domenica 28 novembre 2010

Elisir d'amore .....per una nostalgia paesologica.

Poserò la testa sulla tua spalla

Solo alla fine del mio viaggio

e farò,inventerò un sogno di mare con orizzonti lunghi

come le idee che cerco

ma poi torno ai sogni verticali di collina

e ai domani con un fuoco di legna,

e pane caldo e profumato di sole

perché l'aria azzurra diventi casa comune

con amici che amano raccontare

di sé e dei piccoli uomini

con le unghie conficcate nella terre e nell’anima

Chi sarà a raccontare?

Chi sarà?

Sarà solo chi rimane........

o le porte saranno spalancate all'aria

e a tutti i pellegrini

alla perenne ricerca di un Dio

che ama nascondersi dentro di sé

e non negli uomini e le cose

.....per tutti i naviganti di sogni

e i nomadi e viandanti delle speranze

delle transumanze umane ed ideali……..

io ....seguirò questo migrare,

seguirò questa corrente di ali.




Se uno ,con la parte migliore del suo occhio, che noi chiamiamo pupilla, guarda la parte migliore dell’occhio dell’altro, vede se stesso” Platone.

L’amicizia è ancora un sentimento fondativo ed essenziale della esperienza esistenziale e culturale della nostra vita affettiva,culturale e sociale?E’ dissolta,nascosta o momentaneamente accantonata per i tempi migliori? Forse siamo vittime inconsapevoli degli ultimi sviluppi tecnologici delle società di massa che incollandoci davanti a un computer a consumare le nostre bulimie affettive per esorcizzare la solitudine,lo sradicamento , il silenzio,le offese e le amnesie delle identità. Sempre più l’amicizia non praticata diventa difficile,impraticabile nello schema e nella funzione della ‘fiction’.La pratica praticata intorno a noi delle conoscenze utili e degli scambi di favori che aiutano le relazioni ipocrite e convenzionali che possono diventare vantaggiose…..non ci aiuta .La nostra grammatica sentimentale e sociale ci obbliga oggi a ragionare al ‘singolare’ o al ‘plurale’.Nel singolare coniughiamo la solitudine dell’anima che progetta e vagheggia mondi ideali o ancestrali, eden e paradisi perduti, radici nobili che la società ha corrotto ,dimenticato o deviate,ideazioni e sogni che non possono essere declinate in pubblico o nei rapporti comunitari. Al singolare possiamo vivere il dolore e il morire con dignità e autenticità e al massimo ci permette di avere il coraggio di esporci nelle nostre piccole comunità. Al plurale siamo costretti sempre a dare prova di sano realismo, apertura,tolleranza e pluralismo, di stare ai fatti, di controllare le emozioni, le rabbie, i sogni ,le speranze, a dare risposte agli altri e contenere e controllare le domande per essere accettati,riconosciuti,identificati e in qualche caso applauditi. L’amicizia può permettersi di coniugare il singolare al plurale ….e non è un gioco di parola. I nostri antenati greci ( spero di non offendere altre convinzioni) avevano in uso il ‘duale’ come forma verbale che esprimesse la valenza simbolica del linguaggio quando doveva esprimere i momenti e i furori sentimentali dell’innamoramento come “stato nascente” in cui non si riesce a pensare a se stessi senza l’altro. L’amicizia comunitaria come l’amore abita e vive al duale rifiutando l’anonimato e l’ipocrisia nel pubblico e la solitudine e l’afonia in privato. Ecco perché la scelta comunitaria e paesologica e altruista e rivoluzionaria e l’amicizia in più ci permette di comprendere tutte le eccedenze di senso che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia ,di idealismo,romanticismo ma in privato una possibilità di ascolto accogliente e generoso delle nostre intime verità e sentimenti. Per questo anche nella nostra vita comune e quotidiana si possono auspicare molte amicizie che possono corrispondere alle sfaccettature delle nostre anime che non possono essere svelate alla legittimità di custodire intimi segreti che altri segretamente custodiscono. Le nostre azioni pubbliche e comunitarie non devono necessariamente cercare consenso, conforto o confidenze ma sviluppare la necessità di alterità e apertura nei ritmi intimi della propria anima che non hanno voglia perdersi nella solitudine dolorosa o nei rumori assordanti e omologanti del mondo. Per questo io sono per sviluppare e non mortificare nella nostra esperienza comunitaria il sentimento e lo stato dell’amicizia per derimere e combattere la falsa alternativa tra l’anonimato o l’adeguamento nel pubblico e la solitudine dolorosa o gloriosa nel privato. Nelle caotiche e anonime società del nord e nell’isolamento delle società dei piccoli paesi e delle colline l’esperienza politica deve sempre più ricreare,favorire o promuovere primaditutto l’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso e vedere in un amico lo sguardo accogliente che ci invita a fare un viaggio assieme per scoprire le proprie radici per poter continuare i propri racconti personali ad altri a cui hanno mortificato la coscienza , vietato le storie ma sopartutto gli hanno tolto le parole per raccontarle e continuare a viverle amichevolmente e politicamente insieme agli altri.

mauro orlando

Nessun commento: