconto ma non parola delle merci che hanno bisogno di aggressività e asservimento totale della nostra mente e psiche..Pasolini ricreava un passato mitico nelle borgate reali o mai esistite, Leopardi li cercava ‘oltre la siepe’. Il vintage è al fenomenologia dello Spirito-merce che satura il nostro orizzonte di senso e che noi dobbiamo comprare per estendere quel senso a noi stessi.
mercoledì 5 settembre 2012
Elisir d'amore per ........la vita dopo la morte
lunedì 3 settembre 2012
Elisir d'amore .....sempre per la "bellezza".....
venerdì 17 agosto 2012
Elisir d'amore per .......un anno di speranza e di poesia
martedì 26 giugno 2012
Elisir d'amore per la .....politica e la poesia
giovedì 21 giugno 2012
Elisir d'amore per .......la leggerezza......
Elisir d'amore per .......la bellezza e la felicità
Dobbiamo pensare per non disperare che possa esistere o essere pensata una possibile nuovo modo di fare economia.Si parla di economia ‘noetica’. Una possibile nuova situazione in cui le visioni, i miraggi, le speranze segrete e inconfessab...ili, le introflessioni integrali, i mutismi e gli arresti incondizionati, le resistenze estreme e l’estrema inarticolazione dell’inoperoso diventano la prassi possibile per vivere e pensare “i piccoli paesi” dell’abbandono, e dei “terremoti”,delle emergenze o delle urgenze naturali o meccaniche. Essa, grazie alla sua razionalità metapoietica, fa dell’inespresso,del fantasioso,del sogno e del non pianificabile il suo oggetto perspicuo, che non lega le proprie sortie le sue finalità alla esplosione consumistica e sublimazione riproduttiva .
La bellezza e la felicità non sono parole indispensabili al vocabolario economico.......alla nostra vita: SI.
Elisir d'amore per ..........l'Irpinia che amiamo
giovedì 31 maggio 2012
Elisir d'amore per ........l'elaborazione della perdita.
lunedì 28 maggio 2012
Elisir d'amore per...i colori,i sapori, gli odori delle "parole"
Anonimo, VII secolo a.C.
“ Interrogammo i templi di Selinunte, il loro silenzio aveva più peso di tante parole”
J.P. Sartre e S. De Beauvoir
di mauro orlando
In questo spazio mi piace riscontrare un rispetto e una cura delle “parole”.La storia delle parole viene da lontano e dal profondo e scavare dentro di loro e come “cercare una rotta dentro di sé ,della propria storia e della propria terra”Quanti veli ,sedimentazioni,polveri sottili la modernità tecnologica ha accumulato sopra di loro e noi …abbiamo perso tutte le sfumature. E con le sfumature i sentimenti che le accompagnano e le provocano. Noi stiamo sentendo e praticando la “paesologia” scienza arresa ma esigente .” La paesologia è una forma d’attenzione. È uno sguardo lento, dilatato, verso queste creature che per secoli sono rimaste identiche a se stesse e ora sono in fuga dalla loro forma. Non sai cosa sia e cosa contenga. Vedi case, senti parole, silenzi, in ogni modo resti fuori, perché il paese si è arrotolato in un suo sfinimento come tutte le cose che stanno al mondo, ciascuna aliena allo sfinimento altrui” Franco Arminio .Noi in questo spazio ci sforziamo di voler bene alle parole e prendercene cura .E ci sforziamo di coltivare l’occhio del poeta per scoprire “la grande vita custodita gelosamente nei piccoli paesi”. Solo i poeti ,infatti,hanno avuto il coraggio sacerdotale di conservarne la forza (dinamis) visionaria e profetica frequentando “l’unica arte in cui la mediocrità è imperdonabile” ricordando sempre che “in Principio c’era la Parola,ma la Parola è stata tradita” (E. Pound).Ma al di là di questo senso di perdita teologico-metafisica a noi interessa la perdita dei loro colori sentimentali e passionali che nei nostri racconti non riusciamo a vedere e trasmettere normalmente agli altri. Oggi si parla di “colori del buio”con l’occhio folle e profetico del poeta .Buio che il nihilismo filosofico postmoderno e un teologismo eteronomo e precettivo ha scaricato in dosi massicce sulle parole colorate dei sentimenti e delle passioni. Andare al di là e dentro il tempo mobile e imprendibile della cultura e della storia e recuperare il sapore e i colori del tempo immobile dei bambini quando “..si giocava e immaginava , si immaginava e giocava.” Un bambino non sa di poter essere altro, vive in un tempo fermo al presente e al futuro prossimo. E nelle parole ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. Oggi ’ l’ecceziome, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l’animo . La più grande bellezza e l’infinita bruttezza partecipano del mistero. C’è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C’è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c’è nella febbre ,nell’incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile atto di chiarezza, di certezza improvvisa. Solo quando qualcosa sconvolge,provoca ci dice molto più di quel che siamo abituati a sentire. L’inspiegabile, l’unico, arriva come a scuoterti, svegliarti come da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini. L’uomo con le parole fredde della burocrazia e della tecnica televisiva ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando un linea dritta, tra immagini a specchi consueti.
martedì 22 maggio 2012
continua il viaggio paesologico ad Aliano
di mauro orlando
Il viaggio di Carlo Levi, politicamente e culturalmente determinante per intere generazioni di democratici e antifascisti meridionali, è l’esperienza profonda,punitiva e mortificante con la terra lucana intellettualmente e moralmente unica ed inimitabile. Il nostro viaggio in un contesto storico e sociale strutturalmente mutato di fatto deve misurarsi con la continuità con la precedente esperienza comunitaria e paesologica a Cairano e dovrà fare tesoro del lusinghiero e ricco incontro e coinvolgimento di persone disponibili a giocare la loro personale vita mentale e concreta nella possibile declinazione di due categorie apparentemente contrastanti ,locale e globale, che tanto ci inquieta e ci disorienta all’interno di una crisi occidentale che non si sta evidenziando solo nel suo aspetto strutturalmente economico. Franco ,particolarmente ispirato e propositivo, stimolato dal suo “demone paesologico”, ha pensato non solo “il luogo” ricco e gravido di storia e sacralità per continuare una possibile nuova esperienza culturale.E assieme alla necessità di ristabilire un rapporto di tipo nuovo con una realtà meridionale sociologicamente e psicologicamente immutata in un contesto di modernizzazione “con sviluppo e senza progresso” e una mondializzazione non solo economica ma soprattutto antropologica siamo obbligati comunque a partire dalla revisione delle nostre grammatiche e canoni culturali di riferimento. La “paesologia” come intuizione sempre da definire e sviluppare (è un “sapere arreso” ma vivo )potrebbe essere uno strumento conoscitivo originale e nuovo da mettere alla prova in una terra “lontana e paziente” ma ricca di fermenti e sedimentazioni culturali di grande valore. Non abbiamo risultati da raggiungere ma accasioni da verificare e tutto dipenderà dall’uso che ne vorremmo fare per il nostro futuro esistenziale e politico e il riscatto dei nostri territori tra le valli, tratturi ,calanchi e colline irpine e lucane. La drammatica e difficile esperienza di Levi potrebbe essere già un ‘canovaccio e un solco’ ,oltre ad essere un esempio di vita civile possibile su cui esercitare una metodologia ,non solo per destrutturare ma per costruire un analisi e verificare una esperienza .Essa non ci costringe intellettualmente ad un semplice riconoscimento di originalità,coerente onestà e profondità intellettuale del già scritto o detto ma per tentare “di riandare con la memoria” in questo mondo ‘altro’ che è la “terracarne” di ieri , di oggi e di domani e riproporre il tentativo di andare oltre con la paesologia per un nuovo sempre possibile inizio.
Una persona che ha intenzione di vivere e pensare un territorio del sud ha la necessità di rivendicare alla base della sua ricerca di funzionalità intellettuale e esistenziale non solo retaggi,esperienze e ricchezze culturali pregresse in modo consolatorio o di orgoglio culturale e identitario. Oggi bisogna rivendicare la categoria della “marginalità” e “fragilità”come capacità e possibilità di autenticità e originalità di stare e vivere contemporaneamente il mondo nel suo piccolo e nel suo grande. Si può vivere non con il vecchio schema della schizofrenia una bella esperienza emotiva e culturale a Cairano o a Aliano e il giorno dopo visitare una importante mostra alla Tate Gallery di Londra e una settimana dopo partecipare ad un convegno a Bombay sulle nuove tecnologie informatiche e il futuro delle economia mondiale. Lo spazio concettuale libero e liquido tra centro-margine-periferia si è aperto incondizionatamente e ci permette di verificare nei fatti e non solo nella volontà le idee ma soprattutto la nostra disponibilità e capacità di attivare volontà e strumenti per condividere “comunitariamente” anche le nostre individuali solitudini, introversioni, umori caldi e freddi, inquietudini e sogni .Non in una sorta di sopravvalutazione con sovrappesi culturali e professionali di sé stessi che ci costringe a costruire muri e barriere intolleranti non solo psicologiche per rifiutare o accettare gli ‘altri’. Sapendo che stare insieme può essere anche una sofferenza ,un esercizio faticoso di ridurre frammentazioni e chiusure e alleggerire pesantezze conoscitive e rigidità dottrinarie .Per iniziare questo nuovo viaggio di prospettiva necessita anche un viaggio nelle nostre storie mentali costruite su un eccesso di sviluppo accumulativi di saperi e un eccesso di ‘criticismo’ sedimentato o ossificato nelle nostre diaspore migratorie. “Siamo emigrati male e spesso ritorniamo peggio”. Ci siamo costruiti intellettualmente e professionalmente con una idea di acculturazione e sapere come possibile strumento per acquisire potere e riscatto su un diffidenza e non fiducia verso gli altri in termini sociali e politico. Cultura e sapere non è acquisire potere ma proprio una possibile possibilità di depotenziamento del potere e del sapere stesso. Con una tale idea di acquisizione di conoscenze,abilità, sapere come strumento di possibili poteri e riscatti anche la categoria economica e sociale di ‘disoccupazione’ nei piccoli e grandi paesi del sud e del nord del mondo può acquisire slancio progressivo e ideativo e riscatto individuale nella propria vita mentale e politica nei luoghi che ci è dato vivere hic et nunc. Dato per acquisito che la politica politicista va dunque sempre sospettata e criticata quando si barrica dietro la sua rigidità e illiberalità costitutiva e istituzionale ma soprattutto quando educa a coltivare pensieri corti e relazioni senza anima .Dobbiamo recuperare il nostro essere, pensare nei nostri piccoli paesi mentali e territoriali e ricostruire e stimolare una “società civile” ….. “serrata nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente” ma di nuovo conio e funzione che non segua i canoni e le categorie politologiche classiche e moderne che la mettano necessariamente e unicamente in contrasto con la “società politica” in una sorta di separatezza e superiorità solo concettuale. La differenza tra società civile e società politica è che una obbliga a pensieri lunghi e di prospettiva la seconda educa a pensieri corti e regressivi ingessati e condizionati nelle istituzioni. Noi abbiamo bisogno di mettere in campo con modestia e presunzione “pensieri e relazioni lunghe sapendo però che vivere insieme agli altri e confrontarsi non è mai stato perfetto,idilliaco,edenico.Bisogna diffidare chi ci ripropone “paradisi perduti” e chi ci lusinga con utopie di comunità utopiche e mitiche. Bisogna accettare le complessità e difficoltà nei possibili spazi di amori ,di sogni, di odi,di controversie, di rancori, di rimorsi ,di miserie ,lontananze,immobilità sempre disposti al rischio ma con “gesti eroici”ed autentici anche di intelligenze confuse ,provvisorie o smarrite mai dogmatiche e prescrittive. Massima vitalità anche in possibili massime disperazioni.
Nel solco dolorante e impegnato del viaggio di Carlo Levi con lo spirito provvisorio della nostra “comunità provvisoria” e transumante.
Mauro Orlando
lunedì 16 aprile 2012
Elisir d'amore per .....la paesologia "ministeriale"
faccio ogni giorno
l’imitazione di mio padre
che è stato qui tutta la vita.
Quelli che giravano il mondo
arrivavano ogni tanto a casa sua”
franco arminio
di mauro orlando
....a Pertosa (sa) ieri il ministro Barca e franco arminio ammiravano attraverso la grande vetrata le colline e il paesaggio mentre nella sala si consumavano velate e volanti parole nei giochi dei progetti, metodi e ….denunce e lamenti…. tra urgenze ,decisioni e responsabilità…..naturalmenete “nuove” e “originali”! Parole e concetti di una nuova modernità di una tecnica e di una economia teologica che comunque stenta a mettere l’uomo al centro ma sempre in disparte critico, corrucciato,arrabbiato ….sempre mezzo e mai fine.Ecco alcuni florilegi letterari e sociologici non solo tra il buon senso e senso comune:” la lingua napoletana non ha il futuro come tempo verbale”, “Sud …ospizio a cielo aperto”, ” bisogna proporre un ‘accisa per la felicità”, ” i luoghi hanno piacere e sentimento”, ” non costruire nuove “enclave” culturali”, “allungare le reti”, ” nei piccoli paesi….evitare l’occhio e la lingua lamentosa di chi si sta estinguendo”, “chi cerca soluzioni economiche a problemi economici è sulla strada sbagliata”(Einaudi)…………, ……..”la bellezza è il petrolio dell’Italia”, “il futuro o è un ipotesi o è un imbroglio se non sai declinarlo al presente”…..e cosi andando nel minuetto della new economy…. nuova sociologia, nuova politica …nuova metodologia e cultura ….Il cuore e l’anima paesologica comunque l’ha fatto da “padrona” non solo per il riconoscimento pubblico non formale del Ministro e del presidente della regione Lucania al suo poeta .Franco ha ribadito la necessità di rimettere al centro dei nostri sentimenti,concetti , idee e porgetti … la centralità dei “piccoli paesi dalla grande vita” partendo dal superamnto delle categoria del moderno …spazio e tempo”…. recuperando il concetto di “luogo” come concentrato della vita passata, presente e futura. ……”A parlare della fine della modernità sono in tanti, ma le cose vivono a lungo anche dopo che sono finite, perché devono finire prima di tutto nella nostra testa. Il modello della crescita tanto osteggiato da intellettuali come Latouche, viene da molto lontano e non può essere ribaltato da un altro modello economico ma da un altro modello del sacro. Si potrebbe dire che la crescita come noi la concepiamo ha molto più a che fare con Cristo che con la borsa. Gli alberi in questi giorni fioriscono grazie alla loro generosa intelligenza e non perché si pongono il problema della crescita o della salvezza. Fino a quando non usciremo da questa ossessione di stare dentro un tempo lineare che ci deve portare a una qualche forma di salvezza, saremo sempre istigati a usare il mondo come una cava da cui estrarre merci e concetti per distrarci dalla morte.
La modernità è stata un lungo equivoco che ha migliorato le condizioni di vita materiale, ma ci ha isolato dai nostri simili e dalle altre creature del pianeta. L’io cartesiano è un sarto che ha preso le misure al mondo e gli ha fatto un vestito che è una camicia di forza. Ci siamo staccati da quello che una volta si chiamava il creato, considerandoci le uniche creature intelligenti del pianeta e invece siamo solo la specie più anomala e presuntuosa”.
mercoledì 28 marzo 2012
elisir d'amore per .......il desiderio...
PAURA E DESIDERIO, dialoghi immaginifici: tra l’angelo Mercuzio e il Clown Nanosecondo
Carissimo Mercuzio, angioletto mio,
Sai, ieri mi sono fatto visitare in ospedale avevo paura per il mio cuore infranto, ma poi mi hanno detto che è intero e sano.
M: Mi sembra di capire che tu consideri il sentimento di “paura” come un momento debole della tua vita mentale e sentimentale. Prova a usare “pensieri lunghi ed a vedere che un connubio tra paura e ragione può essere evocato per uscire dalla minaccia della morte e per fare il proprio ingresso nella vita civile e comunitaria consapevole e responsabile. La possibilità per l’uomo di emanciparsi dalla condizione naturale risiede infatti “in parte nelle passioni e in parte nella sua ragione.” Le passioni che inclinano gli uomini alla pacificazione dei “demoni caldi e freddi” che configgono nella propria anima possono essere indirizzati nel timore della morte e del niente eterno, il desiderio di quelle cose che sono necessarie per condurre una vita comoda, e la speranza di ottenerle mediante la loro pratica. La ragione poi suggerisce convenienti articoli di pacificazione, ordine su cui gli uomini possono essere tratti ad accordarsi per vivere i propri conflitti e il proprio caos primigenio e naturale.….Questi articoli sono quelli che vengono altrimenti chiamati leggi di natura…
Sai, Mercuzio, io però avevo paura anche se la paura nasceva da un desiderio. Ma come è possibile desiderare senza aver paura? Beh! Si, lo so! Il mio è un desiderio che forse non posso più permettermi? Amare ed essere amato. Eppure mi hanno detto che lo spirito se nasce da un corpo è la meraviglia delle meraviglie, ed io posso desiderare tutto ciò senza più paure?
M: Desiderio è parola chiave, parola elettiva dai tanti significati e molteplici risvolti affettivi .Il desiderio in genere non nasce dalla nostra volontà e decisione. E’ un folletto generoso e avaro che non si lascia padroneggiare dal nostro “io”. Crea non assuefazione, ma senso di perdita e di vertigine e sfida sia la forza di gravità nel tempo e nello spazio sia la sfida cognitiva della relatività. Si serve della paura come gioco di inciampo, sbandamento e perdita di padronanza con turbamento dell’animo umano e rimessa in dubbio di tutte le convinzione consolidate. In quanto al connubio con l’amore ….il suo status diventa esplosivo e pericoloso per l’intero “io”, anche se ciò potrebbe far nascere uno spirito immortale.
Beh lo so mi dirai che non si può avere tutto dalla vita per giunta poi l’immortalità dell’amore come desiderio senza più paure. Ma è un pò che vado in giro con la mia moto del tempo, a cercare questo amore, e non riesco a capire ancora se l’ho trovato oppure no, come faccio a non aver più paura di cercare?
M: Quante sono grandi le tue contraddizione e quanta confusione nella tua ricerca di questo “amore”. Se ti può servire è il gioco prediletto dalle divinità da sempre con i mortali che amano inventarsi di tutto pur di non affrontare di petto questa loro debolezza. Tu usi la “moto del tempo” per scappare dalla realtà che ti va stretta e ti affligge. Altri usano le parole e la poesia. Altri il pensiero rotondo come sfera e cangiante come un fiume. Altri si servono di immagini e colori, altri di note armoniche e dissonanti. Sono mezzi diversi per uno stesso fine: la difficoltà di vivere in concreto e imbrigliare e padroneggiare il caos sfuggente, la disarmonia sconcertante….l’amore libero e imprendibile in un amata in carne ed ossa, dove tutto è spirito immenso.
Mercuziooooo, ma tutto mi scorre, come un fiume in piena, si a volte mi sento come un bambino trascinato dalla corrente. Mi hanno pure detto che non posso pensare di nuotare contro corrente ma a favore per cercare di salvarmi. Mi devo abbandonare, a questo moto eterno, di un acqua che scorre, ma poi mi irrigidisco ed ho paura di lasciarmi andare.
M: Ecco hai spiegato bene la dinamica della tua paura desiderante. Abbiamo paura della nostra incapacità di padronanza, a cedere alla sua credenza, alla sua follia, alla sua prepotenza e sottostare a questa forza (dunamis-eros) che ci travolge e ci rende insicuri, deboli e esposti al desiderio come fonte vitale e libero del nostro “io”. Quando il trincerarsi dietro ad un Io, padrone e signore, viene meno, si indebolisce, tramonta, si eclissa e si depersonalizza si dà di far esistere il desiderio come possibilità desiderante dell’altro-a, al di là e aldi sopra della follia narcisistica della pacificata immagine di sé stesso nello specchio mutante della vita. La nostra paura è paura di esclusione, di dipendenza, di debolezza e di non padronanza di sé. Qui “l’Altro-a” non centra niente ancora qui siamo solo noi ad essere messi in gioco nella nostra voglia e capacità di perdere il potere su noi stessi e di poterlo esercitare sugli altri. Ti ricordi quante parole belle e inutili abbiamo speso sulla relazione stretta rapporto Eros-Potere ?
E, si lo so che l’amore è la perdita di tutti i poteri, è il fallimento della nostra ragione o volontà per dare spazio allo spirito libero dell’amore. Però mi hanno detto pure che i desideri andrebbero lasciati perdere, perché si rischia di illudersi o peggio di illudere. E qui arriva la mia paura, sai di ritornare adulto e perdere il mio bambino….di perdere la possibilita di essere cosi fragile nel gioco da assaporare la sconfitta come una vittoria.
M: Sei di una ingenua e infantile vocazione ad esporti e ciò inganna doti ancora intorno alla dicotomia categoriale “Adulto-Bambino”. Dovresti ragionare sul binomio “Servo-Padrone”. Siamo sempre quello che i nostri progenitori pensanti hanno detto di noi, che siamo prima di tutto ‘ animali politici’ (zoòn politikòn) e poi ‘animali in possesso di parole’ (zoòn ekon legon)….siamo animali continuamente attratti e stimolati ad assoggettare l’altro-a, come oggetto del nostro desiderio per comandare e esercitare un potere di vita e di morte si di ‘esso-a’. Non riusciamo a concepire una libertà e responsabiltà senza padronanza, senza proprietà o sudditanza. Non sopportiamo la semplice forza del desiderio desiderante se non in vista di un desiderio desiderato.
Io voglio continuare a pensare e sognare che è possibile praticare il desiderare, che è possibile non aver paura, eppure ho paura.
M: Continui ad avvitarti nella tela che costruisci intorno a te. Tu continui ad aggrovigliati nello “gnommero” che tu stesso stai avvolgendo intorno a te stesso. Questo si può cominciare riconquistando il senso profondo e responsabile di una paternità su noi stessi e non come smascheramento e indebolimento ma come forza ed equilibri momentaneo o provvisorio con l’‘altro-altra’. La paternità in questo senso ha possibilità desiderante e non oggetto appacificato e desiderato. Il sogno è l’infinita ombra del vero. L’importante che il gioco delle ombre non serva a comprimere ma a sviluppare la forza del desiderio.
Sai a volte mi sono abbandonato ai desideri e quando li ho dichiarati, alcuni sono scappati via, per paura? Boh! Mi sono accorto che è un po’ come non riconoscerli più. Mi dicono sempre ma tu sei pazzo. Ci sono i problemi. Ma che sono questi problemi? Ma, non ci capisco più niente (?).
M: Il mondo, la realtà è un problema, una domanda, un desiderio non è mai una risposta o una soluzione se non momentanea e provvisoria. Certo che scappano via ma non sono essi a scappare via sei tu che non riesci a starci dietro e ti fa comodo non ammettere questa tua precarità o incapacità a riconoscergli la positività di essere mutevole, cambiabile e soprattutto indefinibili e imprendibile una volta per tutto, C’est la vie ,mon cher amie! Non è un Essere ben rotondo e rassicurante ma un fiume mutevole e diveniente dove “il cor si spaura” e la mente si inceppa. Prova a ripartire come consigliava Socrate ….”non ci capisco più niente”!
Mercuzio, allora Io non sono io quando amo?
M: Dipende, se parti dal “saper di non sapere”…tutto è ancora possibile. Altrimenti non ti resta il consiglio leggero di quella bella canzone di Mina …”proviamo anche con Dio non si sa mai”. Partiamo da questo tuo “io” indebolito, fragile, confuso ma desiderante. Il desiderio, però, diventi domanda di riconoscimento non di identità…l’importante è praticare e ottenere riconoscimento di questa tua domanda ed esigenza di aiuto non di diritto di padronanza. Difendiamo questo nostro diritto di riconoscimento del desiderio dell’altro-a. Il problema non chiedere legittimità alla nostra identità ma legittimità al nostro desiderio dell’altro-a. Amare è un progetto continuo di amore è “stato nascente costituente e desiderante” mai uno stato costituito, desiderato e praticato. E’ l’indicibile processo aristotelico tra “potenza-atto” per ingabbia re concettualmente il viaggio di andata e ritorno, di libertà desiderate dal regno delle ombre della caverna platonica verso la vita calda e luminosa del sole come esperienza per riaffrontare continuamente il ritorno tra le ombre e la caligine che insozza parole, mortali e cose. Questo è la forza di amore-eros che “muove il solo e le altre stelle” ma sopratutto gli uomini desideranti e pensanti.
E, chi sono allora?
M: Qui comincia la tua avventura e il tuo viaggio dentro e fuori di te. Un viaggio che sconfigge le paure solo con la forza rinnovata del desiderio non di cercare dentro di te solo “il fantasma primario del bambino” bisognoso di cure ma del Padre autorevole che dà sicurezza, premure e cura all’altro-a da sé, La nostra identità è questa possibilità desiderante all’infinito.
Io non sono così forte da nuotare controcorrente, si è vero a volte mi lascio affogare dai miei desideri e dalle mie paure ma almeno cosi mi sembra di essere vivo. Mi tocco e mi faccio male. E, poi penso che se non sono capace di abbandonarmi ai miei desideri e alle mie paure non crescerò mai. Mi tratterò sempre come un bambino spaventato, con la paura di non poter aprire il mio cuore. Ma cos’è questa paura? La paura di essere abbandonati? O, è paura di diventare grandi? desidero però ho paura!
M: Ecco cosa non intendevo prima con questo tuo senso negativo di ricerca e considerazione della vera identità. Sentirsi vivo in una cassa da morte di paure e di decrescita è veramente il peggio del peggio dell’inganno. Ingannarsi nella vita può anche servire a rimandare il problema, ma bisogna essere onesti con sé stessi e sapere di ”volersi ingannare”. La paura è sempre di voler diventare “padre” (non padrone) di sé stesso ed esercitare la paternità della benevolenza, della cura e dell’amore dell’altr-a. La paura dell’abbandono è dell’eterno bambino che è in noi che diventa una buona volta “padre” di sé premuroso ed affettuoso e non padre-padrone e repressore autoritario del desiderio in uno Stato totalizzante e illiberale per i sentimenti, i sogni e le passioni.
Adesso ho capito “io sono il padre tuo” ecco da dove nasce lo spirito dalla capacita di amarsi ed amare e diventare così pardi e madri di se stessi. Sai mi hanno detto pure che devo però più che desiderare metterci un’intenzione nel desiderato, che non può essere la paura, ma appunto l’abbandono, all’amore.
M: Non continuare a giocare con le parole per imbrigliare le tue paure. L’amore non è mai un desiderato ma un desiderante continuo e dinamico. E’ ferita sempre aperta e dolorante …Se tu cerchi di tutto per cauterizzarla o curarla insieme alla ferita toglierai anche il desiderio di amore.
L’amore per tutto e nelle diverse forme?
M: Ecco così va meglio ma purché non sia “la notte in cui tutte le vacche sono nere” per anestetizzare le diversità, complessità e ricchezza di desideri possibili e mutevoli.
Si credo che non devo controllare più desideri e paure ma semplicemente liberarle e lasciarle andare, si lasciarle andare giù per la corrente, come l’acqua di un fiume, come tante barchette di carta pronte a salpare per un nuovo mondo.
M: Quando molti anni fa anch’io ero un bambino giocavo nel ruscelletto del mio paese con le barchette di carta e o con dei semplici pezzi di legno …mi appassionava molto di più il gioco in se stesso che la vittoria finale. Ecco… tu libera le tue barchette e lasciale andare come i tuoi desideri liberi come le foglie d’autunno e leggeri come le piume di un uccello. Troveranno contrasti, paure, ostacoli .Importante confidare nella forza (dunamis) dell’acqua e nel piacere del bambino di vivere quella esperienza di gioco non come ricerca di potere vincente sugli altri ma come esercizio di comunione e cura di sé e degli altri. Forse non lo sai ma pure questo è amore…..avrebbe detto il mio amico Roberto. Ed in questo io mi fido più dei poeti.
Si Mercuzio io desidero essere amore per sorridere al mondo.
M: Io direi: sì io desidero vivere l’amore per sorridere con il mondo……volo via adesso….ciaooooooo Nanos a presto!
martedì 6 marzo 2012
Elisir d'amore per .........l'amicizia comunitaria
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio………”
“ Se uno ,con la parte migliore del suo occhio, che noi chiamiamo pupilla, guarda la parte migliore dell’occhio dell’altro, vede se stesso” Platone.
di mauro orlando
L’amicizia non è ancora un sentimento fondativo ed essenziale della esperienza esistenziale e culturale della Comunità provvisoria. E’ dissolta,nascosta o momentaneamente accantonata per i tempi migliori? Forse siamo vittime inconsapevoli degli ultimi sviluppi tecnologici delle società di massa che incollandoci davanti a un computer a consumare le nostre bulimie affettive per esorcizzare la solitudine,lo sradicamento , il silenzio,le offese e le amnesie delle identità. Sempre più l’amicizia non praticata diventa difficile,impraticabile nello schema e nella funzione della ‘fiction’.La pratica praticata intorno a noi delle conoscenze utili e degli scambi di favori che aiutano le relazioni ipocrite e convenzionali che possono diventare vantaggiose…..non ci aiuta .La nostra grammatica sentimentale e sociale ci obbliga oggi a ragionare al ‘singolare’ o al ‘plurale’.Nel singolare coniughiamo la solitudine dell’anima che progetta e vagheggia mondi ideali o ancestrali, eden e paradisi perduti, radici nobili che la società ha corrotto ,dimenticato o deviate,ideazioni e sogni che non possono essere declinate in pubblico o nei rapporti comunitari. Al singolare possiamo vivere il dolore e il morire con dignità e autenticità e al massimo ci permette di avere il coraggio di esporci nelle nostre piccole comunità. Al plurale siamo costretti sempre a dare prova di sano realismo, apertura,tolleranza e pluralismo, di stare ai fatti, di controllare le emozioni, le rabbie, i sogni ,le speranze, a dare risposte agli altri e contenere e controllare le domande per essere accettati,riconosciuti,identificati e in qualche caso applauditi. L’amicizia può permettersi di coniugare il singolare al plurale ….e non è un gioco di parola. I nostri antenati greci ( spero di non offendere altre convinzioni) avevano in uso il ‘duale’ come forma verbale che esprimesse la valenza simbolica del linguaggio quando doveva esprimere i momenti e i furori sentimentali dell’innamoramento come “stato nascente” in cui non si riesce a pensare a se stessi senza l’altro. L’amicizia comunitaria come l’amore dovrebbe abitare e vivere al duale rifiutando l’anonimato e l’ipocrisia nel pubblico e la solitudine e l’afonia nel privato. Ecco perché la scelta comunitaria e paesologica e altruista e rivoluzionaria e l’amicizia in più ci permette di comprendere tutte le eccedenze di senso che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia ,di idealismo,romanticismo ma in privato una possibilità di ascolto accogliente e generoso delle nostre intime verità e sentimenti. Per questo anche nella Comunità provvisoria si possono auspicare molte amicizie che possono corrispondere alle sfaccettature delle nostre anime che non possono essere svelate alla legittimità di custodire intimi segreti che altri segretamente custodiscono. Le nostre azioni pubbliche e comunitarie non devono necessariamente cercare consenso, conforto o confidenze ma sviluppare la necessità di alterità e apertura nei ritmi intimi della propria anima che non hanno voglia perdersi nella solitudine dolorosa o nei rumori assordanti e omologanti del mondo. Per questo io sono per sviluppare e non mortificare nella nostra esperienza comunitaria il sentimento e lo stato dell’amicizia per derimere e combattere la falsa alternativa tra l’anonimato o l’adeguamento nel pubblico e la solitudine dolorosa o gloriosa nel privato.Anche io penso a una ” creatura ….. magra, randagia, distesa su poche ossessioni, ma decisa a portarle avanti”. Ma nello stesso tempo credo che sia nelle caotiche e anonime società del nord e nell’isolamento- o meglio solitudini- delle società dei piccoli paesi e delle colline l’esperienza politica deve sempre più ricreare,favorire o promuovere primaditutto l’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso e vedere in un amico la luce dello sguardo o accogliente che ci invita a fare un viaggio assieme per scoprire le proprie radici per poter continuare i propri racconti personali ad altri a cui hanno mortificato la coscienza , vietato le storie ma sopratutto gli hanno tolto le parole per raccontarle e continuare a viverle amichevolmente e politicamente insieme agli altri.In un viaggio sempre diverso non per un nuovo orizzonte elitario ed arsitocratico ma convinti che di fatto lo “spirito paesologico e comunitario” se autentico nel cuore e non omologante nella ragione comunque possa “contaggiare altre persone e territori” .Il mio viaggio -malgrè moi-
privileggerà sempre compagni che non amano le radure, la stanzialità, i recinti mentali e territoriali.
mauro orlando
giovedì 1 marzo 2012
Elisir d'amore per ......la vita più che per qualsiasi filosofia.
"...se l'uomo fosse o avesse da essere questa o quella sostanza, questo o quel destino, non vi sarebbe alcuna esperienza possibile- vi sarebbero solo compiti da realizzare" Agamben
di mauro orlando
In questa fase di empasse della “Politica” rispetto alla “Tecnica Economica” e l“evanescenza o l’intortamento dei movimenti” della cosidetta società ancora nella dicotomia “violenza-non violenza” vorrei consapevolmente sottrarmi alla discussione tecnico ideologico–politica ,salvo che per necessità razionale e sfida cognitiva e rispetto critico delle analisi altrui solo se nascono da esperienze individuali,sociali e territoriali e non da vecchie e sepolte ricette palingenetiche. Non ho ricette preconfezionate,logiche,coerenti e accattivanti da proporre per l’immediato futuro .Posso solo riferire lo spirito ,i sentimenti e le idee personali che sono maturate nella mia esperienza della Comunità provvisoria in Irpinia con un piede critico nella realtà posturbano-produttiva della vallepadana. Dopo anni di analisi alla ricerca di alternative concettuali e concrete mi sono convinto per adesso che solo il racconto delle nostre esperienze e autobiografie sentimentali e razionali riescono a determinare le analisi , la cronaca e la storia degli ultimi due anni della politica italiana e non viceversa. Due sono stati i sentimenti che mi hanno portato all’esperienza nella Comunità provvisoria .Un ritorno alle mie radici prerazionali come completamento della mia identità di uomo che vive la sua contemporaneità nel sospetto conoscitivo verso tutte le forme di deriva di sviluppo senza progresso. Paradossalmente la situazione antropologica,culturale,economica e sociale dell’Irpinia arretrata rispetto alla Storia nazionale e terremotata nella sua storia intima e sociale si prestava alla riproposizione concreta di una esperienza esistenziale e politica incardinata su due categorie concettuali classiche e moderne, minimale e universale : paesologia umanistica e comunitarismo.Scienze arrese ma vive ,consapevoli e attive. L’affetto e la stima umana per i miei nuovi compagni di avventura e l’indignazione e il disprezzo per quasi tutto riproduceva il ceto politico dominante e dei loro atti politici…hanno dterminato il resto . Sono non a caso due sentimenti distinti ma essenziali nella originale esperienza politica che ho fatto e continuo a fare nella mia ,aimè, non giovane vita sentimentale,mentale e politica.
E’ il “sentimento” ,non necessariamente contrapposto alla “ragione”, la peculiarità e l’anima di questa nuova esigenza di politica che ci ha piacevolmente trascinato in questa straordinaria esperienza sociale e culturale.
Ognuno di noi ha dovuto fare delle scelte esigenti rispetto alla propria vita privata, intellettuale e professionale .Abbiamo dovuto correggere convinzioni inossidabili e vocabolari inadeguati. Abbiamo dovuto fare “tabula rasa ” delle nostre sintassi e grammatiche, perché sentivamo che questa esperienza aveva una necessità e originalità che obbligava a mettere in discussione prima di tutto noi stessi, le nostre accomodanti e pacificate pigrizie mentali e psicologiche.
Le nostre care e vecchie categorie politiche si sono manifestate nella loro insufficienza sia per la comprensione del fenomeno ma soprattutto per interpretarne il senso e la sua rappresentazione.
Educato ad una salutare diffidenza culturale e politica dell’individualismo moderno se pur filosoficamente profondo (Locke,Kant, Stuart Mill) ,questa nuova esperienza sociale mi ha riaperto un quadro analitico meno dottrinario e più aperto e critico.Ho scoperto la ricchezza di un individualismo “riflessivo” ,progressivo e attivo finalizzato a stimolare e consentire agli individui prima di tutto,di fare libere scelte per quanto riguarda la loro vita privata e pubblica e la povertà pericolosa di un individualismo pigro ,regressivo e gregario o di un comunitarismo ideologico o teologico che riproponeva sotto forme accattivanti vecchgi miraggi regressivi o progressivi.
Si è detto che le emozioni non possono costruire nuove identità collettive. L’esperienza dei “piccoli paesi dalla grande vita”, Delle “sentinelle del territorio” della ricerca delle basi emotive e culturali per un “umanesimo degli appennini” possono essere la risposta concreta a una sociologia o una scienza politica viziata da un errato privilegio esclusivo della razionalità e dell’astrattezza.Una sorta di astratta razionalità politica rischia di fare dei brutti scherzi non solo ai nostri detrattori ma anche ad intelligenti analisti e praticanti presenti nella nostra esperienza nella realtà sociale piuttosto che nelle formalizzazioni istituzionali della politica.
Abbiamo bisogno di una modestia intellettuale e un orgoglio politico che parte da un risultato al di là e al di sopra delle nostre personali capacità e previsioni. Ho accettato consapevolmente la scelta di aprirsi ad un incontro e confronto con tutte le atre esperienze comunitarie e individuali che partissero dalle stesse nostre esigenze senza preclusioni ,primazie e gerarchie nella possibilità di esperienze.
Io sono convinto che le nostre esperienze non sono nate per essere compresi solo razionalmente o alla ricerca di personalità o gruppi legittimati , se pur con competenza e intelligenza, ad una direzione anche solo orizzontale ma soprattutto per essere vissute e praticate democraticamente in prima persona anche in modo istintivamente attivo e responsabile.
Non stanchiamoci di ricordare agli altri , ma anche a noi stessi,che non nasciamo anarchici, impolitici, apolitici o antipartitico ma carichi di originali stimoli e sane provocazioni intellettuali e,direi senza essere frainteso, istintive alla politica tutta ,ingessata e autoreferenziale che ha smarrito il senso dei suoi fondamenti ,sia quando si fa pratica praticata e politicante , sia quando si fa ideologia, mito,metafisica o dottrina, dimenticando di essere soprattutto ricerca critica, scienza o attività dell’uomo e per l’uomo non universale ma concreto e storicamente determinato nelle sue realtà territoriali e culturali senza miti e ideologie .
In conclusione mi piacerebbe discutere e confrontare esperienze,stili di vita più che interpretazioni di filosofie o peggio ideologie di vita siano esse laiche o religiose.
mauro orlando