domenica 24 luglio 2011

Elisir d'amore per ......." i piccoli paesi ma.....dalla grande vita"

.........Verifichiamo quotidianamente limiti e difficoltà operative pensare e promuovere una comunità vivibile tra gli uomini che non sia solo una richiesta ma un'esigenza e un bisogno fondamentali. Non ci basta più una corretta analisi sulla avvenuta dissoluzione delle "vere" comunità (contadine, artigianali, di commercianti, ecc.) e il tormento e supplizio (alla maniera di Tantalo) di dover vivere attanagliati dall'insicurezza, anelando però sempre, come i discendenti di Adamo ed Eva, alla comunità ideale, sognata. Sul campo scopriamo che non ci basta creare dei surrogati della comunità. Le comunità non sono più naturali nel momento, cioè, in cui delle comunità "se ne parla", esse rischiano di diventare artificiali. La categoria della identità legato alla lingua,al territorio o all'etnos rischia di diventare un surrogato della comunità, in quanto divide e separa. L'individualismo moderno ci rende sempre più insicuri, proprio perché offre (e non a tutti) libertà in cambio di sicurezza. E la stessa insicurezza di cui soffre l'individuo nell'era della globalizzazione genera assenza di comunità. Il problema potrebbe essere affrontato ripensando sociologicamente o antropologicamente agli "sradicamenti" degli individui dalle comunità naturali e dei "reimpiantamenti" in comunità fittizie (non luoghi) all'insegna del disimpegno, della flessibilità

di mauro orlando





La paesologia è una scienza mattutina. Al massimo pomeridiana. Di sicuro non è una scienza notturna. La sera tardi non ci sono vecchi in giro. È chiuso il Comune, è chiuso il cimitero, sono chiuse le salumerie. E sono chiuse anche le poche case aperte la mattina.
Il paese che sto visitando in notturna è Monteverde. In giro ho visto due stranieri. Nella sede del Pd incontro l’ex sindaco Pizza. Esordisce ricordandomi che non gli sono piaciute le righe dedicate a lui in un mio reportage di qualche anno fa. Dice che ne usciva un’immagine di una persona sconfortata. Ma questa sera Pizza fa di tutto per confermare quell’immagine. Sono appena passate le nuove elezioni. Mi racconta che a un certo punto sembrava che il risultato fosse incerto. Poi è stato nettamente favorevole all’altra lista. Pizza si lamenta anche dei giovani del paese che in gran parte hanno votato l’amministrazione uscente e delle persone per cui si è speso tanto in passato e che adesso gli hanno voltato le spalle. Dopo le lamentazioni mi porta nel suo garage e mi fa vedere i presepi a cui si dedica nel tempo libero. Nel garage c’è anche un piccolo spazio per la musica, batteria e microfono, altro hobby a cui si dedica.
Mi metto in cerca delle persone con cui sono venuto a Monteverde. Hanno un incontro con i ragazzi del forum giovanile. Li trovo in un bar che ha uno spazio all’aperto. I miei compagni di viaggio invitano i ragazzi a partecipare a un seminario a Bisaccia il giorno dopo. Lo fanno in maniera accorata, con gentilezza, con premura, ma nella sostanza non arrivano risposte. Un ragazzo di nome Antonio che fa di tutto per apparire il leader del gruppo e per smontare i ragionamenti dei miei amici. Io ho la sensazione che se in un paese c’è un ragazzo veramente in gamba forse non partecipa al forum giovanile. Forse in queste associazioni alla fine prevalgono i più verbosi. I ragazzi di Monteverde sembrano interessati alle tradizioni locali, la maggior parte andranno via, chi resterà magari sceglierà la strada della paesanologia. È come se in questi paesi dopo aver creduto alla modernizzazione e aver constatato il suo fallimento, si desse credito all’antichizzazione. Come se guardare indietro fosse più rassicurante che guardare avanti.
Adesso incontro il sindaco appena rieletto e uno della grande famiglia Continiello che qui restaura e costruisce organi. Parliamo un poco, ma senza quel filo di commozione che sento quando parlo coi vecchi la mattina. L’esperimento della paesologia notturna è fallito. Non posso neppure fare le riprese e le fotografie: il castello non è illuminato e neppure i due bellissimi campanili. E il giorno dopo ti senti come mi sento io adesso, uno straccio, un limone spremuto, un topo finito sulla colla della cantina.
Mi sono svegliato pensando all’articolo pubblicato ieri su un giornale locale in cui mi pareva di aver fatto un bel lavoro e di aver inchiodato alcuni personaggi alle loro colpe, ma sembra tutto inutile. Ieri avevo anche scritto in rete una letterina in versi ai ragazzi di facebook. Il risultato è l’umore di stamattina, la sensazione di avere una voce debole e cupa. Forse oggi la vita la sentono ancora solo quelli che stanno in agonia, forse solo le grandi malattie danno ancora un brivido, un sentimento, un desiderio di verità. La maggior parte delle nostre relazioni sociali è un puro intrattenimento con persone che non ci vedono e non ci sentono, con persone che non vediamo e non sentiamo. Adesso funziona così, ma forse mi sbaglio. Un mio amico su facebook mi ha scritto questo: pantofole & carica batteria”: ecco, c’è già il titolo del tuo prossimo libro. Quello che racconta la svolta prossima della tua vita. Forza Franco!
Io per ora ho scritto questi versi: La punta del cuore/ è arrivata sotto l’orecchio. Nella testa i neuroni e il pietrisco/ dei miei giorni. Più sotto/ tra lo stomaco e la gola/ la luce/ della stanchezza. Alle due del pomeriggio/ mi suicido. Li ho messi su Facebook con il titolo “chi ha scritto questa poesia”? Io per ora non posso che confidare nel pranzo di mezzogiorno, a volte dopo mangiato mi sento meglio. Adesso è come se fossi stato travolto da una slavina. Fuori non c’è nemmeno il sole. Nel pomeriggio potrei andare a fare un giro in un altro paese. Non so dove, un giro da ripetente. Per trovarne uno dove non sono mai stato devo fare molti chilometri. Ormai anche i dintorni cominciano a farmi l’effetto che mi fa il mio paese. E intanto continuo a non credere nei grandi viaggi, proprio non riesco a provare ad allungare il passo e andarmene in Australia. Voglio che la vita accada qui, dove è impossibile che accada.

franco arminio

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