mercoledì 23 novembre 2011
Elisir d'amore per .....l'amicizia
-Abbiamo perso l’amico, si dice in questo secolo.
-No, il nemico, dice una voce, sul finire di questo stesso secolo.
Ed entrambi parlano del politico, ecco quel che vorremmo ricordare
Il mio percorso filosofico ha sempre fatto il mio implicito riferimento alla pratica di un pensiero astratto e universale che non vuole dire nulla, ma il cui compito fondamentale resta non solo quello di decostruire e destrutturare nelle sue contraddizioni e conflitti. L’intera tradizione metafisica o onto-logica occidentale c si esprime in primo luogo nel rilievo accordato alla terza persona dell’indicativo presente del verbo essere, attraverso cui normalmente viene predicato il significato nascosto dietro le cose, a cui di volta in volta la metafisica ha dato nome di essenza, sostanza, esistenza, coscienza…: categorie filosofiche tutte caratterizzate dal forte rilievo che al loro interno assumono le nozioni di presenza e presente (implicite nell’”è”).Mi hanno interessato in questi ultimi tempi le “scienze arrese” ,le esperienze esistenziali plurali e comunitarie che non solo riuscissero a depotenziare la potenza e sovranità assoluta di un LOGOS che non fosse “umano troppo umano”.Per queste esigenze teoretiche ,esistenziali e …..politiche che ultimamente avevo sentito la necessità di parole (lògoi) di poesia per richiamare a me e agli altri le nostalgie di futuro e non di passato“….….non si possono fare poesie con tutte le disavventure che ci capitano:Avevamo inventatoil museo dell’aria.Niente da fare.Va bene l’aria ,non il museo.Volevamo dare occhi d’infanziaal paese.Niente da fare.Vanno bene gli occhi , ma devono essereciechi.Abbiamo creduto a una festaChe ci facesse leggere poesiein un cimitero.Niente da fare.Va bene il cimitero, non le poesie.Avevamo l’idea di non consumarela cultura ma di mischiarlaalle cicorie,agli intonaci dei muri.Niente da fare.Va bene la cultura , purchènon ci sia.Crediamo al silenzio, al vento, al buioAlla nascita provvisoria, alla morteSenza fine.Niente da fare.Hanno trafugato le roseButtando via le spine”
Avevamo assaporato la possibilità di “una rivoluzione sismica nel concetto politico dell’amicizia”. Sapevamo di aver contratto un debito da tempo con i temi della filosofia e della pratica politica che si richiamava e si finalizzava alla “rivoluzione” fatta dagli altri e da noi in situazioni culturalmente e socialmente privilegiate. Scriveva correttamente Derrida : “Ci sentiamo perciò, è vero, chiamati ‘in diretta’ a delle risposte o a delle responsabilità immediate. E’ anche vero che esse sembrano iscriversi più naturalmente nello spazio della filosofia politica. E’ vero, sarà sempre vero, e noi siamo a questo proposito sempre in difetto. Le nostre risposte e le nostre responsabilità non saranno mai adeguate e mai abbastanza dirette. Il debito è infinito”.Avevamo con generosità pensato all’amicizia come valore estensivo alle nostre esigenze sentimentali,affettive e passionali per un cambiamento radicale e autentico.Il tema e la pratica dell’amicizia avrebbe potuto essere affrontata da vari punti di vista, magari bordeggiando soltanto gli aspetti più propriamente politici per affrontare in primis quelli sociali, psicologici, affettivi e sentimentali, ma quel che ci interessava è la puntuale decostruzione e pratica critica , a partire dall’amicizia, di una precisa tradizione del politico, la nostra, che ha sempre espresso la precisa consapevolezza che suo compito è di creare il massimo di legame sociale,individuale e comunitario assieme. Fine della politica e della rivoluzione è quel “vivere bene” che si realizza compiutamente solo nel “vivere insieme”, e questo “non è niente di meno che l’amicizia in generale” . Tutto ciò che accade nella pòlis (per noi non tanto uno spazio chiuso ma un spazio nomade e mobile), come afferma Aristotele nel libro III della Politica, è opera dell’amicizia. E’ anche vero che tale tradizione ha scelto per secoli di modularsi sui principi di appartenenza,territorialità,etnicità e non su quello di fraternità o comunanza (koinonìa).Per questo e per tanto altro ancora mi sento vicino e in comunanza con le parole della Edda e ancora ho la speranza e la fiducia che possano trovare spazio e senso nelle esperienze che potremmo continuare nella Comunità provvisoria di ieri ,oggi edomani.Io resto un inguaribile pessimista con propensioni all’ottimismo.Grazie Edda continua a scriverci….
Con amicizia
mauro
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