…se la paesologia e la comunità sono un’esperienza “politica”, allora bisogna uscire dall’indifferenza della politica per come è condotta e usata e abusata adesso, bisogna abbandonare l’indifferenza verso le persone e per le persone, a cominciare da chi ci è più vicino, a cominciare da chi ha fatto affidamento su di noi, a chi a noi si è affidato….
elda martino
di mauro orlando
«Nacqui a legami di amore non di odio» (Antigone, v. 523).
In un momento epocale del crollo dell’economia di mercato e del relativo modello di scambio sociale è opportuno e d’obbligo una ricerca e una pratica di “umanesimo delle montagne” come inizio di ripensamento di una conoscenza, di una politica e di una etica possibile. In tale considerazione si impone l’importanza delle tensioni emotive nella riflessione filosofica ed esistenziale della modernità, non solo ricostruendo la fitta rete di riflessioni che hanno impegnato assiduamente diversi pensatori riguardo i caratteri apparentemente più costanti della dimensione umana.
preliminare è “smentire la presunta razionalità dell’individuo moderno, avvalorata dalla tradizione liberale” , non solo per mettere in evidenza i limiti e le aporie del paradigma dell’homo economicus, quanto piuttosto di riconoscere nelle esperienze paesologiche nei piccoli paesi l’importanza e la persistenza delle passioni,dei sentimenti e dei sogni nella modernità. Si impone la scelta di un “sapere arreso” nella logica del “dono” che si pone in antitesi concettuale ed etico all’opposto della logica dell’ utile e del profitto. Richiamavo all’inizio le parole di Antigone non per connotare la categoria di dono come attributo naturale e di genere passivamente subito e portatore di rinuncia ed esclusione ma come strumento umanistico attivo di cura e definizione di sé e come soggetto eminentemente relazionale ed opitale. Una ospitalità ed una accoglienza non circoscritte e limitate alla sfera privata auto gratificante ma naturalmente razionalmente votate alla sfera pubblica e comunitaria. Una scelta di cura e di dono come autentico desiderio o passione come fedeltà e coerenza a se stessi in una ineludibile dipendenza dall’altro. Una scelta libera,consapevole e responsabile di un “io” plurale-comunitario autonomo nella dipendenza contro un individuo auto sufficiente e compiuto in se stesso, chiuso alla dimensione dell’alterità e della differenza.
Abbiamo scelto la poesia come strumento di “cura di sé” comunicativo e non come mezzo personale di un modello eroico-aristocratico dell’individuo che spinge ad abbandonare “vita, salute e quiete” a favore di una gloria che si rileva “puro desiderio di plauso e di approvazione altrui che rende gli uomini dipendenti dal giudizio della moltitudine e li fa agire unicamente in funzione della visibilità e del riconoscimento esteriore”. La poesia ha il privilegio e lo schermo di essere intellettualmente apolide e libera e non abita la contraddizione ” umana,troppo umana” della scelta tra l’ideale della Bellezza e del significato del Reale , tra la centralità dell’uomo o della sovranità di Dio. Il poeta vive l’esperienza della possibilità dell’estraneità o sudditanza dell’uomo alla Terra fidando e usando il potere del linguaggio e si permette di irridere la ragione quando si fà astratta ,universale ed autoritaria e di portare pur il silenzio della natura e della morte alla trasparenza della parola e al formalismo mortuario del significato. La poesia di oggi, resa esperta, dalla più recente storia, della catastrofe dell’umano e dallo scacco della ragione, cerca altro nelle macerie del linguaggio ,del sentimento,delle passioni e delle idee: non nuovi ‘significati’, ma un più antico suono,non l’armonia dell’universo ma il silenzio dello spirito e il respiro del corpo. Accostandosi premurosamente alla natura e driblando con estro la Verità astratta e consolatoria , questa poesia ridà alla parola significante il peso e l’umore della terra, delle erbe, delle pietre, degli animali e anche dell’uomo. Una “ragione poetante” , alleggerita dalla egemonia della logica pura , dello scientismo dissacrante e materialistico o delle metafisiche camuffate da fedi militanti, ha appreso, e ci ha appreso che, oltre lo stare-insieme nella ‘polis’, v’è, anche per l’uomo, la possibilità di un più aperto, ospitale stare-accanto nella ‘comunità’, anche nell’esperienza del sacro e non adagiarsi comodamente seduta su “sedie” immobili e ‘ferme’ o peggio “mute” e appese decorative come “quadri alle pareti” .“…….stare qui, animarsi, rianimare l’amore, la bellezza…. stare qui mentre nel mondo accadono tante cose…”
La condizione umana generalmente è saper stare al mondo e saperci stare bene …..da soli o in gruppi umani…per necessità o per caso poco importa…..ma stare al mondo è anche muoversi in esso,vivere in esso in uno spazio-tempo particolare , limitato, essendo figli e padri della sua e propria cultura .Noi vogliamo stare in questo modo nel nostro spazio-tempo che determina il territorio chiamato Irpinia ognuno con la propria disposizione percorrendo curiosi le vie che ci hanno tracciato gli altri e inventandone dubbiosi di nuove per inesplorati sentieri …nel presente che si radica continuamente e proviene dalle radici di un passato che fa fatica a passare e sempre per costruire un futuro che comunque inquieta ma carica il presente di dubbi,sospetti ma sopratutto di responsabilità……che sia questo un pensare e un donare “paesologico”? Il dono è capace di sviluppare una passione in grado di rinsaldare il legame sociale, in quanto non pura gratuità, a determinarlo non è tanto il modello dell’amore cristiano, l’agape, ma la philia, amicizia vicina al modello dell’eros come “desiderio dell’altro, del legame dell’altro in quanto fine a se stesso”. Il dono guadagna la dimensione di “evento simbolico che permea la realtà concreta degli individui”, in quanto “simbolo della incompiutezza dell’io” . Il legame sociale che ne risulta è condivisione della comune insufficienza, mozione della sfera affettiva e rottura dell’autosufficienza narcisistica dell’io.
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